BELPHEGOR

Necrodaemon Terrorsathan

2000 - Last Episode

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
13/06/2016
TEMPO DI LETTURA:
9

Introduzione Recensione

L'infernale viaggio nel mondo dei Belphegor e del loro blackened death metal blasfemo e violento prosegue raggiungendo il nuovo millennio, sempre sotto l'egidia della label "Last Episode" (anche se per l'ultima volta). Li abbiamo lasciati con il successo del secondo album "Blutsabbath" del 1997, ed ora a tre anni di distanza (interrotti solo dalla ristampa nel 1999 del debutto "The Last Supper" con le tracce dell'EP "Obscure And Deep" aggiunte), i Nostri tornano con "Necrodaemon Terrorsathan", ennesimo concentrato di delirante blasfemia pornografica e splatter sotto forma di attacchi sonori oscuri e violenti. Contesto sonoro nel quale, tuttavia, sopravvive sempre un certo gusto per la melodia e gli effetti trascinanti, nonché per elementi "old school" tipici del metal quali assoli, cesure atmosferiche, e fraseggi dal grande effetto. La formazione vede anche questa volta Man Gandler dei Mastic Scum come batterista di supporto, mentre Mario "Marius" Klausner si occupa del basso e della seconda voce; appannaggio totale di Helmuth  sono invece il cantato, i testi e la chitarra principale. Dulcis in fundo, Sigurd fa sua la seconda chitarra, dando il suo contributo anche in parte dei testi. Come detto inizialmente, si tratta della loro ultima uscita per l'etichetta tedesca, abbandonata poco dopo in modo non molto amichevole: i Belphegor, infatti, accusarono gli ex "patron" di truffe ai loro danni, motivo per il quale la collaborazione venne interrotta anzitempo. Successivamente, dunque, ci fu il passaggio alla ben nota "Napalm Records". A livello di produzione si continua sulla strada del disco precedente, con l'apporto di Boban Milunovic per suono veloce, violento, ma sempre più pulito e curato, il quale si allontana progressivamente dagli inizi "necro" in favore di uno stile in linea con il metal "da vendita", cosa che qualcuno rinfaccerà ai Nostri nel tempo; in ogni caso il lato tecnico si fa ancora più elaborato, raggiungendo qui una perfetta sintesi tra black vecchia scuola e death metal tecnico, senza dimenticare elementi caratteristici quali le tastiere, mai usate troppo o in modo fuori luogo. Non certo un' inversione totale quindi rispetto a quanto ascoltato da parte loro fino ad ora, bensì un affinamento delle loro armi seguendo una strada ben consolidata ed ormai decisa. Dal punto di vista testuale e tematico, nonché d'immagine, si prosegue come prima detto nella blasfemia più totale, la quale si fonde con la violenza gore e l'oscenità pornografica, raggiungendo livelli di parossismo prossimo all'involontaria (?) parodia, non dimenticando anche l'uso della lingua madre in testi dove comunque l'obiettivo non è certo quello di vincere premi letterari. Largo quindi ad orge in convento, dissacrazioni e stupri di figure sacre, e riferimenti all'allora Papa e al vaticano, non certo lusinghieri. Insomma, di materiale per far arrabbiare anche i credenti più aperti e capaci di distaccarsi dalla materia ascoltata, qui, ce n'è quanto se ne vuole, e questo è legato alla chiara volontà dei Nostri di distinguersi in tale campo superando i colleghi. Ma anche questa volta, questo lato (che potrebbe sembrare alfiere di un'incompetenza musicale) nasconde invece un songwriting sapientemente strutturato, capace di unire le due anime dei Belphegor senza creare effetti estranianti o forzati, impresa non sempre facile quando si integrano tra loro black e death. Un ensemble capacissimo di mantenere nella costante ferocia una certa orecchiabilità, la quale ha permesso agli austriaci di fare proseliti anche tra chi non ascolta normalmente il metal dall'anima più nera. Sia su disco, sia soprattutto dal vivo, tutto questo si mostra dunque la notevole caratura di un progetto che inizia a prendere sempre più piede, ormai affacciato sul mercato internazionale, come confermato dai seguenti tour intrapresi per pubblicizzare questo lavoro.

