BELPHEGOR

Blutsabbath

1997 - Last Episode

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
02/05/2016
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Prosegue il nostro oscuro viaggio nella discografia dei Belphegor, fautori austriaci del black/death più blasfemo, violento, ma anche (a suo modo) ammaliante. Li avevamo lasciati nel 1995 con l'album di debutto "The Last Supper", il quale li vedeva passare sotto l'etichetta Lethal Records e contemporaneamente concretizzare i semi gettati negli EP "Bloodbath In Paradise" ed "Obscure And Deep"; un ibrido estremo dove tecnicismi death ed atmosfere black convivevano in una doppia anima oscura e massacrante. Ora, a due anni di distanza (siamo nel 1997), i Nostri tornano con "Blutsabbath - Sabba Di Sangue", disco che li vede approdare nel roster "Last Episode" sfoggiando inoltre una nuova formazione: Maxx lascia il gruppo lasciando i compiti vocali al solo chitarrista Helmuth, aiutato da Sigurd come seconda chitarra, mentre il basso viene gestito da Mario "Marius" Klausner. La batteria diviene invece appannaggio totale dal guest Man Gandler (proveniente dai Mastic Scum). Il risultato è un lavoro dove si mantiene naturalmente un ritmo serrato, ma anche dove le chitarre risultano più prominenti, la produzione più chiara (ad opera di Paul Hochrainer), e dove vocalmente domina quasi del tutto (ora) il lato black, dando uno spazio minimo ai growl prima gestiti da Maxx. Un compimento, insomma, del processo iniziato con il lavoro precedente, il quale ci mostra l'inizio dei Belphegor come li intendiamo oggi, caratterizzati da una serie di hit d'assalto dove il lato tematico rimane legato ad una blasfemia a tratti pornografica e ai limiti della parodia (i testi in inglese un po' raffazzonato con parti in tedesco dove troviamo descrizioni tra i film gore e quelli a luci rosse sono possibilmente ancora più deliranti, rispetto al passato), più che altro un pretesto d'immagine per un suono energico, dai tratti "punk" e dalle soluzioni furiose, ma anche melodiche e trascinanti. Rispetto a molti lavori successivi, comunque, sopravvive qui una certa oscurità ed aggressività di fondo che ci dona ancora una band attaccata alle proprie radici estreme, non ancora accomodata su una formula "imparata a memoria"; un lavoro quindi che mostra il meglio del periodo iniziale dei Belphegor, perfezionando gli elementi finora ottenuti, ma non ancora reso mestiere, cosa che nel bene e nel male avverrà tra qualche anno. L'armamentario è familiare: assalti in doppia cassa, chitarre a motosega, ma anche assoli e parti "atmosferiche", dove death, thrash, black hanno felice connubio, tra grida, montanti, dissonanze squillanti, e blast che spaccano le ossa. I tempi rimangono schizofrenici, anche se meno ieratici rispetto al passato, mentre le fredde atmosfere "frostbitten" hanno ancora più spazio riallacciando il legame con il metallo nero. Volendo fare dei paragoni possiamo pensare ad una sorta di ibrido tra i Dark Funeral, gli Immortal e i Morbid Angel, tra turbini veloci, parti monolitiche ed imperanti, e passaggi di black/thrash gelido con alcuni "abbellimenti" sonori capaci di dare un tocco di diversificazione in un assalto altrimenti costante. Certo non bisogna pensare a virtuosismi prog, ed il modus operandi rimane più o meno lo stesso in ogni brano, ma è innegabile che i Nostri sappiano suonare e conoscano un minimo di "tecnica" del songwriting; probabilmente, poi, "Bluthsabbath" può considerarsi il loro lavoro che più possa attrarre il pubblico legato al black vecchia scuola, essendo come detto ancora abbastanza grezzo, e con parti legate al genere più prominenti rispetto a prima. Come spesso detto, però, il vero asso nella manica del gruppo sono i concerti, modo migliore per rivivere in piena potenza quanto fatto su disco; ed anche loro lo sanno,visto che nell'anno successivo si daranno a ben diciotto date nel giro di neanche due mesi, in compagnia dei Behemoth e degli Ancient. Ed è la dimensione live a raccogliere ancora più consensi, facendo scoprire al pubblico un gruppo che forse non avrà l'immagine più ponderata, ma che parla con i fatti a livello di musica e capacità. Una strada quindi tutta in salita, che ancora riserverà alcuni cambi, che porterà i Belphegor a ricevere riconoscimenti di pubblico sempre più costanti, anche se forse a costo di una certa canonicità nel suono e nella produzione. Per ora, comunque, il livello di aggressività è alto e senza compromessi, regalandoci un ottimo album che risalta nella loro (ormai) lunga discografia.

