BELPHEGOR

Pestapokalypse VI

2006 - Nuclear Blast Records

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
24/06/2017
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione recensione

Inizia una nuova fase del nostro viaggio nella discografia degli austriaci Belphegor, trionfanti alfieri del black/death feroce, ma caratterizzati anche da un fascino, riconosciuto ed amato dalle masse, giocato su elementi legati tanto ai due generi figli del thrash, quanto al metal più classico, ed un songwriting capace di ammaliare con melodie e tastiere ben ponderate ed usate con parsimonia, il tutto con un'immagine e testi che rasentano spesso l'auto-parodia, con una blasfemia dai connotati pornografici-gore deliranti. Li avevamo lasciati con il loro ultimo disco per la Napalm Records, ovvero quel "Goatreich - Fleshcult" che, pur rappresentando un lavoro molto buono e trascinante, incominciava a mostrare una certa ripetitività ed adagio nelle soluzioni adottate dalla band, ormai abituata ad un certo tipo di formula, ovvero quella che, lasciando un segno indelebile, l'aveva portata ad un successo coronato dal passaggio alla più famosa Nuclear Blast Records, per la quale viene prodotto l'album qui recensito: Pestapokalypse VI - Pestapocalisse VI, il sesto della loro carriera (non contando demo ed EP). Ecco quindi che Helmuth (voce, chitarra), Sigurd (chitarra) e Barth (basso), si accompagnano al nuovo arrivato Tomasz "Nefastus" Helberg, il quale sarà il batterista della band solo per questo episodio, ove saranno coadiuvati dalla produzione di Andy Classen, ex chitarrista della band speed/thrash tedesca Holy Moses. Ecco così che i Nostri proseguono nei loro torrenti black uniti a taglienti partiture death, tra doppie casse martellanti, assoli e soluzioni melodiche, come accennato, ben dosate. Le vocals si dividono tra growl e punte di screaming, come d'uso per il progetto austriaco, mentre i tempi sono mediamente veloci, con un minor uso degli elementi doom presenti nei dischi precedenti. Tutto il repertorio della band viene quindi ripresentato, tra riff segaossa, trotti infernali, fraseggi ammalianti e ritmica forsennata, mentre le tastiere, pur non scomparse, trovano ora minor spazio, mentre parti sacrali e pause atmosferiche hanno ancora luogo, anche se il songwriting generale sembra voler giocare meno sui cambi di tempo, e più sulle corse continue e vorticanti. Notiamo subito alcuni aspetti: la produzione si è fatta ora estremamente pulita, forse anche troppo sotto alcuni aspetti, mettendo sì in chiaro tutta al strumentazione, ma eliminando anche quella parte di "sporco" terribilmente adatta per la loro unione di estremi del metal. Inoltre i pezzi tendono, pur con alcuni cambiamenti, e seguire uno schema spesso ripetuto, semplificando ulteriormente la struttura interna dei brani, processo comunque già iniziato con il lavoro precedente dei Nostri; ritroviamo quindi bordate squillanti, assalti torrenziali, parti che sembrano evocare oscene messe nere, martellamenti continui, mentre trovano uno spazio decisamente minore assoli, ponti ed altri elementi più classici che prima distinguevano il suono della band. Curiosamente, salvo alcune eccezioni, i testi si fanno leggermente meno assurdi e votati all'oscenità spinta, anche se in ogni caso non dobbiamo aspettarci trattati filosofici o chissà quali dissertazioni elaborate. Di sicuro ora l'ago della bilancia pende più verso l'attacco alla religione, con alcuni riferimenti al passato pagano dell'Europa, piuttosto che all'uso di immagini pornografiche/gore al limite della paodia, mezzo invece spesso preferito dai Nostri anche nel passato recente. Una maturazione decisa dalla band forse, o forse un "consiglio" da parte dell'etichetta, interessata si ad offrire immagini balsfeme e quant'altro al pubblico estremo, ma anche a non far bannare dai negozi i dischi della band, eventualità questa che farebbe perdere non pochi introiti. Non è dato sapere il motivo, ma ad onor del vero va detto che in alcuni brani gli elementi più "lascivi" rimangono presenti. Questo è forse il punto saliente del disco: se prima lo stile dei Belphegor legittimava l'immagine non proprio adulta con un suono vario e catchy, ora la differenza rispetto ad altri nomi si assottiglia, presentandoci quindi un suono che potremmo definire "omologato"; certo, forse i puristi dell'assalto continuo saranno più felici, ma è innegabile che alla lunga, senza la mediazione di quanto citato poco prima, i continui attacchi ripetuti possono creare noia, soprattutto se confrontiamo quanto qui ottenuto con altri colossi del genere quali i Marduk, i quali stanno vivendo una seconda giovinezza grazie all'arrivo del cantante Mortuus, già Arioch dei Funeral Mist, ed i Behemoth, lanciati ora nella fase più death della loro carriera, la quale sta risquotendo un certo successo. Detto questo, il pubblico sembra comunque gradire, e possiamo quindi affermare che ora i Nostri rappresentano stabilmente una realtà "commerciale" del metal estremo, pronti a sfornare una serie di lavori che, se non eleveranno la loro arte, daranno loro un ritorno economico non così scontato nel loro genere. Insomma, l'età dell'oro della band è conclusa, ma questo non significa che quanto segue sia da buttare; semplicemente, il meglio è stato dato, ed ora sembra che si voglia un po' vivere di rendita, adagiandosi su quanto va in voga e dando al pubblico quello che vuole , smussando via quei groove e quelle soluzioni che rendevano più vari i precedenti lavori. 

