BEHEMOTH

Satanica

1999 - Avantgarde Music

A CURA DI
PAOLO ERITTU
30/01/2015
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Recensione

Dopo tre album di Black Metal di pregevole fattura, la belva si ridesta più feroce che mai, e i Behemoth lavorano ad un altro album. Siamo nel 1999, e "Satanica" è pronto a vedere la luce; il giovane frontman Adam "Nergal" Darski sente che la gabbia stilistica del Black va ormai stretta, non riesce a soddisfare la sua mente, che si apre dunque a nuove idee, nuovi concetti, nuovi stili: nasce così il Blackened-Death Metal, un genere che unisce la cruda violenza rocciosa del Black ai feroci tecnicismi del Death. L'impatto è annichilente, e i Behemoth fanno il passo più importante della loro carriera. Tale ventata di fresca novità, non caratterizza solo la parte strettamente strumentale, perché si unisce un nuovo individuo alla combriccola: l'occultista Krzysztof Azarewicz, che unirà la sua mente a quella di Nergal per creare dei testi più profondi, sfaccettati e colti, che esulano dalle tematiche prettamente Black, per immergersi in concetti di Thelema. Questa dottrina vede l'Uomo come fulcro di tutto, l'Io un perno intorno al quale il mondo gira, in una commistione di occultismo, Qabalah, Buddhismo e Yoga, e venne creata dal celebre Aleister Crowley, che diede il nome di Thelema alla sua casa in Sicilia, ispirandosi al racconto del 1532 "La vie de Gargantua et de Pantagruel" di François Rabelais, dove il gigante Gargantua aveva fatto costruire una abbazia chiamata "Thelema" (in Greco Antico "volontà") alla quale si univano coloro che rispondevano ai dettami corrispondenti al "kalos kai agathos", il culto del "bello e virtuoso" caro agli antichi greci, dove la bellezza esteriore doveva essere specchio della bellezza interiore. Crowley estrapolò tale idea e la unì alle sue dottrine fondando una comune, una sorta di anti-monastero nel quale gli adepti agivano e vivevano per appagare i propri desideri, in un cammino verso l'auto-realizzazione e la libertà dettato dalla propria volontà, secondo un disegno antropocentrico che tende a un'Illuminazione di stampo buddhista. L'idea alla base della dottrina era che il ventesimo secolo sarebbe stato l'inizio di una nuova Era di Horus, un periodo definito da una sola regola: "Do what thou wilt shall be the whole of the Law", "'Fai ciò che desideri' sarà la sola Legge". Il thelemeta sarà quindi spinto a indagare sè stesso, a scandagliare il proprio animo e a ricercare la felicità, la sua "Vera Volontà", piuttosto che inseguire fini egoistici. La sua personale Utopia, tuttavia, si scontrò con la rigida e retrograda morale cattolica imperante in Italia, nonché con il nascente governo fascista, che costrinse Crowley a tornare in Inghilterra, chiudendo l'abbazia. Tali tematiche verranno abbracciate da Nergal e dal suo gruppo, fino a diventare una vera e propria colonna portante dei loro testi e del loro pensiero, e ogni album sarà parte della loro via verso l'Illuminazione, verso la libertà, dove la bellezza è un fine e la ribellione un obbligo. La Formazione subisce un ulteriore cambiamento rispetto al precedente "Pandemonic Incantations", con l'entrata di Leszek "L-kaos" Dziegielewski alla seconda chitarra, mentre Nergal si occupa di chitarra, basso, tastiere, voce e testi (in collaborazione con Azarewicz), e alla batteria si riconferma Zbignew Robert "Inferno" Prominski, che firma il suo secondo album con il gruppo. Nergal è stato cristallino nel definire lo stacco col disco precedente: "Prima di tutto l'enorme differenza per quanto riguarda la qualità del suono. Il nuovo album semplicemente spazza via la maggior parte delle recenti uscite Black e Death Metal, e se pensate che questo sia solo dire stronzate arroganti, allora sentite Satanica e lo apprezzerete, ve lo assicuro!

