BATHORY

Bathory

1984 - Black Mark Production

A CURA DI
ALBERTO COSTA
09/08/2016
TEMPO DI LETTURA:
9

Introduzione Recensione

Quello che George Orwell ha omesso, nel suo "1984" è il periodo di grazia che ha vissuto la scena Heavy Metal mondiale in quell'anno. Nell'arco di quei trecentosessantacinque giorni, han visto la luce delle vere e proprie gemme del genere: basti pensare al debutto dei Metal Church, a "The Last in Line" di Dio, al monumentale "Powerslave" degli Iron Maiden. L'84 fu anche l'anno delle Perle Nere, e non parlo di navi capitanate da stravaganti pirati, ma di tre album che avranno un'enorme influenza sulla scena che si svilupperà di lì a poco, sconvolgendo la concezione di musica estrema: "Morbid Tales" degli svizzeri Celtic Frost, "At War With Satan" dei britannici Venom, ma soprattutto, "Bathory" il primo album di una band svedese con base in un garage di Stoccolma: i Bathory, appunto. Malefica creatura partorita dalla mente di un all'epoca adolescente di nome Thomas Borje Forsberg, conosciuto nell'ambiente con il soprannome di "Ace", in onore di uno die suoi primi eroi musicali: Paul Daniel Frehley, meglio conosciuto come Ace, appunto, storico chitarrista dei KISS. Un gruppo che esercitò una notevole influenza sull'immaginario del giovanissimo Thomas, una band che lui stesso si ritroverà a tributare, in futuro, quando sarebbe divenuto noto al mondo con il suo storico nome "di battaglia", ovvero Quorthon. Un soprannome che egli si autoaffibiò quando, ad un certo punto, alla selvaggia attitudine Glam dei KISS ed allo sporco Rock n' Roll dei Motorhead (altra band assai amata dal giovane Ace), cominciò ad affiancarsi un forte interesse per l'estremo, per la velocità senza quartiere, meglio ancora se a tinte Punk. A colpire l'immaginario di Thomas furono naturalmente gli alfieri di quest'ultimo genere: gli inglesi Sex Pistols e gli americani Ramones, entrambi portatori sani di "rumore", di velocità, di anarchia musicale. Un'attitudine selvaggia e priva di freni, la quale fece presa su molti giovani dell'epoca. Mettiamoci poi che, nell'ambiente Metal, in molti erano arrivati ad incamerare la lezione del '77, come i già citati Venom, i quali erano soliti riferirsi a loro stessi come "Long haired Punks", ovvero "Punk con i capelli lunghi". Un connubio coraggioso, viste e considerate l'atroce rivalità che spesso divideva gli ascoltatori di entrambi i generi. Anche il compianto Lemmy, ad onor del vero, non disdegnava affatto la rivoluzione apportata dalla generazione '77: non di rado, Kilmister si ritrovò ad affermare quanto il Punk fosse, all'anagrafe, più vecchio dell'Heavy Metal; e quanto quest'ultimo, dunque, gli dovesse più di qualche cosa. Lemmy e Cronos, dunque (assieme ai meno noti Warfare, Raven e Tank), si fecero promotori di un diverso modo di intendere la musica, una variazione sul tema che di lì a poco avrebbe unito la velocità del Punk alla potenza del Metal, donando la vita a gruppi quali Metallica ed Exodus, facendo così nascere il prodotto primo del metal estremo: il Thrash. Un ambiente stimolante e carico di suggestioni, che non lasciò certo "in pace" il nostro Ace, il quale si ritrovò ad affiancare al suo amore per i classici (nessuno avrebbe mai detto che il Nostro era anche un grande appassionato dei Beatles) anche quello per il nuovo che avanzava, per quei sound così fracassoni, crassi ed esagerati. Il Punk, il Metal, ed un nascente amore per l'Horror e l'Occultismo, dovuto al prolungato ascolto di realtà anch'esse in via di sviluppo, nella prima metà degli eighties. Era il 1983 quando le ruvide demo degli Hellhammer vedevano la vita, e ad essi facevano eco i Sodom, che pubblicarono nel 1982 la loro storica demo "Witching Metal". Aggiungiamo qualche suggestione proveniente indipendentemente dalla musica (film, libri e fumetti), ed abbiamo dunque il quadro completo di quello che poteva essere il Thomas Forsberg dei primi '80: un ragazzo appassionato di musica pesante, ed horror / occultismo in tutte le sue forme. Soprattutto l'ultima componente risultava preponderante, nella vita del giovane, il quale divenne ben presto un avido lettore e fruitore di qualsiasi opera o testo potesse istruirlo su varie storie e leggende in odore di "oscurità". Decise dunque, ben presto, di unire le sue passioni in un unicum che potesse rappresentarlo al meglio, che potesse far vedere a tutti "cosa" egli fosse. Dopo aver militato per un