BELPHEGOR

Lucifer Incestus

2003 - Napalm Records

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
24/10/2016
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Rieccoci nel mondo blasfemo, offensivo, spesso ai limiti della parodia ed oltre ogni buon gusto o raffinatezza tematica, degli austriaci Belphegor; alfieri del black/death più violento, veloce, ma allo stesso tempo trascinante e suonato con perizia ed un occhio di riguardo per le melodie, per i riff incisivi, per gli assoli ben dosati ed eseguiti. Avevamo lasciato i Nostri a godersi il successo riscosso mediante la pubblicazione di un live album, pubblicato nel 2002, dal titolo "Infernal Live Orgasm". Il quale, oltre che a mostrarci il gruppo nel pieno della sua forza e potenza dal vivo, faceva il punto della situazione riproponendo dal vivo parte dell'ormai corposa discografia assemblata dalla band, in quelli che (allora) erano quasi dieci anni di carriera. Un disco, "Infernal..", che come sappiamo venne pubblicato  dalla "Phallelujah", ovvero un etichetta creata ad hoc proprio dai Belphegor, per meglio tutelare i loro affari. Il tutto avvenne, di fatto, dopo la rescissione del contratto con la "Last Episode", rescissione conseguente a questioni legali mai risolte, più motivazioni economiche legate a royalties non riconosciute. Ecco quindi che ad un anno di distanza dell'ultimo capitolo, i Nostri si ripropongono con un nuovo disco inedito, ovvero "Lucifer Incestus - L'Incesto di Lucifero", il quale li vede approdare alla famosa "Napalm Records", etichetta decisamente importante per il mondo metal tout court (la quale, fra l'altro, aveva accolto in principio sotto la sua ala anche dei connazionali dei Belphegor, quegli Abigor riconosciuti all'unanimità come uno dei gruppi Black Metal maggiormente "di culto" della scena mondiale). Premessa: se dovesse venirvi in mente un pensiero comunque condivisibile, ovvero che il passaggio verso una label più famosa possa far ammorbidire le tematiche e l'immaginario di un qualsiasi gruppo estremo.. beh, posso sin da subito rassicurarvi, toglietevi immediatamente questa idea dalla testa. A partire proprio dal titolo, l'album è un campionario di nefandezze blasfemo-erotico-gore tipico dei Nostri, una galleria di perversioni mischiate con un profondo odio verso tutto ciò che è sacro e considerato buono nella religione cristiana. Insomma, come detto anche in passato, se siete particolarmente religiosi, o se cercate un disco di critica ragionata alla religione, qui non troverete di certo quello che volete; non è un caso che alcuni puristi del Black Metal non vedano di buon occhio il gruppo, reputandolo come una "baracconata" fine a se stessa, che punta solo all'evocazione di immagini buone per adolescenti in fase di rabbia esistenziale e tempesta ormonale. Quest'ultimi, però, sbagliano quando pensano che il tutto si limiti a questo, non considerando le doti musicali della band; se i testi sono francamente deliranti e valgono effettivamente una risata, impossibili da prendere sul serio, il discorso cambia decisamente quando passiamo al songwriting ed alla performance. Helmuth (chitarre, voce), Sigurd (chitarre) e Barth (basso), accompagnati dal batterista in studio Torturer (Florian Klein), dimostrano ancora una volta di sapere quello che fanno, creando una serie di pezzi che, pur evitando qualsiasi virtuosismo tecnico certo piacevole per molti ma inutile ai fini della proposta qui espressa, vengono suonati con attenzione per la struttura dei brani e per l'unione tra estremo ed ascoltabile; il riuscire a rimanere su questa sottile linea di confine tra kitsch e serio, tra underground e commerciale, tra Black e Death, è l'essenza del gruppo, il quale non lesina blast beats, cambi di tempo, attacchi circolari di motosega, assoli evocativi, riprendendo anche la lezione dell'Heavy Metal degli albori e quella del Thrash, pur in un contesto inconfondibilmente legato alle derive più estreme del metal. La voce di Helmuth alterna growl di matrice cavernosa e grida stridule chiaramente Black, mentre la produzione è chiara senza essere eccessivamente pulita, ed evitando il così detto brick wall, ovvero la compressione del suono troppo alta che affligge molti dischi prodotti dalle major, e non solo, tra la metà degli anni novanta ad oggi. Una produzione, del resto, affidata allo stesso Helmuth, coadiuvato dal tuttofare Alexander Krull, frontman dei tedeschi Atrocity, il quale si è anche occupato del mixing, del mastering e del generale lavoro di engineering. In quest'ultimo ruolo, Alexander si è poi avvalso della collaborazione di Martin Schmidt (batterista degli Atrocity dal 1999 al 2005) e di Mathias Röderer, storico axeman sempre degli Atrocity, dal quale si è separato nel 2010. Un team dunque di tutto rispetto, composto da musicisti navigati ed attenti, il cui lavoro ha saputo porre "Lucifer Incestus" in un "limbo vincente. A metà strada tra le produzioni lo-fi più cavernose e "cult" e quelle eccessivamente plastificate di certo black e death moderno; ogni pezzo è insomma al suo posto, regalandoci un ennesimo lavoro fatto per essere ascoltato a tutto volume, e dei pezzi che chiedono a gran voce di essere riproposti dal vivo. Nota a margine: i ruoli di Alexander e Mathias non si sono certo limitati al discorso di produzione ed engineering; i due musicisti, infatti, vengono accreditati anche per quel che concerne la parte musicale dell'album in questione. Krull è accreditato come "performer" nell'intro e nell'outro, mentre Röderer come addetto ai sintetizzatori. Fatte le dovute premesse, possiamo ora iniziare la nostra consueta analisi track by track di questo lavoro dei Belphegor.

