BEHEMOTH
Live Eschaton: The Art of Rebellion
2000 - Metal Mind Productions
PAOLO ERITTU
20/01/2017
Introduzione Recensione
Alba del nuovo millennio: un ribollente panorama Metal partorisce una moltitudine di opere (con fortune alterne) per salutare il giro di boa. In questo periodo i Behemoth sono una giovane band di belle speranze con quattro album all'attivo, l'ultimo dei quali (Satanica del 1999) ha visto formarsi l'identità artistica della band, il suo primigenio sound personale. L'opera ha ricevuto in generale critiche positive, e i polacchi -ora reclutati tra le fila della label italiana Avantgarde Music- non perdono tempo: la mente vulcanica di Adam "Nergal" Darski è già al lavoro, e punta verso il quinto album: ci vorrà solo un anno perchè Thelema.6 veda la luce, nel Novembre del 2000, e n questo breve lasso di tempo il gruppo riesce a stupire anche in sede live, con due tour europei che li vedono aprire per Deicide e Satyricon. È in questo periodo che si presentano dei problemi con la precedente label polacca Pagan Records, nonché con la line-up, che sfociano nell'uscita dalla band del batterista Robert "Inferno" Prominski e del bassista Leszek "Les" Dziegielewski. Ma laddove Les verrà sostituito da Marcin "Novy" Nowak, il buon Prominski tornerà in seguito all'ovile, con un conseguente periodo di stabilità che vedrà quindi Nergal e Mateusz "Havok" Smierzchalski alle chitarre e alle voci, Novy al basso e Inferno dietro le pelli. È in questo periodo che i Behemoth arrivano a registrare il loro primo live-album: Live ???????: The Art of Rebellion, suonato appositamente per essere registrato (possiamo quindi considerarlo un "falso" concerto), uscito originariamente in VHS e poi in DVD, prodotto dalla label polacca Metal Mind Productions e registrato negli Studio Leg di Cracovia. Già dal titolo emerge la passione per la ricerca di simbolismi da parte del gruppo di Danzica, in quanto il termine greco ??????? (Eschatos) si può analizzare su più livelli: il primo e il più evidente è sicuramente quello religioso, in quanto tale parola viene usata nella sua forma neutra (Eschaton appunto) nella Bibbia per riferirsi al mondo nel suo futuro più lontano, nel crepuscolo della vita che vede l'avvento dell'Armageddon. In questo senso i Behemoth presentano ambiziosamente il loro primo live-album come un monito, suggerendo che questa loro "consacrazione" è solo un preludio all'Apocalisse che essi stessi rappresentano, un punto di non ritorno, e affermando indirettamente: "Voi non avete ancora visto niente". La parola assume però altre sfaccettature, che rendono il concetto più pregno di significato, poiché la riassume in generale il concetto di "estremo". Tale concetto si riferisce al sound della band, certo, ma anche qualcosa di viscerale, una pulsione primitiva che non può essere domata (non a caso dal termine originale proto-indo-europeo è derivata anche la parola ??????, "viscere"), nonché un duplice significato di "migliore" o "peggiore", qualcosa di totalmente fuori dalla norma, qualsiasi sia il contesto o l'accezione nel quale si analizza. Con queste premesse, l'album fa un riassunto di quello che i Behemoth sono riusciti a creare dal 1994 al 2000, con nove tracce prese tra i loro precedenti lavori, più la cover di "Carnage", seconda traccia di Pure Fucking Armageddon, prima demo dei Mayhem rilasciate nel lontano '86. Piccola curiosità: questo live venne in seguito rilasciato in formato VHS e DVD nel 2002 e successivamente nel 2009. Per quel che riguarda il formato cassetta, venne sottolineata la dicitura "Hi Fi Stereo" nonostante la qualità dell'audio non rispettasse certo quella indicata (venne infatti rilasciata in mono). Per quel che concerne invece i DVD, anch'essi non furono esenti da critiche postume. La prima stampa, infatti, prevedeva il normalissimo concerto senza aggiunte, mentre