certo periodo in una band Oi! Punk denominata Stridskuk, il Nostro decise quindi di creare una sua band, dedita ad un tipo di musica più personale ed originale, che naturalmente seguisse le direttive tracciate dal nostro piccolo excursus storico di pocanzi: velocità, potenza, "crudeltà". Punk, Metal, Horror ed occultismo, tutto avrebbe dovuto rivivere entro i solchi dei dischi che il Nostro avrebbe da lì in poi inciso. Cambiò soprannome, tenendo il vecchio Ace in disparte, preferendo Quorthon: nome tosto ed arcano, prepotente all'udito, inquietante. Un nome che Thomas dedusse leggendo un antico trattato di demonologia, in cui era presente, sul fondo, un elenco di antichi demoni. Un trattato che in seguito andò perso, con sommo dispiacere di Quorthon, il quale avrebbe tenuto a mostrare il manoscritto ai suoi fans più accaniti e devoti. Ribattezzatosi "demone" e consacratosi a nuova vita, al Nostro non rimase altro da fare che metter su un gruppo, reclutando musicisti in grado di poterlo aiutare a concretizzare i suoi progetti musicali. Per l'estrema riservatezza che ha da sempre caratterizzato la vita di Quorthon, addentrarsi nel primissimo periodo di vita dei suoi Bathory è assai difficile. Poco o nulla si sa sui primissimi componenti, in quanto spessissimo erano caratterizzati a loro volta da pseudonimi, per di più riciclati dallo stesso Thomas nel corso della carriera della band, per identificare in maniera anonima i suoi collaboratori. Sappiamo, però, cosa spinse il nostro a scegliere per la band il suddetto nome. Come abbiamo detto, grande passione del nostro erano le vicende orrorifiche a tinte occulte, e galeotta fu una sua visita al "London Dungeon", una sorta di macabro parco dei divertimenti londinese, nel quale venivano riprodotte e simulate, con l'ausilio di pupazzi di cera, scene cruente od omicidi particolarmente noti a livello storico. Fra i vari Jack The Ripper et simila, il nostro scelse di rimanere impressionato da una figura femminile, rimanendo colpito dal sadismo contessa Erszébet Bàthory, vissuta in Ungheria nel XVI secolo. A detta di molti storici, la più famosa serial killer della storia, nota per aver ucciso e fatto uccidere centinaia di vergini nei periodi di assenza del marito Ferenc, convinta che il loro sangue avrebbe preservato la sua bellezza e ritardato la vecchiaia. Non è andata così? Può darsi, un'altra ipotesi vede Forsberg decidere il nome della sua band dopo aver sentito un brano dei Venom (formazione di cui comunque continuerà a negare l'influenza sulla sua musica), presente nell'album "Black Metal" del 1982 chiamato appunto  "Countess Bathory". Le sue dichiarazioni dell'epoca, comunque, fanno propendere i fan verso la prima ipotesi: "quando hai sedici anni e sei appassionato di Horroe, e ti trovi davanti ad una scena del genere (la contessa nuda in una vasca, sormontata da corpi di ragazze grondanti sangue, ndr), è difficile far finta di nulla". Scelto il nome (una lunga serie fu proposta e di seguito scartata: Nosferatu, Nathas, Mephisto, Elizabeth Bathory e Countess Bathory), la neonata formazione cominciò a darci dentro, scrivendo sin da dubito pezzi propri. Al master mind si affiancarono presto il batterista Jonas Akerlund (in seguito divenuto un famoso regista) ed il bassista Fredrik Melander, mentre Quorthon riservò per sé il ruolo di chitarrista e cantante. Caso volle, poi (ma forse non proprio un "caso"..), che il giovane Quorthon avesse importanti agganci presso un'importante etichetta svedese, presso la quale lavorava part time: la "Tyfon", diretta da suo padre Borje. Trovare un modo per farsi conoscere, quindi, fu relativamente semplice. Nemmeno dopo un anno dalla prima incarnazione, i Bathory erano già apparsi in uno split chiamato "Scandinavian Metal Attack" insieme a Oz, Spitfire e Trash, sostituendo una band dimissionaria all'ultimo momento. La band contribuì alla pubblicazione con le tracce "Sacrifice" e "The Return of Darkness and Evil" (con quest' ultima che verrà ufficialmente rilasciata nel secondo album del gruppo, datato 1985 e intitolato "The Return..."). Incredibilmente, i risultati furono sin da subito positivi. L'ufficio stampa della "Tyfon" venne subissato da lettere di apprezzamento per i Bathory, i quali vennero dunque promossi ed invitati ad esordire in full-length. Risolta la tegola dell'abbandono di Akerlund e Melander, reclutando a bordo Rickard Bergman (batteria) e Stefan Larsson (basso), Quorthon potè così cominciare a pensare in grande, lavorando sul suo definitivo esordio. Le coordinate da seguire erano quelle già tracciate, proseguendo dritti per il sentiero già battuto. Lo ricordiamo, il Nostro descriveva il suo sound come il risultato di una fusione tra Motörhead e Sex Pistols, intaccata anche da band della "New Wave of British Heavy Metal" quali Saxon e Iron Maiden (e più tardi, dai Manowar, storico gruppo americano). Un mix "letale" che avrebbe dunque donato la vita ad il genere estremo per antonomasia, quello che dal 1984 in poi sarebbe stato conosciuto come Black Metal. Un album, "Bathory", a dir poco seminale, imponente, nero come la notte e crudele all'udito. La fusione perfetta di tutto quanto era stato partorito, sino a quel momento, parlando di Metal e Punk. Un disco che avrebbe affiancato il tellurico "Show No Mercy" degli Slayer nel delineare quel che poi sarebbe sfociato in autentici masterpieces come "Deathcrush" degli altrettanto seminali Mayhem. Paradossalmente, nonostante "Bathory" sia uno dei primi nomi che vengono citati quando si parla di ispiratori della corrente Black Metal, Quorthon si è sempre tenuto a distanza dalla scena che ha sconvolto la Scandinavia negli anni '90, anche se, inconsciamente ne condivideva alcuni ideali come ad esempio quello di evitare le grandi folle. I Bathory, infatti non si sono mai esibiti dal vivo eccezion fatta per qualche sporadica apparizione nella sola Stoccolma a metà anni ottanta, mantenendo così la fama di oscuri thrashers misantropi (da "Metalion: The Slayer Magazine Diaries" di Jon Kristiansen). Parlando più nel dettaglio di "Bathory", esso ebbe una gestazione piuttosto complessa: il 14 giugno del 1984, il trio entrò negli "Heavenshore Studios" di stoccolma (un garage riadattato a studio di registrazione), con poche corone in tasca e l'obbligo tassativo di giocare al risparmio. Tre ragazzi poco più che adolescenti non avrebbero certo potuto usufruire di chissà che ritrovati della tecnica, ma tanto bastò. Dovettero svolgere i lavori in tempo record per poter rientrare con le spese, suonando più duro e veloce che mai, riuscendo a svolgere le registrazioni ed il conseguente lavoro di mixing in ben 56 ore totali. Leggenda vuole, inoltre, che basso e chitarra avessero potuto usufruire solamente di un piccolo amplificatore Yamaha da 20w, naturalmente in due e non a testa. Sudore e sangue, insomma, fatica ed abnegazione. Anche per quanto riguarda la denominazione del disco, inoltre, si verificarono diversi problemi. In origine, l'LP avrebbe dovuto riportare sulla facciata anteriore un pentagramma (stella a cinque punte rovesciata), motivo per il quale si sarebbe dovuto intitolare "Pentagrammatron"; di seguito ad un'enorme confusione venutasi a creare per colpa di diversi errori di pronuncia (diverse persone ribattezzarono il disco "Pentagon", per dire..), si optò per un più sobrio "Bathory", piazzando in copertina una raffigurazione caprina, divenuta in seguito la più famosa della storia del Black Metal. Il disegno del capro a mezzobusto, tratto da un'illustrazione di Joseph Smith, realizzata in origine per il libro "Witches", scritto da Erica Jong e rimaneggiata da Thomas per l'occasione. L'idea originale di Quorthon fu quella di stampare il caprone sfruttando il color oro; tuttavia, per l'esiguo budget a disposizione, non poté permettersi un lavoro professionale. Il Nostro, dunque, si limitò a comunicare al tipografo di utilizzare un colore che ricordasse quanto più possibile l'oro. Il risultato fu un caprone giallo canarino, il quale venne stampato sulle prime cinquecento copie del vinile, oggi considerate un oggetto di culto, un autentico feticcio per gli amanti del Black Metal. Si ovviò al problema sfruttando, per le seguenti copie, un più sobrio effetto "bianco e nero", utilizzando per la tracklist ed il nome del disco il font "Old English". Scelta che causò ancora più di qualche problema, visto che molte lettere vennero confuse e diversi titoli dei brani vennero cambiati. "Necromancy" divenne dunque "Necromansy", mentre la intro "Storm of Damnation" non venne neppure menzionata. Alla fine, il 2 Ottobre del 1984 "Bathory" (la cui uscita, con il permesso del padre di Quorthon, fu patrocinata dalla "Black Mark Records) poté finalmente vedere la luce.. ed, al tempo stesso, gettare la prima coltre di oscurità che avrebbe ammantato la Scandinavia per gli anni a seguire.