Abschwörung

Si parte con "Abschwörung - Abiura" e con i suoi arpeggi oscuri uniti a colpi di campana, i quali donano una connotazione tetra al tutto; ecco però che al ventesimo secondo terremoti di chitarre squillanti e doppia cassa prendono il sopravvento, in un'unione di death al fulmicotone e tendenze black. Helmuth si mostra con il suo screaming dall'oltretomba, mentre fredde chitarre si accompagnano ai blast serrati, donandoci una sinfonia violenta diretta ed arricchita dall'intervento di tastiere trionfali; insomma il modus operandi non è più di tanto cambiato, anche se maggior spazio è ora dato all'animo nero dei Nostri. Al minuto e venti assoli vorticanti e stridenti hanno luogo, in un'energia old school portata avanti con evoluzioni magistrali; segue un growl cupo e profondo, coadiuvato da strumentazione drammatica, tra riff taglienti e drumming feroce. A sorpresa però arpeggi evocativi e suoni cadenzati fanno da cesura: non dobbiamo però farci ingannare, infatti al minuto e cinquantotto riprende la violenza cacofonica precedente, intervallata con il movimento più melodico. Largo quindi a corse gelide, con chitarre dissonanti e doppia cassa, dove nemmeno le tastiere trionfali si negano; arriviamo dunque ad una cesura con fraseggio distorto, il quale evolve in un trotto thrash dalle punte squillanti, prima di lasciare ancora spazio alle corse spericolate. E' quella la linea sincopata che domina l'ultima parte del brano, concluso con versi disumani; un ottimo biglietto da visita insomma, che riprende il discorso li dove era stato lasciato in precedenza dalla band. Il testo mette subito le cose in chiaro proseguendo, forse in modo ancora più dissacrante e blasfemo, sulla linea cara al gruppo sin dagli inizi, con poche frasi abbastanza esplicite, caratteristica questa di tutto un lavoro dove di certo l'intenzione non è quella di scrivere trattati filosofici; il sangue è su di noi mentre suonano le trombe delle tenebre, e ululati seguono il silenzio, mentre beviamo il sangue del nemico. E' l'abiura del battesimo, la vendetta per le antiche culture massacrate e per le streghe bruciate, il tutto ben esplicato con espressioni sicuramente ai limiti della "contenutezza" e della schiettezza: "Murderous vengeance to these pigs - To these preaching pigs. Their blood will flow like wine - Like wine tonight - Vendetta assassina contro questi porci.. questi porci che predicano. Il loro sangue scorrerà come vino.. come vino, stanotte!!". L'invettiva contro preti e servitori di Cristo è abbastanza dura e palese, nel mentre siamo sollecitati a celebrare l'estasi con suoni di tamburo in una processione dominata dalla lussuria, dalla lascivia e dall'attaccamento ai piaceri terreni. La gratificazione nel petto, mentre si costruisce un santuario per un dio morto, ucciso da noi rivoltanti ed abiutanti. Crediamo nell'oscurità, dove nere candele bruceranno ancora, e grazie a questo la rinascita potrà iniziare. 