Belphegor - Hell's Ambassador

Belphegor - Hell's Ambassador - Belphegor - Ambasciatore Infernale parte con un riff lento e roccioso, sul quale s'innestano colpi cadenzati di batteria e punte stridenti, in una marcia asfissiante; essa si espande mentre i rullanti si fanno più ripetitivi, muovendosi poi ad alta velocità con una doppia cassa accompagnata da fredde scariche, alternate con parti più raccolte. Al minuto e sei una costruzione thrash fa da ponte verso l'esplosione del brano, sul quale Helmuth staglia il suo growl maligno raccontandoci di sacrifici umani e rituali sacrileghi: essi portano il potere della scoperta e dell'invenzione ingegnosa, rievocando riti satanici ai fini di una maggiore conoscenza e ricchezza. Le vocals si sdoppiano con punte in screaming, mentre la musica si fa più intensa e caotica; troviamo però delle sezioni più lente, quasi doom, ricche di anti-melodie stordenti. Evochiamo la divinità decrepita, Belphegor, inviato dall'inferno da Lucifero stesso, ambasciatore infernale, il quale fa contorcere i preti nelle carni; cascate di blast e chitarre ruggenti arricchiscono l'atmosfera malvagia, toccando punte di delirio tra black e death, non lontane dalle gelide sfuriate dei Behemoth più tecnici. "Orgies in - in the sign - of the phallus. Seduced us to - evil through - the apportionment of wealth... - Orgie nel - nel segno - del fallo. Ci ha sedotti al - male tramite - la ripartizione delle ricchezze." prosegue il testo, mentre incontriamo di seguito assoli strillanti e panzer dai riff sconvolgenti, il tutto condito da versi inumani, ma anche belle costruzioni dalle scale altisonanti: un fraseggio roboante ferma il tutto, facendoci poi ripartire con la corsa alternata da punteggiature elaborate. Si ripetono i versi già incontrati, mentre rallentiamo ancora con atmosfere pesanti e dilatate, quasi lisergiche, le quali inevitabilmente confluiscono in nuove cavalcate da tregenda senza freni. La sezione finale è definita da un trotto trascinante, il quale si protrae in un loop roccioso portato avanti fino alla conclusione legata ad esercizi squillanti.