Storm of Damnation

Il disco inizia con "Storm of Damnation (La tempesta dannata)", tre minuti e sei secondi di atmosfera cupa e oscurità pura, un susseguirsi di tuoni, a volte troppo simili a esplosioni, accompagnati dall'insistente ululato del vento e dai lontani rintocchi di una campana, sembra anche di sentire il suono di un corno, confuso nella furia della tempesta, il che rende bene l'idea di Infernale che Forsberg vuole evocare. Una intro dal sapore quasi "ambientale", la quale spiana definitivamente la strada al deflagrare delle esplosioni alle quali assisteremo in seguito. Tre minuti di suspance, nei quali traspare tutto l'amore che il giovane poteva provare per le ambientazioni di tipo Horror e demoniaco. Una storia dannata e malata, in procinto d'essere narrata, che inizierà definitivamente con il brano successivo, appena dopo la fine di quest'empio prologo. Giunge così l'arrivo di "Hades (Ade)", primo vero brano in grado di mostrarci la folle attitudine Black dei Bathory. Un riff semplice, veloce, distortissimo è il segnale che Quorthon inizia a fare sul serio. La scarsa produzione che caratterizza la traccia (come tutto il full-length) è, per molti, una pecca enorme, di certo non giova all'ascolto per chi ama riuscire a distinguere le diverse linee degli strumenti (il basso praticamente non esiste), ma questo è uno degli aspetti che ne hanno decretato l'unicità. La batteria martella costantemente, unendo ritmiche quasi Thrash metal al già devastante miscuglio di suoni. Nonostante il Nostro abbia dichiarato di non aver dedotto grande ispirazione dai Venom, l'attitudine violenta di questi ultimi è particolarmente udibile, entro questi solchi, valutando per bene l'insieme. La qualità lo-fi, l'attitudine grezza e mordace, le linee di chitarra, la voce: tutto estremizzato e portato verso lidi oscuri e sanguinolenti, che non possono non far riaffiorare nelle nostre menti le perverse esecuzioni di brani come "Sons of Satan", tanto per citare un autentico masterpiece. Aggiungiamoci qualche passaggio che richiama a gran voce anche gli Slayer di "Show No Mercy", e come si suol dire, il gioco è fatto. Abbiamo una traccia bestiale, grezzissima, veloce, la quale non fa sconti e prosegue imperterrita dall'inizio alla fine. Il testo di questo pezzo, in linea con la musica proposta, descrive l'Ade secondo la visione del nostro Svedese: un luogo montuoso e deserto che non può essere raggiunto dai raggi del sole, dove non esiste l'amore, l'odio e blasfemia s'incontrano fondendosi in un devastante tutt'uno, dominando lo spazio circostante. Il luogo ove ogni speranza si perde, dove le anime sono maledette a peregrinare per l'eternità, senza bussola, in un deserto freddo come il ghiaccio. Notiamo come le liriche, in questa prima fase della carriera dei Bathory, siano ben lontane dallo spessore successivamente mostrato in dischi come "Hammerheart". Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci di avere a che fare con una band di adolescenti, tutti Horror e crasso "satanismo" fai da te. Tutto testimoniato da versi come "Forever wrapped in darkness the forgotten valleys of Hades", frasi che ben descrivono un  inferno simile a quello mostrato da Fulci nel suo "L'Aldilà". Un coacervo di anime cieche e sorde, perse fra le rovine e le tempeste di sabbia. Anime per sempre avvolte nell'oscurità, nelle dimenticate valli dell'Ade.