Intro + The Goatchrist

Si parte con l'inevitabile introduzione, ovvero "Intro: Inflamate Christianos - Intro: cristiani alle fiamme", trenta secondi di campionamenti demoniaci tra voci femminili supplicanti e gementi, e demoniache voci distorte che recitano il titolo. Non un pezzo insomma, bensì una sorta di preparazione per la seguente "The Goatchrist - Il Cristo Caprone" la quale esplode prima con chitarre death squillanti, poi con grida e doppia cassa bellica sottolineata da riff a motosega deliranti; ecco quindi i versi demoniaci e rauchi di Helmuth, il quale s'inserisce tra gli assalti continui di batteria e strumenti a corda. Già al trentesimo secondo troviamo un glorioso ritornello intriso di un'euforia blasfema e trascinante, arricchita da una melodia sottintesa quasi mediorientale, la quale si sfoga poco dopo in esercizi secchi di chitarra e grida maligna con voce distorta; segue una cesura fatta di rullanti e fraseggi severi, la quale ci prepara per una nuova cavalcata con rullanti di pedale e chitarre ariose dal gusto black. Essa s'infrange però presto contro un cambio di tempo dove growl e screaming duellano tra bufere frostbitten, mentre non mancano poi assoli tecnici dal gusto classico, ricchi di scale elaborate; il secondo minuto passato ci regala bordate squillanti, le quali ci riportano all'inferno death di poco prima. Ritroviamo quindi il ritornello epico con le sue melodie ben congegnate, così come i rallentamenti improvvisi arricchiti da esercizi ritmici e lunghe cavalcate gelide di chitarra evocativa; si ripete la sequenza già vissuta, riproponendo tutta la sua tecnica emotiva maestosa e trascinante. Il finale vede quindi delle ultime bordate marziali intervallate da arpeggi, ripetuti fino alla conclusione; un ottimo biglietto da visita per il disco e per la band. Il testo ci getta subito nel raffinato mondo dei Belphegor e nelle loro malsane visioni: c'è desiderio di sangue sull'altare, mentre il nazareno zombie viene ucciso a sassate. Noi, come dicono gli austriaci (noi adepti del Male, s'intende) siamo la fiamma della resistenza, cacciando come lupi nell'ombra; tutto ciò che è sacro è nostro nemico, e va azzannato senza pietà, alla giugulare. Il sangue scorre tra di noi, e la carne ci unisce, l'inferno si spalanca ed il Cristo caprone prevale, il nostro dio è morto. Un nuovo feticcio si antepone dunque al vecchio: non più la figura di un Gesù benevolo.. ma al contrario, una nuova immagine che fonde il profeta nazareno con il Baphomet, in una blasfemia totale atta a rappresentare il rovesciamento dei ruoli. "Analjesus - on the wooden cross, the ravens eye - so proud and black. Profanation - of the bible whore. Fukk christ - where's your dog god gone - Gesù anale - sulla croce di legno, gli occhi dei corvi - così orgogliosi e neri. Profanazione - della troia biblica. Che si fotta Cristo - dové finito il tuo cane divino", prosegue il testo blasfemo, mentre poi si ripetono i versi successivi in una struttura molto semplice e diretta: una blasfema dissacrazione della figura di Cristo, reinterpretata in chiave satanica e volgare, come da modus operandi dei Nostri. 

