BELPHEGOR
Bloodbath In Paradise
1993 - Independent
DAVIDE PAPPALARDO
28/12/2015
Introduzione Recensione
Inizia oggi un nuovo oscuro e violento viaggio nel mondo del blackened death metal più aggressivo, ma allo stesso tempo di presa sul pubblico: analizziamo la discografia degli austriaci Belphegor, gruppo che da vent'anni si occupa di questa particolare commistione di generi che recentemente ha preso molto piede, ma che in realtà esiste da più tempo di quanti sospettano; nati nel 1991 come Betrayer dalla volontà del bassista e cantante Maxx, dei chitarristi Helmuth e Sigurd, e del batterista Chris, i Nostri rilasciano nello stesso anno il demo "Kruzifixion", seguito poi dal secondo demo "Unborn Blood". Arriviamo così nel 1993, anno il cui il nome viene cambiato in quello attuale, iniziando ufficialmente il percorso del gruppo come oggi lo conosciamo; la svolta viene inaugurata con il demo "Bloodbath In Paradise - Massacro In Paradiso", ovvero il lavoro che andiamo qui a recensire, il quale vede i rimanenti Helmuth, Chris e Maxx nella line up. Come spesso è successo con i primi lavori della band dell'ambito black più vicine al death, è qui ancora il secondo elemento a dominare, almeno a livello di struttura dei brani, e anche le vocals sono ben legate al growl di quell'ambito; dopotutto la rivoluzione scandinava è ancora in atto, e l'epoca globale d'internet è ancora lontana, permettendo dei tempi di diffusione delle nuove influenze ben diverso da quello a cui siamo oggi abituati. Abbiamo quindi quattro brani fatti di batteria lanciata e veloce, riff distorti, l'intervento sparuto della tastiera in alcuni frangenti, e in generale un inno alla velocità, elemento questo molto distante dal versante atmosferico del genere legato a nomi quali Burzum; qui semmai, con i dovuti distinguo, i paragoni possono essere fatti con gli Immortal e i primi Marduk, ovvero con un black spietato e veloce pesantemente debitore verso l'amico-nemico di sempre, dove si mostra sia nella musica, sia nell'immagine e nei titoli dei pezzi, quell'attitudine "punk" selvaggia e lontana da ogni raffinatezza o intellettualizzazione, tipica spessa del versante teutonico del metal oscuro. A fare però da "contrasto" a tutto questo, abbiamo una produzione incredibilmente pulita, dato il tipo di prodotto e il genere, dove ogni strumento è ben chiaro e presente, persino il basso, in genere completamente ignorato nelle produzione black (aspetto anche questo riconducibile alla forte presenza del death). Non sono presenti i testi dell'opera, ma dai titoli possiamo benissimo capire il mondo tematico dei Nostri, fatto di blasfemie varie al limite del parossismo, orge di sangue e massacri, sempre al limite tra pacchianeria e dettami del genere; caratteristica questa che sarà la costante della loro carriera, presentando quindi testi brevi e concisi giocati sul ritornello, più pretesto per i pezzi stessi che messaggi importanti. Questo attirerà sia detrattori da parte di chi vive il black come un genere serio, sia fan da parte di chi apprezza questo aspetto più terra-terra; siamo insomma decisamente più prossimi ai Dark Funeral piuttosto che alle riflessioni sentite di Ulver, Burzum, Enslaved, etc., con un'immagine da spettacolo ed un suono che più che foreste notturne, vuole invocare un pandemonio da guerra verso tutto ciò che è considerato sacro. Un inizio dunque che mette in chiaro le intenzioni dei nostri, mostrate poi anche nel demo "Obscure And Deep" e soprattutto nel primo album "The Last Supper"; qui la band si stabilizza, mantenendo elementi death ed atipici del black come assoli e strutture più elaborate, pur avvicinandosi sempre più al suono nero. Presto avverrà un altro cambio importante, ovvero Maxx lascerà il gruppo e sarà Helmuth ad occuparsi delle parti vocali, più improntate verso il black; ma questo è il futuro prossimo, per ora siamo al primo demo del gruppo, con l'inizio di un percorso votato all'efferata blasfemia e all'attacco frontale, il quale perdura ancora oggi. Bando quindi ai discorsi, e lanciamoci nella mischia!