la seconda fu stampata in tiratura limitata, con annessi una versione CD del concerto più una lunga intervista rilasciata da Nergal, della durata di un quarto d'ora circa. La polemica sopraggiunse circa l'effettivo diritto, da parte della "Metal Mind..", di poter trattare il materiale qui presente. I Behemoth decisero infatti di intentare causa contro la label polacca, rea di aver maneggiato il prodotto alla bell'e meglio, senza chiedere alla band come e quanto (effettivamente) "mostrare". La causa si risolse comunque con un nulla di fatto, con il trio polacco rimasto con un proverbiale pugno di mosche in mano. La label vinse infatti il contenzioso, stabilendo la giustizia che essa aveva tutti i diritti per poter distribuire il prodotto nei formati che meglio la aggradavano. Polemiche a parte, meglio concentrarsi sulla musica, e su quello che il trio all'epoca era chiamato a rappresentare. I Behemoth sono macchine da palcoscenico, il concerto un rituale offerto al pubblico e officiato in maniera appassionata, e un'energia primordiale permea le tracce, incendiando gli animi, risvegliata dal nuovo e personale sound del gruppo di Danzica, che tra le atmosfere sulfuree del palco è ansioso di dimostrare quello che vale e di mettere in chiaro cosa significhi per loro "Estremo".
Decade of Therion
Ad aprire le danze è "Decade of ??????", un vero e proprio anthem che arriva da Satanica. Le chitarre lavorano su ritmi serrati, sorrette da una instancabile batteria. Dal riff principale si evolve poi una maligna linea ritmica che accompagna la voce, in uno stato di grazia maligna. La musica è sinistra e altalenante, un mantra rabbioso, che vive dell'alternanza tra le secche raffiche di note del ritornello e le fluenti melodie che sorreggono le strofe. La traccia si spezza improvvisamente, con le chitarre che si caricano di una sensazione di attesa, acuita dal lavoro della batteria, mentre la voce si fa ossessiva. Questa escalation di ferocia prosegue con potenza, portando la canzone al suo culmine, finchè le chitarre non ci riportano ai precedenti ritmi, che conducono il pezzo alla chiusura. "APO PANTOS KAKODAIMONOS!", "ANDATEVENE TUTTI, SPIRITI MALIGNI!"; il testo è un manifesto di disprezzo verso il conformismo: "Noi trasgrediamo la banalità / Neghiamo la normalità e calpestiamo la moralità", e raggiunge poi una connotazione estatica, come di una mente che, alle prese con una rivelazione annichilente, cerca di aggrapparsi alla propria sanità: "La Saggezza dice: sii forte!' / Parole esaltanti si diffondono sulla spina dorsale / Vibranti... 'Sii forte!' / Esausto, corro verso l'ultimo barlume di coscienza / Che viene assorbita da ombre di follia!". Vi è naturalmente l'inserimento di riferimenti alla dottrina Thelemica e all'occultismo: "Qui sono le stelle e i servi serpenti - sollevano l'Esagramma" (simbolo del Macrocosmo, cioè forze Divine e sovrannaturali, che nel simbolismo di Thelema circoscriveva un fiore con cinque petali, rappresentante un pentacolo, simbolo dell'Uomo e del microcosmo). Vengono poi invocati il Sole, la Vista, la Forza e la Luce, identificata con Ahathoor, antichissima divinità egizia della gioia e dell'amore nonché manifestazione dell'archetipica Dea Madre. Il testo celebra la "Decade di Therion", riferendosi a uno scritto di Aleister Crowley nel quale l'occultista afferma: "Prima di arrivare ai dieci anni, già mi ero reso conto di essere la Bestia, il cui numero è 666. Non capivo però cosa ciò implicasse, era un appassionato ed estatico senso di identità". La "Decade" sarebbe quindi un riferimento all'età di Crowley nel periodo di questa presa di coscienza, mentre "Therion" (in greco "bestia selvaggia") nell'occultismo è la Bestia, progenie del Drago dell'Apocalisse, e in Thelema è il nome di un dio, sposo della dea Babalon, legato al culto solare e al numero 666.