Seyn Todt In Schwartz

Seyn Todt In Schwartz - Riposa Nell'Oscurità si apre con un riffing serrato e roboante, costellato da colpi di doppia cassa ed anti-melodie fredde e sinistre; Helmuth interviene con il suo cantato demoniaco e greve, creando nuove immagini blasfeme dove i preti sentono la morte avvicinarsi, mentre un fuoco infernale provoca la caduta del clero. Il mare nero fatto di batteria massacrante e chitarre chirurgiche, si apre a deviazioni melodiche dominate da suoni appassionanti e passaggi rallentati, mettendo in mostra ancora una volta non solo l'abilità tecnica della band, ma anche il loro senso del songwriting, dove vi è sempre spazio tanto per gli attacchi, quanto per gli elementi più leggiadri. Riposiamo nell'oscurità, tra fiamme e disprezzo. Riprendono di seguito gli attacchi maestosi e serrati, sotto0lineati da parti squillanti e drumming forsennato. "Nazaren's kingdom - in flames so high. Kneeling Bishops - down to a new god - Il regno del Nazzareno - in fiamme così alte. I vescovi si inginocchiano - ad un nuovo dio" continua il testo, mentre noi continuiamo ad essere investiti dal torrente fatto di chitarre rocciose e versi demoniaci; riecco però anche le belle costruzioni sonore delle chitarre, armi bianche al servizio dei Nostri. Evochiamo il re del fuoco, servo della morte, su arpeggi dall'atmosfera malinconica, presto però violati da nuove marce marziali e veloci. Ci ritroviamo quindi in un galoppo folle, ma controllato, diretto fino ad una cesura segnata da bordate ritmate e seghe elettriche, in un clima di terrore sonoro incandescente e vivido, capace ancora una volta di orchestrare il rapimento dell'ascotatore: inevitabile la nuova esplosione contratta, giocata su lasciate e riprese, in un gioco tecnico coronato da esercizi finali di batteria e tensioni dello strumento a corda; il tutto messo a tacere bruscamente, senza nemmeno lasciarci il tempo di realizzare la fine del pezzo, veloce e diretto. 

Angel Of Retribution

Angel Of Retribution - L'Angelo Della Retribuzione ci accoglie con un fraseggio greve e disorientante, sottolineato da rullanti marziali, i quali poi si aprono a piatti cadenzati, mantenendo l'atmosfera aliena, ma accattivante. Chitarre evocative si elevano mentre i tempi si fanno più serrati, senza però sfociare in corse fulminee: la parola chiave qui è monolitico, tra riff rocciosi e lenti, e vocals da orco da parte di Helmut, il quale ci parla del desiderio di vendetta e retribuzione, personificato in una divinità suprema, la volontà che dimora in noi, la nostra nascita, la nostra vita, la nostra fine. I toni rimangono mortiferi, possiamo dire doom, ed il testo prosegue tra toni cavernosi e punte gridate; "Defend - your life, your freedom. Retribution - written in blood. Pride - turns to wisdom. Retribution - oh, demons of cold - Difendi la tua vita, la tua libertà. Vendetta - scritta con il sangue. L'orgoglio - diventa saggezza. Vendetta - oh, demoni del freddo" declama esso, mentre bellissimi assoli si lasciano andare in scale elaborate, le quali s'infrangono contro al ripresa della marcia iniziale. Si tratta della nostra passione che sale, del dio di tutti gli dei, e sentiamo il potere di dare la morte. Ritroviamo le evoluzioni precedenti, tra rullanti cadenzati e linee di chitarra malinconiche ed evocative, giungendo così ad un'esplosione quasi orchestrale, severa e sormontata da versi disumani, tra chitarre dissonanti e colpi secchi. Una cesura improvvisa introduce tastiere e fraseggi, degenerando poi in un lento passaggio decadente e strisciante, una sessione che semplifica al natura lisergica ed apparentemente controllata del brano; difendiamo la nostra vita e libertà, la retribuzione è scritta nel sangue, l'orgoglio diventa saggezza ed invochiamo i demoni del gelo, Arriviamo così, sulla coda di suoni notturni, ad un fraseggio finale, collimante in feedback e suoni quasi industriali, una sorta di incendio che mette la parola fine alla traccia. 

