BATHORY

The Return......

1985 - Black Mark Production

A CURA DI
ALBERTO COSTA
14/10/2016
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Siamo nel 1985, ossia l'anno che viene riconosciuto  - alla quasi unanimità - come quello in cui la scena Metal mondiale (intesa in tutti i suoi sottogeneri allora codificati) ha raggiunto il massimo splendore ed il numero maggiore di appassionati. In un clima del genere, dove i grandi gruppi come Iron Maiden, Metallica, Judas Priest e Slayer erano impegnati nel supportare i loro più grandi successi discografici con tour mondiali infiniti, in Svezia, in un garage di Stoccolma, un'ombra ricominciò a scuotersi. Ad un anno di distanza dalla pubblicazione dello storico, leggendario album di debutto "Bathory", l'omonimo progetto guidato dall'unico membro fisso Thomas "Quorthon" Forsberg, portante il cognome della contessa serial killer più famosa d'Europa, ovvero Erszebet Bathory, tornò a far parlare di sé. Un discorso che continuava imperterrito, grazie all'esordio pocanzi citato, il quale lanciò (senza che lo stesso Thomas lo volesse più di molto) un'autentica "maledizione" su più o meno tutta l'Europa. Di lì a poco, infatti, "Bathory" (assieme ad un certo "To Mega Therion") avrebbe conquistato il cuore di centinaia di appassionati, portando personaggi come Euronymous e Varg Vikernes ad imbracciare i propri strumenti. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia. Quella che ci apprestiamo a continuare, invece, è sempre quella del giovane Quorthon, all'epoca ancora un ragazzo di belle speranze, arrabbiato ed anticonformista, amante del Punk quanto del Metal. Provocazioni da una parte, velocità ed attitudine selvaggia dall'altra: un miscuglio letale che contraddistinse la proposta dei Bathory anche nel loro secondo capitolo discografico, ovvero "The Return??". Ad onor del vero, il titolo completo dell'album sarebbe "The Return of Darkness and Evil". Una scelta stilistica, quella di non adoperare sin da subito il titolo completo; ed anzi, renderlo orfano del suo continuo. Spiegò così Thomas, riguardo alla vicenda: "Volevamo che la gente legesse il titolo del disco.. e che poi lo voltasse, in cerca di una tracklist inesistente! Tutto quel che avrebbe trovato, infatti, sarebbe stato questo poema apocalittico, composto dai titoli dei vari brani. Solo dopo aver sentito per intero tutto l'album, avrebbero scoperto e compreso tutto il titolo: IL RITORNO DELL'OSCURITA' E DEL MALE!". Una scelta senza dubbio particolare, quella di omettere la tracklist e di sostituirla con un poema maledetto, recante comunque i titoli dei brani. Un evidente richiamo all'attitudine, ai temi trattati e al suono malvagi che avevano reso il precedente "Bathory" un disco così criticato ed evitato da una grossa fetta del pubblico metal, ma altrettanto amato dai seguaci del nascente "Metal Estremo". Il legame tra i primi due lavori di Quorthon è dunque strettissimo, ed oltre alle sonorità pressochè uguali, lo conferma un ulteriore dettaglio: sul retro dell'edizione in vinile del primo disco, infatti, inserite in un grosso pentacolo (giallo nella prima stampa, bianco in seguito) le canzoni erano divise in due "Sides" denominati appunto Darkness e Evil, Oscurità e Male. Mai un ritorno fu più esplicito, dunque, fungendo da vera e propria conferma della precedente dichiarazione d'intenti. Le interviste e le fotografie rilasciate e mostrate da Quorthon a riviste e fans dell'epoca mostrano poi quanto il giovane Forsberg, ai tempi appena maggiorenne, continuasse a seguire la sua passione per horror, occultismo e satanismo; infatti, il Nostro era spesso ritratto in pose macabre, accompagnate dalla presenza di ossa, teschi, fiamme, pentacoli o croci rovesciate. Il tutto, compiuto nell'atto di indossare quasi unicamente bracciali e gambali di pelle, pieni di borchie anche incredibilmente lunghe e sporgenti (simili agli accessori già sfoggiati da band come Deicide e Slayer durante i loro primi anni di carriera). Questo "stile" ispirato, per quanto riguarda il vestiario, a ciò che introdussero Rob Halford e Glenn Tipton dei Judas Priest a partire dal 1978, era molto in voga tra i giovani artisti Speed\ Thrash metal, i quali, però ne adottarono una versione ancora più estrema. Infatti, anche gli svizzeri Celtic Frost, i tedeschi Sodom, i britannici Venom ed i brasiliani Sarcofago e Sepultura erano soliti apparire