BELPHEGOR
Infernal Live Orgasm
2002 - Phallelujah Productions
DAVIDE PAPPALARDO
07/08/2016
Introduzione Recensione
La nostra analisi della discografia dei blasfemi Belphegor, gli alfieri austriaci del death/black più violento, ma anche accattivante e melodico, prosegue dritta e spedita verso il proseguo nuovo millennio; li avevamo lasciati reduci del successo di "Necrodaemon Terrorsathan" del 2000, ultimo disco sotto etichetta "Last Episode", abbandonata per questioni di royalties non riconosciute e problemi vari. Problemi di management a parte, ricordiamo come la loro formula di black e death fosse stata aggiustata per l'ennesima volta, dando un po' più di rilevanza rispetto al secondo elemento, pilastro fondamentale della loro proposta sonora. Come sempre i Nostri non persero poi tempo, imbarcandosi in una serie di tour e concerti, da sempre il luogo dove mostrano il meglio di sé. Fra le numerose date intraprese, ricordiamo episodi tra cui il "Fuck The Commerce IV", il "With Full Force VIII" e la partecipazione all' "Hell On Earth" del 2001 in Germania; una serie di live che li consacrarono ulteriormente presso il pubblico estremo, il quale accolse positivamente il loro suono diretto, blasfemo, ma anche melodico e dall'aggancio facile. Dopo tre album e due EP arrivò quindi il momento di fare il punto della situazione, ed ecco quindi che nel 2002 sotto la propria etichetta "Phallelujah Productions" venne pubblicato il loro primo disco live, ovvero appunto "Infernal Live Orgasm - Orgasmo Infernale, dal Vivo", il quale presenta sia pezzi dal vivo, sia alcuni inediti da studio (tra cui quella "Swarm Of Rats" che poi verrà rielaborata nel 2005 in "Goatreich-Fleshcult") e delle versioni demo di pezzi già pubblicati; un modo sia di mostrare le loro capacità in sede live, sia di dare del materiale al pubblico in attesa del nuovo contratto discografico con la "Napalm Records" e del disco "Lucifer Incestus" del 2003, il quale li proietterà definitivamente fuori dal mondo underground e verso il mondo "commerciale" del metal estremo. In concomitanza con questo periodo anche la line up viene rinvigorita, aggiungendo il batterista Torturer (Mor Dagor) ed il bassista Barth (Bartholomäus Resch) ai già presenti cantante e chitarrista Helmuth (Hel Lehner) ed al secondo chitarrista Sigurd Hagenauer, aggiunte che dunque preparano i Belphegor all'intrapresa della seconda fase della loro carriera; insomma, come spesso accade, il disco dal vivo chiude un ciclo celebrando alcuni pezzi che lo hanno caratterizzato, e ne apre un altro proiettato verso l'imminente futuro fatto di successi e consensi presso il grande pubblico del metal estremo. Da un punto di vista prettamente musicale abbiamo una testimonianza della loro bravura tecnica, donandoci i Nostri una serie di pezzi che, pur non discostandosi dalle versioni in studio, ci trascinano in una sequenza veloce di assalti al fulmicotone tra i quali i brani inediti in studio s'inseriscono senza stacchi fastidiosi o rovinando il flusso del lavoro; i testi sono naturalmente quelli che già conosciamo, riproponendoci il mondo blasfemo, brutale e perverso caro ai Nostri, in un estremo continuo che non poche volte rasenta il parossismo demenziale. Non certo l'elemento, tuttavia, più importante in un suono che punta molto a trascinare e mantenere incollato al suo posto l'ascoltatore, conservando tutta la serietà per il lato esecutivo, senza però mai prendersi troppo sul serio sotto l'immagine creata ad hoc.