Chants For The Devil 1533

Chants For The Devil 1533 - Canti Per Il Diavolo 1533 parte diretta con la voce di Helmut accompagnata da giri circolari taglienti e batterie serrate; egli ci parla di culti pagani in opposizione alla chiesa, rievocando i riti celebrati in Francia nel cinquecento, e riprendendo alcune parti dallo scritto di Karl Friedrich Flogel "Von der Geschichte des Grotesk-Komischen - Sulla Storia Del Comico-Grottesco". Cavalchiamo il caprone tra le nuvole, mentre l'incenso e la mirra bruciano fino a diventare polvere e cenere; i toni si mantengono evocative ed oscuri, saldamente legati a note black, mentre le vocals vedono anche parti in screaming. Dopo alcuni versi sincopati la musica si fa ancora più epica, lanciandosi di seguito in ondate ricche di pathos nero come la pece: L'oro della ricca Arabia viene ora offerto dalla Chiesa alle virtù di un asino, nelle regioni orientali un asino è stato reso bellissimo ed impavido (probabile riferimento colmo di disprezzo verso la figura di Cristo). Assoli squillanti e batteria e doppia cassa si uniscono a riff taglienti, dandoci una corsa coronata nuovamente dalla voce di Helmut: "Festum Festorum. Teufelsspuk und Zauberei. Pulcher et fortissimus. Sein Weihwasser erregt das Weib' - Banchetto dei banchetti. Diavoleria e stregoneria. Bello ed impavido. L'acqua santa eccita la donna" prosegue il Nostro, mentre poi incontriamo di nuovo i movimenti già vissuti in precedenza, in un loop trascinante e di sicuro effetto. Al secondo minuto e trentasei una serie di suono concentrici creano un ponte con la parte più evocativa del pezzo, intervallandosi con essa in una struttura mutevole basata su lasciate e riprese. Giungiamo così ad una cesura notturna e solenne, con tanto di suoni di campana e fraseggi presto uniti ad assoli spettrali. La tensione sale grazie ai rullanti di batteria, i quali ci portano verso una sospensione sonora con un feedback che si staglia all'orizzonte, andando a spegnersi in una dissolvenza che mette fine al brano.