Blackest Ecstasy

"Blackest Ecstasy - L'Estasi Più Nera" sorprende con un accenno melodico di arpeggio; ma l'inganno dura veramente poco, infatti subito dopo esplode una tirata black da manuale, tra doppie casse e loop circolari che evocano tempeste di neve. Helmuth completa il quadro con il suo screaming gracchiante, in un muro di suoni che non può non ricordare lo stile della Norvegia; un suono insomma diretto, il quale arriva al minuto e cinque, dove chitarre melodiche creano belle cesure, presto però violate dalla furia incontenibile degli attacchi squillanti a motosega e delle bordate da marcia militante. Non si fanno mancare nemmeno parti in growl, in duetto con le grida da spirito delle foreste, mentre la parte musicale si giostra su dissonanze sincopate; inevitabile lo sfocio in una corsa serrata contratta dalla ripresa del movimento appena incontrato. Si ripetono quindi le alternanze di poco prima, fino ad una cesura sottotono, la quale segna un gioco molto tecnico di lasciate e riprese con le bordate di chitarra; un pezzo insomma molto ritmico, dove la strumentazione segue un certo gusto death che potremmo definire tribale. Seguiamo quindi questa tendenza in un crescendo drammatico, fino al finale dove suoni squillanti ed accenni melodici si perdono in dissolvenza; una conclusione quindi rarefatta per un songwriting ingegnoso, anche se sempre votato alla violenza sonora diretta e brutale, unita però ad accenni melodici ed intuizioni che sanno ammaliare l'ascoltatore. Il testo delinea ancora una volta violenza e perversione anticristiane, senza mezzi termini. Il corpo della vittima (presumibilmente un cattolico) viene colpito con un crocifisso, in maniera violenta, creando sul suo corpo ferite sfocianti in una grottesca deformazione. Nel mentre, il nostro desiderio di divorare quella carne si fa sempre più vivo, ed il rituale ha inizio. Invertiamo la croce dentro il sesso sanguinante della vittima, urinando poi nella sua bocca, facendola a pezzi ed abusando di lei; "Sucking out - eating raw flesh. Fuck you whore - we burn in blasphemy. For sex I'll use her lovely head. Delightful orgasm - so deep in me - Succhiando, divorando carne cruda. Fottiti troia, bruciamo nella blasfemia. Per il sesso userò la sua testa amorevole. Orgasmi piacevoli, così profondamente, in me.": così prosegue il delirio pornogore, in un'estasi nera oltre i limiti del piacere. Sputiamo sangue altrettanto nero mentre prepariamo il ritorno in un luogo che non potrà mai essere lasciato, l'Inferno; inutile dire che amiamo tutto questo, come l'altra ama noi (ormai anch'essa preda del delirio e vogliosa di farsi immolare in nome di Satana), mentre tutto diviene freddo e nero, in un romanticismo di morte totale. Pensieri malvagi pieni di perversione, abbiamo una bellissima vista mentre raschiamo le ossa. Un'offerta di sangue con istinti bestiali, dove il cielo è il nostro inferno, un martirio in un matrimonio di morte. Insomma, è chiaro che qui la perversione più brutale e i sentimenti antireligiosi si legano al sesso in modo indissolubile per scioccare i credenti ed i benpensanti. 

Purity Through Fire

"Purity Through Fire - Purezza Nel Fuoco" ci accoglie con le sue martellanti chitarre di matrice black unite alla doppia cassa pestata; al ventunesimo secondo lo screaming di Helmuth s'introduce insieme a dissonanze epocali, creando un'atmosfera trascinante. Ecco quindi a seguire epocali bordate dalla melodia tagliente, le quali instaurano una sequenza ammaliante; al minuto e cinque le cose si fanno più ritmate grazie ad una cavalcata vecchia scuola, la quale richiama nomi quali i Darkthrone. Largo quindi alle arie frostbitten dalla connotazione oscura, le quali vengono sempre colpite dai colpi incessanti di batteria, sempre presente; notiamo quindi già la natura decisamente più black del lavoro, dove gli elementi death sono ridotti al minimo, dando spazio invece a stilemi di scuola norvegese, tra chitarre fredde e distorte e ritmica assassina. Riecco al secondo minuto e ventidue la parte trascinante con chitarre squillanti e drumming ritmato, la quale ancora una volta sfocia in un arioso ritornello epico che regala anche momenti di grida in riverbero, rispettando tutti i dettami del genere, e terminando il pezzo con una digressione. Insomma un pezzo che mette le cose in chiaro, con un'anima decisamente più nera, anche probabilmente per la defezione di Maxx e la presa di potere da parte di Helmuth; un episodio che potrebbe benissimo appartenere ad un gruppo puramente black metal di matrice norvegese, senza destare alcun clamore nemmeno tra i puristi. Il testo ci offre l'ennesima visione oscura e morbosa: la vittima è lanciata lungo scale fatte di bare, con forza e violenza, fino a farla giungere in un sotterraneo. Il terrore diviene palpabile, la sventurata è legata ed imbavagliata, mentre un coltello scorre lungo i sui suoi seni. Ergo, la vittima viene poi picchiata e strangolata con il petto totalmente fracassato dalle coltellate. La poveretta soffoca nel suo stesso sangue, dopo confessioni estorte in un'intensa tortura, una totale violenza psicologica da aggiungersi all'eviscerazione ("fisica") subita. "Nail driven into your eyes. Crucifix pressed to your forehead. Evil exorcised. Fucked by the bishop - in front of a laughing crowd. Forced down on your knees - Swallow holy cum. Torn out vagina - sawed off limbs. Glowing iron in your anus - broken on the wheel - Il chiodo infilato nei tuoi occhi, iI crocefisso schiacciato sulla tua fronte. Il male esorcizzato.. fottuta dal prete, davanti ad un pubblico che ride. Costretta sulle ginocchia, ingoia lo sperma sacro! Vagina squartata, arti tagliati. Metallo incandescente nel tuo ano, spezzata sul torchio".. così prosegue il testo, lasciandoci intendere in maniera esplicita che questa volta non vi è un tipo di violenza "satanica" alla base. Al contrario, il male e la perversione sono appannaggio totale di un prete delirante, capace anch'egli di compiere nefandezze simili. La frottola del buon cattolico e del benevolo pastore viene dunque svelata in tutta la sua falsità: i preti non sono persone buone, sanno anch'essi essere crudeli come chiunque altro. Il tutto vi viene spiegato  con le "solite" immagini ancora una volta da delirio assoluto, mentre fatta a pezzi la vittima viene addirittura portata al rogo, facendola passare per strega, giusto per coprire il fatto che l'accusa era solamente un pretesto, per il giudice-prete, di abusare di una ragazza piacente. Ormai la poveretta è pronta ad essere bruciata mediante "la forza purificatrice" del fuoco. Un racconto sotto la lente malata dei Nostri insomma, delle purtroppo reali torture inflitte alle cosiddette streghe durante il medioevo. Questa volta la brutalità appartiene quindi al nemico giurato, ovvero i cristiani. 