March Of The Dead
Si parte con "March Of The Dead - Marcia Dei Morti" e con i suoi suoni infernali quasi di matrice industriale, tra grida da dannato da parte di Helmuth e movimenti meccanici da acciaieria in piena azione; ecco che al quindicesimo secondo dopo un esclamazione perentorio del nostro sulla morte di Dio, parte un riffing delirante e stridente contornato dalla doppia cassa, e suggellato da assoli squillanti. Si passa poi ad un groove greve, ripetuto nei suoi giri circolari; esso si prodiga fino al cinquantunesimo secondo, dove riprende la marcia pulsante di batteria e chitarra, sottintesa da fraseggi sinistri e dalle vocals in growl di Helmuth, il quale però conosce anche punte di screaming. Di seguito si alternano nuove corse cacofoniche dove chitarra e drumming si fondono in un attacco stordente dalla matrice oscura, creando un andamento vivo e giocato su stacchi e riprese; si arriva così al minuto e quarantasette, dove una cesura vede un fraseggio sferragliante seguito da colpi di batteria cadenzati. Essa lascia però presto spazio all'ennesimo folle attacco, calibrato su cavalcate interrotte da onirici rullanti con tastiere; ci diamo poi a riff circolari assassini sottolineati da growl ed attacchi di doppia cassa veloce; il songwriting segue molto i dettami del death, con rallentamenti improvvisi, ed ecco quindi che al terzo minuto il tutto si blocca con un basso greve sul quale parte un rullante cadenzato. Largo poi a montanti thrash dal gusto orchestrale, i quali degenerano in assalti stridenti e gelidi, creando un'atmosfera in crescendo esaltante e dittatoriale; le grida del cantante coronano il tutto, esaltando gli ascoltatori e trascinandoci verso il finale dove un'ultima esclamazione viene poi coperta da feedback di chitarra e rullanti, lasciando molto brevemente il posto alle esultanze del pubblico. Notiamo un aspetto del live un po' deludente, ovvero il fatto che quest'ultimo sia stato estromesso in pratica dai pezzi in fase di rielaborazione del suono, rendendo il tutto meno naturale e più artificiale, togliendo quella dimensione umana che avrebbe catturato al meglio l'esibizione e la sinergia con gli ascoltatori presenti; in ogni caso un'esibizione tecnicamente ben eseguita, la quale ripropone il pezzo in questione senza grossi s sconvolgimenti rispetto alla versione da studio. Il testo continua senza molte sorprese sulla linea tematica e d'immagine della band; benedetti dai segni del male, spiriti del peccato, cristiani massacrati vengono crocefissi mutilati e bruciati su altari, attendendo l'abisso assieme ad altre anime torturate e rese impotenti dinnanzi alla malvagità loro "tributata". Si tratta di una marcia dei morti, ed ecco che in modo ossessivo vengono ripetute le parole precedenti, reiterando l'immagine di sangue e massacro blasfemo; "Follow me to the march of Dead, blood of the christians, orgies in red - Seguimi nella marcia dei morti, con il sangue dei cristiani, orge in rosso" conclude poi il breve testo, ripetendo varie volte il titolo della canzone. Insomma, non c'è molto sul quale fare filosofia o teorizzare: il messaggio è chiaro, ed a predominare è un satanismo medioevale da seconda ondata del black metal, dove demoni torturano i cristiani indifesi in una glorificazione della violenza ed avversione verso tutto ciò che è Bene.
Purity Through Fire
"Purity Through Fire - Purezza Nel Fuoco" ci accoglie con una presentazione da parte del cantante, presto sostituita da un'ondata infernale fatta di giri squillanti e drumming massacrante, la quale si prodiga nei suoi andamenti ipnotici; Helmuth interviene con i suoi toni da orco, mentre fraseggi a motosega arricchiscono il suono violento ottenuto. Il vortice continuo è possente e sempre presente, dandoci una cacofonia che verso il primo minuto esplode in un ritornello black freddo e gridato, poi diretto da chitarre evocative e trionfanti e screaming robusto; l'influenza del metallo oscuro è qui molto presente, mettendo in scena dal vivo l'evoluzione del suono del gruppo, il quale qui si lega alla scuola norvegese più lo-fi e necro. Abbiamo quindi parti trascinanti con chitarre squillanti e drumming ritmato, le quali poi sfociano in ariosi ritornelli frostbitten, rispettando tutti i dettami del genere poco prima nominato; il tutto però mantenendo una certa robustezza sonora sempre ereditata dal death, mentre le vocals di Helmuth conoscono anche effetti di riverbero, i quali sottolineano le sezioni epiche della traccia. Si sviluppano quindi bordate dalla melodia tagliente, le quali instaurano a ripetizione vortici oscuri veloci e senza molti compromessi; la tecnica (intesa non come bravura e capacità d'esecuzione, quelle sempre presenti, bensì come esercizi di stile) viene qui messa da parte, in favore di un costante attacco brutale, mitigato solo dalle inserzioni evocative delle chitarre. Ci si ferma all'improvviso con un breve feedback, lasciando poi posto al pubblico acclamante e ai ringraziamenti in tedesco da parte del cantante; una riproposizione ancora una volta fedele alla versione in studio, veloce e breve, senza molti abbellimenti o variazioni. Il testo ci offre l'ennesima visione oscura e morbosa; la vittima è lanciata su scale fatte di bare, preda di un terrore morboso, in un sotterraneo. Legata ed imbavagliata, mentre un coltello scorre sui suoi seni, poi picchiata e strangolata, lasciata agonizzante con il petto fracassato. Soffoca nel sangue, dopo confessioni estorte in un'intensa tortura, una totale eviscerazione attendendo la sua morte; "Nail driven into your eyes. Crucifix pressed to your forehead. Evil exorcised. Fucked by the bishop - in front of a laughing crowd. Forced down on your knees - Swallow holy cum. Torn out vagina - sawed off limbs. Glowing iron in your anus - broken on the wheel - Il chiodo infilato nei tuoi occhi. Il crocefisso schiacciato sulla tua fronte. Il male esorcizzato. Fottuta dal prete - davanti ad un pubblico che ride. Costretta sulle ginocchia - Ingoia lo sperma sacro. Vagina squartata - arti tagliati. Metallo incandescente nel tuo ano - spezzata sul torchio." prosegue il testo con le immagini ancora una volta degne di un delirio totale, mentre fatta a pezzi la vittima viene in seguito portata al rogo, pronta ad essere bruciata e ricevere così purezza tramite il fuoco. Un racconto sotto la lente malata dei Nostri insomma, delle purtroppo reali torture inflitte alle cosiddette streghe durante il medioevo; questa volta la brutalità quindi appartiene al nemico giurato, ovvero i cristiani.