nelle foto dei booklet allegati ai dischi con in mano croci rovesciate o teschi umani, mentre vestivano quasi interamente coperti di borchie. Oltre al sound, questa attitudine "visiva" fu un altro elemento che, in seguito, negli anni novanta, portò a definire i Bathory (come tutti gli artisti citati poc'anzi) parte della prima cosiddetta ondata di "Black Metal". La seconda, più conosciuta e principale ondata di Black Metal, esplose invece Scandinavia nei primissimi anni dell'ultima decade del "900. Insomma, anche i Bathory stavano iniziando a dire la loro in un ambito di certo affollato, ma che nulla aveva in serbo per contrastare l'ascesa dei diavoli svedesi. I quali, comunque, volevano affermare ad ogni costo la propria originalità, senza mai scadere nella "derivazione". Restio a paragoni e rimandi, in un'intervista rilasciata da Quorthon, nuovamente per lo "Slayer Magazine" di Jon "Metalion" Kristiansen, Forsberg negò ancora una volta di aver preso ispirazione dai Venom per i suoi dischi, soprattutto per ciò che riguardava "The Return??". Stavolta la domanda fu più specifica, riferendosi al cantato di Cronos come possibile punto di partenza su cui poi Quorthon avrebbe di fatto impostato le sue linee vocali. Il Nostro affermò invece che all'inizio era solito cantare in maniera quasi "normale", salvo poi aggiungere: "Then I tried to sing through the guitar pick-up  once and, shit, that really did sound cool! So I picked up the whole thing . Starting screaming and growling like a beast - Poi, una volta ho provato a cantare attraverso il pick up della chitarra e, cazzo! Quello si che suonava benissimo! Così ho iniziato a urlare e ruggire come una bestia.". Il creatore del progetto Bathory, poi, si rifiutò di rivelare a Metalion se qualcuno avesse o meno collaborato con lui nel comporre e nel registrare il materiale presente su "The Return...... ". Quorthon, infatti, non voleva che l'aura di mistero e anonimato aleggiante sugli effettivi membri della band sparisse, essendo quest'ultima un punto di foza non indifferente, per la reputazione "dannata" del gruppo. Tuttavia, stando ai credits ufficiali, questo disco dovrebbe almeno sulla carta confermare la presenza di Stefan Larsson alla batteria; mentre, al basso, troviamo (oltre che lo stesso Thomas, in aggiunta) la new entry Andreas Johansson. Il lavoro "dietro le quinte" (produzione ecc.), invece, venne sempre svolto dalla "Black Mark Production". Sempre citando stralci di interviste dell'epoca, quando poi venne chiesto al frontman die Bathory perchè suonasse un metal di tal genere, per quegli anni, estremo, Quorthon rispose sostenendo di essere capace di comporre qualsiasi tipo di musica, dalle ballad al pop: affermò, contemporaneamente, che per il progetto Bathory amava tuttavia scrivere e suonare "This Evil Shit", letteralmente "questa merda maligna". Non è la prima volta che Thomas Forsberg definisce i suoi  lavori paragonandoli ad escrementi; forse, anzi sicuramente, molti critici dell'epoca erano davvero convinti che le sue affermazioni fossero veritiere. Ma, ascoltando questo disco trentun'anni dopo la sua uscita, posso assicurare che presenta un solo difetto evidente: é in mezzo a due album per i quali l'aggettivo "Storici" parrebbe quasi un insulto. Il primo, seminale full-lenght: "Bathory", in breve l'ambasciatore  del male espresso in musica, uscito nel 1984. Ed il secondo, "Under the Sign of Black Mark", datato 1987, l'album più distruttivo, devastante e musicalmente pesante concepito in quegli anni, insieme a "Deathcrush" dei norvegesi Mayhem, uscito lo stesso anno, il primo vero esempio di quello che sarebbe diventato, nel giro di circa tre anni, il Black Metal. A differenza del suo predecessore, per il quale Quorthon afferma di aver solamente  suonato quello che aveva in mente e messo in ordine le tracce prima della pubblicazione,  "The Return of Darkness and Evil" può vantare addirittura "un paio di giorni di mixaggio", stando alle parole dello stesso frontman. Invariato, invece, il trend della "doppia copertina". Mentre la prima stampa può vantare il nome del gruppo ed il titolo in bianco, le successive riportano le scritte nell'amato color oro. Il concept grafico, invece, rimane lo stesso: fitte nuvole e banchi di nebbia, avvolgenti una fioca luna. Fatte le dovute premesse, proseguiamo ora con l'analisi di questo "The Return??" nello specifico.