Necrodaemon Terrorsathan

Si parte con la Title Track e con un gotico campionamento di tempesta e campane; ecco però che quasi subito esso viene sostituito da un riffing freddo e veloce tempestato di blast beat, il quale si contrappone a bordate graffianti e dittatoriali, salvo poi riprendere in tutta la sua potenza. Al cinquantacinquesimo secondo un fraseggio vecchia scuola fa da cesura, contornato da rullanti marziali e giri squillanti; Helmuth interviene quindi con il suo growl, trovando posto tra gli attacchi di batteria e gli improvvisi stop, e anche tra le corse di chitarra serrata, dal sapore quasi orchestrale. L'atmosfera si fa epica ed oscura, carica di una pesantezza sonora dove trame black e violenza death si legano nel ritornello solenne e veloce, dove le chitarre strutturano una fredda melodia non dissimile da quelle tipiche dei Dark Funeral; un torrente quindi di drumming pestato e muri di chitarre senza sosta. L'effetto è quantomeno trascinante, investendo l'ascoltatore con una sequenza giocata sui crescendo; al secondo minuto e tredici ci si ferma con una sezione evocativa dai fraseggi taglienti, quasi doom, mentre il cantante conosce punte di screaming e le campane tornano a presenziare nel songwriting imponente. La coda si dilunga nei suoi toni mortiferi, richiamando gli Asphyx più tetri, salvo poi aprirsi in una nuova corsa in doppia cassa, dove non mancano elaborati assoli squillanti, e nemmeno bordate massacranti contornate dal growl di Helmuth; le alternanze che già conosciamo si ripetono, riportandoci all'epico ritornello, il quale si conclude con una marcia di batteria e chitarra, la quale prosegue fino ad un accenno di synth, il quale chiude il brano. Il testo ci porta dritti nel mondo della band, fatto di blasfemia, violenza, e perversione: l'oscurità ricopre la carne bastarda di un corpo mutilato sulla croce, mentre sentiamo le trombe dell'inferno, e vediamo il fuoco negli occhi del narratore. Un angelo dalle ali nere rinasce nel caos, il Necrodemone Terrorsatana (traduzione di un termoine già di per sé volutamente grottesco), ed il testo prosegue con le immagini esplicite: "Unholy sins inside my other hell. Praise the lord of disrespect. Let them die in their own curse. Because they don't feel - Peccati blasfemi nel mio altro inferno. Adora il signore del non rispetto. Lasciali morire nella loro stessa maledizione. Poiché non provano nulla". Ci si esprime dunque senza mezzi termini, ancora una volta, per poi ripete il concetto di poco prima; il sangue di Satana, signore degli orgogliosi, è il marchio del Diavolo, segno di grandezza. Nel purgatorio del peccato giuriamo e stringiamo un patto di sangue, mentre un potente corvo nero strappa gli occhi di Gesù. Insomma, niente delicatezze o giri di parole: questi sono i Belphegor.