 L'attacco è immediato, brutale, le note di "Decade of ??????" sono colpi ripetuti di un maglio musicale, che scaraventano l'ascoltatore in un crogiolo infernale. "APO PANTOS KAKODAIMONOS!", "ANDATEVENE TUTTI, SPIRITI MALIGNI!", la voce ruggente di Nergal si impone sulla musica, mentre il possente intro sfocia in ritmiche serrate e tecniche, dove a cupe chitarre fa da sfondo un rimbombante tappeto sonoro creato dalla batteria, proseguendo fino alla fine delle prime strofe. "Noi trasgrediamo la banalità / Neghiamo la normalità e calpestiamo la moralità / Noi distruggiamo gli angeli col suono / Noi distruggiamo gli angeli col silenzio", a questa feroce presa di posizione segue un ritorno al riff iniziale, con basso e batteria che scandiscono il tempo, sul quale volano frenetiche raffiche di chitarra, mentre la frase iniziale viene ripetuta con foga, sopra un lavoro ritmico sorprendente, specie da parte del batterista, che martella le casse incessantemente. La traccia diviene un rito, qualcosa di arcaico che striscia dal fondo della nostra natura per tornare alla luce: "Correnti di energia tantrica si impadroniscono dei nostri corpi / Nella danza cosmica di quattro falci / Le cortine del Teatro dell'Assurdo sono sollevate / Madre Caos è sul palco!". Le chitarre continuano a macinare note su note, in preda a una sorta di estasi mistica, cupe eppure esaltanti. "'La Saggezza dice: sii forte!' / Parole esaltanti si diffondono sulla spina dorsale / Vibranti... 'Sii forte!' / Esausto, corro verso l'ultimo barlume di coscienza / Che viene assorbita da ombre di follia!". L'ultima parola esplode nelle orecchie, e porta a un cambio ritmico, dove tra brevi stilettate di potenti note ritorna l'invocazione iniziale, ormai un mantra, quasi fosse l'ultima scintilla di umanità, che si aggrappa disperatamente al terreno, cercando di resistere ai neri turbinio di note feroci che vogliono estirparla. "Qui sono le stelle e i servi serpenti - sollevano l'Esagramma" (simbolo del Macrocosmo, cioè forze Divine e sovrannaturali, che nel simbolismo di Thelema circoscriveva un fiore con cinque petali, rappresentante un pentacolo, simbolo dell'Uomo e del microcosmo), vengono invocati il Sole, la Vista, la Forza ("percorriamo il cammino di Marte, combattendo se dobbiamo") e la Luce, identificata con Ahathoor, antichissima divinità egizia, dea della gioia e dell'amore e Madre Universale, manifestazione dell'archetipica Dea Madre nella cultura egizia. E il mantra ricomincia, scandendo le parole: "ANDATEVENE TUTTI, SPIRITI MALIGNI!", ma viene spezzato da un brulicare di note nervose e da un cambio ritmico, che inseriscono con violenza le ultime strofe: "Sigillo divino, disegno un ritratto di me stesso / Con Vita, Veleno e Inferno lo aspergo / Il suo nome è Esial, e ne voglio di più!", e il brano termina tra cupi fiati accompagnati da leggeri archi, in un outro inquietante ed elegante allo stesso tempo. Il simbolismo si manifesta subito essere il nucleo pulsante del brano, a partire dal titolo ("Therion" in greco è una bestia selvaggia, nell'occultismo è la Bestia, progenie del Drago dell'Apocalisse, e in Thelema è il nome di un dio, sposo della dea Babalon, legato al culto solare e al numero 666), per proseguire con il resto del testo, che sembra un riferimento a una frase dello stesso Crowley: "Prima di arrivare ai dieci anni, già mi ero reso conto di essere la Bestia, il cui numero è 666. Non capivo però cosa ciò implicasse, era un appassionato ed estatico senso di identità". La "Decade di Therion" potrebbe essere quindi questa decina di anni che ha portato questa consapevolezza all'occultista, e il testo in sè una rappresentazione di questo "senso di identità", questa esaltante comunione fisica e spirituale con questa realtà mistica. Parte ora "LAM", che comincia con un riffing pesante sorretto da una batteria rapidissima, sovrastato da rochi ringhi di Nergal, all'ultimo