Behind The Black Moon

"Behind The Black Moon - Dietro La Luna Nera" parte con un terremoto fatto di doppia cassa e chitarre distorte al massimo, creando un caos sonoro presto dilaniato dalle grida malvagie di Helmuth; ecco che il drumming si divide tra attacchi diretti e parti cadenzate, mentre i giri circolari a motosega si prodigano in sequenza. Al trentasettesimo secondo fredde arie di chitarra dipingono scenari sonori nordici, mentre un growl cupo duella con lo screaming da goblin tipico del genere; si rallenta poi dando spazio per poco al suono, riprendendo poi con il martellamento costante. Ecco che al minuto e diciotto ci si lancia in una follia thrash portata all'estremo, con tempi sparati e suoni stridenti; la violenza sonora è suprema, arricchita dalle urla deliranti e rauche, in un'atmosfera malvagia presto però squartata dai toni epici delle chitarre, unite anche qui a growl e screaming. Di grande effetto la parte seguente, una sorta di black'n'roll ante litteram dall'andamento cadenzato e dalla sempre costante melodia nordica; si crea così una coda finale dal forte impatto emotivo, la quale ci porta con se verso al conclusione dell'episodio veloce e senza molti fronzoli. Il testo ci mostra una sorta di dichiarazione di vita, naturalmente piena di odio ed oscurità. Dobbiamo essere cacciatori, non prede, prendendo le nostre decisioni e seguendo il nostro percorso, adorando la misantropia ed il nichilismo, mentre sotto una luna nera celebriamo una rinascita satanica. L'estinzione estrema si diffonde senza pietà, mentre il concetto viene meglio spiegato tramite versi come: "Taste unholy water and scream. Apocalypse will return. The sun turns into everlasting blackness. Dark centuries will arrive soon. Awake them and glorify. Their purebred blood. Behind the black moon. We praise satanics rebirth - Assaggia l'acqua blasfema e grida. L'apocalisse ritornerà. Il Sole diventa in eterno nero, i secoli bui arriveranno presto. Svegliali e glorificali! Il loro sangue puro.. dietro la Luna nera. Adoriamo la rinascita satanica!". Ecco che il caos della battaglia distorce le anime, in un'ultima immagine di questo oscuro affresco anti-umano di puro stile black. Ci si riallaccia qui quindi alle tendenze più nichiliste del genere, familiari a qualsiasi ascoltatore del metal estremo più nero (si pensi ad alcune liriche stile Ad Hominem, Mutiilation od Impaled Nazarene, giusto per fare qualche esempio.

