BATHORY
Blood Fire Death
1988 - Black Mark Production
LUCIA ROSSI
14/03/2011
Recensione
Non è un'esagerazione affermare che il quarto lavoro degli immensi BATHORY dal titolo "Blood Fire Death" uscito nel 1988 sia la Bibbia del Black/ Viking Metal. L'album si può ritenere una progressione rispetto ai tre lavori precedenti della band ("Bathory", "The Return Of Darkness and Evil" e "Under The Sign Of The Black Mark") che presentavano un Black Metal più oscuro e satanico, mentre questo album è di ampio respiro, ha una maestosità ed epicità lirica, ha aperto le porte ad un nuovo genere, il Viking Metal. Anche la copertina dell'album, che riproduce il dipinto "Asgardsreien" dell'artista norvegese Peter Nicolai Arbo, ci mostra un esercito di guerrieri vichinghi in marcia verso la vittoria. Quorthon (R.I.P.) e soci hanno investito nellalbum tutto il loro talento e esperienza di musicisti poliedrici e sensibili. Ogni nota trasuda una certa maturità e consapevolezza di intenti, ogni traccia è come l'avanzare di un esercito vichingo, pronto a dare alle fiamme tutto ciò che trova sul suo cammino, senza risparmiare niente e nessuno e soprattutto senza guardarsi mai indietro...
Se dal punto di vista dei testi siamo in pieno territorio Viking, avendo i nostri tre guerrieri tratto ispirazione a piene mani dalla fervida e vasta mitologia norrena, d'altro canto il muro sonoro che si abbatte sui nostri timpani è un thrash/black metal nudo e crudo, senza troppi ricami né fronzoli, un incedere di note letali e straordinariamente pericolose. Sebbene sia patrimonio comune che i Venom coniarono il termine Black Metal con il loro omonimo album nel 1982, in realtà sono i Bathory con le loro tematiche sataniche e occulte e le vocals demoniache che hanno definito e consolidato il genere. L'album poi utilizza schemi già sperimentati dai Bathory, come il lungo intro strumentale e un outro che chiude il cerchio.
"Odin's Ride Over Nordland" è un grandioso intro, in cui un tappeto sinfonico e l'atmosfera generale del pezzo infuoca il nostro immaginario... riusciamo quasi a vedere Odino che sul suo destriero avanza in tutta la sua maestosità e gloria, pronto a scatenare il "Ragnarok", ovvero la battaglia ultima tra le forze della luce e le potenze delle tenebre e del supremo caos, alla quale seguirà la distruzione del mondo e la sua successiva rigenerazione.
La seconda track, "A Fine Day to Die", inizia in maniera sommessa, quasi in punta di piedi, ma dopo qualche minuto Quorthon scatena tutta la sua furia e rabbia sull'ascoltatore inerme, che non può fare altro che soccombere sotto i riff micidiali scagliatigli contro a tutta velocità e arrendersi alle note esplosive. L'epicità del pezzo è inoltre confermata dal testo, che mostra la preparazione ad una battaglia dove l'unico vero valore è morire sul campo, combattendo coraggiosamente e dignitosamente.
"The Golden Walls of Heaven" è un pezzo pregno di aulico stupore, la voce del buon Quorthon e la velocità di esecuzione dell'intera track ci travolgono come un fiume in piena, senza darci un attimo di respiro. La batteria svolge egregiamente il suo compito, con un martellare moderato e costante. Qui in particolare si sente una certa influenza degli Slayer, influenza che rende il lavoro più oscuro degli altri, anche dal versante testuale, dove si narra dell'eterna battaglia tra angeli e demoni alle porte del paradiso stesso. Quindi il pezzo ci riporta alle loro radici anti-cristiane, a differenza di altre track dell'album che ci fanno immergere in un mondo di guerrieri nordici impavidi e senza scrupoli.
Possiamo ritenere il prossimo pezzo, "Pace ‘Till Death", il più veloce dell'album, dato che ogni riff di Quorthon è una pioggia di piombo sparataci addosso con violenza e accanimento brutale... e per citare le parole del testo "Mirror mirror on the wall, who's the fastest of them all?" (specchio specchio delle mie brame, chi è il più veloce del reame?). Indovinate un pò...
In "Holocaust" tutta la devastazione di un vero e proprio olocausto si abbatte sull'astante, colpendolo da tutte le direzioni e su tutti i fronti, dal punto di vista testuale, sonoro e degli effetti... Naturalmente agli osservatori più attenti non sarà sfuggito che leggendo di seguito l'iniziale di ogni capoverso viene fuori la parola "Satan". Molto drammatico inoltre l'ultima parte della track, con tanto di conta alla rovescia e conflagrazione finale.
"For All Those Who Died" è forse il pezzo più di facile ascolto di tutto l'album, un mid-tempo molto ben congegnato, dove il cantato del buon Quorthon avvolge il tutto come una fitta e oscura nebbia. Bisogna sottolineare che nell'album Quorthon utilizza un cantato altalenante tra growl in alcune parti e scream in altre, con qualche parentesi clean.
"Dies Irae": nella tradizione biblica queste parole descrivono "il giorno del giudizio", l'ultima tromba che raduna le anime davanti al trono di Dio, quando i buoni saranno salvati e i cattivi gettati nel fuoco delle fiamme eterne. L'ispirazione è sicuramente biblica, sebbene il loro significato qui sia stravolto: "Risorto dai morti io sposo i poteri della morte, nel nome di colui con le corna in testa... il prezzo che pago è un'altra vita, per diffondere il vangelo del signore con le corna, farò conoscere il suo verbo in eterno, da una parte all'altra del pianeta...". Il pezzo è suonato alla velocità della luce, ed il finale sembra davvero aprirsi come una voragine che ci inghiotte negli abissi più oscuri dell'inferno...
La title track dell’album è un vero e proprio capolavoro...Il brano inizia con un arpeggio acustico, una solenne melodia di tastiera e un lento e sommesso canto per poi svilupparsi in un crescendo di magnificenza. L’arpeggio iniziale e il sound epico delle tastiere conferiscono un’aria mistica al brano. In questo pezzo è chiaro il passaggio dal thrash/black metal degli esordi al Viking metal più autentico e vero. Gli stessi cambi di tempo all’interno del pezzo ci mostrano l’evoluzione da un genere ad un altro, i riff micidiali che cedono il passo a un tempo di marcia indicano quale sarà l’esito finale di questa battaglia...
L’ultimo pezzo dell’album, un "Outro" con batteria ossessionante, l’effetto del vento che spira e una cantilena che sembra uscita da un rituale massonico , è degna chiusura di un lavoro molto, molto singolare e innovativo, se pensiamo che l’album è uscito alla fine degli anni ottanta...
Che altro dire di questo capolavoro dal titolo "Blood Fire Death"? Sia che vi piaccia il Black Metal, il Viking Metal o il thrash più brutale e massacrante, questo sfavillante gioiello non deve assolutamente mancare nella vostra collezione..
1) Odens Ride Over Nordland
2) A Fine Day to Die
3) The Golden Walls of Heaven
4) Pace 'till Death
5) Holocaust
6) For All Those Who Died
7) Dies Irae
8) Blood Fire Death