dei quali segue una breve pausa, che apre poi la strada a un riff rimbombante, e frammentato, che diviene una marcia, aggressiva e spavalda, sorretta da un blast-beat fenomenale. La voce si fa presto sentire, ruggendo il suo disgusto verso la società odierna, dove "I figli della Tecnocrazia invocano spiriti sintetici / Croci di plastica soffocano colli esalanti / MAAT! (dea egizia dell'ordine cosmico) Io lancio i dadi, ma il velo del futuro è ancora chiuso ermeticamente", la fine del paragrafo del testo porta un istante di irreale silenzio, subito spezzato dal rombare del basso, che inserisce un nuovo attacco della voce, che viene trasportata da un riffing stupendo, cadenzato e solenne: "Il potere delle ceneri è pari a mille soli / Le strutture dei Misteri sono come il caos della Conoscenza / L'oggettivismo è un soggettivo mandala della realtà / Frattali - spazi fiammeggianti consumano l'ordine dell'Ego", e qui il riffing domina il pezzo, con un incedere maestoso, tra una batteria chirurgica e potenti cori di chitarre, fino ad arrivare a un assolo breve ma intenso, con sfumature blues, prima di riprendere la sua avanzata. Questo muro sonoro vede la sua integrità spezzata da un urlo belluino: "Lamipsos!", che altera la solidità della musica, che subisce una progressiva accelerazione feroce, poi stemperata da eleganti linee di chitarra solista, che la ritrascinano nella brutalità del riff portante, un altare per le ultime strofe: "Illuminazione sul volto di mille facce / Conoscenza ottenuta calandosi nei meandri dell'auto-conoscenza / Quando tuoni di estasi colpiscono le nere onde del mare dell'Inconscio / Io nuoto, galleggio, vado alla deriva, urlo... 'Aiwass!' (voce e ministro di Hoor-paar-krat, principale divinità di Thelema)". Anche qui emerge il principio di auto-conoscenza proprio del culti di Thelema, che si lega al tema del "Gnothi Seautón", in Greco Antico "Conosci te stesso", frase che la leggenda vuole incisa sulla facciata del tempio di Apollo a Delfi, sede della Pizia, il più famoso oracolo della tradizione greca. In base a tale principio, l'essere umano trova l'Illuminazione, scoprendo e accettando la propria anima, scavando dentro sè stesso alla ricerca della propria identità. È ora la volta di "Ceremony of Shiva", aperta da un bellissimo intro di batteria, presto arricchito dalle solide ritmiche di basso e chitarre, che si uniscono poi in un coro epico, che sfocia in un sublime lavoro in tapping della chitarra solista, che viene rafforzato dai solidi accordi della seconda chitarra e dalla solida linea di basso, mentre la batteria danza con la voce sulle note ipnotizzanti del corposo riff. "Avatar dei poteri di questo mondo / Mi battezzano in gioielli di credenza / Io bevo il nettare della Divinità - mia eterna Padrona / Io sono Shiva (uno dei tre volti della Trimurti, la trinità indiana, in particolare quello legato alla distruzione e alla trasformazione), Hadit (Horus nel culto di Thelema), o la Bestia stessa". Il ritmo prosegue incalzante, mentre il suo incedere imperioso è arricchito da sapienti linee di chitarra, e rallenta e si solleva in potenza e dignità col sopraggiungere del ritornello, dove la voce si fa più cavernosa e viene accompagnata da soavi cori, mentre si compie l'auto-realizzazione di un dio: "Io sono chi non sono / Nego e confermo / Io trasgredisco - questo è reale!". Ricomincia il riff principale, che inserisce l'ultima parte del testo, dove nel mutare dell'Universo, il dio si congiunge con la dea: "Ruote di cambiamento girano al mio respiro / Tocco il rovente firmamento (di dorati oscuramenti dei cieli) / E le stelle cadono in ogni lato del Mondo / Con la mia lingua penetro gli abissi scarlatti di Kteis (nome greco identificabile come l'Essere Femminile in senso totale) / Facendo traboccare il mio corpo di ebbrezza e il mio cuore di calore / E all'improvviso sputo veleno / Poichè sono divenuto un serpente