The Reaper

Si prosegue con "The Reaper (La Mietitrice)", la seconda traccia che Quorthon dedica all'Oscuro Mietitore, al triste nocchiero, alla falce oscura. La struttura del pezzo è molto simile a quella di "Hades": riff immediato, tagliente come la falce della Morte, con pochissime variazioni, eccezion fatta per un breve assolo giocato su note acute, particolarmente ben eseguito, e che ha se non altro il merito di mostrarci un Quorthon intento a mostrare un po' tutte le sue doti di chitarrista, non rinunciando appunto a mostrare anche apprezzabili velleità soliste, non solo da "riffmaker" (per altro, di prim'ordine). Un brano anch'esso caratterizzato da una durata assai esigua (neanche tre minuti), che non rinuncia a mostrare una notevole attitudine Thrash e che continua a citare sicuramente i primi vagiti della scuola americana. Slayer su tutti, naturalmente. La voce di Quorthon, inoltre, continua imperterrita a sforzarsi di somigliare a quella di Cronos, anche portando in auge l'andatura Punk n' Roll dei Venom. Un connubio che sfocia dunque in un nuovo assalto perentorio e senza pietà, nella quale è la velocità a farla da padrona, senza lasciare per strada (naturalmente) quel piglio "grandguignolesco" che sembra far grondare sangue ad ogni brano propostoci. Il testo è definito, da Quorthon stesso, nella maniera in cui il Nostro ha definito quasi tutti i restanti di questo primo album: cioè adolescenziale e particolarmente figlio del fomento che questa particolare età della vita comporta. Ancora ossessionato dai corpi nudi ed insanguinati visti al museo delle cere, il giovane si improvvisa "Morte" e ci narra di un trapasso secondo il punto di vista della falce incappucciata. Da un lato abbiamo la fiera entità, compiaciuta dal fatto di dover di nuovo portar via con sé una vita. Dall'altra abbiamo la vittima designata, la quale non può far altro che disperarsi e lasciarsi travolgere dal senso di confusione che l'assale. I suoi sogni sono distrutti, il suo tempo è finito: l'umano non potrà più far nulla, non potrà più compiere un'azione che sia una, dalle più semplici alle più complesse. L'aldilà lo attende, non dovrà fare altro che chinare il capo e seguire il manto oscuro verso la porta del regno dei Morti. Una volta varcata quella soglia, la sua esistenza finirò. Ricorrenti i riferimenti a Satana, al sesso ed alla violenza, insomma, il tipico testo partorito da un diciassettenne appassionato di orrore ed occultismo.