LAM
Sempre da Satanica arriva poi "LAM", che comincia con un pesante riffing forte di una batteria rapidissima, sovrastato dalla voce maligna. Con lo spegnersi di quest'ultima segue una breve pausa, prima del sopraggiungere di un riff rimbombante e frammentato, che diviene poi una marcia aggressiva e spavalda, sorretta da un blast-beat fenomenale. Il riffing domina il pezzo col suo incedere maestoso, tra una batteria chirurgica e potenti cori di chitarre, fino ad arrivare a un assolo breve ma intenso, con sfumature blues, per poi riprendere la sua avanzata. Questo muro sonoro vede la sua integrità spezzata da un urlo belluino, e la musica subisce una progressiva accelerazione, poi quietata dalla chitarra solista, che la riporta nella brutalità delle ultime strofe. Anche in questo brano si percepisce il ristagno della società odierna, dove "I figli della Tecnocrazia invocano spiriti sintetici / Croci di plastica soffocano colli esalanti". L'umanità è un amalgama di tacita omologazione, aiutata da dogmi che tracciano linee troppo nette, soffocando la libertà, confondendo e instupidendo le masse. Queste stesse masse si scontrano poi tra loro, quando le linee che le dividono -linee inesistenti, effimere ed inutili- sembrano diventare voragini divisorie, e tali scontri sfociano in un delirio inconcludente, rendendo il futuro un'eventualità incerta: "MAAT! (dea egizia dell'ordine cosmico) / Io lancio i dadi, ma il velo del futuro è ancora chiuso ermeticamente". Ironicamente, né uno schieramento né l'altro vedono la specularità del loro agire, che definisce il loro rapporto; non si rendono conto che quelle linee non esistono, e che con uno sforzo potrebbero eliminarle: la soluzione è il principio di auto-conoscenza proprio di Thelema (in greco "Volontà"), che si lega al tema del Gnothi Seautón, in Greco Antico "Conosci te stesso". In base a tale principio, l'essere umano trova la Saggezza scoprendo e accettando la propria anima, scavando dentro sè stesso alla ricerca della propria identità. Aldilà di differenze, concetti e preconcetti, influenze esterne e inquadramenti sociali, la consapevolezza di noi stessi fa sì che si rafforzi l'empatia, la consapevolezza degli altri in quanto nostri simili, l'unica vera via per la libertà.
Satan's Sword (I Have Become)
E ora si torna indietro nel tempo, fino a Pandemonic Incantations, dal quale riecheggia "Satan's Sword (I Have Become)". Un rapidissimo riffing esplode con violenza indicibile e muta leggermente con l'entrata della voce, proseguendo fino alla fine della prima strofa; a questo punto si ha un breve break strumentale, che carica la strofa successiva prima di rientrare nel binario del main riff, che prosegue fino alla fine della strofa, dove nuovamente si interrompe momentaneamente per poi essere caricato da un altro break. Lo schematismo della struttura delle ritmiche rimane quindi invariata fino al finale, dove il ritmo rallenta in una musica dall'incedere cadenzato e maestoso, un outro che chiude il pezzo con baldanzosa potenza. Il testo tratta dell'Esbat, un festino dalla connotazione sessuale, una tradizione antichissima legata ai culti lunari pagani, che la Chiesa ha furbescamente condannato come un raduno di adoratori del demonio. In risposta a tale falsità, il testo si pone in antitesi a quelli che sono i rituali più importanti del Cristianesimo: "Celebriamo pertanto l'antitesi dell'Eucaristia / Con il gesto sacerdotale ci dai il benvenuto / Io sono la soglia della vostra trance". Viene così evocato il "Ramingo, perpetuo e inquieto / Padrone, ugualmente orribile e meraviglioso". Così, nel calore dei corpi e del fuoco, le menti inebriate si uniscono in un flusso unico: "Il mondo reale o la visione immaginaria / Ancora percepibili per i miei pensieri confusi / Nulla avrà più lo stesso sapore... / Ti attendo, per infilzare questo Mondo nel suo cuore". Il termine Esbat è stato coniato da Margaret Murray, eminente egittologa e profonda conoscitrice e studiosa delle culture arcaiche e delle religioni pagane europee, che ha analizzato approfonditamente fino a giungere alla presunta riscoperta di una religione precristiana rimasta nascosta per secoli. Questo culto sincretico sarebbe stato una commistione di tutti i culti preesistenti, portati a unirsi e a fondersi in un unico credo a causa della persecuzione da parte del Cristianesimo; tale teoria è stata smentita in seguito, ma i suoi studi hanno enormemente influenzato la nascita della religione Wicca e del neopaganesimo in generale.