Pest Teufel Apokalypse

Pest Teufel Apokalypse - Peste, Diavolo, Apocalisse inizia con un verso demoniaco di Helmuth, seguito da una serie di bordate ritmate alternate a doppie casse riff circolari improvvisi, instaurando una marcia monolitica. Ecco che essa va ad infrangersi contro una cesura altrettanto movimentata, destinata ad esplodere in un torrente nero, fatto di chitarre impazzite e drumming forsennato, mentre il cantante ci narra di visioni apocalittiche, probabilmente una rievocazione dei massacri perpetrati dalla Chiesa durante la "conversione" dei popoli pagani europei. L'arcangelo scende dai cieli, ed il sangue rende il mare rosso, mentre i criminali vengono sepolti vivi e viene benedetta la seconda venuta del porco. Nel frattempo i toni sostenuti si mantengono, tra linee black fredde ed attacchi ritmici altrettanto familiari per gli amanti del metal più nero; si arriva così ad oasi rallentate, giocate su arpeggi evocativi e di buona fattura. Ecco quindi un ritornello più controllatina, basato sugli elementi appena citati, uniti ad una batteria costante ed alle vocals rauche di Helmuth: la punizione divina si erge sull'umanità, l'Europa è vittima di un'isteria di massa, il sangue viene avvelenato, pronto per la tragedia, si tratta della pestilenza di Cristo. Inevitabilmente ora eruttano gli attacchi veloci dei riff taglienti, convertendosi in una corsa senza respiro, confermando la struttura del brano, dove i collegamenti tra i ritornelli, più lenti, sono dei bombardamenti al fulmicotone. Doppia cassa e chitarre come mitra si scontrano contro una cesura marziale, ma ecco che si riprende con una serie di assoli scordati e squillanti, trascinandoci verso nuovi riti deliranti. "Total cleansing, perverted elimination. Sie reinigen sich mit Feuer. Evangelium Pestilentiae. Hunderttausende - werden verbrannt! - Pulizia totale, eliminazione perversa. Vengono purificati dal fuoco. Evangelizzazione pestilenziale. Centinaia di migliaia - bruciati!" recita ora il testo, supportato da un'atmosfera quasi orchestrale, rafforzata da chitarre esplosive; seguono giochi di assoli dalle scale elaborate, ammalianti perni del songwriting che non rinuncia a soluzioni classiche care ai Nostri. Seguono nuovi torrenti e maremoti sonori, tra loop martorianti e rullanti di batteria che delimitano la corsa. Gli impalati evocano gridando gli dei, mentre il loro sangue sacro inzuppa gli stracci, i massacri continuano ed un fato sinistro brucia tutti. Si ripetono le strutture già incontrate, con rallentamenti evocativi e riprese più veloci, mentre il testo ripete le immagini precedenti. Al quarto minuto e dieci un breve fraseggio si alterna a bordate ritmate, seguite da attacchi isterici dalla durata di pochi secondi; la contrazione si ripete portandoci ad un improvviso stop, dove Helmuth declama blasfemie su suoni inquietanti di matrice ambient. Ed è su queste note che si chiude il pezzo, probabilmente uno dei migliori di tutto il disco, il quale mette in gioco l'abilità della band nel songwriting dai tempi convulsi.


The Ancient Enemy

The Ancient Enemy - L'Antico Nemico si apre con un attacco stordente e caotico fatto di vortici oscuri e doppia cassa forsennata, senza darci nemmeno il tempo di presentaci; Helmuth interviene presentandoci il tema del brano, ovvero la rinuncia verso la cristianità e tutto ciò che essa rappresenta, antico nemico dello spirito pagano. E' un'adorazione degli idioti, un'idolatria stomachevole; tutto si mantiene su tempi sparati, in un clima delirante e compulsivo, ma allo stesso tempo epico. Ecco che le chitarre si aprono a soluzioni ancora più cariche di pathos, stridenti ed accollate ad un drumming inumano: "I deny the cross, man made virus - rigor mortis. The Ancient Enemy, bloodstained Depravity. Revocation - of the lies. Rancid morals - and stupidity - Nego la croce, virus fatto dall'uomo - rigor mortis. L'antico nemico, depravazione macchiata di sangue. Rievocazione - delle menzogne. Mortali rancidi - e stupidità" prosegue i testo, e la musica tira dritto conoscendo solo dei brevissimi rallentamenti che ne delineano il movimento. Si attualizzano così onde sonore che crescono e decrescono, in un songwriting movimentato che collima al minuto e ventotto. Qui una serie di riff taglienti e bordate fanno da cesura, seguiti da un'esplosione condita da assoli squillanti e bombardamenti ritmici. Neghiamo la croce, la fede viene molestata e le benedizioni vengono sepolte, e nessun dio verrà prima di noi. Riecco tutti gli elementi ormai familiari, in un marasma stordente e senza respiro, un tripudio di elementi cacofonici uniti in una tempesta black che ci rimanda al suono dei Dark Funeral e della scuola svedese in generale, veloce fino ai limiti del grind. Onde orchestrali e vocals demoniache tra growl e screaming completano il quadro, e nella parte finale della traccia belle melodie gelide e malinconiche prendono il sopravvento, caricando l'atmosfera in modo tale da offrirci una conclusione la cui punta viene caratterizzata da una serie di giochi di chitarra e da un ultimo verso gorgogliante di Helmuth.