che avvolge la sua carne / Qui e ora, qui e ora". E repentinamente la musica si solleva, inserendo il magnifico ritornello, chiudendo il pezzo in fading. Il testo sembra essere una trasposizione di un rito celebrativo-erotico in onore della divinità, che viene messa sullo stesso piano di Horus/Hadit e Therion/Bestia, figure che portano un mutamento nel Cosmo, sconvolgendo l'Ordine Costituito. E' tramite l'antichissima pratica del rituale, infatti, che l'uomo riesce ad incanalare l'energia ed a "compattarla" in un qualcosa di vero e tangibile, da "scagliare" in stato di estasi contro un bersaglio predefinito, in questo caso l'Ordine, inteso come "disordine". Inizia ora "Of Sephirotic Transformation and Carnality", mentre dal vuoto cosmico si solleva un ruggito, trascinando dietro di sé un solido muro di note, tra riff di chitarra che si incuneano nel cervello e basso e batteria che rimbombano nella cassa toracica. Una musica rapida e brutale, ma non priva di un'eleganza feroce, che muta con magnifici cambi di tempo evocando intorno a sé un'aura mediorientale, e presentandosi come una rappresentazione musicale perfetta del testo: "La Follia si insinua nelle arterie del grande corpo cosmico / Più in alto e più in basso, verso ogni direzione / Vìola le vecchie leggi, abroga tutti gli ordini / E cerca l'Infinito in Lettere Sacre", brevi licks di una nervosa chitarra lanciano ogni tanto raffiche di note, slegate dalla traccia principale, quasi a rappresentare questo Universo instabile, mentre la voce ringhia con crudeltà: "Un fanciullo incoronato la sua Guida - il Figlio Sempre Giungente / Ma divaga sospeso tra emanazioni di Crescita e Decrescita / Migliaia di sentieri attraverso migliaia di sfere". L'essere e il non essere diventano opzioni, in una sorta di alchimia cosmica che genera meraviglie e terrori: "Alberi prismatici nati da riti folli / La conoscenza geometrica elevata alla dignità della sostanza vivente / Il Pazzo, come al solito, non sa nulla nell'Universo / La transustanziazione (il processo di trasformazione di vino e pane in carne e sangue) di feci e acque dello Stige è compiuta!", silenzio, rimbombano brevi note della batteria, mentre l'universo cambia ancora, ed essa si lancia in magistrali tempeste di note, mentre le chitarre si uniscono per celebrare la voce, lanciandosi in riff stupendi e possenti, mentre "Dio si incarna in un nuovo corpo". In questo continuo mutare ritmico, vengono esaltate ed arricchite le ultime strofe, dove compare una figura luciferina, denigrata ed esaltata allo stesso tempo: "Oltre la Dualità, oltre la Comprensione / Castrato, bastardo, è nato un nuovo comandante / Egli costruisce il Ponte della Concordanza / Spettro della sua Caduta / Ed è divorato dalle fiamme dell'Abisso", e la traccia finisce in un connubio di suoni elettronici e maestose orchestrazioni. La "Trasformazione Sefirotica" descritta, fa riferimento all'"Albero Sefirotico" della Qabalah ebraica, una struttura che comprende le dieci Emanazioni, i dieci modi con cui la divinità si manifesta, e in particolare al processo di creazione, poichè le Sefirot sarebbero un canale per la Forza Creativa della divinità. Il nulla diviene vita, in un fenomeno di transustanziazione, cioè di passaggio da una sostanza all'altra, da uno stadio dell'esistenza fisica e spirituale a un altro. Da un'altro punto di vista, considerato il paragrafo finale del testo, potrebbe trattarsi di una spiegazione della cacciata di Lucifero, l'angelo che voleva divenire Dio, e cercava di creare una propria opera originale dal nulla, e che non riuscendoci, corrompeva invece ciò che era già stato creato. Ora è la volta di una spietata arringa: "The Sermon to the Hypocrites", che attacca con ritmi più lenti del pezzo precedente, ma anche più pesanti e strascicati, e per questo più insinuanti, dove la granitica batteria incede con basso fragore, facendo da contraltare alle