Necrodaemon Terrorsathan
"Necrodaemon Terrorsathan - Necrodemone Terrorsatana" viene introdotta dal cantante tra le esaltazioni del pubblico, mentre poi una marcia possente si libra in un riffing freddo e veloce tempestato dai blast beat, il quale si contrappone all'andamento di poco prima, salvo poi riprendere in tutta la sua potenza dandoci una cavalcata regale; ecco all'improvviso un fraseggio vecchia scuola che fa da cesura, contornato da rullanti marziali e giri squillanti. Helmuth interviene qui con il suo growl alternato a punte gridate, trovando posto tra gli attacchi di batteria e gli improvvisi stop, in un suono coronato da corse di chitarra serrate, dal sapore quasi orchestrale; l'atmosfera si fa epica ed oscura, carica di una pesantezza sonora dove trame black e violenza death si legano nel ritornello solenne e veloce, e dove le chitarre strutturano una fredda melodia di scuola saldamente black, richiamando nomi della scena svedese quali Dark Funeral e Marduk. Un torrente di drumming pestato e muri di chitarre senza sosta va a configurarsi, dandoci un 'effetto trascinante, investendo l'ascoltatore con una sequenza giocata sui crescendo; al secondo minuto e tre ci si ferma con una sezione evocativa dai fraseggi taglienti, quasi doom, mentre il cantante conosce punte di screaming chitarre ci regalano andamenti dalla bella melodia dissonnate. La coda si dilunga nei suoi toni mortiferi, richiamando gli Asphyx più tetri, salvo poi aprirsi in una nuova corsa in doppia cassa, dove non mancano elaborati assoli squillanti, e nemmeno bordate massacranti contornate dal growl di Helmuth qui sottolineato dalla doppia voce in scremaing; le alternanze che già conosciamo si ripetono, riportandoci all'epico ritornello ossessivo, il quale si sviluppa con la sua batteria veloce, fermandosi però all'improvviso. Ecco quindi una corazzata sonora pachidermica, la quale avanza lenta ed imperante tra blast e chitarre grevi, ripetendosi fino al finale improvviso del pezzo, lasciato ad un feedback breve di chitarra; viene quindi così tagliato l'episodio live, senza in questo caso lasciare spazio alla reazione del pubblico presente, togliendoci ancora una volta quel sapore di presa diretta che potevamo anche qui aspettarci. Il testo ci porta dritti nel mondo della band, fatto di blasfemia, violenza, e perversione: l'oscurità ricopre la carne bastarda di un corpo mutilato sulla croce, mentre sentiamo le trombe dell'inferno, e vediamo il fuoco negli occhi del narratore. Un angelo dalle ali nere rinasce nel caos, il Necrodemone Terrorsatana, ed il testo prosegue presentando immagini esplicite: "Unholy sins inside my other hell. Praise the lord of disrespect. Let them die in their own curse. Because they don't feel - Peccati blasfemi nel mio altro inferno. Adora il signore del non rispetto. Lasciali morire nella loro stessa maledizione. Poiché non provano nulla", per poi ripete il concetto di poco prima; il sangue di Satana, signore degli orgogliosi, è il marchio del Diavolo, segno di grandezza. Nel purgatorio del peccato giuriamo e stringiamo un patto di sangue, mentre un potente corvo nero strappa gli occhi a Gesù. Insomma, niente delicatezze o giri di parole: questi sono i Belphegor.