Diaboli Virtus In Lumbar Est

"Diaboli Virtus In Lumbar Est - La Virtù del Diavolo sta nei lombici assalta subito con un turbine frostbitten ricco di chitarre distorte e batteria martellante e lanciata; ecco che Helmuth interviene con un growl ringhiante intervallato da screaming da troll, mentre la strumentazione conosce decelerazioni ed arie gelide, tra drumming cadenzato e loop di chitarra dissonante. Riprende di seguito la cavalcata oscura, intervallata da fraseggi malinconici, grida demoniache, e giri di chitarra evocativi; la batteria è sempre dominata dai rullanti di doppia cassa e dai blast potenti, in un vortice che ripete le sue tempeste di matrice black con ossessione. Si arriva così al minuto e trentaquattro, dove una cesura classicheggiante vede fraseggi da stadio ed un ritmo preparatorio, il quale poi si da a rullanti di pedale intervallati da alcune bordate; la tensione così raccolta va poi a librarsi in un attacco assassino ancora una volta caratterizzato da un'atmosfera fredda. Al secondo minuto e trentacinque una sequenza dalle pulsazioni decise prende piede, librandosi con il suo drumming a mitraglia ed i suoi bei fraseggi, in un songwriting dal registro mutevole, il quale si contrae in movimenti coronati da una suite finale dal gusto tecnico, e da un feedback di chitarra conclusivo; un pezzo quindi più orientato al black metal, ricco di arie glaciali e turbini di chitarre. Il testo ci prospetta un'orgia demoniaca dove esseri sacri vengono violati dalle forze infernali: demoni del miasma vogliono la carne, in una grande violazione della sacralità, gli angeli vengono stuprati e privati della purezza, gridando in modo stridulo in una miseria da sconfitta. E' il dominio della sodomia, un vortice di malsanità, nel quale i "puri" vengono stuprati in modo infernale dai dannati, senza pietà alcuna. "Blutgeoned bodies - strangled and fucked, Brute impalement - by rotten cocks castigated - sadism unbound. Godforsaken - drowning in cum - Corpi tumefatti - strangolati e scopati, impalamento brutale - castigati da cazzi marci - sadismo senza freni. Dimenticate da Dio - affogano nello sperma", dichiara poi il testo, in un dominio dell'estasi perversa, la quale porta i mostri persino a violare le gole delle loro vittime. Gli occhi sanguinano, gli arti sono distrutti, i genitali torturati, scalpellati e menomati, una scopata sanguinolenta e necrofila, con vagine lacerate.. e mentre ci si crogiola nella morte, i dannati si accorgono che la quantità di carne atta a soddisfarli non basterà mai. Per questo, ne vorranno ancora. Non c'è molto da dire od aggiungere: lo scenario è palese, sangue, perversione e morte, come nelle fantasie di un satanico serial killer. 