Blutsabbath

La Title Track ci assale con un attacco più death fatto di mura di chitarre e doppia cassa frastornante, con tanto di rintocchi di campana gotici in sottofondo; un loop tritacarne si genera con barbaro vigore, investendoci fino alla presa di velocità, alternata con parti più raccolte, ma non meno furiose. Le grida sataniche di Helmuth si uniscono di seguito a dissonanze magistrali gelide ed ipnotiche, le quali instaurano un trascinante e rituale clima di terrore nero; al minuto e due il ritornello fatto di versi sincopati e suoni melodici ci ricordano al capacità dei nostri di creare brani di grande presa, dove però la violenza la fa da padrona. Riecco quindi le asperità sonore fatte di bordate, tempi lanciati, e chitarre stridenti suonate con eclettismo non così scontato nel black, con un'alternanza di tempi di matrice death, giocata però con suoni frostbitten; non si risparmiano al minuto e cinquantadue suoni quasi tech-death, squillanti, ma di seguito si torna sulle cavalcate in doppia cassa, dove oltre allo screaming abbiamo anche punte con growl da orco. Grande è la maestria dei nostri, e il tutto assume toni sincopati dove sequenze schiaccia ossa improvvisamente si fermano per dare spazio a parti più ritmate, e anche ad assoli elaborati dalle scale vorticanti; ripartono quindi le dissonanze black unite allo screaming crudele di Helmuth, fino ad arrivare nuovamente al ritornello ben strutturato con melodie di chitarra in bella mostra. Ci ributtiamo quindi nel caotico inferno musicale dei Nostri, raggiungendo livelli parossistici di violenza; ritornano dal corso precedente al terzo minuto e cinquantacinque tastiere evocative, le quali si riallacciano alle chitarre in un ottimo effetto di rimandi. Arriviamo quindi ad un falso finale con digressione, il quale ci offre un arpeggio thrash seguito da bordate, le quali inaugurano spettrali suoni contrapposti a marce possenti; un pezzo dove di sicuro esce fuori l'abilità in campo di songwriting da parte della band, chiamando in causa più elementi death e tecnici rispetto a quelli precedenti, ma mantenendo sempre una certa anima oscura. Ecco quindi che ci trasciniamo con una dissolvenza nel finale evocativo, il quale si perde nell'oblio sonoro; un ottimo episodio insomma, che ci mostra le competenze raggiunte dal gruppo, ormai nel suo pieno splendore. Il testo prosegue sulla linea musicale, mostrandoci degli scenari infernali e sacrali, costellati da immagini richiamanti rituali blasfemi. Sule colline gloriose dagli abissi infernali ci raccogliamo in danze e gemiti d'estasi, mentre la Luna piena ci illumina. Siamo dunque catapultati in un Sabba animalesco, contesto in cui la frenesia e le danze violente sono ben accette; riunione blasfema nella quale i demoni non si concedono solo ai bagordi orgiastici, ma anche a piani diabolici per scalzare dal trono l'odiato Dio. Una battaglia finale, dunque, la quale è lì e lì per iniziare. Tutti noi siamo coinvolti, e serviremo la giusta causa. Inchiodiamo Cristo con il sangue, come specificato nei versi seguenti: "Black crucifixion of their god. Fesselt und geiþelt den Dornentrager. Black crucifixion of their god. Man effnet ihm die Seite - Crocifissione nera del loro dio. Legato ed ostaggio della corona di spine. Nera crocifissione del loro dio. Gli portano via il suo tempo.". Così recita il testo, descrivente una notturna orgia di sangue e carne, un potente rituale d'onore. Le maschere dei falsi valori sono cadute e siamo liberi, dissacriamo l'altare, con orge di carne, uniti come non mai, senza fede né rispetto, nel trionfo della lussuria. Davanti alla morte beviamo il sangue sacrificale e lecchiamo la vergogna, mentre il nero più nero è in noi. La legione delle tenebre rinasce, libera in eterno.