The Last Supper
"The Last Supper - L'Ultima Cena" si apre con una presentazione sottolineata da un fraseggio fumoso, la quale però presto lascia posto ad una cascata di batteria in doppia cassa con blastbeat e chitarre a motosega; al trentacinquesimo secondo arriva il cantato gutturale e demoniaco di Helmuth, mentre la cacofonia sonora perdura con le sue stridenti note deliranti. Punte di screaming s'intervallano con i toni cavernosi, mentre alcuni fraseggi ariosi potenziano l'atmosfera maestosa, inseriti nell'attacco sonoro intervallato da rullanti che ne raccolgono l'andamento selvaggio; notiamo come le chitarre siano il veicolo usato per la melodia violenta che accompagna il tutto, regalandoci quindi una struttura appassionante, sulla quale il comparto ritmico devasta il tutto con diligente furia. Si creano così atmosfere tra il malato e il malinconico, mentre poi una sessione più raccolta vede dei groove circolari ripetuti mentre grida in riverbero e growl si danno ad un duetto infernale, presto interrotto da assoli stridenti sorretti dal massacro pulsante della doppia cassa; essi proseguono in una dialettica da battaglia, fino all'esplosione di una nuova cavalcata. Largo quindi a fredde chitarre e drumming tempestante, in una valanga rumorosa che ci sovrasta maestosa; il ritornello gutturale viene quindi scolpito dalla batteria martellante, in un rituale tanto semplice quanto effettivo. L'alternanza funziona, e viene ripetuta ad oltranza in un gioco di lasciate e riprese, dando struttura al movimento del pezzo; non sorprende quindi il ritorno della corsa squillante sempre intervallata da rullanti, la quale ci porta diretti ad una seria di malinconie violente di chitarra, e al ritorno del montante thrash con assoli dalle scale elaborate e dalle esuberanti parti vocali in duetto infernale tra growl e screaming. Riecco di seguito la tempesta ritmica fatta di attacchi veloci di batteria e riff in buzz, la quale si alterna con brevi parti raccolte, fino alla conclusione improvvisa, la quale lascia solo un piccolo spazio alle esultanze finali del pubblico; ennesima riproposizione veloce e fedele a quanto proposto in studio da parte degli austriaci. Il testo non ci presenta certo raffinatezze letterarie o complicanze elaborate, composto da pochi versi molto diretti e legati ad un delirante immaginario di tortura blasfema in nome del Male e del diavolo; ecco che troviamo un massacro con motosega che non finisce mai, una sarcastica Ultima Cena organizzata tutta per noi, un inno per gli Antichi (vaga citazione alla Lovecraft, giusto per sottolineare una delle tante commistioni tra fantasy death e satanismo black dei Nostri) che sorgono dall'inferno, e alla punizione delle carni che tornerà a dominare il mondo. "Power of evil Satan, penetrates the unbelieving nuns - Il potere del malvagio Satana, penetra le suore miscredenti", continua il testo, lasciando poco all'immaginazione, e ripetendo poi i versi precedenti, annunciando nel finale che il Signore (non certo Cristo) è rinato; appena un accenno insomma, piuttosto che una narrazione compiuta, il quale vuole giusto dare suggestioni di una certa immagine generale che il gruppo abbraccia pienamente ed usa come vessillo.
No Resurrection
"No Resurrection - Nessuna Resurrezione" viene, poco elegantemente, introdotta da un rutto del cantante, il quale poi presenta il pezzo senza molte parole; ecco quindi un riffing glaciale coadiuvato dalla doppia cassa, il quale crea una magistrale sequenza presto raggiunta dai versi demoniaci di Helmuth, completando il quadro nero come la pece dove la doppia cassa mette sotto tutto quello che incontra; abbiamo di seguito chitarre distorte in pieno splendore, per un suono che non perdona, estremo, ma anche ammaliante. Poi le arie si fanno ancora più epiche, creando loop circolari ripetuti con ossessione granitica; i toni si aprono a melodie altisonanti, fino all'improvvisa cesura con arpeggi e bordate ritmate, la quale inaugura un'epocale sequenza classica. Si va quindi ad aggiungere il drumming incalzante, il quale cresce d'intensità fino allo sfociare nell'ennesima corsa lanciata, strutturata dalla ritmica sincopata e dalle grida del cantante; rieccoci quindi in corridoi sonori taglienti e freddi, per un episodio decisamente legato al lato black dei nostri. Cacofonie black intervengono arricchendo la violenza sonora fino all'improvviso stop con suoni ruvidi; esso ridà poi spazio ai crescendo epocali, i quali delineando paesaggi sonori tetri e frostbitten, degni di una maestosità imperante. La conclusione non può che essere lasciata ad un feedback stridente di chitarra, chiudendo il tutto in modo molto "rock"; seguono quindi gli applausi dei presenti ed il ringraziamento del cantante, concludendo la veloce esibizione. Il testo, molto semplice, non va sul sottile, mostrandoci nuove immagini di dissacrazione; ed è proprio quest'ultima che applichiamo e compiamo, con occhi brucianti e posseduti, mentre l'Inferno si innalza con gli dei del dolore. Tiriamo le vene e stacchiamo le anime marce, mentre soffochiamo la vita nell'ultimo respiro; non c'è resurrezione, massacriamo il signore dei deboli, seppelliamo i sacramenti e distruggiamo il corpo di Cristo. "In the burnt out churches. They stand awaiting their doom. Indulge in their blood. Sepulture of hypocrisy - Nelle chiese bruciate. Attendono in piedi il loro destino. Indulgiamo nel loro sangue. Sepoltura dell'ipocrisia", prosegue il testo, mentre la luce della santità viene per sempre spenta, e sottoponiamo lo Spirito Santo ad un dolore eterno.