Requiem In #C (Intro) / Bloodbath In Paradise
Il disco ci accoglie con "Requiem In #C (Intro) / Bloodbath In Paradise - Requiem In Chiave #C (Intro) / Massacro In Paradiso" e con i suoi maestosi suoni di tastiera, a metà tra il cosmico e l'horror, ad opera di tale Joschi (Jiri Vache); ecco che si arriva così al trentatreesimo secondo, dove esplodono riff taglienti circolari e doppia cassa. Presto alcune contrazioni si accompagnano con il growl brutale di Maxx, alternando i freddi e severi attacchi a motosega coadiuvati dalla ritmica forsennata; si prosegue fino ad una bordata marziale dal gusto death/thrash, la quale viene sottolineata da alcuni piatti, prima di evolvere in un groove sincopato che si ripete in attacchi ben congegnati. Ecco dunque una digressione più ariosa fatta di chitarre baritonali, creando una sezione più atmosferica, la quale striscia serpeggiante districandosi tra la batteria cadenzata e i versi in riverbero del cantante; si finisce di seguito in una nuova raffica di riff a mitra, i quali proseguono potenti. Troviamo dunque una sequenza giocata sui giri a motosega e sulle melodie oscure perpetrate da Maxx e dalle chitarre; essa evolve sconfinando in un epico assolo stridente dal gusto tecnico. Esso ha pero breve vita, sconfinando in un nuovo attacco al fulmicotone; come da tradizione death i cambi di tempo improvvisi sono all'ordine del giorno, ed ecco quindi un ritorno al riff più freddi dal gusto black. Le vocals si mantengono brutali mentre il drumming prosegue come una pioggia di frecce tempestante; le chitarre si alternano tra tempi medi e corse granitiche, accompagnate dalla doppia cassa e dai rullanti di raccoglimento. Si ripete il groove sincopato, dal gusto brutal, in un songwriting abbastanza semplice e diretto; largo quindi ad una nuova cesura con rallentamento, dal gusto quasi doom, dove Maxx assume toni maligni. Essa si dilunga fino alla ripresa del ritornello fatto di montanti marziali e vocals in riverbero, preparandoci per il crescendo che si ripropone fino al finale improvviso, segnato da un effetto in dissolvenza; come detto non abbiamo testi per il lavoro, ma dal titolo è facile intuire scenari di massacri sacrileghi in Paradiso, tema carissimo al primo black e non solo, tra stragi di angeli e distruzione delle porte celesti. Un immaginario dal gusto fantasy oscuro e anche infantile, che permane quel mondo tematico tipico del black della prima ora, più figlio di una ribellione adolescenziale mutuata da elementi della cultura pop, piuttosto che da qualsiasi seria posizione teistica o filosofica; non che le cose, nel caso almeno dei Nostri, cambieranno molto con il tempo, tenendosi sempre nei territori di blasfemie, riferimenti sessuali accostati ad immagini sacre. Insomma, se cercate qualcosa di profondo, qui non avrete soddisfazione: l'immagine è funzionale alla musica, pesante ed estrema, e se di certo il gruppo non è composto da devoti credenti, non aspettatevi comunque profondi riflessioni al riguardo.