Vomit Upon The Cross

Si continua quindi con "Vomit Upon The Cross - Vomita Sulla Croce" e con il suo campionamento sacrale di una litania da chiesa, la quale però viene presto dilaniata dal grido blasfemo di Helmuth e dalle chitarre combattive in assetto da guerra, un vero e proprio terremoto dove batteria e versi gutturali completano il quadro in un vortice rumoroso; la tensione sale di pari passo con l'atmosfera altisonante, esplodendo in un aria magniloquente dal grande effetto. Anche qui il così detto "norsecore" svedese di scuola Dark Funeral e Marduk non è così ontano, tra fredde melodie malinconiche, ma chirurgiche, ed attacchi di blast ossessivi; si crea così un quadro sonoro frostbitten, mostrando un'ancora maggiore propensione per il lato black da parte dei Nostri, pur non dimentichi della matrice death. Il ritornello vede versi infernali e chitarre impazzite, tra assoli dalle scale squillanti, ed improvvise bordate e rullanti, i quali creano dei brevi stop interlocutori; largo quindi alle malie gelide, in un buon rapporto tra furia e sonorità accattivanti. La cavalcata da tregenda segue quindi su queste coordinate, supportata dalla batteria robusta e dai giri circolari in loop; dopo un ennesimo stop essa si fa più ritmata grazie al drumming cadenzato, mentre Helmuth non sembra voler desistere dai suoi versi infernali. Ritroviamo il crescendo orchestrale giocato su chitarre ed assalti ritmici, il quale però poi si blocca con una cesura dal fraseggio tagliente, contornata da colpi improvvisi e solenni; essa delinea un'atmosfera ariosa, presto unita a pedali di doppia cassa e tastiere sinistre, completando il grandioso effetto amplificato dalle grida in riverbero del cantante, il quale trascina il brano verso la sua conclusione. Il testo ci mostra nuovamente scenari di massacro ed estrema perversione, nonché di scherno verso tutto ciò che è sacro; vediamo un buco su una testa divorata dai vermi, e aria puzzolente esce dalla sua bocca aperta. Inutile dire che, forse, stiamo parlando del corpo di Cristo, sfigurato dalla pestilenza e dalla decomposizione. La tirannia è continuata durante secoli di dolore, e zombie ciechi l'hanno seguita nel suo declino; inginocchiandosi nella schifosa chiesa, strisciando davanti all'immagine di Dio. Si tratta dell'obliterazione dell'adorazione, i Nostri si ribellano bruciando le scritture e mandando al diavolo gli odiosi sermoni, ed invitando ad infilare lo spirito santo in luoghi "esecrabili" del corpo. "Son of stench - oppressor of vice. Castrated savior - king of imbecility. We press the thorns deeper into thy rancid body. Perennial torture - get raped by our sins... Deride the martyrs of their crumbling dogmas. Devoted vermin poisoned with impurity. Shoot the servants of this rotten kingdom. Abomination is the wages idolatry - Figlio del puzzo - oppressore del vizio. Salvatore castrato - re degli imbecilli. Premiamo più a fondo le spine nel suo corpo rancido. Tortura eterna - che sia stuprato dai nostri peccati... Deridi i martiri dei loro dogmi che crollano. Ratti devoti avvelenati dall'impurità. Spara ai servi di questo regno corroso. L'abominio è il prezzo dell'idolatria", prosegue il testo, senza remore, mentre il sangue di Cristo viene sparso e si vomita sulla croce, mentre gli altri s'inginocchiano, pregano, strisciano, e muoiono. Uno scenario chiaro, pieno di rancore verso la religione cristiana, tipico del modus operandi del black metal, apertamente abbracciato dai Nostri.

Diabolical Possession

"Diabolical Possession - Possessione Diabolica" ci accoglie con un riffing roccioso dal gusto thrash, alternato a parti dissonanti; ecco poi una vera e propria esplosione torrenziale, dove vortici violenti ci trascinano con chitarre e batteria impazzita, mentre assoli strillanti si delineano in sottofondo insieme a trame oscure. Essa viene frammentata da bordate imperanti, le quali poi esplodono nuovamente in una corsa sinistra, dove fredde melodie e urla gutturali di Helmuth si coniugano in un'ennesima farneticante cavalcata maligna; il deliro aumenta con le doppie vocals (non a caso) da possessione demoniaca, presentando perfettamente in musica il tema del pezzo. La strumentazione raggiunge livelli di violenza da death brutale, tra bordate squillanti e riff a motosega, pestando sempre duro senza indugio; ma allo stesso tempo non mancano le melodie nere, le quali mantengono alto l'interesse dell'ascoltatore. Ecco quindi un nuovo stop dalle bordate marziali, il quale raccoglie le forze prima del nuovo attacco fatto di montante violenti e continui; si ripropongono quindi i terremoti sonori ed il cantato demoniaco, in uno degli episodi più violenti e stordenti di tutto il disco. Anche le sinistre melodie non vengono dimenticate, mentre il pezzo prosegue con la sua doppia cassa verso un'improvvisa digressione: ora abbiamo inquietanti effetti ambientali ed una voce maligna unita a risate e grida, nonché campane a morto. Ed è così che si conclude tutto d'un tratto il brano, un vero e proprio colpo allo stomaco, dove però ancora una volta i Nostri mostrano tutta la loro maestria in fase di songwriting, capaci di condensare in pochi minuti tutta una serie di elementi ben bilanciati. Il testo fonde adorazione per il male e perversione sessuale, seguendo uno dei marchi di fabbrica del gruppo: viene evocata la cerimonia dell'oscurità, percepiamo le ali blasfeme della morte, sentendo nel mentre i baci della frusta in eccessi carnali. Una possessione diabolica, adornata di blasfemia, dove si nega la mentalità da schiavo tipica del cattolicesimo. Siamo invitati ad adorare il potente peccato del narratore, e ad annegare lo Spirito Santo in escrementi, con l'immortalità del desiderio oscuro, ed il canto dell'anticristo. "Defecate on the altar of lies. Spoil the back of the goat. Voluptuosly vaginal explosions. Premature embryos - dancing in fire - Defeca sull'altare delle menzogne. Rovina il di dietro del caprone. Un'esplosione vaginale voluttuosa. Embrioni prematuri - danzano nel fuoco.", continua il testo, mentre poi vengono ripetute con ossessione le immagini precedenti, in un rituale derisorio dove davanti all'immagine crocefissa di Dio avviene un'unzione estrema; insomma, ormai conosciamo il gruppo e sappiamo cosa aspettarci dai loro testi. 