Revelations of Doom

Abbiamo quindi la prima traccia, "Revelations of Doom (Rivelazioni del destino)". Il disco si apre con una cupa vibrazione, ritmata: il termine di paragone che più gli si avvicina è il passo del Tyrannosaurus Rex nel film di Steven Spielberg "Jurassic Park" (1993).. ma non è quella la sua origine, perchè la pellicola all'epoca non era ancora stata girata o concepita. Subito dopo fanno la loro comparsa delle grida senza senso, come quelle di un'anima dannata. Una chitarra distorta che pare lamentarsi ed il basso suono di un corno misto a qualche interferenza, tutto un insieme di espedienti che contribuiscono a creare un'atmosfera decisamente inquietante. Dopo questa allucinante premessa arriva quindi il momento di "Total Destruction (Distruzione Totale)". Un riff semplice, con pochissime variazioni, riempie, da solo i primi nove secondi di questa traccia, prima di essere raggiunto da una batteria quanto mai affilata e potente. La voce di Quorthon si presenta esattamente, come nel primo disco, ad una sorta di scream primordiale, un urlo di rabbia che infiamma la gola del giovane svedese. Questa è una canzone che avrebbe potuto benissimo essere parte del primo album dei Bathory: i primi due lavori del progetto guidato da Forsberg sono infatti molto simili, l'unica differenza è dovuta a quel "paio di giorni di mixaggio" che hanno reso possibile la creazione di suoni più compatti, più pieni, un po' meno grezzi per quanto riguarda soprattutto la chitarra. Verso metà canzone, la batteria ha un cambio di ritmo, ed a "pagarne le conseguenze" sono i piatti; i quali, per una decina di secondi, sono oggetto di maltrattamenti e sadismo. Dopodichè il pezzo subisce un rallentamento, ma questa calma apparente dura poco, perchè dopo un versaccio gutturale che richiama un po' il celebre "UH" di Tom G. Warrior dei Celtic Frost (altra band che Quorthon ha dichiarato di non sopportare, ma che evidentemente invece aveva sentito e non certo per errore), la batteria riprende il ritmo iniziale e, dopo le ultime urla inneggianti la fine del mondo, la traccia termina. "Il tempo è giunto, la fine è vicina, la quiete regna in questa notte senza nuvole. L'Armageddon è Qui! Guai a voi, Terra e Mare.. distruzione totale"; versi che ci fanno ben comprendere quando l'apparato lirico generale non sia cambiato poi di molto dal precedente lavoro. Una macabra poesia che descrive una fine del mondo, scandita da continui proclami di morte e dolore. Il tema portante del brano è, dunque e senza ombra di dubbio, quello apocalittico. Già ampiamente esplorato da Quorthon nel suo primo lavoro, e quindi decisamente esercitanti un ascendente non di poco, sul musicista svedese. Come ulteriore riprova di ciò giungono rapidi i due versi che precedono il primo ritornello, i quali sono gli stessi estratti direttamente dall'Apocalisse di San Giovanni. Quelli con cui inizia l'introduzione parlata di "The Number of The Beast", album di grande successo degli inglesi Iron Maiden, uscito nel 1982, per intenderci.