Necromansy

Giungiamo senza indugio alcuno a "Necromansy (Necromanzia)": Con questo brano (il cui titolo esatto dovrebbe essere "Necromancy", per i motivi elencati nella intro)  i ritmi rallentano leggermente: il riff scandito in apertura, fra i più "orecchiabili" dell'intero lotto, tradisce il forte amore per il Punk di Quorthon, riprendendo a piene mani la linearità strutturale tipica della corrente '77. Il tutto dona al pezzo un'andatura meno forsennata dei precedenti, offrendoci un momento assai ritmato, particolarmente scorrevole ed anche capace di coinvolgere. Un brano che non riserverà chissà che sorprese, ma che in virtù di questo suo "status" di leggera variazione riesce a risultare meno "confuso" del precedenti, soprattutto per quanto riguarda il cantato.  A differenza degli episodi passati, qui il testo è 1ui comprensibile, anche senza l'aiuto del libretto o di Internet. Insomma, una sorta di "rilassamento" che comunque nulla toglie in quanto a potenza. Un brano che non spezza il continuum, ma anzi lo arricchisce. Mentre Quorthon inneggia alla magia nera, alla negromanzia, al satanismo ed blasfemia, Larsson confeziona una'ottima prestazione dietro le pelli, ed il ritmo scandito non cede un solo secondo. A parte il Inoltre, in "Necromansy", per la prima "vera" volta nel disco (per quanto la produzione da garage casalingo lo permetta), salta all'orecchio un assolo di chitarra: non certo un'esplosione di tecnicismi e virtuosismo, ma per quella che era l'idea di musica per Quorthon, quella serie di note veloci, graffianti che fa da intervallo tra una bestemmia e l'altra, è senza dubbio perfetta."Heil satanic majesty, tonight we sacrifice, we drink our own blood and blasphemy while" - "Ave maestà infernale, stanotte noi sacrifichiamo, beviamo il nostro sangue bestemmiando". In questi quattro versi è racchiusa l'intera essenza dell'album per quanto riguarda i testi: non certo profondi, ma, com'è stato detto prima, l'influenza di altri gruppi del momento come Venom ed Hellhammer hanno condizionato molto il giovane Forsberg nella fase di stesura delle lyrics per i suoi brani. Il fischio della chitarra nei secondi finali è un tocco di classe difficilmente riscontrabile in altri album. Un brano, dunque, che accende i riflettori su di un crasso satanismo molto in voga ai tempi. Pensiamo a brani come "The Antichrist" od "In League With Satan". Pezzi shockanti per l'epoca, seppur oggi semplicemente "esagerati" o poco più. Immagini di sabba, di sacrifici umani, di bambini catturati ed immolati nel nome del demonio. Immagini di brindisi sanguinolenti, di bestemmie e blasfemie. Le notti in cui il Capro si manifesta, ed è dunque lecito rendergli omaggio mostrando tutta la lascivia e la perversione possibili, per renderlo soddisfatto del nostro operato. 

Sacrifice

Arriviamo quindi a "Sacrifice (Sacrificio)": un altro riff semplice, non velocissimo, ritmato da due interventi della batteria quando la serie di note sta per ripetersi; un urlo di Quorthon che pare provenire dai gironi infernali più bassi, se non direttamente da Lucifero, spiana la strada ad un momento di cacofonia dove, per qualche secondo, si fa fatica a distinguere le linee dei diversi strumenti (io sono sempre più convinto che,in questo disco, il basso non esista). Si riprende, poi, il riff iniziale, supportato ancora una volta da una batteria selvaggia; e qui lo affermo, non augurerei a nessuno di trovarsi al posto dei piatti di Larsson! A cambiare il ritmo ci pensa la chitarra, esibendosi in un assolo particolare; e chi conosce per bene il percorso evolutivo del progetto Bathory se ne accorgerà, visto che l'ultima serie di plettrate di Quorthon dà vita ad un sound che richiama, ovviamente in modo molto più grezzo e oserei dire primitivo, quell'epicità che sarà il marchio di fabbrica di quel sound evocato da Forsberg circa quattro anni dopo, a partire dal 1988, con "Blood Fire Death" e poi, nel 1990 con "Hammerheart". Per quanto riguarda il testo, invece, nessuna novità. Già dal titolo capiamo quanto il tutto verterà ancora una volta sul tema del sacrificio blasfemo, naturalmente compiuto in onore di Satana. Ad essere scelto come capro espiatorio, un angelo, il quale assume le sembianze di una fanciulla innocente. Una volta assicurata la creatura all'altare, è tempo di brandire il coltello per squarciare le paradisiache carni. Quella pelle candida e perfetta viene dunque straziata da una lama volgare e spuntata, la quale scava in profondità per fare in modo che il sangue sgorghi a fiumi. Della perfezione angelica non v'è più traccia, quel che abbiamo dinnanzi è una figura ridotta a brandelli, piena di tagli ed incisioni, sul cui cadavere Satana ed i suoi adepti banchettano copiosamente, senza lasciare alcun avanzo. L'ennesimo sacrificio è compiuto, le forze del male hanno vinto ancora una volta.