From Pagan Wastelands
È ora il momento di "From Pagan Wastelands", traccia proveniente da Sventevith (Storming Near the Baltic), incredibilmente epica, che assale con ritmi da cardiopalma scanditi dal frenetico blast-beat. D'improvviso si arriva a un brusco cambio, con note più lente e cariche che prendono il sopravvento, in una parte ritmica che enfatizza l'abilità della batteria (e da essa viene enfatizzata). Ed è sempre la batteria a dettare il cambiamento, con un'istantanea accelerazione che la porta su ritmi veloci e serratissimi, laddove il resto degli strumenti procede senza variazioni. Si ha poi un ulteriore e liberatorio cambio di ritmo, che funge da valvola di sfogo, dissipando la tensione accumulata dal brano con sostenuti accordi delle chitarre, mentre la batteria si fa meno frenetica, prima di un outro che culmina con un attimo di ragionato caos strumentale. Il testo è un manifesto dell'iniziale adesione dei polacchi al Black Metal più classico, con riferimenti alle culture slave e alla loro lunga lotta contro il cristianesimo (fervente e radicato in Polonia). Viene celebrata un'alleanza di popoli Slavi ("persone sotto il segno della mezza luna") che marciano uniti per distruggere la Chiesa, vista come una piaga che ha infettato l'umanità ("Per distruggere le mura dorate del Paradiso Terrestre / Per soffocare la pestilenza"). Vengono evocate armate "Dall'Oblio / Dal Fuoco e dall'Acqua / Dalle sacre foreste / Antichi Lupi si radunano / Dalla bruciata Arkona / ? Dalle vaste terre Pagane!". Arkona era un luogo sacro, una fortezza-tempio del popolo dei Rani dedicata a Sventevith (dio della guerra e dei pascoli) nonchè sede di un importantissimo oracolo. Nel 1168 venne conquistata dagli invasori danesi guidati da Absalon, vescovo di Roskilde, che fece divorare la città dalle fiamme, in un triste preludio della cristianizzazione forzata della regione.