Born for Burning

Si prosegue con "Born for Burning (Nata per bruciare)". Un possente riff di chiara forgia Thrash metal dà il via a quello che forse è il pezzo più conosciuto del disco, fra i più apprezzati di sempre all'interno del vasto repertorio made in Bathory. Con questo mid tempo, Quorthon ci presenta la figura di una strega condannata al rogo e racconta di come lei non abbia paura del fuoco, pare anzi quasi accogliere con gioia la sua condanna. Sia per la sezione ritmica che per il tema trattato, questa canzone dei Bathory viene affiancata a brani come "Don't Burn the Witch" o "Welcome To Hell" dei Venom, pezzi facenti parte rispettivamente del secondo disco della band inglese, intitolato "Black Metal", e del primo ("Welcome to Hell" appunto) . In un' intervista successiva all'uscita di "The Return...", Quorthon confessò per la prima volta di avere un debole esattamente per "Black Metal", ma continuò strenuamente a sostenere quanto le sue uniche influenze fossero state i Motorhead ed il Punk dei Sex Pistols. Bisogna dire che è abbastanza normale, comunque, trovare somiglianze nello stile delle canzoni e nelle tematiche trattate, perchè a metà anni ottanta c'erano tre bands che oggi definiamo storiche, le quali stavano gettando le basi per la nascita di quello che sarebbe poi stato chiamato  "Black Metal": i Bathory, i Venom e gli Hellhammer/Celtic Frost. Quando tre prolifiche formazioni suonano in modo molto simile, trattando gli stessi argomenti, è abbastanza consueto che si incontrino riffs o testi "rimandanti a". I temi oscuri, i suoni sporchi e le produzioni povere da loro impiegati, ispirarono successivamente numerosi nuovi gruppi che, provando ad imitarne le sonorità, diedero il via a nuovi generi. In un primo momento, tutta questa musica "estrema" venne catalogata sotto il termine Death Metal, anche grazie all'enorme impatto che ebbe l'album "Scream Bloody Gore" uscito nel 1987, parto degli statunitensi Death, da cui si dice abbia preso nome il genere. Intorno al 1990, poi, un giovane di nome Oystein Aarseth diede un nome all'altra corrente estrema che stava scuotendo l'Europa: il Black Metal. Infatti, nel negozio di Oslo dove nacque questo movimento, le tre bands sopracitate erano venerate come divinità, forse proprio i Bathory erano i più osannati dai componenti della scena. Tornando prettamente alla parte musicale del brano, notiamo come questo richiami effettivamente ed a gran voce i Venom, come già detto. Un riff di chiara forgia Punk/Metal dà infatti l'avvio alle danze, in maniera certo aggressiva ma non spedita o sguaiata. Un lavoro di chitarra controllato ed incalzante, sostenuto da una ritmica giusta e precisa. Decisamente interessante il cantato bestiale e sguaiato di Quorthon, il quale urla letteralmente il suo disprezzo per il mondo, a pieni polmoni, biasciando come un demone dalla bocca impastata dal sangue e dalla saliva. "Rallentamento" solamente in occasione del refrain, quando si entra in una parentesi scandita da tempi dilatati e meglio spalmati. Un pezzo che continua dunque in questo modo, sino ad arrivare al minuto 4:15. Torna il rallentamento che già abbiamo udito, con la strumentazione al completo che procede ormai quasi a passo di Doom. Vaghe eco Sabbathiane echeggiano nell'aere, sino a che il pezzo decide di essere chiuso da una scalpitante doppia cassa sorretta da un rullo di piatti, andando sfumando sino alla fine definitiva. Come dicevamo, il testo presenta ancora una volta un immaginario legato al mondo del male, del diavolo. Una figura femminile, probabilmente una strega, risulta essere la protagonista assoluta. Una donna sensuale, ammaliante, in grado di provocare gli uomini sino ad accendere in loro i desideri più carnali. Una femmina da possedere, la quale risulta comunque dominatrice e mai dominata. Il suo è il bacio del serpente, è la lingua velenosa della vipera. Avvolta dalle fiamme dell'inferno, vuole consumare le nostre membra all'unisono con le sue. Non ci è ben chiaro se il verso "lei brucerà, questa notte" si riferisca al fatto che sia stata condannata al rogo, o magari che abbia come unica intenzione quella di ardere per il piacere. Sta di fatto che le lingue di fuoco sono il suo habitat naturale, che i piaceri più fisici sono il suo pane quotidiano: una femmina che non si può amare in senso angelico.. ma unicamente prendere e possedere. Come lei stessa brama. Una strega ipnotizzatrice e mesmerizzatrice.

The Winds of Mayhem

Si torna alle origini con la traccia successiva, "The Winds of Mayhem (I Venti del caos)", un brano dominato dalla semplicità generale dell'esecuzione, in puro stile Punk. A dominare, naturalmente, sono anche la velocità ed il ritmo serrato della batteria, con la voce di Forsberg la quale risulta quasi incomprensibile nel mezzo di questo spaccato di cacofonia infernale. Una vera e propria tempesta, un caos infernale, allucinante, sferzato da un vento demoniaco.. da cui però emerge e riesce addirittura a distinguersi il primo assolo degno di nota del disco. Un momento in cui incappiamo presto, sostanzialmente diviso in due parti: la prima dura circa dieci secondi e viene suonata su note squillanti e acute salvo interrompersi per permettere a Quorthon di cantare un'altra strofa; dopo l'ultimo verso di essa viene quindi ripresa la seconda parte, la quale prosegue furiosamente. Anche se, in questo caso, il solismo di Forsberg sembra passare in secondo piano, visto che il frangente risulta coperto parzialmente dalla batteria, avviandosi poi alla conclusione, assieme alla fine della canzone stessa. "In piedi sul ciglio della scogliera, solo nella notte.. i miei capelli svolazzano liberi nel vento. Un freddo mortale, ma il mio desiderio mi teneva caldo. Alzo la testa verso il cielo e inspiro.. Il tempo è giunto"; versi carichi di nera poesia, che dipingono un'immagine assai evocativa e particolare. Quorthon, in una fredda notte, è intento ad osservare l'orizzonte oscuro, posto sul cocuzzolo di una ripida roccia. Le onde, da basso, si infrangono furiose contro le rocce, producendo rumori furiosi e carichi di livore. Lo scenario perfetto per un guerriero delle tenebre, il quale si compiace di questo clima ed aspetta il momento giusto per attaccare. Il freddo gli gela la pelle, ma non gli importa: il Nostro sente e percepisce l'aria tesa e vibrante, instauratasi prima di un conflitto imminente. Una grande foga lo anima, la voglia di distruggere tutto quanto di sacro esista. Presto ci sarà lo scontro finale, egli può scorgere già le prime fiamme nella notte. L'attacco.. l'attacco decisivo al cielo.