No Resurrection

"No Resurrection - Nessuna Resurrezione" parte in quarta con un riffing glaciale coadiuvato dalla doppia cassa, creando una magistrale sequenza presto raggiunta dai versi demoniaci di Helmuth, completando il quadro nero come la pece; ecco quindi chitarre distorte in pieno splendore, per un suono che non perdona, estremo, ma anche ammaliante. Al quarantaduesimo secondo le arie si fanno ancora più epiche, creando loop circolari ripetuti con ossessione granitica; i toni si aprono a melodie altisonanti, fino all'improvvisa cesura con arpeggi e bordate ritmate, la quale inaugura un'epocale sequenza classica. Si aggiunge quindi il drumming incalzante, il quale cresce d'intensità fino allo sfociare nell'ennesima corsa lanciata, strutturata dalla ritmica sincopata e dalle grida del cantante; rieccoci quindi in corridoi sonori taglienti e freddi, per un episodio decisamente legato al lato black dei nostri. Cacofonie orchestrali intervengono al secondo minuto e quindici, arricchendo la violenza sonora fino all'improvviso stop con suoni ruvidi; esso ridà poi spazio ai crescendo epocali, i quali delineando paesaggi sonori tetri e frostbitten, degni di una maestosità imperante. La conclusione non può che essere lasciata ad un feedback stridente di chitarra, chiudendo il tutto in modo molto "rock"; ennesima canzone insomma dove i dettami del black scandinavo vengono seguiti senza grosse sorprese, delineando l'alternanza dell'album tra episodi di tale tipo, ed altri dove abbiamo più elementi tecnici e death. Il testo, molto breve e semplice, non va affatto sul sottile, mostrandoci nuove immagini di dissacrazione. Ed è proprio quest'ultima che applichiamo su tutti coloro i quali vogliano opporsi al regno delle tenebre, con occhi brucianti e posseduti, mentre l'Inferno si innalza coadiuvato dal risveglio degli Dei del dolore e della pestilenza. Tiriamo le vene e stacchiamo le anime marce dei credenti, mentre soffochiamo la vita nell'ultimo respiro. Non c'è resurrezione, nessun messia potrà mai risorgere per salvare chi ha scelto il dio sbagliato. Massacriamo il signore dei deboli, seppelliamo i sacramenti e distruggiamo il corpo di Cristo. "In the burnt out churches. They stand awaiting their doom. Indulge in their blood. Sepulture of hypocrisy - Nelle chiese bruciate attendono in piedi il loro destino. Indulgiamo nel loro sangue. Sepoltura dell'ipocrisia", prosegue il testo, mentre la luce della santità viene per sempre spenta, e sottoponiamo lo Spirito Santo ad un dolore eterno e costante. 

The Requiem Of Hell

"The Requiem Of Hell - Requiem Infernale" ci accoglie con un panzer thrash squillante, il quale presto evolve in una corsa in doppia cassa, frammentata da stop sincopati dai toni marziali; troviamo quindi torrenti sonori rilasciati e repressi, in un andamento tecnico che perdura fino al trentaseiesimo secondo. Qui un fraseggio solenne crea melodie imperanti, le quali però vengono presto violate da nuove cacofonie fatte di chitarre dissonanti e drumming impazzito, sul quale Helmuth dispiega il suo screaming cupo e maligno, coadiuvato dagli andamenti della strumentazione; largo quindi a corse folli intervallate da bordate improvvise, in un movimento contratto dove incontriamo anche growl profondi ed assoli squillanti. L'atmosfera è quella di un assalto continuo, dove trame death-thrash ed oscurità black hanno felice matrimonio; il songwriting ripete l'alternanza dominante senza grosse sorprese, ma ecco che al secondo minuto e venti si uniscono tastiere vorticanti in un gioco di richiami con le chitarre ben congegnato. Ecco quindi evoluzioni tecniche che mettono in bella mostra la maestria dei Nostri, i quali sanno cogliere elementi del thrash classico, tra cui le bordate da terremoto e i passaggi con fraseggi più melodici; proprio questi fanno da cesura, lanciando un'aria mantenuta per un po' prima di essere soffocata dagli attacchi caotici, i quali però poi la ripropongono in un ritornello epico. Il finale è dunque lasciato ad un'ultima marcia, la quale conclude il pezzo così come era iniziato; un episodio molto frenetico e nervoso, giocato tutto su tempi folli, quasi a voler rifarsi del lato più black e "lineare" prima presentato, pur non rinunciando a melodie gelide. Il testo si abbandona ad immagini astratte sempre dal gusto dissacratorio e blasfemo, celebrando scenari infernali. Un angelo perduto plana giù dal cielo e giura vendetta, mentre il freddo arriva ad imperare nelle alte sfere. Cade una pioggia blasfema, rovente, che tutti gli dei anelavano. Una pioggia di veleno atta a lavare via quanto ci sia di "buono" nel mondo, e quindi di falso e cattolico. E' questo il requiem dell'anticristo: siamo lontani dal Sole, dalla luce. Satana crea un Inferno sulla Terra; "Bath in warm blood is her promised. Renounce the frosting death. Icer at the enslaved. Crying dying fearing gods - Il bagno nel sangue caldo è la sua promessa. Rinuncia alla morte congelante.. ancora più fredda per gli schiavi. Dei piangenti e morenti nella paura." continua il testo, mentre nel finale voliamo via su ali possenti, quelle della Bestia che ormai ci ha accolto e definitivamente adottati come suoi seguaci. Un testo breve e conciso, come nella tradizione del gruppo, proseguendo a livello testuale con le tendenze meno gore e più evocative dei pezzo precedenti. 