Demonic Staccato Erection

"Demonic Staccato Erection" ci sorprende con un campionamento iniziale a tinte sadomaso, presto però sostituito da un riffing death severo e dritto, sul quale poi troviamo contrazioni supportate da un drumming duro e metallico, come colpi di martello sull'incudine; riecco quindi i loop dissonanti ripetuti, in un movimento che vede sfoghi sferraglianti e parti più dritte. Si arriva così al cinquantaseiesimo secondo, dove nuovi ritmi sincopati e bordate creano un gioco di andamenti coronato da una corsa dove Helmuth si da a versi più puliti del solito, ma pieni di odio come non mai; la batteria si lancia qui nella solita corsa contornata da riff ammalianti legati tanto al black, quanto al death, in un turbine stordente che ci ipnotizza nel suo gorgo perenne. All'improvviso però esplode un ritornello rallentato, sorretto da fraseggi virtuosi e riverberi, il quale poi si apre a growl e screaming sottolineati da tastiere gotiche e chitarre mitraglianti; si uniscono quindi i motivi precedenti, riportandoci alla cavalcata da tregenda. Si alternano i diversi andamenti, tra aperture epiche ed attacchi massacranti legati alle tastiere dal grande gusto quasi sacrale; seguendo questa struttura arriviamo ad una cesura dalle bordate ritmiche ed assoli squillanti, la quale evolve in una marcia combattiva dal drumming possente e dai toni vocali che ricordano molto lo stile dei Behemoth. Il finale vede nuovi giochi di bordate sottintese da un basso greve, ripetuti fino alla conclusione; essa viene segnata anche qui da un feedback prolungato, il quale va a perdersi in dissolvenza. Il testo ci offre un nuovo affresco delirante fatto di dissacrazione e perversione; sputiamo sullo spirito santo, in un convento pieno di troie, mordiamo il crocefisso, mentre si urina a profusione sull'effige del prete eunuco. Una delirante masturbazione mutuale, mentre si adora Madre Maria, chiedendole di pregare con la sua lingua d'acciaio. La quale deve essere posta attorno all'erezione demoniaca, per poter compiere un fellatio. La madonna viene così definita come una meretrice religiosa, e di seguito penetrata analmente. "Blow thy horns - so the nuns may know evil is hovering above her. Tied - up pissing torture - chained to a glowing throne. Take tons of loads in your kisser - Suona i tuoi corni - così la suora saprà che il male sta arrivando. Legata - torturata con il piscio - legata ad un trono luminoso. Prendine in quantità in bocca", prosegue la spirale verso il basso, ripetendo di seguito le immagini precedenti, mentre Satana bacia il suo sesso e poi viola analmente la madre di Cristo. La croce viene messa nella sua vagina desiderosa, crocifiggendo la sua carne per purificare la sua anima. 

Paradise Regained

"Paradise Regained - Paradiso Riconquistato" parte con fare medioevale, con strumenti a fiato e campionamenti di temporale distesi su un drone; ecco però un'esplosione massacrante di batteria e riff circolari, la quale ci porta su territori ben più feroci, sui quali Helmuth interviene con il suo cantato da despota imperante. Flussi black/death istruiscono melodie stridenti ed assalti gloriosi e gelidi dove toni rauchi e punte in screaming seguono l'andamento; essi vanno così a confluire in un ritornello evocativo fatto di chitarre dai fraseggi severi e voci in riverbero, dandoci un grande momento che caratterizza il suono dei Nostri, presentando ferocia e melodia. Dopo una breve cesura ritmica riprende il loop serrato con doppia cassa e sequenze glaciali, il quale si prolunga in un assalto continuo; ritroviamo quindi anche i muri di chitarra e le declamazioni del cantante, così come le corse ed i momenti più raccolti, ma sempre su tempi medi. Il modello si ripete fino al ritorno del ritornello monolitico, seguito come da abitudine da cascate di drumming e chitarra; la conclusione improvvisa mette silenzio al tutto con un ultimo suono dello strumento a corda, dilungato in delay. Il testo di questo brano descrive non certo il poema di Milton (per titolo molto simile), bensì uno scenario di conquista satanica del paradiso, da parte del Male. La guerra finale, un odio apocalittico con sangue di angeli che macchia il torrido suolo in una furia eterna, genocidio celeste, una tempesta infernale su un impero divino. Laceriamo i cieli, divoriamo il Sole, stupriamo la luce, in un'oscurità accecante. La santità distrutta, essa scende sulle anime dei caduti, grandezza di un paradiso empio. "Monarch of the whole impure, the archangel corrupt. Bringer of the 7 plagues, victorious over god. Damnation - will reign. A new era - for moribund mankind - Monarca dell'impurità, l'arcangelo corrompe. Portatore delle 7 piaghe, vittorioso contro Dio. Dannazione - regnerà. Una nuova era - per l'umanità moribonda", continua il testo, ripetendo poi versi precedenti in conclusione. 