Swarm Of Rats
"Swarm Of Rats - Sciame Di Topi" è uno degli inediti da studio qui presenti, come già accennato poi rielaborato anni dopo in uno dei futuri dischi della band; esso ci accoglie con una doppia cassa martellante coniugata a riff circolari di matrice black, gelidi ed ossessivi nel loro loop tagliente. Presto s'innestano anche fraseggi malinconici, i quali regalano una melodia tetra ben adatta al suono qui presentato; il movimento creato va ad infrangersi poi verso una cesura greve contornata da colpi cadenzati di batteria, la quale presto lascia spazio ad una corsa squillante dove il growl di Helmuth sottintende un susseguirsi di chitarre e rullanti, mentre nel ritornello abbiamo anche grida rauche ed avvincenti montanti. La ritmica sale d'intensità, mentre le fredde melodie creano momenti frostbitten dal sapore classico legato alla scuola scandinava; largo quindi a loop esaltanti, alternati con grandiosità orchestrali potenti e sentite. Si arriva così al secondo minuto e ventidue, dove si rallenta con un fraseggio contornato da assoli più tecnici, presto però alternato con alcune accelerazioni in doppia cassa; riecco quindi il galoppo precedente, con i suoi groove pulsanti, i quali collimano nei toni severi dei riff frastornanti e del ritornello con punte di screaming. Al terzo minuto e quaranta una corazzata magistrale prende piede, alternandosi con la serenata oscura di poco prima, creano l'ennesimo gioco di lasciate e riprese, il quale si conclude con alcuni fraseggi ed un colpo di batteria, terminando così il brano. Il testo ci riporta al mondo blasfemo e perverso dei Nostri, dove baciamo i demoni della creazione mentre un desiderio crocefisso distrugge la nostra santa volontà; si tratta di uno sciame di topi in un mondo di merda, dove Gesù è il figlio del puzzo, un redentore castrato. "Burning crosses, invoke the powers. Rape the crown, hell awaits 666 baphomet. The christians to the lions - Croci che bruciano, invoca il potere. Stupra la corona, l'Inferno attende, 666 il Bafometto. I cristiani ai leoni." prosegue il testo eloquente, il quale poi ripete i versi precedenti fino alla conclusione; nessun poema o trattato filosofico insomma, come d'altronde è lecito aspettarsi dal gruppo in questione, dedito da sempre alla blasfemia e all'attacco più eclatante a tutto ciò che è considerato sacro e puro.
Diabolical Possession
"Diabolical Possession - Possessione Diabolica" riprende con la parte live del disco, introdotta da un colpo di bacchette seguito da un riffing roccioso dal gusto thrash, alternato a parti dissonanti; ecco poi una vera e propria esplosione torrenziale, dove vortici violenti ci trascinano con chitarre e batteria impazzita, mentre assoli strillanti si delineano in sottofondo insieme a trame oscure, in un pieno gusto tecnico virtuoso. Essa viene frammentata da bordate imperanti, le quali poi esplodono nuovamente in una corsa sinistra, dove fredde melodie e urla gutturali di Helmuth si coniugano in un'ennesima farneticante cavalcata maligna; il deliro aumenta con parti dalle punte in screaming, alternate al growl più cupo mentre la strumentazione vede stridenti chitarre, raggiungendo poi livelli di violenza da death brutale, tra bordate squillanti e riff a motosega, pestando sempre duro senza indugio. Non mancano comunque melodie oscure, le quali mantengono alto l'interesse dell'ascoltatore; di seguito troviamo un nuovo stop dalle bordate marziali, il quale raccoglie le forze prima del nuovo attacco fatto di montante violenti e continui. Si ripropongono terremoti sonori ed il cantato demoniaco, in uno degli episodi più violenti e stordenti della discografia dei Nostri; anche le sinistre melodie non vengono dimenticate, mentre il pezzo prosegue con la sua doppia cassa verso un'improvvisa digressione ambient, dove un feedback si perde tra suoni di campana maligni e voci campionate, mentre il pubblico esulta appena udibile. Il testo fonde adorazione per il male e perversione sessuale, seguendo uno dei marchi di fabbrica del gruppo: viene evocata la cerimonia dell'oscurità, con le ali blasfeme della morte, sentendo i baci della frusta in eccessi carnali. Una possessione diabolica, adornata di blasfemia dove si nega la mentalità da schiavo cristiana; siamo invitati ad adorare il potente peccato del narratore, e ad annegare lo Spirito Santo in escrementi, con l'immortalità del desiderio oscuro, ed il canto dell'anticristo. "Defecate on the altar of lies. Spoil the back of the goat. Voluptuosly vaginal explosions. Premature embryos - dancing in fire - Defeca sull'altare delle menzogne. Rovina il di dietro del caprone. Un'esplosione vaginale voluttuosa. Embrioni prematuri - danzano nel fuoco", continua il testo, mentre poi vengono ripetute con ossessione le immagini precedenti, in un rituale derisorio dove davanti all'immagine crocefissa di Dio avviene un'unzione estrema; insomma, ormai conosciamo il gruppo e sappiamo cosa aspettarci dai loro testi.