Untergang Der Gekreuzigten

"Untergang Der Gekreuzigten - Sotto Il Crocifisso" parte con rullanti presto sostituiti da un galoppo unito a chitarre apre ed altisonanti, con punte più lanciate dal punto di vista ritmico; al quarantesimo minuto ci si ferma con un'improvvisa cesura di fraseggio distorto, ma subito dopo riparte al corsa forsennata con le grida di Helmuth, le quali si uniscono, in un ritornello segnato da giri di chitarra decisi. A parti in growl cupo e cavernoso. Riecco quindi il drumming pestato e i riff circolari, i quali si alternano ad arie più evocative, senza però mettere da parte la ferocia; dissonanze e batteria potente hanno connubio, unendosi poi a fraseggi gelidi, i quali tessono trame sonore frammentate da bordate possenti. Un pezzo veloce, il quale viene dominato dalla ritmica decisa e dalle chitarre distorte, ammaliante e preciso; esso evolve con continui loop taglienti, fino all'improvvisa conclusione con versi rauchi e bordate, la quale si perde poi in dissolvenza. Il testo ci riporta al disprezzo verso i cristiani e rinvigorisce sentimenti superomistici di oscura estrazione, pocanzi "esclusi"  in favore di scenari più apocalittici e misticheggianti. Grazie alla nostra conoscenza del lato oscuro dominiamo il gregge impotente, il quale non è in grado di ribellarsi ai nostri attacchi proprio perché reso insignificante dal suo stesso credo. Maledicendo l'esistenza delle pecore, considerandole il più grande scherzo dell'umanità, non abbiamo dunque remore ad infliggergli torture indicibili, di fatto facendole crollare nella disperazione. Siamo contrari al libero pensiero inculcato dal loro Dio, per noi solo la dittatura di Satana è accettabile. Sotto il crocefisso c'è la soggezione per i deboli, con "A simple explanation for simple minds, used to control the fucking masses - Una semplice spiegazione per menti semplici, usata per controllare le fottute masse". Noi siamo liberi nello spirito e mai servi, contrari al Cristianesimo e a tutto ciò che rappresenta. La libertà predicata da Cristo non esiste, visto che i suoi vicari hanno sfruttato la sua parola solo per i propri interessi. Ecco che quindi vengono ripetuti versi precedenti in un testo ancora una volta semplice e chiaro. 