Graves Of Sorrow
Si continua con "Graves Of Sorrow - Fosse del dolore", la quale si apre con un riff circolare frastornante, presto raggiunto dal drumming pestato e da effetti dissonanti di chitarra; ci si lancia quindi in doppia cassa in una corsa vorticante che ci trascina con se fino ad una cesura fatta di rullanti ritmati ed arpeggi severi. Si parte quindi con l'attacco delle vocals in riverbero di Maxx e della batteria lanciata, il quale perdura fino ad un improvviso cambio di tempo; troviamo quindi bordate marziali e una sorta di, ingegnoso, "coro sacro di chitarre", creando un effetto dalla grande presa, suggellato poi da ritmi sincopati dal gusto tecnico. Ecco dunque evoluzioni serpeggianti dal gusto death, giocate su passaggi marziali dove le chitarre creano raffiche controllate, sulle quali si organizzano le vocals del cantante; arriviamo all'inevitabile esplosione di chitarre e batteria, le quali riportano il tutto verso vortici black, alternati però con asprezze death dove il tutto si fa ancora più delirante. Un riffing freddo e severo ci lancia in una cavalcata nordica suggellata dai blast veloci, la quale s'infrange con alcune sezioni ritmate, prima di proseguire dritta con i ruggiti di Maxx; ritroviamo di seguito le bordate sincopate, in un gioco di botta e risposta, il quale genera un montante sonoro dal grande effetto. Ma le sorprese non sono finite, infatti all'improvviso un assolo melodico si accompagna a tastiere evocative, spostando il tutto verso un'atmosfera presto dilaniata da alcuni riff elaborati, mentre la batteria picchia duro; si ripropongono di seguito i montanti precedenti, riconsegnandoci la centrifuga sonora fatta di growl e attacchi di chitarra. Ma l'elemento melodico torna, accennato dall' assolo, seguito poi da una marcia da tregenda dal gusto thrash, presto evoluta in arpeggi ammalianti; il mid-tempo la fa ora da padrona, dando spazio alle vocals brutali, fino all'esplosione caotica di chitarre e batteria. Essa segna al conclusione improvvisa del pezzo, ancora una volta caratterizzato da un songwriting forse un po' amatoriale in alcune scelte, ma che dimostra già un certo gusto per i momenti ammalianti, il quale caratterizzerà anche in futuro la carriera dei nostri; vari sono i cambi di tempo cari al death, tra corse e momenti più lenti, così come l'uso di assoli e tastiere. Dal titolo possiamo immaginare scenari di morte e guerra, con fosse piene di cadaveri in un'esaltazione della violenza e dell'odio verso il genere umano; ennesimo topos tipico tanto del black quanto del death, in una carrellata di immagini di questo tipo alle quali i Nostri rimangono saldamente ancorati. I toni marziali usati spesso nel pezzo ben si adattano a ciò, esplicando come spesso i testi siano più che altro un pretesto per la musica, adagiandosi su tutti gli stilemi tipici del genere; insomma la musica parla abbastanza da se, non facendo dopotutto nemmeno necessitare dei testi veri e propri, che anzi forse sono al meglio lasciati alla nostra immaginazione.
Schizoid Nightmare
"Schizoid Nightmare - Incubo Schizoide" ci offre un inizio con bordate di batteria e chitarre, unite alle grida in riverbero di Maxx, in un tono contratto e brutale death ripetuto; esso evolve poi in una serie di raffiche veloci e precise, in una corsa frastornante sottintesa dal drumming pressante. Si arriva ad una cesura con giri circolari, la quale si apre poi in una sequenza vorticante dominata dalle vocals ruggenti e dalla tempesta di chitarre; il gusto per il cambio di direzione improvviso rimane di casa, ed ecco dunque degli arpeggi malinconici, alternati ad alcune impennate di batteria. Il tono maestoso prosegue con riff altisonanti e assoli stridenti, in un'atmosfera monolitica dominata da melodie fredde e nordiche; ma riprendono presto gli attacchi brutali, riportando in rilievo l'assalto assassino di Maxx, batteria e chitarre frostbitten. Arriviamo così ad una cesura fatta di fraseggi e batteria pestata, la quale si sfoga poi in parti sinistre e striscianti, presto seguite da un riffing marziale dal gusto thrash caratterizzato da loop circolari ripetuti; si esplode quindi in un assolo stridente, il quale fa da apri pista per un attacco caotico fatto di chitarre roboanti e drumming lanciato, generando una coda decisamente violenta dal gusto death. Si genera quindi un ritornello assassino, giocato sulle linee vocali e sulle fredde chitarre, ripetuto ad oltranza come una tempesta granitica che spazza via tutto con se; essa si ferma con un fraseggio contornato da bordate, il quale si alterna con la ripresa delle sequenze spezzate iniziali, in un effetto dinamico ripetuto creando energia sonora rilasciata in modo massacrante. Non ci stupisce quindi la cavalcata infernale che segue, basata tutta sulla centrifuga sonora di batteria delirante, chitarre a motosega, e vocals di Maxx prive di qualsiasi umanità; essa segna la conclusione del pezzo, in un ultimo assalto frontale, rispecchiando il modus operandi fin qui seguito dal gruppo. Il titolo evoca questa volta oscurità oniriche, ben rappresentate dagli assalti continui, ma anche dalle parti più rallentate, ma sempre aspre; immaginari alieni e lisergici più caratteristici del death, dove spesso è comparso il tema del sogno come porta verso altri terribili mondi mistici ed infernali, dove il confine tra reale e non si perde in un'atmosfera febbrile. Uno stacco insomma rispetto alla semplice blasfemia tout court finora incontrata, anche se va detto, parliamo di semplici impressioni dato che nell'effettivo non abbiamo testi per appurare l'effettiva validità della cosa.