Fukk The Blood of Christ

"Fukk The Blood of Christ - Fanculo Il Sangue Di Cristo" ha inizio con un fraseggio roccioso intervallato da archi evocativi e ritmato dai piatti cadenzati come un metronomo, dandoci un crescendo quasi doom; ma ecco che al trentesimo secondo i riff circolari prendono piede insieme a colpi secchi di batteria, in un galoppo maestoso. Si esplode così in una corsa veloce dove Helmuth incastra i suoi growl demoniaci e le sue grida gracchianti tra malinconie black ed attacchi ritmici improvvisi; seguono maestose parti di chitarra ariosa e versi maligni, le quali ci trascinano verso il ritornello, Esso si configura tramite tempi più controllati e bordate di chitarra legate a fraseggi ariosi e cantilene in growl da parte di Helmuth; seguono addirittura assoli elaborati e vorticanti, i quali sottintendono la marcia oscura delle chitarre. Nuovi attacchi in doppia cassa, e nuovi rallentamenti evocativi, in un gioco che ancora una volta mostra come i Nostri sappiano usare la materia estrema con abilità; un pezzo pulsante e senza molti fronzoli, coronato ancora una volta da un ritornello ammaliante che riprende i modi del black più sinfonico, evitando però le derive più pacchiane. Al quarto minuto ci blocchiamo con una cesura dominata da distorsioni e piatti cadenzati, in una sorta di marcia rallentata dove poi prendono piede fraseggi nordici ed arie gotiche, in un tripudio evocativo alternato ad alcune accelerazioni fi batteria. Eccoci quindi diretti verso al conclusione, la quale poi si concretizza in un assalto accompagnato da canti gregoriani; un episodio tra i migliori del disco, il quale mette in luce il suono dei Belphegor e le loro caratteristiche. Il testo in tedesco ed inglese prospetta l'ennesima blasfemia perversa e splatter: in un'unzione sacramentale si viene ricoperti dal letame del caprone, insieme si canta orgogliosi il salmo, celebrando il Vangelo con la carne. Fottiamo il sangue di Cristo in un sabba dedicato e celebrato proprio per il Caprone, lo sperma infernale è il mezzo di salvezza caprino; "Die Verehrung - des Arsches. Der Ketzertanz - der Sodomiten. Tetelostali - es ist Vollbracht. Ertrankt in Flammen - der Aeon der Verfluchten - L'adorazione - i culi, la distruzione - i sodomiti. E' fatta. Avvolti nelle fiamme - L'era della dannazione", continua il testo, ripetendo poi le parole di poco prima a conclusione; non una narrazione con senso insomma, bensì una sorta di mantra blasfemo che evoca lo stupro del bersaglio preferito dei Nostri, Gesù Cristo, da parte del maligno. 

Lucifer Incestus

"Lucifer Incestus - Lucifero Incestuoso" è la breve title track, la quale si mostra con un torrente di chitarre taglienti e blast pestanti; Helmuth si unisce con ringhi demoniaci e grida da demone, mentre il marasma oscuro rallenta in occasione del ritornello dalla batteria cadenzata e dai fraseggi evocativi. Ma ecco che ci si alterna con accelerazioni improvvise, seguendo il modus operandi del disco, mentre superato il primo minuto un inferno di assoli squillanti crea una sezione tecnica e rumorosa; la furia viene delineata da momenti severi, ma controllati, riproponendo le sequenze iniziali, ritornello compreso. Nuovi torrenti di chitarra ed assalti in doppia cassa sottintendono versi gutturali e malinconie black, arrivando poi ad una conclusione segnata da bordate continue e fraseggi taglienti; ecco quindi il lato più "punk" dei Nostri, il quale però anche qui non rinuncia ad una certa pulizia tecnica e di suono, la quale non compromette comunque l'assalto sonico della band. Il testo prosegue gli ormai familiari deliri erotico-satanici che caratterizzano il mondo tematico della band e dell'album; "The goat of fukk With cock of fire - Il capro della scopata con il cazzo di fuoco" porta la nostra lingua nelle altrui natiche, un Lucifero incestuoso che adora la Chiesa Del Male, una cavalcata infernale ed occulta, trionfo del peccato. Queste le parole ripetute ad oltranza, nell'ennesima non-narrazione che sembra voler scioccare, più che trovare un senso concreto; ancora una volta le parole sono più un pretesto per l'immagine e la musica, piuttosto che qualcosa di veramente sensato. 