Lust Perishes in A Thirst for Blood

"Lust Perishes in A Thirst for Blood - Il Desiderio viene saziato nella Sete di Sangue" si apre senza tanti fronzoli con un attacco intervallato da bordate, il quale poi prosegue con le sue trame death squillanti, generando panzer sonori che tutto schiacciano e distruggono; la delicatezza non è ancora una volta di casa, ed il drumming martellante sui unisce a scariche elettriche sotto forma di chitarra. Il tutto viene comunque frammentato da stop marziali improvvisi, dandoci un andamento sincopato legato al metal della morte; si parte dunque con il growl cupo di Helmuth contornato da una cascata di chitarre e doppia cassa, mentre riff a motosega delineano il tutto. Il songwriting è pulsante e nervoso, dando spazio a continui stop e riprese assaltanti, stordendo l'ascoltatore continuamente; troviamo accenni di ritornello ritmato, subito però violato da ossessioni quasi orchestrali e marce squillanti. Largo quindi a nuove corse folli, con blast beat e bordate da terza guerra mondiale; una sinfonia del male dove chitarre spremute e drumming impazzito si rincorrono, ora in corse lineare, ora in sobbalzanti percorsi intricati. Dopo una cesura con fraseggio greve compaiono anche assoli elaborati dal gusto classico, i quali completano il marasma sonoro, poi dominato da marce rocciose; ma il tutto è ancora in divenire, ed ecco quindi il ritorno delle trame nervose, mentre Helmuth conosce in growl brutale e cavernoso. Nuovi assoli, e nuovi attacchi spaccaossa si susseguono, in un songwriting delirante, ma non casuale, dove i cambi sono all'ordine del giorno, seguendo uno stile decisamente di scuola death tecnica; le sue contrazioni caratterizzano quindi anche la parte finale dell'episodio, il quale si chiude con un ultima bordata improvvisa, lasciando poi spazio al silenzio. Come detto qui la materia black, preponderante alcuni brani prima, viene coperta da quella death, donandoci comunque un pezzo devastante; ennesima prova veloce, diretta, senza molti orpelli, la quale denota lo stile brutale dei Nostri, qui pienamente sviluppato. Il testo si dà al delirio blasfemo-sessuale unendo fantasie pornografiche e desiderio di violazione del sacro, con versi pregni di volgarità probabilmente rivolti verso la figura della Madonna. Meritiamo di bere il suo sangue caldo, e di scopare la sua sacra carne, usando il nostro pene in rapporti anali ed invitandola a leccare il nostro sperma blasfemo. Dovrà darci il suo buco succoso, implorando di ricevere la nostra urina fresca. Lei sanguina per Satana, ed il desiderio morirà se non viene dissetato col sangue; "Swallow my unblessed piss, beautiful nazarene whore. My dick spreads cold disease. Seduced through passion of the sinful snake, ass and cunt breathe no more - Ingoia il mio piscio sconsacrato, bellissima troia nazarena. Il mio cazzo sparge una fredda malattia. Sedotta dalla passione del serpente del peccato, culo e figa non respirano più", continua il testo malato, mentre il ritornello che dà il titolo al pezzo viene ripetuto ancora, lasciando poi posto ad immagini nel quale la band invita anche ad approfittare dei seni deliziosi e anche le dita dei piedi della Madonna, in un impeto di feticismo macchiato di pratiche BDSM. Il tutto mentre lei, legata ed inginocchiata, si bagna nel peccato. Le perversioni non si fermano qui, la necrofilia verso il suo cadavere sarà il suo destino. Nessuna pietà quindi verso nessuno, mentre le linee tra blasfemia black metal e gore da brutal death si confondono in un mondo tematico folle e maniacale. La censura non è qui di casa, come nemmeno il buon gusto o la poesia ricercata. 