Bestial Lust (Bitch)

Una risata sadica e demoniaca introduce l'ultimo pezzo del lato "Darkness", ovvero "Bestial Lust (Bitch) - Lussuria belluina (puttana)". Un altro brano che, come il suo predecessore, avrebbe potuto essere parte del primo, leggendario album della band oggi discussa. Il continuum è infatti dimostrato ancora una volta da diversi elementi combacianti con gli stilemi iniziali: sia le parti di chitarra ritmica che l'assolo sono molto simili a quelle di molti altri pezzi presenti su "Bathory", caratteristiche le quali mostrano uno dei tratti peculiari di questa release. Ovvero, quello di essere in qualche modo un importante appendice, un prolungamento di quel che già era stato. Quorthon non sembra tanto in vena di mostrare le sue qualità di chitarrista solista: i soli che esegue in questa occasione (ed anche nella successiva "Possessed", è il caso di dirlo) sono giocati sulle stesse note, con la stessa distorsione, scombinandone un po' l'ordine o aggiungendone un altro paio in più, giusto per differenziare un po'. Non che questo sia un male, intendiamoci. Se avessimo voluto ricercare virtuosismi e tecnica impeccabile, sicuramente avremmo scelto un altro disco e non un prodotto simile. Il quale, lo ascoltiamo con tutt'altre volontà e piglio. Basta chiudere gli occhi per un paio di secondi, mentre si ascolta una di queste tracce, per vedere materializzarsi nella mente un'enorme e minaccioso caprone colorato di giallo. Il Male. Un'altra traccia che fila via spedita e crudele, senza troppi complimenti. Altro brano, altro testo dal carattere esagerato e grottesco. C'è da dire che, oltre al male in senso lato, Quorthon aveva senza dubbio subito il fascino del corpo femminile.. in quanto, proprio come accaduto nella seconda traccia, anche in queste liriche troviamo il Nostro impegnato in una performance sessuale con una ragazza dai caratteri stregoneschi. Viene definita senza mezzi termini come una "puttana", per il suo modo di concedersi spassionatamente a chiunque, nota per esigere dai suoi amanti il massimo dell'impegno. Il povero Thomas, in alcuni versi, si definisce addirittura "spompato" ed impossibilitato a continuare, nonostante la succuba continui a trascinarlo nella sua spirale di perversione belluina. Una lussuria irrefrenabile, che spinge quindi il protagonista a farsi da fare, per soddisfare la sua lei. Eccoli quindi infuocare la notte, a suon di gemiti, spinte e carni in sfregamento. Anche qui, i parallelismi con i Venom si sprecano; basterebbe pensare, infatti, alla morbosità delle situazioni descritte in "Teacher's Pet" o "Voyeur", per accorgersene.

Possessed

Giungiamo quindi all'apertura del lato "Evil", incappando nella brevissima "Possessed (Posseduto)". Vi prego, ditemi che quello che ho sentito all'inizio di questa traccia è davvero quel fastidioso fischio spesso provocato da un jack che non fa contatto con la chitarra! Poiché, parlando di produzioni squisitamente raw e lo-fi, ci troveremmo dinnanzi ad un espediente di rara rilevanza. Assolutamente detto con la sacrosanta volontà di elogiare quanto appena udito, senza per forza voler cadere in sciocchi sarcasmi o comunque ironie da due soldi. Anche ciò rappresenta quel che fu la prima, vera anima del Black Metal, inutile negarlo. I suoni grezzi e tal volta fastidiosi, l'attitudine DIY (do it yourself), la ricerca della bestialità mediante l'uso di espedienti di fortuna.. tutti elementi che caratterizzano al meglio l'inizio e il proseguo di una traccia breve ma intensissima. A parte i miei entusiasmi da amante delle produzioni poverissime, con suoni e voci che paiono provenire dal fondo dell'imbuto infernale, anche per "Possessed" vale il discorso fatto poco sopra: pezzo corto, veloce e senza pause, tagliato in due da un assolo di chitarra rudimentale ma giusto, incisivo, perfetto per il contesto nel quale è stato composto. Nessuna novità apportata, insomma, un proseguo più che giusto, che mantiene ben saldo il trend al quale ci siamo ormai abituati. "Sento che sto lentamente cambiando.. inizio a perdere la mia strada. L'odio avvelena le mie vene, io sono freddo ed il mio cuore diventa nero. Sono Posseduto". Il testo è ovviamente (ed a dir poco) preda di una furia iconoclasta poco più che adolescenziale, per quanto risulta "elementare" e privo di chissà che spessore. Il tema principale è, nemmeno a dirlo, la possessione demoniaca di cui Thomas si rende vittima. In una notte di luna piena, nel pieno di un sabba, il suo corpo sembra infatti comunicare con un qualcosa di ultraterreno. E' il diavolo, che poco a poco sorge dalle profondità, insinuandosi nel cuore del Nostro. Egli comincia a percepire che qualcosa ormai non va più come deve. Il suo fisico non risponde più ai comandi, non riesce più a muovere un arto e tutto gli appare sotto stravolte prospettive. Sta rinascendo come demone. Curioso ancora una volta notare quanto i primi album dei Bathory siano stracolmi di  referenze e richiami alle opere dei Venom: le prime due parole di questo testo sono infatti "Witching Hour", ossia il titolo della settima traccia contenuta nel disco "Welcome to Hell" datato 1981. Può essere una coincidenza come può voler essere un omaggio.. tuttavia, di questo era al corrente l'unico e solo Quorthon.