Blackest Ecstasy
"Blackest Ecstasy - L'Estasi Più Nera" esplode dopo un breve accenno distorto di chitarra con una tirata black da manuale, tra doppie casse e loop circolari che evocano tempeste di neve; Helmuth completa il quadro con il suo screaming gracchiante, in un muro di suoni che non può non ricordare lo stile della Norvegia e nomi seminali quali i Darkthrone e Burzum, dandoci un suono insomma diretto. Esso poi si scontra poco prima del minuto con chitarre melodiche creano belle cesure, presto però violate dalla furia incontenibile degli attacchi squillanti a motosega e delle bordate da marcia militante; non vengono a mancare nemmeno parti in growl, in duetto con le grida da spirito delle foreste, mentre la parte musicale si giostra su dissonanze sincopate. Si sfocia di seguito in una corsa serrata contratta dalla ripresa del movimento appena incontrato; riecco quindi le alternanze di poco prima, fino ad una cesura sottotono, la quale segna un gioco molto tecnico di lasciate e riprese con le bordate di chitarra. Seguiamo poi l'andamento compulsivo in un crescendo drammatico, il quale striscia fino al finale dove suoni squillanti proseguono fino allo stop improvviso; esso lascia spazio ad una dissolvenza durante la quale il vocalist parla al pubblico presente, probabilmente ringraziando. ll testo delinea ancora una volta violenza e perversione anticristiane senza mezzi termini; con un crocifisso, il corpo della vittima viene colpito, creando una grottesca deformazione, mentre desideriamo la carne ed il rituale ha inizio. Invertiamo la croce dentro il sesso sanguinante, e poi uriniamo nella sua bocca, facciamo a pezzi l'idolo sacro e scopiamo; "Sucking out - eating raw flesh. Fuck you whore - we burn in blasphemy. For sex I'll use her lovely head. Delightful orgasm - so deep in me - Succhiando - divorando carne cruda. Fottiti troia - bruciamo nella blasfemia. Per il sesso userò la sua testa amorevole. Orgasmi piacevoli - così profondamente in me", prosegue il delirio, in un'estasi nera oltre i limiti del piacere. Sputiamo sangue nero mentre prepariamo il ritorno in un luogo che non può essere lasciato, e amiamo tutto questo, come l'altra ama noi, mentre tutto è freddo e nero, in un romanticismo da morte totale; pensieri malvagi pieni di perversione. Abbiamo una bellissima vista nel mentre raschiamo le ossa. Un'offerta di sangue con istinti bestiali, dove il cielo è il nostro inferno , un martirio in un matrimonio di morte; insomma è chiaro che qui la perversione più brutale e i sentimenti antireligiosi si legano in modo indissolubile per scioccare i credenti e i benpensanti.
Requiem Of Hell
"Requiem Of Hell - Requiem Infernale" viene presentata come da manuale da Helmuth, partendo subito con un con un panzer squillante, il quale presto evolve in una corsa in doppia cassa, frammentata da stop sincopati dai toni marziali; troviamo quindi torrenti sonori rilasciati e repressi, in un andamento tecnico che perdura fino al quarantaquattresimo secondo. Qui un fraseggio solenne crea melodie imperanti, le quali però vengono presto violate da nuove cacofonie fatte di chitarre dissonanti e drumming impazzito, sul quale il cantante dispiega il suo screaming cupo e maligno, coadiuvato dagli andamenti della strumentazione; largo quindi a corse folli intervallate da bordate improvvise, in un movimento contratto dove incontriamo anche growl profondi ed assoli squillanti. L'atmosfera è quella di un assalto continuo, dove trame death-thrash ed oscurità black hanno felice matrimonio; il songwriting ripete l'alternanza dominante senza grosse sorprese, ma ecco che al secondo minuto e venti si uniscono tastiere vorticanti in un gioco di richiami con le chitarre ben congegnato. Ecco quindi evoluzioni tecniche che mettono in bella mostra la maestria dei Nostri, i quali sanno cogliere elementi del thrash classico, tra cui le bordate da terremoto e i passaggi con fraseggi più melodici, non disdegnando assoli dalle scale squillanti; ecco una cesura poi soffocata dagli attacchi caotici, i quali però poi la riusano in un ritornello epico. Il finale è dunque lasciato ad un'ultima marcia, la quale conclude il brano con un riff rumoroso al quale seguono il breve ringraziamento del cantante e gli applausi del pubblico; si chiude quindi la parte prettamente live del disco, dando di seguito spazio ad alcune chicche inedite inserite per regalare qualcosa in più ai fan (o per riempire lo spazio rimasto, potrebbe dire qualche maligno). Il testo si abbandona ad immagini astratte sempre di gusto dissacratorio e blasfemo, celebrando scenari infernali; un angelo perduto plana mentre il freddo amplia la cecità, perso in un mondo in cui nulla si svela, coperto dalla nebbia. Un freddo che lava via la pioggia, con il nostro che implora di essere spruzzato di veleno. E' il requiem dell'anticristo, lontani dal Sole, il quale crea un Inferno sulla Terra; "Bath in warm blood is her promised. Renounce the frosting death. Icer at the enslaved. Crying dying fearing gods - Il bagno nel sangue caldo e la sua promessa. Rinuncia alla morte congelante. Ancora più fredda per gli schiavi. Dei piangenti e morenti nella paura." continua i testo, mentre nel finale voliamo via su ali possenti. Esso si dimostra breve e conciso, come nella tradizione del gruppo, presentando a livello testuale tendenze meno gore e più evocative rispetto ad altri episodi della loro discografia.