Driven by the Five-Winged Star
Da Pandemonic Incantations viene presa la fantastica "Driven by the Five-Winged Star", aperta da un sinistro arpeggiare, lento e raffinato, subito seguito da una rapidissima batteria. Dopo un breve assolo, la voce si inserisce nel pezzo e segue il flusso etereo delle chitarre, che si arricchisce di un breve e melodico assolo verso la metà. L'ultima strofa vede invece una velocizzazione del ritmo, con l'introduzione di un riffing compatto che sostiene la voce, prima di un epico assolo di chiusura. Il testo dalle tematiche orgiastiche è rivolto a Babilonia la Grande, definita "Sorella del Peccato", simbolo di lussuria, desiderio, vita. Chi accetta la propria essenza di creatura vivente e abbraccia la bellezza della Vita e dei doni che essa offre, sarà libero da qualsiasi ridicola gabbia di castità e ignoranza, e potrà godere appieno di piaceri limitati solo dalla sua immaginazione. "Nascondiamo i nostri segreti dannatamente in profondità / Ed essi sono la chiave per la gloria sempiterna / Per l'armonia di corpo e anima / Immortalità, estasi spirituale e diavoleria". Per seguire tale Via bisogna affidarsi alla natura della Stella a Cinque Punte, un simbolo antichissimo (ovviamente associato al diavolo da parte dei cristiani), è in origine legato al culto della dea Venere, simbolo di forza, bellezza e sessualità mistica. I suoi significati sono diversi, a cominciare dal movimento del pianeta Venere stesso, che durante l'anno si muove nel cielo come a formare un pentacolo, ma il più importante è quello che vede nel pentacolo la rappresentazione dei processi che regolano il Cosmo: in questa figura si celano infatti sia il macrocosmo che il microcosmo, combinando in un solo segno tutta la Creazione. Le cinque punte rappresentano i cinque elementi di Acqua, Aria, Terra, Fuoco e Spirito, forze motrici dell'Universo fisico e metafisico; i processi cosmici cominciano con l'elemento dello Spirito, fonte dell'esistenza e Divinità, scendendo verso la punta in basso a destra e arrivando all'Acqua, fonte e sostentatrice della vita, risalendo poi in alto a sinistra verso l'Aria, simbolo degli esseri capaci di autocoscienza e di auto-organizzazione, che li porta a procedere orizzontalmente verso destra, dove si ha il culmine massimo raggiungibile dalla loro esistenza, rappresentato dalla Terra, in un cammino che li porta a evolversi partendo dalla loro originaria innocenza. Quando l'esistenza giunge al suo culmine, si hanno delle ricadute, sopratutto spirituali, in una caduta graduale, non a picco, che porta in basso a sinistra, al Fuoco, simbolo di distruzione, ma anche di speranza, poiché dalle ceneri di un mondo ne può nascere uno nuovo, migliore, che riparte dalla punta centrale, la Spiritualità. È un processo di rinascita, sviluppo e morte continuo, che si ripete in eterno (non a caso il pentacolo è spesso inscritto in un cerchio o in Ouroboros, il serpente che si morde la coda, simbolo di eternità). Questo si lega alla nostra vita, all'Universo e alla Storia, in un parallelismo che vede il suo punto focale nella linea orizzontale che unisce Aria e Terra, una linea che accresce di volta in volta la sua lunghezza (la durata di una civiltà, il suo grado di avanzamento, l'aumento dell'aspettativa di vita degli esseri umani), espandendo gradualmente il pentacolo come l'Universo stesso. Inoltre si hanno le tre punte superiori che rappresentano la Divinità trina, un fatto comune a innumerevoli religioni, mentre le punte inferiori rappresentano il principio di nascita e morte legato alla Divinità.