The Rite of Darkness / Reap of Evil

Brano (o brani?) successivo (successivi?), "The Rite of Darkness / Reap of Evil (Il rituale dell'oscurità / Adunanza malefica)" è sovente identificato come "scomposto" in due tracce distinte (almeno, questo è ciò che viene riportato nelle tracklist successive alla prima stampa di "The Return??"); praticamente, invece, ci troviamo dinnanzi ad un macroepisodio in cui la fine del primo "atto" coincide con l'inizio del secondo. Altra notevole similitudine fra i Bathory ed i Venom, in quanto la medesima trovata è possibile riscontrare anche nel capolavoro "Black Metal". Ascoltando attentamente le traccie "Buried Alive" e "Raise the Dead". Separate, ma trattate come un unicum. Volendo riferirci al pezzo come ad un solo "blocco", notiamo immediatamente come questo risulti atipico rispetto a quelli analizzati fin ora. Si tratta infatti di un altro mid tempo, la cui durata è quasi il doppio delle tracce precedenti. Per i primi due minuti e venti secondi la velocità viene messa da parte per enfatizzare maggiormente il cantato, che in questo caso è anche composto da parti distorte e forse modificate in fase di mixaggio. Linee che a tratti ricordano quasi un growl. Abbiamo, poi ed è il caso di dirlo, finalmente, un assolo degno di nota! Il quale va letteralmente a spaccare il pezzo in due, separando quindi le due unità. Verso metà canzone, quindi, osserviamo un cambio di ritmo il quale, anche se per pochi secondi, velocizza il tutto. Quando lo slancio scema, la chitarra esegue un secondo riff cupo e cadenzato su cui riappare la voce modificata; nella parte finale, abbastanza cacofonica, si riesce a stento a distinguere un lamento di Quorthon che pronuncia le parole "Reap Of Evil"  e gli ultimi rantoli, stranamente piacevoli di una chitarra torturata da quasi mezz'ora. Il testo non cambia nulla a quanto già raccontato sino ad ora. Il frontman torna a parlare di rituali stregoneschi e blasfemi, di tipo naturalmente satanico. Una scena a dir poco orrorifica, nella quale notiamo un gruppo di persone intente a consumare un sabba: tutti nudi ed in cerchio, offrono il loro sangue e la loro lussuria all'Arcidemone per antonomasia, sperando che Satana senta la sua chiamata. Preghiere, orge, invocazioni, sangue che scorre.. tutto è pronto perché il signore delle tenebre risorga. Cosa che puntualmente accade, in quanto la seconda metà del brano narra appunto dell'ascesa di Satana. Il suo regno è ormai giunto, tutti sentono la chiamata e rispondono, volendo far parte del suo esercito.

Son of the Damned

Il trend musicale di questo disco rimane invariato anche con il sopraggiungere di "Son of the Damned (Figlio del Dannato)". A dispetto della prima impressione che può scaturire dal riff iniziale, questo è un altro pezzo   che segue l'ormai consolidato schema che hanno quasi tutte le canzoni che si trovano nei primi due album dei Bathory: riff veloci accompagnati da una batteria serrata, con delle parti vocali spesso coperte (in parte) dal suono degli strumenti stessi. Sarà l'ora tarda, sarà il mio orecchio che cerca richiami ovunque, ma il secondo riff di questo pezzo mi ha portato alla mente quello stesso che Oystein Aarseth, il "creatore" del Black Metal, compose e regalò ai norvegesi Emperor; i quali lo utilizzarono come apertura per la seconda traccia del loro secondo lavoro in studio, "Anthems to the Welkin at Dusk" del 1997. Per la cronaca, il pezzo in questione è "Ye Entrancemperium". Tuttavia, non dobbiamo certo urlare al plagio: Aarseth non ha mai nascosto la sua ammirazione per Quorthon; quindi, un'ispirazione a questa canzone da parte sua è tutto tranne che incredibile. E sempre parlando di similitudini, incredibile come questo brano ricordi, ancora una volta (ne siete sorpresi?), il modus operandi dei Venom in fase lirica. Proviamo infatti a paragonare i versi che leggiamo a quelli di "Leave Me in Hell", sempre tratta da "Black Metal". Entrambe parlano della stessa cosa: ovvero, del parto maledetto di una madre, la quale ha messo alla luce un demone dal potere incommensurabile. Battezzato nel sangue, eletto al rango di anticristo e destinato ad una vita di guerre contro le sfere celesti. Un tema, quello della "covata satantica", particolarmente caro alle band metal. Anche per via della notevole ispirazione che il film horror "Rosemary's Baby" (1968) esercitò su molti artisti della prima scena. Un po' come fu per i "Black Sabbath" ed "I Tre Volti della Paura" di Mario Bava, per intenderci.