The Sin, Hellfucked

"The Sin, Hellfucked - Il Peccato, Fottuta Dall'Inferno" vede in apertura un sample con dialoghi dall'intento dissacratorio, conclusi con scudisciate riprese poi da bordate terremotate di batteria e chitarra, inscenando un panzer delineato da suoni squillanti e cascate martorianti; l'esercizio tecnico creato ci sovrasta e ci trascina con le sue doppie casse e stop improvvisi in una sinfonia maligna reiterata in un loop angosciante. Al minuto e quarantatré una cesura con fraseggi evocativi e drumming cadenzato accompagna tastiere ariose, mentre poi incontriamo strutture ammalianti di chitarra dal gusto melodico e classico unito a marce decise e robuste; dopo una nuova cesura di raccoglimento parte una cavalcata delirante dagli assoli baritonali, alla quale si aggiungono finalmente le vocals demoniache di Helmuth, configurando un pezzo death veloce e dai vortici di chitarra taglienti, sorretti dagli attacchi di doppia cassa e da galoppi improvvisi. Troviamo anche punte di scream, mentre la strumentazione segue una cavalcata da tregenda degna degli Slayer, nella quale tornano gli assoli dalle scale tecniche ed i muri di chitarra; forse il songwriting non è molto vario, ma di sicuro non ci da nemmeno il tempo di pensare, assaltandoci in modo continuo con i suoi cannoni sonori in bella vista. Al quarto minuto e diciassette ritroviamo i giochi ritmici iniziali, lasciando poi libera l'energia nell'ennesimo terremoto musicale, alternato con le contrazioni precedenti; ecco quindi un finale feroce ed allo stesso tempo elaborato, dove il tutto si ripete in modo ossessivo aggiungendo anche fraseggi severi presto sovrastati da un caos squillante che culima in un feedback ritmato conclusivo. Il testo ci mostra una violazione di una suora, corrotta dalla perversione; "The pleasure - of sin - devoured her soul, the evil - in her flesh - infected her. Using - the clyster - to flash jesus out. Churchwhore - no longer - wears a rosary - Il piacere - del peccato - ha divorato la sua anima, il male - nella sua carne - infetta da lei. Usando - il clistere - per sciacquare via Gesù. Troia della Chiesa - non indossa più - un rosario", ci accoglie il testo, chiarendo subito le cose; come se ce ne fosse bisogno, fra l'altro. Fottuta dall'inferno nella cappella del peccato, la suora entra nel regno di Satana. Il cazzo di fuoco la fotte e la spezza in due, con annesso campionario di perversioni annesse. La pioggia dorata, il bondage.. la donna viene battezzata nello sperma, una cintura di spine esplora la stimolazione dei genitali, la troia della Chiesa non porta più il rosario. Viene quindi invocato Satana stesso nel finale, in una sorta di messa nera orgiastica; ennesimo quadro perverso che ormai non deve stupirci. 

Fleischrequiem 69 / Outro

"Fleischrequiem 69 / Outro - Requiem Di Sangue 69 / Outro" è il gran finale del disco, il quale parte con un terremoto di batteria contornato da belle chitarre malinconiche dal gusto black, generando un mantra di sicuro impatto; esso s'interrompe con un arpeggio delicato costellato da bordate magistrali, dandoci una sequenza insolitamente emotiva per i Nostri, mettendo in risalto tutta la loro abilità compositiva. Dopo il primo minuto intervengono cori sacrali uniti ai toni cupi di Helmuth, caratterizzato tanto dal growl, quanto da uno screaming pieno di effetti; una sorta di messa nera dove le chitarre a mitraglia vanno ad infrangersi ancora una volta contro le cesure melodiche dagli arpeggi sognanti. Si ripetono quindi le sequenze di poco prima, in un effetto ipnotico dove il ritornello offre un canto gregoriano "sbagliato", e dove i soliti arpeggi offrono isole di pace che contrastano il tutto con le loro tendenze da lento sognante; seguono nuove cavalcate in doppia cassa e versi accattivanti, i quali scorrono nel fiume delle chitarre fino all'ennesimo momento progressivo, questa volta dilungato con parti tecniche di chitarra acustica e versi blasfemi e gorgogli in sottofondo. Il tutto degenera in un brevissimo campionamento oscuro, il quale termina così la traccia; una conclusione evocativa per il disco, il quale non rimane in nostra compagnia più del dovuto, ma nemmeno ci lascia insoddisfatti. Il testo ci propone una breve messa nera tra latino e tedesco, enunciata dalle parole "De Gloria Missae Sanguinis. Wollust verreckt in Fleischorgien - La gloriosa messa di sangue. Desiderio nell'orgia di carne" ripetute più volte ad oltranza, senza alcuna narrazione o variazione, a parte l'inserimento della frase "Lucifer Incestus" ogni tanto. Un outro insomma che ci saluta ricordandoci il mondo satanico e perverso che stiamo lasciando, pronto ad accoglierci al prossimo giro con nuove perversioni.