Mutilated Corpses
Il finale dell'opera è offerto da "Mutilated Corpses - Corpi Mutilati", la quale parte con una marcia death epocale e frastagliata, caratterizzata da giri severi e rullanti marziali; essa prosegue mentre Maxx si unisce con il suo growl brutale, completando l'oscuro quadro da massacro. Troviamo quindi falcate circolari in una sana sequenza thrash presto ampliata nelle sue caratteristiche violente da una doppia cassa brutale; ma non dobbiamo abituarci troppo ad essa, infatti all'improvviso un giro di basso fa da cesura, alternato ad alcuni riff rocciosi di chitarra e a piatti cadenzati, proseguendo poi con una sequenza strisciante dall'animo quasi doom. Essa si sviluppa con arpeggi ammalianti mentre le vocals gutturali proseguono stagliandosi dilatate; si unisce anche il drumming, altrettanto rallentato, creando uno scenario sonoro sepolcrale dove si uniscono assoli stridenti. Si continua così, mentre ad un certo punto la batteria prende velocità, unita a suoni di chitarra alienanti, evolvendo in un crescendo di raffiche sempre più spedite, instaurando così una cavalcata da tregenda, sulla quale strumentazione e voce si danno a ritornelli esagitati; le sorprese non finiscono qui, ed ecco che il tutto assume connotati quasi "allegri" e rock'n'roll, ma ancora per poco. Troviamo infatti subito di seguito un'apertura onirica di tastiere e doppia cassa, la quale genera un'atmosfera spezzata però dall'elemento precedente, in un songwriting schizzato, a tratti ingenuo, ma interessante in certe scelte; non mancano assoli dalle scale elaborate in sottofondo, mentre il riffing veloce prosegue nel suo motivo. Non stupisce il ritorno improvviso ai suoni più lenti e brutali precedenti, in una mastodontica marcia di chitarre e batteria, presto raggiunta dal growl di Maxx ed alternata ai riff circolari dall'animo thrash; ci si getta d'impeto quindi in una corsa caotica e brutale, la quale si blocca d'un tratto. Largo quindi a nuove code doom contratte e dai movimenti striscianti, le quali proseguono malevoli tra chitarre dilatate e batteria cadenzata, mentre la voce mostruoso ancora una volta si dilunga tra i meandri sonori; la conclusione finale è lasciata ad un ultima cavalcata roboante fatta di riff massacranti e batteria, sulla quale si ripete il ritornello esagitato già incontrato, regalando ancora una volta al tutto un certo gusto brutal death, caratterizzata da una punta contratta fatta di riff severi e bordate di batteria ritmate. Il titolo ci offre scenari horror di morte e massacri, tornando sulle coordinate più dirette e senza fronzoli dei Nostri; nuove orge di sangue dunque, probabilmente unite all'elemento blasfemo, con angeli e/o componenti del corpo ecclesiastico tra le vittime mutilate con frenesia sanguinaria. Possiamo legare a tutto ciò le parti più brutali del pezzo, il quale si muove anche in questo caso tra rallentamenti improvvisi e parti care al death più brutale e severo; una commistione sonora e tematica che non deve sorprenderci in quel periodo ancora di gestazione, dove il passaggio di consegna tra le due scuole estreme vedeva spesso tali ibridi spesso nemmeno troppo intenzionali.