Recensione
"Der Untergang, Part 2 - La Rovina, Parte 2" è la seconda traccia da studio qui presente, una sorta di continuo della prima parte presente in "Blutsabbath", o meglio di versione alternativa presentandone lo stesso testo; dopo un campionamento vocale anticristiano, parte un rullante di batteria seguito da un riffing serrato e pulsante, tempestato dalla batteria e dal basso greve, districato tra i giri circolari della seconda chitarra. Si arriva così su questi toni al quarantunesimo secondo, dove ci si ferma con un fraseggio presto coperto da un nuovo vortice di chitarra e batteria, unito ai growl di Helmuth; ecco quindi una serie di attacchi sorretti da melodie tetre, alternati tra movimenti veloci e pause caotiche di matrice black. L'atmosfera è diretta e violenta, molto "punk", suggellata però anche come detto da melodie azzeccate di facile presa; ecco che al secondo minuto il tutto si fa ancora più contratto, aggiungendo urla effettate in screaming ed elevando i fraseggi malinconici all'ennesima potenza, accompagnandoli con chitarre squillanti dalle scale elaborate. Si arriva così al secondo minuto e quarantacinque, dove bordate e rullanti creano insieme a punte stridenti una conclusione più controllata, la quale trascina il brano verso la sua conclusione; un episodio che passa veloce come un treno, basato su pochi, ma saldi, elementi che favoriscono in questo caso un songwriting senza fronzoli, ma anche non privo di quel lato tecnico ereditato dal death, il quale contraddistingue spesso lo stile dei Nostri rispetto alla scuola norvegese. Il testo ci riporta al disprezzo verso i cristiani nonché sentimenti superomistici di oscura estrazione; dominiamo il gregge maledicendo l'esistenza delle pecore, considerandole il più grande scherzo dell'umanità, contrari al libero pensiero. Sotto il crocefisso c'è la soggezione per i deboli, come spiegato nei versi "A simple explanation for simple minds, used to control the fucking masses - Una semplice spiegazione per menti semplici, usata per controllare le fottute masse". Noi, al contrario, siamo liberi nello spirito e mai servi, contrari al Cristianesimo e a tutto ciò che rappresenta; ecco che quindi vengono ripetuti versi precedenti in un testo ancora una volta semplice e chiaro.
Demo Versions: Graves Of Sorrow & Hellbound
Il disco si conclude dunque con due versioni demo, una di un brano già incontrato nel passato, ovvero "Graves Of Sorrow - Fosse Del Dolore" tratta dal primissimo EP "Bloodbath In Paradise" del 1993, ed una inedita, ovvero "Hellbound - Dannato"; la prima ci assalta in apertura con un riff severo presto intervallato da piatti cadenzati e punte stridenti, configurando una marcia imperante. Ecco quindi che al tredicesimo minuto la ritmica accelera, così come i vortici di chitarra, donandoci una corsa dall'animo death trascinante e pulsante; essa però s'interrompe brevemente con una cesura atmosferica, la quale aggiunge un bel fraseggio che rimane in sottofondo creando un'atmosfera dove la voce di Helmuth ricorda il registro vocale usato spesso dai vocalist degli Asphyx, cupo, ma allo stesso tempo rauco. All'improvviso ci si ferma con una marcia accompagnata da tastiere, dandoci un gusto tipicamente oldschool, in una corazzata poi tempestata da assalti di piatti veloci e chitarre taglienti come rasoi; il registro è mutevole, ed ecco quindi un fraseggio di scuola thrash, il quale striscia tra scale elaborate e parti vocali più brutali e profonde. Si riprende quindi con le accelerazioni, aggiungendo anche assoli squillanti e raccoglimenti rocciosi; questo fino al secondo minuto e quindici, dove si ripete le marcia possente, la quale ancora una volta si libra in una corsa tempestata dal drumming e dai giri circolari a motosega. L'andamento compulsivo ci trascina mentre Helmuth ripete la sua nera lezione, non dimenticando siparietti "tribali" fatti di riff grevi e cimbali massacranti; ma se pensiamo che le cose rimangano così ci sbagliamo, infatti al terzo minuto e trenta un arpeggio melodico crea una cesura delicata, la quale poi lascia posto ad un evoluzione tecnica dove esercizi di chitarra e batteria hanno dominio. Si torna di seguito all'alternanza tra i movimenti appena descritti, in un'ondata poi sancita da un nuovo momento di scuola thrash, pieno di melodie stridenti di chitarra; il growl cupo e l'andamento strisciate ci dirigono verso il finale, suggellato da un ultimo riff distorto di buona fattura. Un demo anche in questo caso legato al metallo della morte più classico, pieno di cambi di tempo ed atmosfere mortifere, dove però già risalta la particolare predilezione dei nostri verso soluzioni anche melodiche e di facile presa sull'ascoltatore; insomma i semi c'erano già tutti, anche se l'elemento black avrebbe preso posto solo in seguito. Dal titolo possiamo immaginare scenari di morte e guerra, con fosse piene di cadaveri in un'esaltazione della violenza e dell'odio verso il genere umano; ennesimo topos tipico tanto del black quanto del death, in una carrellata di immagini di questo tipo alle quali i Nostri rimangono saldamente ancorati. I toni marziali usati spesso nel pezzo ben si adattano a ciò, esplicando come