Conclusioni

Un album, "Lucifer Incestus", che prosegue quindi  la strada intrapresa dai Belphegor verso la gloria nel metal estremo, confermando una band che non è più novità, e che ora risulta "passata" stabilmente nel mondo del metal non più troppo underground, pur conservando ancora tutta una serie di caratteristiche ben chiare sin dai suoi albori. L'ago della bilancia è generalmente spostato in questa occasione sul versante musicale più Black, mentre le vocals seguono un growl cavernoso di matrice death, elemento questo presente anche nei riff a motosega e nel palesarsi di momenti thrash come gli assoli belligeranti e le marce granitiche. In sostanza, tutti gli elementi che fin'ora hanno fatto la fortuna dei Nostri vengono qui rielaborati in uno suono coerente dove si punta diretti a trascinare l'ascoltatore, in bilico tra il metal estremo più aggressivo, ed alcune derive più "melodiche". Qualcuno potrebbe lamentare una certa uniformità nei pezzi rispetto alle alternanze stilistiche del passato, più evidenti tra un brano e l'altro negli album precedenti; ma in realtà, aguzzando bene le orecchie, anche in "Lucifer.." possiamo notare quanto i pezzi alla fin fine riescano a sostanziarsi se non proprio a differenziarsi. Seguendo i Belphegor un modus operandi più sottile, sono difatti le scelte interne ad ogni brano a creare un songwriting capace di mantenere un certo schema, ma comunque di non ripetersi. Un disco che si configura come uno dei migliori nella loro discografia, nonché l'inizio della seconda parte della loro storia, lanciata nel mondo del successo di pubblico sotto l'ala di un'etichetta non certo piccola od underground; in realtà, però, la band avrà presto nuovi problemi anche con la "Napalm Records", e dopo il successivo "Goatreich-Fleshcult" passerà alla "Nuclear Blast", mantenendo comunque un alto profilo. Nel presente che qui stiamo analizzando, comunque, continuano i concerti ed i tour, presentando i Nostri nell'ambiente dove più danno prova della loro bravura, ovvero quello live. Naturalmente il passaggio verso lidi contrattualmente più "importanti" li ha definitivamente inseriti nella lista nera dei puristi del metal estremo, i quali li considereranno sempre più una sorta di sgradevole parodia (in?)volontaria del loro genere preferito, ma poco importa ai Belphegor, i quali non hanno mai messo in discussione la loro strada, e di sicuro non si misero a farlo proprio in quel momento, in virtù dei riscontri raggiunti. In ogni caso, probabilmente, siamo di fronte al periodo migliore dei Nostri, a metà tra la rozzezza iniziale ancora incerta, pur se tecnicamente già più che buona, e le derive molto più commerciali dell'imminente futuro; un punto di equilibrio mantenuto per circa due album, e poi perduto in favore di lavori non certo orribili, ma standardizzati in un manierismo che non ebbe la stessa energia ed impatto qui mostrati, e caratterizzati da una produzione sempre più anonima e fin troppo ripulita. Insomma, il meglio di due mondi sta proprio qui, nella prima metà della prima decade del 2000, per un gruppo che ha raggiunto il successo, ma ancora non si è adagiato grazie ad esso. Una situazione per sua natura non destinata a durare in eterno, ma coronata da lavori che rimangono tra i migliori del black/death più diretto e brutale, ed allo stesso tempo trascinante e sfacciatamente melodico. Un sincretismo che è il vero simbolo del gruppo, il quale esteriormente manterrà sempre un'immagine pacchiana ed esageratamente sempre più votata ad una sorta di infantile blasfemia pornografica, probabilmente anche perché consapevoli di attirare giovani ascoltatori che non cercano certo complesse filosofie esistenziali; non ci rimane quindi che continuare il nostro viaggio caratterizzato da descrizioni di orge sanguinolente, riff al fulmicotone, assalti di batteria spaccaossa, ritornelli ipnotici, e tutta una sequela di modi e tecniche mutuate da quasi trent'anni di metal estremo.

1) Intro + The Goatchrist
2) Diaboli Virtus In Lumbar Est
3) Demonic Staccato Erection
4) Paradise Regained
5) Fukk The Blood of Christ
6) Lucifer Incestus
7) The Sin, Hellfucked
8) Fleischrequiem 69 / Outro
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