Path Of Sin

"Path Of Sin - Strada Del Peccato" è la conclusione del disco, la quale non perde tempo e ci assalta con doppia cassa e riffing black freddo e pieno di melodie stridenti, senza discostarsi molto da quanto spesso sentito nel disco; al quarantesimo secondo lo screaming di Helmuth si unisce a galoppi cadenzati e loop circolari, creando la familiare atmosfera malinconica frostbitten di sana matrice oscura. Riprendono poi gli attacchi veloci, con drumming impazzito e chitarre dia tempi veloci e stridenti, generando un movimento intervallato da rallentamenti dai fraseggi delicati, mostrando ancora una volta il gusto per il contrasto caro alla band; ritroviamo quindi i galoppi ritmati e le melodie che creano immaginari nordici freddi. L'alternanza è decisa, attacchi veloci e rallentamenti evocativi, in un vortice sonoro costante, il quale ripete se stesso fino al secondo minuto e venticinque; qui parte una sequenza dal suono trascinante e molto spettrale, la quale regala un costrutto di scuola scandinava che ancora una vola richiama nomi quali i Darkthrone. Ecco che all'improvviso tutto si quieta con arpeggi delicati e suoni di pioggia, uniti a tastiere misteriose, regalandoci una sezione inaspettatamente atmosferica, dove Helmuth recita con tono greve le sue parole in tedesco; si raccoglie così un'aria maligna, dove le vocals evolvono in versi quasi comici; ed è così, con un episodio forse un po' troppo sui generis, che si conclude il disco, senza grosse sorprese per l'ascoltatore. Il testo conclude il disco riportandoci sui territori della perversione sessuale più malata e scabrosa; molte volte siamo portati all'estasi, e non c'importa se l'altra è morta, il luogo di sepoltura non era il suo vero riposo, e ci dilettiamo nel "fistfuck" con il suo didietro, mentre un desiderio necrofilo ci comanda. "In darkness we'll always be together. Forever your body belongs to me. Wrapped in pleasure we will burn. In eternity we shall be reborn - Nell'oscurità saremo sempre assieme. In eterno il tuo corpo mi appartiene. Avvolti nel piacere bruceremo. Nell'eternità rinasceremo" conclude il brevissimo testo: c'è poco da aggiungere, un chiaro inno alla necrofilia più malata, il quale chiude "in grande stile" il lavoro, presentandoci dunque una tematica che nei successivi dischi continuerà ad essere esaltata e portata sempre all'estremo. Necrofilia, bondage, sadomasochismo.. il tutto sviluppato anche in maniera più crudele e diretta di quanto sia stato fatto da altri gruppi (in quanto a violenza delle liriche, solo i Mayhem di "Deathcrush" erano riusciti a far "peggio".

Conclusioni

In definitiva, come commento finale, possiamo affermare quanto "Blutsabbath" prosegua sostanzialmente la direttiva tracciata in precedenza da "The Last Supper", senza riservare grosse sorprese, ma mettendo contemporaneamente in risalto l'animo più Black Metal dei Nostri e proponendo alcuni episodi che sembrano usciti da un disco norvegese. Non mancano comunque gli assalti death/black e gli elementi tecnici cari alla band, mentre forse viene sopito in parte il loro lato più "punk" e teutonico. Soluzioni comunque vincenti, proprio perché nel periodo immediatamente successivo a "Blut.." il nome dei Belphegor iniziò a circolare con più forza nell'ambito estremo, anche grazie alle diciotto date tenute l'anno successivo con i Behemoth e gli Ancient. L'incremento di popolarità permise addirittura una ristampa del precedente "The Last Supper", con l'EP "Obscure And Deep" come bonus. Operazioni, queste, degne di un gruppo in salute e sicuramente ben accetto da tutti. Di certo, il successo dei nomi più grandi era ancora lontano, ma il loro mix di death brutale / tecnico e  black metal nordico esercitava il giusto fascino, facendogli raccogliere consensi sia nella scena austriaca, e in parte anche all'estero. I tempi erano dunque maturi per proseguire con l'ultimo album stampato per la "Last Episode", ovvero "Necrodaemon Terrorsathan", etichetta poi abbandonata per problemi di royalties non pagate. Esso si manterrà veloce, con una produzione forse più pulita e moderna, sempre all'insegna della fusione tra death e black, dando ora più spazio all'uno, ora più all'altro. Insomma, la strada intrapresa dai Nostri è chiara, sempre più estrema nel suono e nell'immagine, la quale con il tempo legherà sempre di più satanismo, perversione, e quanto socialmente considerato aberrante. Date le doti tecniche dei componenti e passaggi al limite della parodia, è lecito pensare che essi sappiano benissimo quello che fanno e quello che presentano, creandosi una propria nicchia di ammiratori, e gli inevitabili "haters" che non vedranno di buon occhio questa "poca serietà". In realtà, per quanto riguarda la musica, i Nostri non scherzano affatto, anche se non mancano (per esempio nell'album qui recensito) episodi più ordinari e con meno inventiva; l'uso di tecnicismi ora death, ora thrash, ora "classici" li separa da altre band black grezze, e gli apporti melodici mostrano un gusto per un songwriting che sa quando variare il tiro e creare atmosfere. Il nostro viaggio, quindi, nella blasfemia sonora e tematica, è destinato a durare ancora molto, proseguendo su questa strada dannata!

1) Abschwörung
2) Blackest Ecstasy
3) Purity Through Fire
4) Behind The Black Moon
5) Blutsabbath
6) No Resurrection
7) The Requiem Of Hell
8) Untergang Der Gekreuzigten
9) Path Of Sin
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