Sadist (Tormentor)

Penultimo brano del lotto, abbiamo ora in scaletta "Sadist (Tormentor) - Sadico Tormentatore". Niente di nuovo o sconvolgente, la trama viene svolta nella maniera più lineare possibile. Abbiamo quindi un altro riffone pieno e potente, supportato da un ottimo lavoro di batteria. Unica nota molto interessante risulta essere l'ugola del frontman: per i primi versi di questo pezzo, infatti, la voce di Quorthon subisce un cambiamento. E da un urlo grattato di gola, il suo stile si tramuta quasi in un sommesso ruggito. Alcuni passaggi di "Sadist..", c'è da dirlo, starebbero benissimo anche in un contesto assai meno scandinavo. Proviamo infatti a pensare al brano che stiamo ascoltando come ad un qualcosa uscito da un - nome a caso - "Show no Mercy" degli americani Slayer. Ecco, proprio come le tracce di quel famoso esordio, "Sadist.." risulta essere un primitivo, sporco, grezzo pezzo Thrash metal, letteralmente indiavolato. La summa massima della rabbia Punk unita alla potenza dell'Heavy Metal: un vero e proprio trionfo di estremo. Contornato dal "solito" testo privo di chissà che spessore o portatore di chissà che messaggi. "Io mi bagno nel sangue, stupro e uccido, pugnalo, sminuzzo, lacero. Troppe voglie da soddisfare. Per fermare la mia fame, qualcuno deve morire. Sadico Tormentatore"; pochi versi che riassumono il significato dell'intero apparato lirico del brano. Parliamo unicamente di un pazzo serial killer, il quale ama uccidere per il proprio piacere personale e non perché influenzato da chissà che disturbo o paranoia. Egli uccide perché deve farlo; proprio come il serial killer che, nello stesso anno di uscita di "The Return.." sarebbe comparso in "Kill Again", brano degli Slayer presente in "Hell Awaits". Altro tema topico del Metal estremo, supportato in questo caso anche dall'interesse che lo stesso Quorthon condivideva con Jeff Hanneman e Kerry King , ovvero quello per le storie di omicidi seriali. E dato il contenuto esplicito qui presente, non mi stupirebbe se questo testo fosse stata una delle ragioni che nella seconda metà degli anni '80 spinsero la parlamentare americana Tipper Gore a voler creare un comitato di controllo e censura per la musica, principalmente rock e metal, perché considerata dannosa e pericolosa per gli ascoltatori più giovani. (Se mai vi foste chiesti da dove arrivano le etichette bianche e nere con su scritto "Parental Advisory", ora lo sapete).

The Return of Darkness and Evil

Chiudiamo in grande stile con l'avvento di "The Return of Darkness and Evil (Il ritorno dell'Oscurità e del Male)", ultima track di questo violento episodio. Abbiamo subito un'intro di nuovo composta da lamenti, rumori e strane vibrazioni, tutta una serie di espedienti orrorifici che di fatto spiana la strada all'ultimo spietato brano del disco, questa titletrack che, giungendo alla fine del "poema" (il tutto spiegato nella intro), avrà dunque il compito di assurgere a summa totale dell'intero lavoro. L'ultimo assalto a cui Quorthon sottopone le orecchie di chi ha la fortuna di poterlo ascoltare. Il ritorno dell'Oscurità e del Male, sì, ancora una volta il giovane svedese di Stoccolma è riuscito a riassumere questi due concetti in un disco della durata di circa 36 minuti. Ed in special modo in questa track, la quale risulta violenta e spietata, implacabile come una tempesta. Il ritornello, per quanto sia appena riconoscibile in mezzo a tutti quei suoni distorti, metallici e le bestemmie di chi canta, riesce ad entrarti nel cervello con arroganza. Per farlo uscire non v'è metodo, occorrerebbe mettere su un altro disco dei Bathory e cercarne uno migliore. Tanto per intensificare l'atmosfera maligna che emana il finale di questo album, Quorthon ha pensato bene di far terminare il pezzo con l'urlo disperato di una donna, seguito poi da risate, schiamazzi e grida demoniache, urlate mentre la batteria continua a martellare come non ha mai smesso di fare dai primi secondi di "Total Destruction". Piccola nota: il finale è stato in seguito, in alcune edizioni, "isolato" e reso traccia a sé stante, semplicemente definita come "Outro". Il finale del poema scritto dal frontman per questo disco può quindi dirsi perfetto: notiamo come i versi della canzone celebrino infatti il "ritorno" del male. Ogni azione malvagia compiuta dai protagonisti di questo brano era propedeutica a questa ricomparsa, a questa evocazione. Rituali satanici, bestemmie, uccisioni, sacrifici.. il tutto messo su per fare in modo che l'Apocalisse giungesse presto, e rendesse il mondo un cumulo di macerie. Un luogo freddo ed oscuro, praticamente privo d'ogni colore o sentimento. L'oscurità ed il Male sono tornati, ammantando di nero l'universo. Questo è il loro mondo, questo è il nostro aldilà. E non possiamo farci assolutamente nulla. Soccombiamo quindi al loro potere, arrendiamoci prima di venir definitivamente schiacciati.