chitarre, sanguigne e stridenti. "Oh, voi, il cui futuro e nelle mani altrui / Ripugnanti mangiatoie! Siete scivolati nei vostri escrementi? Avendo un mondo schifoso / Immaginate di essere importanti per il Cielo!", il testo si scaglia esplicitamente contro tutti coloro che si rifiutano, o peggio, dimenticano, di vivere appieno questa vita, convincendosi di aver grandi aspettative per una prossima eventuale esistenza. La voce gronda veleno, e viene filtrata durante il martellante ritornello: "Sensazione, Nutrimento, Masticazione, Procreazione! / Questo è il vostro cieco ciclo / Non conoscete nulla, oltre il vostro stesso lezzo? / Il Cielo è indifferente alla vostra salvezza o catastrofe!", e aggiunge con disprezzo "Io, che godo del mio corpo / Preferirei aggregarmi a un branco di lupi / Piuttosto che entrare nelle vostre case appestate!". Dopo un altro ritornello rabbioso si ha un cambio di tempo, mentre la musica si fa più rapida e serrata, avvolgendoci in una soffocante cortina di note, che sembra stringersi intorno a noi, mozzandoci il respiro, soffocandoci in un nero mare gonfio d'ira. Un plauso va sopratutto alla batteria, che si districa con maestria attraverso ritmi rapidissimi e mutevoli, senza mai cedere in potenza o ferocia, mentre il sermone prosegue, sempre più infervorato: "Sodoma era onesta! / La vostra teologia è una pozza fangosa di idiozie fatte etica / Nel vostro mondo, in cui ignoranza e inganno fanno la felicità / Tutto finisce miseramente / Sporcato da sangue fratricida", e l'ultimo ruggito pone nuovamente la musica sotto i riflettori, minacciosa e ostile, che svanisce in un soffocato delay. La citazione di Sodoma non è da trascurare. Assieme a Gomorra, la città venne rasa al suolo per il comportamento ritenuto "eccessivamente lascivo" dei suoi abitanti, giudicati peccatori. In questo caso i Behemoth rivalutano la città, considerandola il tempio della Volontà esercitata senza freni o limitazioni religiose. Un simbolo di Essere contro le regole castranti e limitanti di chi, per scelta, si ingabbia in un certo modo di intendere la fede. Non una ricerca spirituale, bensì un insieme di norme imprescindibili ed auto limitanti. In "Starspawn" un essere apre per la prima volta i suoi occhi ad abbracciare l'Universo. Il suo risveglio viene salutato da potenti chitarre che si innestano su una base creata da un'impeccabile batteria, un sound massiccio ed energico, subito sovrastato da un ruggito del cantante. Il riffing prosegue energico, finchè la voce non lo richiama all'ordine, facendolo mutare in un inanellarsi di accordi distorti, sempre sorretti da una solida ossatura di batteria."Io sono da te generato, Dioniso / Divino Marte, tu mi chiamasti figlio / E tu, Apollo, mi desti inizio", è la nascita di una stella, di una nuova divinità, di una coscienza che si risveglia da uno stato di sogno, che ha infiammato la sua mente. Si rende conto di essere unico, ma di non essere il solo, e mentre la musica si assesta sui binari di una marcia solenne e imperiosa, l'essere ricorda memorie di un sonno lucido, di un sogno che poteva essere realtà, o viceversa: "E tutti divennero stelle / I miei fratelli e le mie sorelle, in un'estasi cosmica / Essi erano milioni di peccati e virtù / E tutto, l'intera ricchezza della mia vita / Che non ha né inizio né fine / Io potrei donare" col proseguire del testo la musica si fa più frenetica, fino alle ultime parole, che portano a un rallentamento delle chitarre, mentre la batteria si lancia in un lavoro di doppia cassa disumano, in un break strumentale che lancia un breve ma incisivo assolo, che precede la ripresa del testo. Il protagonista esprime la grandezza dei suoi poteri, in una descrizione di sé che è semplicemente una presa di coscienza della propria onnipotenza: "Potremmo fare l'amore con stelle innumerevoli / Con la nostra piccola mano abbracciare il mondo / Imparare e dimenticare, essere generato