The Entrance to the Spheres of Mars
Sempre da Pandemonic Incantations, ecco ora "The Entrance to the Spheres of Mars", con il suo Black feroce. La musica è in generale molto melodica, e valorizzata a intervalli da inserti più maligni. A partire dalla fine della seconda strofa il pezzo assume una cadenza più violenta, che sfocia in un break bruciante, con il susseguirsi di diverse melodie prima dell'assolo, sorretto da una velocissima batteria, al termine del quale ritorna il solenne riff principaleAll'improvviso, il pezzo esce bruscamente dai binari del lento outro, con un'accelerazione brutale che fa esplodere "Starspawn", epica traccia dell'album Satanica. Le chitarre rasoianti si innestano su una base creata da una batteria chirurgica, in un incedere energico che viene poi spezzato dalla voce, mutando in accordi feroci. La musica si fa più rapida, finche uno stop della voce non porta a un rallentamento delle chitarre, mentre la batteria si lancia in un micidiale lavoro di doppia cassa, creando un break strumentale. Ma presto i ritmi si serrano nuovamente, per un'ultima carica che culmina in un bellissimo assolo. Il testo del primo brano è un canto di ribellione, un'incrollabile presa di posizione da parte del Caduto, Lucifero, che afferma: "Libertà - dissi / E alba e tramonto / Scesero sulla mia vita / Trasformazioni e metamorfosi / È ciò che ho provato laggiù, a Sud del Paradiso". Espulso dal Paradiso, mutilato e umiliato, egli decide di non cedere, di non nascondersi e umiliarsi, e come un nuovo dio della guerra egli si rialza dalle ceneri di quello che era: "Ogni peccato - Un mio soldato / Un demone della cavalleria forte di diverse migliaia / Non sono figlio di Dio, ma di un milione di stelle / Laddove ognuna di esse rappresenta una diversa umana debolezza", è guerra aperta e senza quartiere. La seconda traccia presenta la genesi di un'entità, che per la prima volta apre gli occhi, dissetandoli con l'avvolgente fulgore dei miliardi di astri che fluttuano nell'Universo. Questa coscienza si risveglia da uno stato di oscurità sognante, e per la prima volta si rende conto di essere unico, ma non solo: "E tutti divennero stelle / I miei fratelli e le mie sorelle, in un'estasi cosmica / Essi erano milioni di peccati e virtù / E tutto, l'intera ricchezza della mia vita / Che non ha né inizio né fine / Io potrei donare". L'essere è conscio della propria onnipotenza, ma essa per lui rappresenta la normalità, ed è con animo leggero che abbraccia con lo sguardo l'Universo circostante, mentre descrive la propria natura, cantando in coro con gli astri pulsanti: "Potremmo fare l'amore con stelle innumerevoli / Con la nostra piccola mano abbracciare il mondo / Imparare e dimenticare, essere generato e morire / Esistere per sempre, solo più potente e assoluto / Io sono SOLARIS / Universo e Unicità / Il Nulla e il Caos, io sono". Solaris è un super-uomo thelemico: una sorta (e il paragone calza) di Superman ante litteram, le cui vicende vengono descritte da Crowley in dieci capitoli, nel quale si espongono i suoi dilemmi, la sua umanità, il tema del tempo e del karma, uniti a nozioni yogi e traendo spunto persino dal misticismo Lakota (una tribù di nativi americani che faceva parte della nazione Sioux).
Carnage
"Carnage" è invece una cover dei Mayhem, tratta dalla prima demo del gruppo norvegese: Pure Fucking Armageddon. Il brano si apre con il sordo risuonare di basse note minacciose scandite da secchi rintocchi di batteria, che trasmettono la ferocia di una bestia, legata con catene troppo deboli per contenere la sua furia. Presto i ritmi si velocizzano vertiginosamente, mutando in un rapidissimo riff. Questo granitico e ossessivo muro di suono è composto dall'incrociarsi di pochi e violenti accordi, sorretti da raffiche di batteria. La traccia cambia sotto la guida di secche sferzate sui piatti, portando un blast-beat che si lancia in un energico galoppo. Con lo spegnersi della voce, sulla musica cala un attimo di quiete, prima del risollevarsi degli strumenti, che si lanciano in un lavoro preciso e cadenzato. Parte infine un repentino brulicare di note, in una melodia basilare ma annichilente, che opprime sotto una raffica di ossessive strofe ringhianti, presto sostituite da un coro di chitarre che compone un outro maestoso e sinistro. Il testo è di una basilarità estraniante, un ammasso di (poche) feroci parole che si incrociano tra loro, cosa che se da un lato lo rende più grottesco e ne accentua la natura brutale, dall'altro lo fa risultare quasi infantile, specie dovendolo rapportare alla ricchezza contenutistica degli altri brani.