Conclusioni

Arrivati dunque alla fine, cosa possiamo dire ancora di questo bel "The Return??"? Innanzitutto, sottolineare la sua intrinseca qualità, slegandolo dal contesto temporale in cui è stato inserito. Volenti o nolenti, dobbiamo riconoscere il fatto che questo disco sia praticamente inserito fra due colossi come "Bathory" ed "Under The Sign of the Black Mark". Nomi che pesano, all'interno del panorama Metal a tutto tondo. Due fra i dischi più importanti di sempre, universalmente riconosciuti come fonti di preziosissime influenze, da centinaia e centinaia di band contemporanee / postume ai Bathory. Ragion per la quale "The Return.." è sempre stato trattato come un episodio quasi "nell'ombra", mai troppo valorizzato come invece meriterebbe. Provando dunque ad analizzarlo da un punto di vista oggettivo, scordandoci di cosa fosse venuto prima o dopo, ci ritroveremmo ad ammettere quanto questo proseguo fosse invece d'alto livello, indice di quanta fosse la voglia di fare dell'allora giovane Quorthon. Voglia di fare, suonare, creare un qualcosa che divenisse immortale. Questo album è il ritorno, ad un solo anno di distanza dal suo debutto discografico, di un Thomas Borje Forsberg più ispirato che mai. Cali di tensione o altro non ne abbiamo: certo, il prodotto è assolutamente derivativo, rispetto a ciò che caratterizzava sia il sound dei Bathory sia quello della scena Speed-Thrash in generale. Ma tant'è, non possiamo certo biasimare la coerenza di Quorthon, la sua voglia di continuare il discorso iniziato, non mutando una virgola ma anzi, addirittura esagerando maggiormente nei testi. Certo sempre abbastanza "adolescenziali", ma comunque crudi e molto diretti. Alcune volte addirittura dedicati ad un'esagerata sessualità, un tabù infranto senza troppi problemi. Thomas, insomma. era riuscito a trovare abbastanza marciume nella sua anima e nella sua mente, tanto da permettergli di creare un'altra pietra miliare della musica devota al male:  trentasei minuti riempiti di quei suoni, con quegli urli che appartengono ad un unico signore, l'Angelo Caduto, il Rinnegato, il Tentatore: Satana. In definitiva, "The Return......" è il giusto modo di proseguire lungo la via della perdizione intrapresa da chiunque abbia sentito ed amato quel vinile o CD che raffigura in copertina un capro; prima giallo, poi nero. L'unico "difetto" (ma chiamiamola anche e soprattutto "sfortuna") che ha questo lavoro, come ho già detto ad inizio recensione, è l'essere uscito nel mezzo tra un leggendario debutto ed un monumentale, mostruoso, sconquassante seguito. Ma lo ripetiamo ancora una volta: non è il caso di fare in modo che queste problematiche temporali incidano troppo sull'elevato valore del prodotto appena sentito. Ascolto ed acquisto consigliati a tutti coloro che si professano fans della musica Lo-Fi, delle produzioni marce, e che volessero approfondire le origini o avvicinarsi musicalmente al metal estremo. Un obbligo, invece, per gli estimatori dei Bathory e di Quorthon; nonostante venga spesso oscurato dagli altri lavori, "The Return..." è un episodio molto importante per comprendere  l'evoluzione futura del progetto Bathory. E' una delle tappe che ha poi fatto sfociare il tutto in quel che ben conosciamo. Perché doverlo ignorare? Sempre dalla parte del Capro.

1) Revelations of Doom
2) Born for Burning
3) The Winds of Mayhem
4) Bestial Lust (Bitch)
5) Possessed
6) The Rite of Darkness / Reap of Evil
7) Son of the Damned
8) Sadist (Tormentor)
9) The Return of Darkness and Evil
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