Bluhtsturm Erotika

Bluhtsturm Erotika - Pioggia Di Sangue Erotica ci accoglie con un fraseggio distorto, sul quale troviamo rullanti ritmici e marce imperanti; ecco che Helmuth interviene con il suo cantato in tedesco, creando affreschi infernali, dove in un colpo d'occhio la luna piena da il benvenuto al demonio, mentre il cielo perde molto sangue e le trombe suonano facendo infuriare l'oscurità. La musica si muove d'accordo, ed ecco quindi ossessivi movimenti granitici arricchiti da versi malvagi. Non ci sorprende però l'improvvisa esplosione dalle tempeste black martorianti e severe, fatte di loop di riff gelidi e drumming spacca ossa, lanciati a tutta velocità insieme ai versi del cantante: è l'erotismo della tempesta di sangue, dove il diavolo fa la danza della morte, con dominio, orgoglio, e grandezza, mentre il nostro cuore è insaziabile e furioso, e mentre ciò viene declamato i toni si fanno più rallentati ed ariosi, possiamo dire epici, creando poi una sezione che collima in assoli squillanti dalle scale elaborate e dai suoni fumosi. "Ach, wie sehn ich mich nach Dir. Zu Vollmond begrüß ich Dich - Osculum Infame. Mit Flammenschrift ins Herz gemeißelt. Die Umkehrung der Sinne - Triumph und Lust - Oh, per quanto a lungo ti ho atteso. Con la luna piena ti do il benvenuto.Osculum Infame, scolpito con lettere di fuoco nel cuore, L'inversione dei sensi. Trionfo e lussuria." prosegue il testo, muovendoci sempre tra dissonanze disorientanti, ritmiche serpeggianti e tensione trattenuta, ed Helmuth si prodiga in versi maligni sia in growl, sia in screaming gracchiante; si ripropongono di seguito le evoluzioni che abbiamo già incontrato, tra cavalcate improvvise e spedite, e ritornelli malsani rallentati e dalla cantilena nera e malvagia. Arriviamo così ad una discesa segnata dai feaseggi ipnotici e dai rullanti di batteria, la quale degenera in bordate thrash sottolineate da riff glaciali, la quale si ferma all'improvviso lasciandoci con un monito vocale: dove vi è la danza, il diavolo non è molto lontano. Ed è così che si conclude il brano, un esempio molto lampante del suono dei Nostri, qui diviso tra attacchi improvvisi e rallentamenti più atmosferici, mantenendo però una certa tendenza aggressiva.

Sanctus Perversum

Sanctus Perversum - Santo Perverso inizia con un fraseggio mediorientale, ben presto, tuttavia, soffocato: ecco quindi una serie di ruggiti rauchi accompagnati da una chitarra ammaliante contornata da un drumming massacrante e lanciato, una locomotiva sonora che vede di seguito anche assoli duellanti e rullanti cadenzati di batteria. Helmuth ci narra ora di visioni più in linea con il passato recente della band, contornate da una blasfemia pornografica e dai tratti gore: "Whorehouse temple - orgasmic hell. Sado fuckfest - unholy mass. Sin triumphant - vomit the soul. Ass for an ass - cunt for a cunt - Tempio bordello - inferno orgasmico. Orgia sado - messa sacrilega. Il peccato trionfa - vomita l'anima. Culo per culo - figa per figa" esordisce il testo, mettendo in chiaro le cose senza fronzoli e giri di parole, ennesimo attacco a tutto ciò che è considerato sacro e puro nella morale cristiana. La musica prosegue nel frattempo ad una velocità che non vuole fermarsi, esplodendo poi in un ritornello trionfante basato su chitarre ariose e batteria sempre spinta al massimo. Il sacramento è dato dal coito nell'ano, da un bukkake delizioso; per assurdo la musica si fa sempre più epica ed evocativa, mentre il testo sprofonda nella perversione più palese. Buchi sfondati e piogge di sperma si uniscono ad una beffarda rievocazione del Kiyrie Eleison, ma non prima di un rallentamento improvviso segnato da una cesura con chitarre dissonanti e suoni di campana, la quale si converte in una coda appassionante dai tempi rallentati, coadiuvata da assoli convergenti. Si crea così una marcia sacrilega dall'aria imperante, pronta ad assumere toni più frenetici grazie ad una doppia cassa unita a chitarre altisonanti; ritroviamo dunque gli assoli e le strutture già incontrate, ripetendo le evoluzioni precedenti. Una perversa malinconia pervade il tutto, liberata da suoni ariosi e trascinanti, ed al terzo minuto e cinquantaquattro il tutto si fa ancora più appassionante e carico di pathos, in una lunga coda finale che si ripete in loop fino alla dissolvenza che mette fino al pezzo.