e morire / Esistere per sempre, solo più potente e assoluto / Io sono SOLARIS / Universo e Unicità / Il Nulla e il Caos, io sono". Questa "Progenie Stellare", Solaris, è una figura di super-uomo thelemica, una sorta (e il paragone calza) di Superman ante litteram; le sue vicende vengono descritte da Crowley in dieci capitoli, nel quale si espongono i suoi dilemmi, la sua umanità, il tema del tempo e del karma, uniti a nozioni yogi e traendo spunto persino dal misticismo Lakota (una tribù di nativi americani che faceva parte della nazione Sioux). Le chitarre, finora impegnate in un riffing articolato e rapido, si lanciano adesso in accordi prolungati e risonanti, mentre il testo si avvia alla sua conclusione: "A te faccio un ultimo inchino, o Terra, prima di / Cavalcare un Serpente Cosmico (simbolo del Tempo rappresentato nell'Ouroboros, il serpente che si morde la coda, ma anche del bene e del male, identificabile con figure come il Dragone orientale, i Naga indiani, il Jörmungandr norvegese o il Quetzalcoatl degli Aztechi) e divorare le stelle / Prima che io divenga la Bestia / E nessun uomo mortale osava sfidare la mia magia". La musica si solleva, guidata da un basso potente, mentre vengono scandite le parole: "Pianeta Satana, ricevi l'eterno possessore! / Io per mezzo di me stesso, ascendo a te / Io per il Mondo". La voce si solleva fino a culminare in un urlo disperato, dal quale emerge un meraviglioso assolo che parte con un tapping incrociato, proseguendo con rapide note laceranti e solenni fino ad esplodere in ululati sinistri che lanciano l'outro, una musica rapida, claustrofobica e ossessiva, spezzata da istanti di calma apparente, e che si interrompe quasi bruscamente. "The Alchemist's Dream" parte con un intro elettronico, che fa da preludio a un intro esplosivo, dove un'eclettica batteria comincia la sua folle danza, intrecciandosi con il basso, mentre le chitarre uniscono ritmiche maestose con melodie articolate ed epiche. Ma ecco, già la batteria si lancia in un blast-beat rabbioso, mentre la voce fende la musica, per accoglierci calorosamente: "Benvenuti nel Teatro dell'Assurdo / Dove il mondo e la ragione sono il pubblico / E gli attori esclusivamente illusione ed esperienza", dopo un'altra strofa si ha un break strumentale, la musica si concentra e diventa un tutt'uno, martellando i timpani senza pietà, per poi tornare al riff principale con un fischio stridente delle chitarre, lanciando il ritornello. Avventuratosi nei più reconditi meandri del Mondo dei Sogni, l'Alchimista realizza che "L'immagine dell'Universo è una formula semplice - 'L'Amore è Legge' / Il proverbio del prestigiatore è inciso sul cancello / Che la Vita è Gioia / Che anche la Morte è Vita". Il segreto, la forza motrice dell'Universo è dunque l'amore, e l'invito è quello di rendere la propria vita degna, usarla per la sua vera ragion d'essere, la gioia, e ricordarsi che non c'è vita senza la morte, come non c'è luce senza oscurità, e dunque abbracciare questa verità. L'Alchimista dormiente ha ottenuto il suo sogno dal suo sogno, riuscendo a scoprire la formula dell'Universo stesso. La musica prosegue imperterrita, come un essere colossale e inarrestabile, con un incedere rapido e pesante, con tempi e contro-tempi che mandano brividi lungo la spina dorsale. All'improvviso la melodia si appesantisce e si fa più epica, imitata dalla voce, che tratta di come "Lingam si collega a Yoni, creando la Pietra della Saggezza". Il Lingam è una simbolo induista che rappresenta l'Assoluto trascendente e atemporale, la forza creatrice, simboleggiato da una pietra di forma ovale, rappresentante l'Universo Maschile, e va ad interconnettersi con lo Yoni, l'Universo Femminile, rappresentato da una base scolpita che può assumere diverse forme, avente un foro centrale, e simboleggiante la nascita, l'origine, la fertilità. Questo simbolismo è una tradizione talmente antica da