Chant for Eschaton 2000
Ed ecco che arriva la traccia più significativa del concerto: "Chant for ???????? 2000". Il brano, contenuto nell'album Satanica, viene aperto sul palco dal riecheggiare di cupi timpani, presto coperti da una sequenza di distorsioni folli della chitarra, che con acuti ululati apre le danze, con la musica che si arricchisce via via di tutti gli strumenti, in una melodia lenta e carica di un male incombente, un'energia nereggiante che si raddensa in un cupo miasma. Il pezzo si velocizza e il riffing mantiene una formula invariata e schematica, che tuttavia risulta troppo ben ideata per stancare, essendo una melodia viscerale vibrante di un eco primordiale, che prosegue invariata finchè sul finale si impone un ritmo più lento e cadenzato, che viaggia su lenti cori di note più basse e magniloquenti. Il testo è ispirato alla figura dell'occultista e artista Austin Osman Spare, figura emblematica e creatore del Zos Kia Cultus, un personale stile di magia caratterizzato da un particolare uso dei sigilli, che rifletteva la natura selvaggia di Spare, iconoclasta e restio a farsi coinvolgere nello schematismo della magia cerimoniale. Spesso menzionava il suo spirito guida, l'Aquila Nera, che gli appariva sotto le vesti di un vecchio nativo americano. "Vola! Vola alta, mia Aquila Nera / Lascia che fili d'oro leghino i nostri occhi / Possa il sangue unire le nostre menti e i nostri cuori": l'aquila è un animale totemico, che l'uomo invoca al fine di entrare in comunione con la natura, di superare la sua condizione mortale. Con la forza di questo legame vuole recidere ogni imposizione, ogni legame che lo tiene ancorato al terreno, per sollevarsi e volare, bearsi della libertà più assoluta, lontano da imposizioni e padrone del proprio destino: "Gira! Gira in tondo mia Aquila Nera / Lascia che le nostre menti siano toccate dal piacere assoluto / E che le passione della caccia divori tutto il resto". Tale unione, così veementemente anelata, infine avviene, e mentre le nere ali si spalancano ad oscurare il cielo, si solleva un estatico canto di vittoria: "Spirito di Libertà! Eterna Viandante! Gioiosa Solitudine! / Lascia che il mondo della Realtà e quello della Fantasia si fondano! / Io sono te e tu sei me!".
Pure Evil and Hate
Per chiudere le danze vi è un ritorno alle origini, con "Pure Evil and Hate", pezzo tratto da ..And the Forests Dream Eternally, primo EP dei polacchi risalente al 1994. La traccia presenta una notevole influenza di stampo Motörhead, con degli epici ritmi Speed dai riverberi Rock, raffiche di note rapidissime e coinvolgenti, in una traccia che vede il suo fulcro nel lavoro incessante della batteria. I frenetici riff si aprono in un epico coro di accordi aperti, avvolgenti, con le chitarre che rallentano laddove la batteria mantiene stabile il suo forsennato bombardamento, prima di un cambio di riff che introduce l'assolo al fulmicotone, dopo il quale le chitarre si spengono in favore di un outro ritmico che vede spegnersi prima il basso e poi la batteria. Il testo, ben lontano dalla complessità di quelli che l'hanno preceduto (in realtà seguito, almeno a livello temporale), è un'opera nel più classico stile Black, e presenta un feroce attacco alla Chiesa (un nemico che ispira "Puro Male e Odio") inserito in un contesto che si rifà alle antiche leggende nordiche: "Nella notte del Sacrificio della Luna Piena / Ci riuniamo con il canto dei tamburi di guerra / Una luna congelata apre le Porte del Paradiso / Le nostre spade sono levate al cielo". Questo esercito pagano si lancia in caccia: "Laddove risieda l'angelo, noi lo bruceremo / Muteremo in odio il divino fiore dell'amore / Diffonderemo ovunque idee lussuriose / I nostri fratelli pagani sodomizzeranno la carne di Cristo". Il testo rende evidente lo stadio germinale della band nel momento della sua creazione, essendo il prodotto omologato di forti influenze esterne, quindi del tutto privo di qualsiasi personalità o tanto meno originalità; tuttavia, il sound grintoso e piacevolmente catchy del brano riesce a controbilanciare bene l'insipidità delle liriche, facendo risultare così un brano breve e d'impatto.