S.B.S.R.

"S.B.S.R." parte con sirene anti bombardamento, ricordando l'album dei Marduk dello stesso anno, ovvero "Panzer Division Marduk", salvo poi darci un familiare martellamento in doppia cassa costellato da granitici riff a motosega e sfuriate stridenti e fredde come una tormenta; i rullanti veloci ci tempestano, mentre bordate ossessive delineano l'andamento. Ecco come da manuale il growl gutturale di Helmuth supportato dal terremoto sonoro costante, mentre poi un ritornello dalle arie solenni si dipana con melodie glaciali di scuola black; il movimento si alterna con gli attacchi precedenti in doppia cassa, dandoci un andamento accattivante. Troviamo poi assoli squillanti, i quali dilaniano la struttura ottenuta mentre la ritmica si mantiene ossessiva e violenta; rullanti di pedale si sviluppano in sottofondo, completando l'atmosfera compulsiva. Largo quindi a nuove bordate sincopate, le quali si alternano con le corse dritte, inevitabilmente sfociando nel ritornello in loop; questa volta poi si aggiungono melodie squillanti, dandoci ancora una volta un impianto dal gusto orchestrale. Il crescendo trova sfogo in una coda epocale e doom, dove esplosioni e suoni grevi si uniscono; essa però non ha lunga vita, lasciando presto spazio a nuove cavalcate circolari. Si ripete dunque l'alternanza, assumendo a tratti toni gotici, fino alla conclusione affida ad un ultimo rullante chiuso da bordate e da un esplosione; un pezzo veloce ed intenso, il quale non rinuncia però ai soliti accorgimenti atmosferici tipici dei Nostri. Il testo ritorna all'attacco, senza fronzoli, verso la religione cristiana; il disprezzo verso di essa non ha limiti, invitando i così detti prescelti (veggenti, profeti e quant'altro) "a farsi fottere". Un trattamento brutale viene messo in atto, si tratta dell'annientamento della cristianità tutta: "The man who has never been in the clutches of a crushing ripper, can never know what its poison is - L'uomo che mai è stato sotto le grinfie di un laceratore, non saprà mai qual è il suo veleno", dichiara misteriosamente il testo, mentre le sirene suonano e la crudeltà s'imprime. Nel tutto, una cultura eretta secondo i Belphegor su di un cumulo di stronzate viene condotta in rovina. Una frase ambiguamente destroide c'informa che ogni incrocio tra due razze porta malattie, e che la santità è responsabile per bugie e debolezze (e qui quindi si tocca anche il politicamente scomodo, altro elemento di marchio black); per colpa del "sacro" la nostra volontà viene stuprata, dominata da tremori. Proprio per questo i profeti vengono uccisi saccheggiati, e presto nulla rimarrà. 