perdersi negli abissi del tempo, con migliaia di relative sculture di tantissime epoche diverse, presenti in tutto il territorio indiano. E nell'elegante brutalità musicale imperante serpeggia un bel assolo di chitarra, che parte con calde note sostenute per poi librarsi su raffiche di note, spezzando la feroce potenza del riff con la loro avvolgente melodicità. La voce riprende, trasformata in un roco ringhio ferale, che racconta il proseguire del Sogno: "Non vi è Spazio, né tempo / I libri sono letti all'indietro da ogni parte / Tutto collasserà e abbatterà fantasmi di lutto". La musica trascinante muta poi con l'innalzarsi del ritornello, che verrà ripetuto ancora una volta, permeato dall'aura orientale donata dalle chitarre, che vedrà il suo culmine con le ultime parole, che verranno scandite tra spirali di note evocative: "Anche la Morte è Vita!", prima di un outro strumentale meraviglioso, di matrice Progressive, con stupende melodie e cambi di tempo, circondati dalle note della batteria e da un basso bellissimo e solenne, che termina tra distorte note prolungate, che danno vita al pezzo successivo: "Chant for ???????? 2000". La batteria scandisce il tempo, con una solida base sulla quale le chitarre sfrecciano con malignità, in un crescendo epico che esplode grazie a un istantaneo inferocirsi della batteria e a devastanti accordi di chitarra, che ruggiscono mentre la chitarra solista lancia urla laceranti. Questa splendida ondata sonora sembra calmarsi, caricandoci di un senso di attesa per qualcosa di imminente, terribile e meraviglioso, e non veniamo delusi, perchè quattro potenti accordi risuonano, e scagliano in avanti la voce: "Vola! Vola alta, mia Aquila Nera / Lascia che fili d'oro leghino i nostri occhi / Possa il sangue unire le nostre menti e i nostri cuori", la musica rimane stabile e feroce, mentre profondi cori maschili e squillanti cori femminili si uniscono alla voce in un picco di bellezza musicale commovente: "Con le tue ali mi trasporti oltre l'Abisso / Oltre la Ragione e attraverso il mare infuocato", per poi cessare, mentre essa ringhia ferina: "Allora, con i tuoi artigli squarcia la Terra a metà! / E introducimi ai segreti delle sue viscere / Fino alla luce dell'Inizio e alla splendente Fine". L'aquila è un animale totemico, e l'uomo la invoca al fine di entrare in comunione con la natura, di superare la sua condizione mortale. Con la forza di questo legame vuole recidere ogni imposizione, ogni legame che lo tiene ancorato al terreno, per sollevarsi e volare, bearsi della libertà più assoluta, lontano da imposizioni e padrone del proprio destino: "Gira! Gira in tondo mia Aquila Nera / Lascia che le nostre menti siano toccate dal piacere assoluto / E che le passione della caccia divori tutto il resto". Il riffing è rapidissimo, e mantiene una formula invariata e schematica, che tuttavia risulta troppo ben ideata per stancare, essendo una melodia viscerale, avvolgente e inebriante, che riverbera di un eco primordiale. E a questo si aggiunge una maggiore ostilità, in una invocazione che tenta di colpire ciò che limita la tanto agognata libertà: "Lacera! Lacera col tuo becco / Rimuovi tutti gli dèi dal mio cammino, e i pensieri, e la disperazione", e qui ritornano i cori, che accompagnano la voce in maniera sublime, al grido "E fammi oltrepassare le barriere della Paura!". E tanto è disperato questo bisogno di libertà, tanto è potente questo grido ribelle, che il Legame avviene, con i battiti del cuore che vanno all'unisono con il feroce pestare della doppia cassa, mentre le nere ali si dispiegano e si sollevano sui turbini di note dei riff: "Spirito di Libertà! Eterna Viandante! Gioiosa Solitudine! / Lascia che il mondo della Realtà e quello della Fantasia si fondano! / Io sono te e tu sei me!", e tra ruggiti e sospiri ha inizio l'outro, evocativo e solenne, che termina con maestose orchestrazioni di stampo wagneriano.