Conclusioni
Tirando le somme, ci troviamo di fronte a un ottimo lavoro, un bell'intrattenimento che riassume parte delle radici e del primo sviluppo della band, prima del successivo Thelema.6, che rappresenta il vero saluto dei Behemoth al nuovo millennio. Tuttavia, quest'opera soffre concettualmente di un "problema" simile a quello di Live Undead, live-album degli Slayer datato 1984, vale a dire: a che pro fare un concerto solo per il fine di registrarlo? La risposta è nel video, che permette di vedere i Behemoth dominare il palco con la loro presenza, mentre suonano come se avessero di fronte una platea sterminata. Inutile dirlo, dinnanzi a cotanta bestialità dobbiamo letteralmente toglierci il cappello e solamente bearci di quanto stiamo effettivamente ascoltando. Un disco che suona vero, sincero, diretto da inizio a fine. Un terzetto di giovanissimi già allora capaci di mettere a ferro e fuoco un palcoscenico, dando tutto quello di cui erano letteralmente capaci. Ed anche di più. Visto e considerato il fatto che i tempi migliori e decisamente più propizi erano ancora da vedersi in maniera nitida (nel momento, diciamo già che s'erano già chiaramente scorti), è giusto spendere parole d'elogio per un disco come questo. Un live nel vero senso della parola, in grado di mostrarci i Behemoth in maniera nuda e cruda. Senza filtri od artifici che troppe volte seppelliscono la vera essenza di una band, disperdendo la genuinità dietro un mare di ritocchi postumi. Non per questo, però, la produzione risulta grezza o poco curata: tutto è ben calibrato e dosato al punto giusto, senza mai far correre il rischio alle tracce di rimanere invischiate nella "plasticosità" tipica di alcune produzioni forse troppo rimaneggiate. La resa finale è ottima, il pathos c'è, e nonostante qualche piccolo inciampo durante lo svolgimento, i pezzi sono comunque portati avanti in maniera sicura ed eseguiti con verve e sentimento, mentre il gruppo (al tempo ancora vestito di t-shirt e pantaloni di pelle, con l'unica aggiunta di schinieri borchiati) si dimena con foga tra fumi e luci rossastre, che donano un'atmosfera infernale al tutto. Essendo una raccolta non gli si può applicare un metro "standard", ma se vogliamo considerarlo come un "esame" con il quale la band mostra le sue capacità on-stage, allora è passato a pieni voti, viste l'energia e la passione che i quattro ragazzi riescono a dimostrare. Inoltre, ci regala l'opportunità di ascoltare con maggior attenzione pezzi provenienti da dischi come Sventevith.. e ..And the Forests.., che per quanto di buona qualità, soffrono fin dalla loro genesi di una produzione molto scarsa, per non dire quasi assente, e quindi ritrovano qui nuova vita e nuova forma. Per concludere: Live Eschaton è un lavoro che, se pure ben fatto e ben confezionato, non cerca solo di intrattenere, ma lascia anche un senso d'attesa; il concetto stesso dell'album è quello di fungere da avvertimento e da punto di non ritorno, e i polacchi sono partiti alla carica: il bersaglio è in vista, la belva snuda già le zanne. Il concetto di Eschaton come "Estremo" è stato seguito in maniera esemplare, e i Behemoth, oramai identificatisi in una vera e propria Apocalisse, con questo monito maligno ci stanno avvertendo che il loro avvento è prossimo.
2) LAM
3) Satan's Sword (I Have Become)
4) From Pagan Wastelands
5) Driven by the Five-Winged Star
6) The Entrance to the Spheres of Mars
7) Carnage
8) Chant for Eschaton 2000
9) Pure Evil and Hate