Conclusioni
Tirando le somme un lavoro di metal estremo non certo rivoluzionario, ma che presenta un gruppo dalle idee già valide nei suoi primi passi; l'influenza di certo death è innegabile, tra rallentamenti improvvisi alla Asphyx e riff circolari e dissonanze alla Morbid Angel, non disdegnando passaggi brutali che sembrano chiamare in causa estremi quali Suffocation ed Autopsy. Allo stesso tempo troviamo già alcuni elementi legati invece al black scandinavo che iniziava ad imporsi sempre di più, tra vortici freddi ed attacchi di doppia cassa; come detto però i Nostri non saranno mai dei cloni di questa ondata, elaborando invece come spesso accade nei gruppi black del centro Europa una propria visione del metal oscuro per antonomasia. L'evocazione di foreste notturne viene sostituita da inni a massacri brutali e stupri di suore, e di conseguenza piuttosto che eteree atmosfere malinconiche, è l'assalto senza tregua a farla da padrone, pur non disdegnando assolutamente la melodia; si genera qui una terra di mezzo sonora che come detto non è certo qui creata, e che anzi caratterizza molti dei primi lavori del black (si vedano Marduk, Darkthrone, Immortal e mille altri), ma che altrove è stata superata in nome del black puro. I Belphegor invece andranno a sviluppare tale suono dando poi più rilevanza all'anima black o a quella death con fasi alterne, ma senza rinunciare mai a nessuna delle due; in un'epoca dove c'era una certa rivalità tra i due generi la cosa non era così scontata, e probabilmente è valsa qualche critica da parte dei puristi, i quali inseguito invece, quando tale commistione sarà più in voga, passeranno all'immagine non certo raffinata o sottile. Quello che però a noi interessa è la musica, ed essa qui certo non manca, anche se ancora in chiave acerba rispetto al futuro del gruppo; grazie a quanto qui presentato la band verrà prima messa sotto contratto dalla Perverted Taste Records per il demo-EP "Obscure And Deep" contenente due inediti ed una cover di "Sabbath, Bloody Sabbath" dei Black Sabbath, poi dalla oggi defunta Lethal Records per l'album "The Last Supper" il quale sviluppa il suono dei nostri con una maggior competenza tecnica e l'inizio dell'uso delle vocals di Helmuth più ancorate allo screaming black, generando un black/death dai forti elementi legati al thrash, il quale non si vergogna assolutamente dell'uso della facile melodia e dei groove di forte presa, pur rimanendo estremo e violento. Un percorso in salire che li porterà al successo commerciale e al passaggio tra varie etichette, approdando infine alla rinomata Nuclear Blast Records; un black non certo quindi ostico o sperimentale, o che vuole rimanere nell'underground, rappresentando invece la faccia più "rock 'n'roll" del genere legata più alla musica come estremo, piuttosto che a qualsiasi seria ideologia esoterica, accumunando quindi i Nostri con nomi quali Dark Funeral e Carpathian Forest. Proprio come quest'ultimi il gruppo austriaco raccoglierà consensi ed aspre critiche, proseguendo però sulla loro strada incuranti di tutto e tutti, coltivando tutti quegli elementi che ancora oggi li caratterizzano, tra blasfemie sopra le righe, copertine spesso aldilà di ogni buon gusto, testi al limite della parodia, accompagnando però il tutto con buona musica ben suonata ed avvincente; e qui sta la forza dei Nostri, consapevoli che senza questa difficilmente si può durare a lungo basandosi solo su carnevalate ripetute ad oltranza già da altre band scomparse presto in un genere che ha prodotto svariati epigoni. Insomma prima di tutto musicisti di metal estremo interessati a produrre quest'ultimo, cosa che faranno egregiamente conquistando anche alcuni dei fan più seriosi ed oltranzisti del genere grazie alle loro doti musicali; proseguiamo quindi con il nostro viaggio musicale addentrandoci in profondità nell'oscurità sonora!
2) Graves Of Sorrow
3) Schizoid Nightmare
4) Mutilated Corpses