Sadism Unbound / Lechery On The Altar

"Sadism Unbound / Lechery On The Altar - Sadismo Senza Limiti / Lascivia Sull'Altare" si apre con un andamento martellante fatto di doppia cassa e chitarre dai riff dissonanti, con un gusto death completato dal growl di Helmuth, mentre arie epocali si sviluppano in sottofondo; lo stile svedese viene evocato per l'ennesima volta, tra blast e giri di chitarra orchestrali e possenti. Largo quindi a corse da tregenda ed incudini ritmiche, in un'atmosfera solenne e violenta; in seguito la struttura si fa più ritmata, mentre il cantato conosce episodi legati più allo screaming gracchiante tipico del metal oscuro, dandoci una sezione incalzante sottolineata da alcune chitarre ammalianti. La violenza sale con cori demoniaci ed assoli dal gusto classico, presto però spazzati via da muri di suono ossessivo e dalla ripresa del movimento contratto e folle; esso si libera ancora con terremoti di chitarre e drumming in doppia cassa, senza mollare la presa, ma anche aggiungendo fredde melodie frostbitten nel ritornello evocativo. Riecco quindi lo screaming e le sezioni ritmate, collimando in un tripudio di suoni dall'effetto esaltante; i sensi vengono investiti con scariche continue, mentre fraseggi ben posizionati accennano trame tetre. All'improvviso la folle corsa si ferma con versi in riverbero e feedback di chitarra, creando una sezione "noise", la quale va a morire in dissolvenza concludendo così il brano; un altro attacco veloce insomma, il quale sposa una visione questa volta più legata al black scandinavo. Il testo torna sulle coordinate della perversione e della blasfemia, immaginando atti impuri in un convento; grazie a versi come "Reign of violence - behind convent walls. Diving into - vile debaucheries. Cock craving nuns - degenerated clerics. Mortify the flesh - united in blasphemy - Regno della violenza - dietro mura del convento. Immergendoci - in vili malvagità. Suore desiderose di cazzo - clerici degenerati. Mortifica la carne - uniti nella blasfemia." ci accorge subito del tema trattato, chiarificando nuovamente quali saranno i temi di cui parlare, evocando un piacere divino perpetrato tramite dolore infernale. Orge incestuose con torture senza senso, eccessi anali con crudeltà inaudita: il sadismo è senza limiti, e sentiamo grida di tormento, mentre le passioni diventano omicide, e coltelli vengono spinti nelle gole. Il vescovo ubriaco fotte "vagine puzzolenti", ed abbiamo lascivia sull'altare, in una santità della carne spasimante, dove i sederi vengono frustrati fino a ridurli a brandelli, e lo sperma decora la croce, mentre vergini catturate vengono martoriate con lo scettro della sodomia. Vengono quindi ripetute le immagini precedenti, reiterando il concetto di un'orgia blasfema dove ciò che dovrebbe essere simbolo del sacro, diventa perversione estrema. 

Tanzwut Totengesänge

"Tanzwut Totengesänge - Frenesia Della Danza Della Canzone Dei Morti" ci guida con sin dall'inizio con doppia cassa e chitarre taglienti, alternandosi con rullanti di raccoglimento, in un movimento ancora una volta dal sapore marziale; il modus operandi della band non cambia, tra trame stridenti ed assalti dove il growl demoniaco di Helmuth si sposa perfettamente. Un gusto contratto segue il tutto, tra corse furiose e stop improvvisi ripetuti, affidati alla componente ritmica; intanto giri stridenti di chitarra si delineano insieme ai piatti pestati. Dopo l'ennesima cesura prende forma un ritornello bombardante, dove belle sezioni magistrali prendono forma, violate da scariche di chitarra che sembrano mitra, urla gutturali, e batterie come schiacciasassi; questa volta è l'animo death più tecnico ad avere la meglio, dettando un pezzo sincopato e nervoso, dove dissonanze e ritmica impazzita dettano il passo. Un treno sonoro in piena corsa con rotaie fatte di loop di chitarra, il quale si libera poi in oscurità presto raggiunte e coperte dalle scariche come mitra; gli olandesi Asphyx sono richiamati anche questa volta, con un death violento, ma sempre in qualche modo mortifero, anche quando come qui la velocità si mantiene alta. La struttura ossessiva ripete le alternanze precedenti in un bombardamento continuo; ecco che dopo l'ennesima sequenza di bordate contratte parte una corsa sottintesa da tastiere inquisitorie, anch'essa però contratta da stop improvvisi. Ecco quindi la conclusione repentina, la quale chiude quello che forse è il pezzo più ossessivo di tutto il disco; probabilmente il brano che meno piacerà a chi è più legato al black ed alle sue atmosfere, qui praticamente assenti, ma che mostra ancora una volta l'abilità stilistica dei Nostri. Il testo unisce inglese e tedesco in una narrazione riguardante un luogo sacrilego dove avvengono riti satanici a sfavore del bene e della cristianità; vicino alla foresta nera, dove i nemici perdettero le loro vite. Dove il sangue cola dagli alberi, un luogo in cui l'obiettivo di annullare il cattolicesimo e la sua morale prende forma in maniera importante. Il piano  è quasi ultimato: in questo luogo dannato la fede diventa blasfemia, e la croce viene coperta dagli escrementi. Siamo liberi da ogni etica o morale, mentre pronunciamo freneticamente le parole del rito. "Zerstuckelung und Zerteilung des Leichnams. Das Jahrhundert erneuert sich. Die Tanzwut und Totengesange. Erreichen ihren Hohepunkt - Smembramento e frammentazione del cadavere. Il secolo si rinnova. Frenesia della danza della canzone dei morti. Raggiungono il loro culmine", annuncia il testo, in un bacio ai cadaveri, nel male della carne, scopando i cadaveri e punendo la carne. Il sole splende prima della sera, ma ora il buio viene benedetto mentre l'oscurità si solleva, seguendo il richiamo del fuoco. Vengono poi ripetute le parole precedenti, terminando il tutto con un'inversione dei sensi dove la notte è eterna; un testo sorprendentemente più "evocativo", anche se non mancano riferimenti alla necrofilia e al sadismo. 