spesso i testi siano più che altro un pretesto per la musica, adagiandosi su tutti gli stilemi tipici del genere; insomma la musica parla abbastanza da se, non facendo dopotutto nemmeno necessitare dei testi veri e propri, che anzi forse sono al meglio lasciati alla nostra immaginazione. La seconda ci accoglie con cimbali cadenzati lanciati in una corsa sulla quale si stendono chitarre a motosega e growl demoniaci, instaurando un groove distorto dalla forte componente death; ecco che parti stridenti s'inseriscono nel loop tribale, mostrandoci un episodio decisamente legato al primissimo periodo della band, influenzato largamente dal death oldschool. Non ci sorprende quindi il cambio di registro improvviso del trentaduesimo secondo, dove un rallentamento fa ad cesura prima di lanciaci in un vortice trascinante di chitarra e batteria, delineato da alcuni rullanti e dominato da festeggiare grevi e taglienti; un ennesimo stop ci porta poi su un drumming pestato e bombardante, sorretto dal cantato convulso e gorgogliante, e dai giri circolari sferraglianti. La violenza si mantiene alta, dandoci un songwriting veloce, quasi punk nel suo andamento altisonante e senza freni; al minuto e cinquantatré veniamo sorpresi da assoli elaborati stagliati su un fraseggio di basso, i quali creano una cacofonia tecnica, presto però bloccata da un accenno di marcia, poi commutato in una serie di bordate marziali di scuola thrash. Esse si alternano di seguito con lanci improvvisi in corse vorticanti e stop altrettanto improvvisati, creando una struttura nervosa e massacrante che non lesina chitarre rocciose ed alcuni arpeggi tetri; ed è così che si conclude questo episodio, decisamente positivo, per fortuna qui disotterrato dal passato del gruppo. Non ci è pervenuto alcun testo, ma possiamo immaginare descrizioni demoniache e blasfeme come da tradizione per la band, magari con qualche affresco osceno giusto per completare il quadro; come sempre è comunque più la musica che conta con i Nostri, parlando con i suoi movimenti trascinanti.
Conclusioni
Tirando le somme, un live ben suonato, il quale forse è stato un po' troppo ritoccato in studio togliendo alcuni elementi che avrebbero reso il tutto più naturale, la presenza del pubblico in primis, ma che ci offre una buona selezione di pezzi che spaziano nella prima fase della carriera del gruppo mostrando la loro evoluzione; una sorta di "Greatest Hits" volendo, pubblicato in un periodo di transizione sia per scopi molto pratici (avere un prodotto da vendere in attesa di un nuovo contratto discografico), sia per dare giusta testimonianza ad un elemento fondamentale per i Nostri, ovvero i concerti, dove il pubblico ha modo di percepire tutta la loro bravura e l'impatto del loro suono possente, ma anche trascinante. Il repertorio del metal estremo anni '90 sia Death che Black viene ripreso a piene mani, senza però dimenticare un sano substrato Thrash che dona una certa struttura esaltante ai brani proposti. L'equilibrio è un gioco importante per il gruppo, mai perso in cacofonie troppo ostiche, ma neanche in suoni troppo laccati o plastificati; un giusto compromesso tra accessibilità nel songwriting e pesantezza nei suoni, da sempre la carta vincente degli austriaci. La band è quindi pronta per il nuovo contratto con la "Napalm Records", il quale verrà sancito con la pubblicazione di "Lucifer Incestus", disco prodotto da Alex Krull degli Atrocity; esso riprenderà quanto finora fatto, forse addirittura estremizzandolo ancora di più, proiettandolo in una dimensione ancora più precisa dove tutta al tecnica del Death ha presa su elementi atmosferici e gelidi, tipicamente Black. Una seconda fase che parte decisamente in positivo, lasciando dietro le spalle comunque una serie di dischi che già ben configurano il suono dei demoni austriaci; suono, come più volte ricordato, che trova tutta la sua potenza in sede live, come testimoniato nel disco qui recensito e nei vari eventi e festival a cui hanno presenziato. I Belphegor dei 2000 sono ormai diventati con buona ragione un'istituzione del blackened death, genere in cui sono stati tra i pionieri, il quale proprio in quegli anni incomincia ad avere sempre più consensi tra il pubblico estremo, anche se il contratto con una major e le future produzioni più "raffinate" non mancheranno di creare anche una parte di detrattori che li accomuneranno ad altri gruppi "commerciali" quali i Behemoth; anche questo è comunque un segnale di successo, per una band che viene sempre più conosciuta e che ha definitivamente lasciato la fase embrionale ed underground in favore di una carriera che dura ancora oggi. Il nostro viaggio infernale quindi continua dopo questa interlocuzione, addentrandoci nella seconda fase della vita degli alfieri del metal estremo di scuola Death a tinte oscure, la quale vedrà, tra episodi più riusciti ed altri meno, di un suono che ha fatto scuola ed ora vede diversi epigoni; fuoco, fiamme, e tanta musica!
2) Purity Through Fire
3) Necrodaemon Terrorsathan
4) The Last Supper
5) No Resurrection
6) Swarm Of Rats
7) Diabolical Possession
8) Blackest Ecstasy
9) Requiem Of Hell
10)
11) Demo Versions: Graves Of Sorrow & Hellbound