Das Pesthaus / Miasma Epilog

Das Pesthaus / Miasma Epilog - Casa Degli Appestati/Epilogo Del Miasma termina il disco con una marcia thrash imperante e delineata da bordate dissonanti, drumming massacrante e fraseggi oscuri e militareschi, con cambi di tempo e punte stridenti; tornano qui in mente i Belphegor del passato, più avvezzi a soluzioni death, e pur essendo davanti ad un breve episodio strumentale, la narrativa sonora è chiara e giocata su fermate e riprese ripetute, dando l'idea di un torrente che si apre in un marasma di chitarre taglienti e colpi di doppia cassa. Un'atmosfera ossessiva, dunque, la quale al minuto e venticinque si traduce in una sessione più strisciante, basata su cimbali cadenzati e riff rocciosi adagiati su fraseggi oscuri; ecco che poi una digressione va a fare da cesura, portandoci verso un clima che potremmo definire dark ambient, tra loop di suoni malevoli e sample vocali, creando una breve coda che termina così quello che possiamo considerare più un outro, piuttosto che una traccia vera e propria indipendente dalla struttura dell'album. In questi secondi, comunque, i Nostri condensano una serie di stilemi a loro cari, dimostrando come nonostante il songwriting sia ora più lineare, non si siano dimenticati quanto fatto in passato; è anche vero però che data la breve durata, è difficile fare paragoni con i brani veri e propri del progetto, mancando la struttura basata sui ritornelli essendo la traccia strumentale. Un pastiche che evoca dei titoli di coda, la fine di un viaggio nero come la pece e con venature rosse come il fuoco infernale. 