Cremation Of Holiness

"Cremation Of Holiness - Cremazione Della Santità" è il penultimo episodio, giostrato in apertura da chitarre rocciose, fredde melodie ormai familiari, e drumming martellante come da tradizione; i toni feroci di Helmuth completano il quadro, in un assalto vorticante e potente. Veniamo ancora una volta colpiti quindi da sequenze di batteria cadenzata e giri distorti di chitarra, mentre un crescendo epico prende piede in sottofondo, regalandoci un ennesimo ritornello accattivante; le vocals conoscono anche punte di riverbero, mentre proseguono con toni sgolati, e la strumentazione presenta momenti ora più pulsanti, ora dritti come un treno lanciato a tutta velocità. Un terremoto sonoro continuo, dove fraseggi asciutti ed esplosioni demoniache poi si legano in un trionfo dove non possono mancare assoli squillanti dal gusto elaborato; viene qui richiamato un certo eclettismo da heavy anni ottanta, perdurante per lungo grazie allo sviluppo continuo della trama di chitarra. Una sorpresa che mostra ancora una volta come gli austriaci non abbiano nessuna remore a rielaborare la materia estrema unendola ad elementi "non ortodossi"; largo poi nuovamente ai muri di chitarra e ai blast assassini, collimando in un nuovo galoppo, completato da arie epiche e cantato altisonante di Helmuth. Il tutto potenziato da sinistre melodie oscure, sostenute dalla batteria impazzita, fino alla conclusione improvvisa affidata ad un arpeggio greve; un ennesimo esempio di velocità, potenza, epicità, il quale forse non aggiunge molto rispetto a quanto già sentito nell'album, ma riesce comunque a presentarsi più che degnamente tra i momenti migliori qui incontrati. Il testo si dedica alla dissacrazione della figura di Cristo tramite immagini dirette e derisorie, piene di blasfemo rancore e disprezzo. Cristo è morto, gridando come un maiale in un tormento infernale, con la carne bollente, deriso e sputato, mentre le sue menzogne vengono ora ignorate mentre uccidiamo i suoi seguaci. Decapitiamo il discepolo di Dio, esattamente come leggiamo nei versi seguenti: "Turn their churches into abattoirs. Wade in desecrated blood. Bomb the vatican - crucify the (polish) whore. Cremation of holiness - destruction of faith - Trasforma le loro chiese in mattatoi. Cammina nel sangue dissacrato. Bombarda il vaticano - crocifiggi la troia (polacca). Cremazione della santità - distruzione della fede.". Proseguendo verso la profanazione blasfema e la fornicazione, non senza aver lanciato un non tanto velato riferimento all'allora pontefice in carica. Insomma, poche parole, ma ben chiare e non certo timide nel loro, grossolano, ma diretto, messaggio. 