 Con questo album nascono i Behemoth "moderni": i polacchi riescono a creare un loro timbro inconfondibile, a staccarsi dalla massa e a puntare in alto. Hanno creato un proprio sound, che risulta corposo, pregno di bravura e sopratutto di anima. Risulta infatti evidente quanto Adam Darski riesca a immergersi nella musica, riuscendo ad esprimersi al meglio, nella sua disperata ricerca della Libertà e della Bellezza, nel suo stoico tentativo di diventare l'Oltreuomo, la figura che celebra in ogni sua opera. È inoltre palese la perizia tecnica come compositore, con pezzi che non possono annoiare, e che anzi, mantengono l'attenzione costante, per una musica che va goduta nota per nota, che irretisce l'ascoltatore in maniera sublime. Quest'opera rappresenta non solo l'inizio di un percorso stilistico, ma anche di un percorso spirituale, perchè è l'inizio di una ricerca di libertà che condurrà artisti e pubblico per mondi perduti, miti, simboli e popoli dimenticati, ma non per questo meno potenti nella loro immagine e nel loro significato. Nergal è stato cristallino nel definire i suoi progetti per i Behemoth, proprio dopo il rilascio di quest'album: "Diventare la band più laboriosa del pianeta, continuare il nostro lavoro, registrando album ogni volta migliori e andando in tour l'anno successivo, guadagnare l'attenzione e il rispetto della gente. Questo dovrebbe soddisfare le mie esigenze, credo". Insomma, le "tre fiere" dantesche le abbiamo già sentite con i tre album precedenti ("Sventevith (Storming Near the Baltic)""Grom" e "Pandemonic Incantations"), album nei quali risalta la volontà di mettersi in gioco e migliorarsi sempre di più, ma è qui, ai margini di questa Selva Oscura, con Azarewicz come novello Virgilio, che i Behemoth iniziano la loro discesa nel vero Inferno. Un inferno, come abbiamo visto, per nulla inteso come "ridanciano" o comunque volutamente mostrato come grottesco: accade spesso, all'interno di certe correnti, che la filosofia di un'ideale venga messa da parte in favore di immagini più degne di un film horror che di un pensiero ben strutturato e radicato. I Behemoth scardinano letteralmente questa "tradizione" presentandoci un qualcosa di approfondito e ben curato, liricamente all'avanguardia e sicuramente degno di moltissime attenzioni. Testi da non dover trascurare, anch'essi figli di questo processo di rinascita che li ha visti evolversi in tutto. Musica e parole, il tutto cresce e si evolve, raggiungendo un punto di inizio in questo album, figlio all'epoca e padre in seguito di un'illustre prole che vedrà in questo "Satanica" un faro dal quale lasciarsi guidare.

1) Decade of ΘΕΡΙΟΝ
2) LAM
3) Ceremony of Shiva
4) Of Sephirotic Transformation and Carnality
5) The Sermon to the Hypocrites
6) Starspawn
7) The Alchemist's Dream
8) Chant for ΕΣΧΗΑΤΟΝ 2000

correlati