Conclusioni

Tirando le somme, possiamo tranquillamente affermare che "Pestapokalypse VI" rappresenta lo spartiacque tra le due fasi della carriera dei Belphegor, sia per i suoni ed il songwriting, sia per la loro situazione. Non più in cerca di conferma, ormai i Nostri hanno il loro pubblico, il loro mercato, la loro immagine, e sanno cosa vogliono dare; il problema è che questo si traduce in buoni brani, ben suonati, anche spesso accattivanti, ma con l'autopilota inserito. Inoltre molti aspetti caratterizzanti quali tastiere, cambi di tempo di tradizione death ed escursioni nel thrash e nel metal più "classico", vengono ampiamente limitati a favore di una struttura più lineare, legata ad un death-black in linea con i gruppi più di successo del genere. Ripetiamo: dare un'insufficienza al disco per questi motivi sarebbe poco sensato, data la qualità generale dei brani e le capacità della band, sempre composta da musicisti che sanno il fatto loro, Inoltre, come già detto, un aspetto sembra essere migliorato, ovvero i testi presenti, i quali anche se di certo non vinceranno mai un concorso letterario, allentano gli elementi più deliranti del passato in favore di una blasfemia senza grandi elementi gore o pornografici. La Nuclear Blast ha insomma tra le mani una gallina dalle uova d'oro capace di attirare gli amanti del metal estremo, ed anche una parte del pubblico solitamente non avvezza a certi suoni, ed i cambiamenti prima citati, nonché la produzione decisamente più levigata rispetto ai lavori precedenti, fanno parte naturalmente di una certa strategia portata avanti tanto da essa, quanto dagli austriaci. I tempi dei primi dischi sono lontani, e se prima era sempre presente un certo alone greve e grezzo nella produzione e nei suoni, ma anche una certa volontà di sperimentare con i vari elementi legati al death, al black, al thrash, ma anche al metal più classico, ora si segue una strada ben più lineare e sicura, dove al massimo quello che cambia sono i tempi utilizzati, e dove la produzione si fa sempre più controllata e levigata, in linea con le uscite "mainstream" del metal estremo. Insomma, parte dell'identità del gruppo viene sacrificata in nome delle vendite, e la differenza tra i Nostri e band quali Behemoth o Dark Funeral si assottiglia. Probabilmente la cosa più evidente è come sia del tutto sparito quello spirito "punk" presente nei primi lavori, capace di farsi sentire anche nella maestria tecnica dei componenti del progetto, capaci di inserire ed incastrare tra loro in una sorta di "ordinata anarchia" elementi che sulla carta avrebbero dovuto cozzare tra di loro, funzionando invece in maniera più che egregia.Da un punto di vista pratico, il tutto funziona terribilmente bene: le vendite sono più che buone, i concerti (da sempre punto forte dei Belphegor) proseguono, ma una serie di eventi sconvolgono totalmente la formazione dei Nostri, portando ad una rivoluzione totale della line-up. Già prima dell'uscita del disco, Barth è costretto a lasciare per sempre il gruppo a causa di una grave ferita alla mano, costringendo Helmuth a registrare le parti mancanti di basso sul disco, ed ad ingaggiare Robin Eaglestone degli Imperial Black per i live, mentre Nefastus lascerà anch'egli il gruppo per essere sostituito con vari batteristi, compreso il precedente Torturer. Per ora Sigurd rimarrà a bordo, e vari festival tra cui il X-Mass Festival, il Wacken Open Air ed il Blackest of the Black, vedranno i due alternarsi a vari session-man; ma due anni dopo, nel 2008, anche lui dovrà dire addio alle scene a causa di un'operazione all'occhio. Il risultato di tutto questo sarà una nuova formazione, che vedrà Helmuth insieme a Serpent (basso), e Torturer (batteria), alle prese con il disco "Bondage Goat Zombie", il quale continua la strada qui iniziata con un suono funzionale ed ormai convenzionale, sempre più simile a quello di colleghi quali Behemoth e Marduk. Il quadro è chiaro, ed i futuri dischi seguiranno sempre più questa linea, confermando comunque il progetto tra i nomi di successo del genere, ed i live continueranno sempre ad offrire tutta la maestria dimostrata dalla band, anche ora che praticamente tutti i membri originali, salvo Helmuth, se ne sono andati. Ma è chiaro che a causa di vari fattori, alcuni inevitabili, siamo ora davanti ad una realtà lontana da quella dei primi tre lavori, e per molti versi anche dal passato più recente. In ogni caso, la storia dei Belphegor prosegue, e la prossima tappa sarà il disco già menzionato, tripudio di elementi death-black, produzione moderna ed immagini ormai ben radicate nella mente dei fan dei Nostri: l'inferno si fa più levigato e familiare, ma la possibilità di bruciarsi e sempre presente, grazie a riff sulfurei e ritmiche spaccaossa, come avremo modo di ascoltare.

1) Belphegor - Hell's Ambassador
2) Seyn Todt In Schwartz
3) Angel Of Retribution
4) Chants For The Devil 1533
5) Pest Teufel Apokalypse
6) The Ancient Enemy
7) Bluhtsturm Erotika
8) Sanctus Perversum
9) Das Pesthaus / Miasma Epilog
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