Necrodaemon Terrorsathan (Part II)

"Necrodaemon Terrorsathan (Part II) / Analjesus" è il gran finale del lavoro, il quale ci assalta con orchestrazioni pulsanti, presto riprese da un riffing circolare tempestato da una doppia cassa omicida, alternata da bordate marziali; ecco quindi arie maligne che sottintendono un coro distorto durante il quale semplicemente viene ripetuto il titolo del pezzo, e dell'album, ossessivamente. Hanno qui posto dunque melodie malinconiche di scuola black, mentre poi ritornano i toni iniziali; il muro di chitarre ci travolge, delineato da fraseggi rocciosi, ed esso perduro fino alla ripresa del ritornello accattivante. Ecco che al minuto e trentaquattro un arpeggio apre una sezione evocativa dove si aggiungono tastiere e piatti cadenzati, creando un'atmosfera solenne raggiunta da fraseggi insolitamente delicati; una coda di raccoglimento, la quale va dilungandosi fino alla dissolvenza che porta a termine quella che è una sorta di outro strumentale, salvo il ritornello dove come detto viene celebrato l'album stesso.


Conclusioni

In sostanza, un disco diretto come i suoi predecessori, dove troviamo un deciso bilanciamento tra death e black, sia all'interno di singoli episodi, sia a livello di alternanze nei brani proposti. Una certa attinenza con la scuola svedese è decisamente riscontrabile, anche se qui l'elemento death è ancora più presente, così come suoni thrash ed anche heavy, pur mantenendo una certa patina black, la quale permane nel tutto. La linea tra cacofonia e musica in queste commistioni è sempre sottile, e se non si ha la padronanza dei mezzi è facile cadere nella prima, ma i Belphegor dimostrano un'incredibile padronanza di diversi stilemi del metal estremo, coniugando senza eccessi momenti diversi, sapendo però anche quando semplicemente tirare dritto e pestare duro; insomma, come spesso detto, se la loro immagine e i loro temi toccano i limiti del risibile e del bambinesco, al contrario la loro musica è dannatamente seria, vero punto di forza di un progetto che sa dare i fatti dove conta. L'album è quindi un nuovo passo nella loro crescita, non rivoluzionando quanto già presentato, ma affinando ulteriormente le loro armi, convincendo pubblico e critica; ed ancora una volta è la sede live a sancire la riuscita del tutto, grazie ad una serie di concerti tra cui il "Fuck The Commerce IV" e la partecipazione all' "Hell On Earth" del 2001 in Germania. I tempi sono maturi per la consacrazione definitiva, la quale vedrà come detto in precedenza il passaggio sotto la "Napalm Records" e l'arrivo in formazione del batterista Torturer a.k.a Mor Dagor, nonché del bassista Barth. Nel 2002 verrà anche pubblicato il loro primo live "Infernal Live Orgasm" il quale catturerà sin dal titolo tutta l'essenza del gruppo. Occasione quindi anche per fare un punto della situazione prima del successivo "Lucifer Incestus", disco che porterà il loro suono al grande pubblico senza sacrificare la loro violenza, pur con una produzione ancora più curata. Insomma una strada tutta in ascesa per gli alfieri austriaci del black/death allo stesso tempo più oscuro e violento, ma anche elaborato. I Belphegor, giunti a questo punto della loro carriera, ormai fanno della dicotomia tra attitudine faceta nel versante tematico, e seria su quello sonoro, il loro marchio di fabbrica; una strada tra fiamme e campane gotiche, sulla quale proseguiamo il nostro percorso e la nostra analisi di una band che a questo punto ha già raggiunto estimatori e feroci avversari, i quali si fermano davanti all'immagine spesso senza considerare il lato musicale, punto di forza dei Nostri. Il nuovo millennio porterà quindi la band definitivamente fuori dai circoli austriaci, regalando loro la fama mondiale, anche se in seguito le loro produzioni inizieranno a soffrire di una formula che qui ancora non è convenzione; ancora la convinzione è genuina, regalandoci un periodo di mezzo che è probabilmente il migliore del gruppo.

1) Necrodaemon Terrorsathan
2) Vomit Upon The Cross
3) Diabolical Possession
4) Lust Perishes in A Thirst for Blood
5) S.B.S.R.
6) Sadism Unbound / Lechery On The Altar
7) Tanzwut Totengesänge
8) Cremation Of Holiness
9) Necrodaemon Terrorsathan (Part II)
correlati