In Conspiracy with Satan

Il discorso delle influenze introdotto pocanzi si fa ancora più evidente nella traccia denominata "In Conspiracy with Satan (In combutta con Satana)", un omaggio voluto o non voluto, ma comunque palese, per quanto riguarda titolo e tematiche alla britannica "In League with Satan" composta dai Venom e rilasciata come singolo nel 1980, nonché come traccia del loro successivo debut album "Welcome to Hell " del 1981. Un riff ossessivo ed una linea di batteria definibile con lo stesso termine, accompagnano l'ascoltatore per questi due minuti e mezzo di ulteriore glorificazione del male, glorificazione la quale sfocia in un ritornello tanto rabbioso quanto memorabile, dove Quorthon ribadisce il suo ruolo di cospiratore al fianco di Satana. Lo schema delle canzoni di questo album è molto simile in ogni pezzo: in questo caso, l'assolo di chitarra  pare essere una prosecuzione, se non una ripetizione di quello sentito da poco in "Necromansy". Nulla di nuovo, dunque, ed a colpire è dunque la coerenza stilistica che il nostro svedese sta dimostrando, brano dopo brano. Struttura semplice, potenza, schiettezza, qualità lo-fi, testi truculenti e blasfemi. Un tutt'uno che già stava gettando le basi per quel che sarebbe stata la scuola scandinava dalla fine degli '80 in poi. Stupisce ancor di più, dunque, la volontà ferrea di Quorthon di negare il suo peso all'interno del movimento Black Metal. Leggendo accuratamente le liriche, come sostenuto pocanzi, ci stupiamo poi di come "In Conspiracy.." sia strutturata praticamente come la sua Maestra, ovvero "In League With Satan". Narrazione in prima persona e volontà perentoria di far capire al lettore quanto la persona protagonista sia devota al maligno. Egli ha voltato le spalle a Cristo, deridendolo, preferendo passare dalla parte del più forte, ovvero di Satana. Immagini al limite del grottesco, quelle che ci vengono presentate: dal cavalcare un caprone sporco di sangue al leggere un libro di incantesimi, dal baciare la mano di Satana al voler far piangere gli angeli; queste le azioni tipiche di un seguace del demonio, compiaciuto e fiero d'esserlo. Con il presentarsi di "Armageddon", per la prima volta durante l'ascolto dell' album credo di essere riuscito a sentire il basso, sia all'inizio della canzone, sia in un momento, circa a metà, dove la chitarra e la batteria abbassano un po' i ritmi ed i volumi, prima di gettarsi nell'ultimo assalto. Una piacevole "novità", quindi, nella quale possiamo finalmente constatare l'apporto di tutto l'ensemble strumentistico. Un brano che, nel suo complesso, comunque non cambia quanto abbiamo udito fino ad ora. Si preme sull'acceleratore e non si rinuncia alla volontà di mostrarsi crudeli e possenti: i Bathory picchiano duro, sfruttando giuste dosi di cacofonia e soprattutto la voce luciferina di un Quorthon sempre più invasato e sul pezzo. La struttura non varia per tutto il minutaggio (fermo restando per la "pausa" della quale abbiamo parlato in apertura di descrizione) e quindi il brano può infrangersi verso un fade out che di fatto lo conclude, portandoci alla fine di un nuovo, devastante assalto sonoro. "Tonight you all will hear the angels cry of pain, and in the sky you will see the eternal flame" - "Stanotte tutti voi sentirete gli angeli piangere di dolore, e nel cielo vedrete bruciare la fiamma eterna": versi che parlano chiaro, e che descrivono una imminente Apocalisse. "Armageddon", infatti, è un termine biblico che designa la fine dei nostri tempi, il momento in cui il male risorgerà, pretendendo il suo posto sulla terra. Nulla sarà più come lo conosciamo: i mari diverranno infuocati ed i pesci moriranno, le piante essiccheranno, il sole non sorgerà mai più. A dominare sarà la grande bestia, il Mega Therion, il quale imprimerà sui suoi fedeli il marchio 666. Sciami di cavallette carnivore strazieranno le nostre carni e Satana dominerà incontrastato. Questa la devastante visione presentataci da Quorthon, il quale non lesina certo in quanto a cruenza e voglia di shockare il suo auditorio. I minuti sul display dello stereo scorrono, ma Thomas Forsberg non ha nessuna intenzione di smettere con le sue educate invettive anticristiane.

Raise The Dead

Arriva il momento di "Raise The Dead (Resuscitiamo i Morti)", ed il rintocco  di una campana in lontananza richiamerà sicuramente alla mente di molti i primi secondi della opener del disco di debutto dei Black Sabbath, chiamata appunto "Black Sabbath"; ma senza andare a scomodare Ozzy Osbourne e Tony Iommi, l'intro di questo pezzo riprende quello che si è sentito nello strumentale d'apertura di "Bathory", ovvero "Storm of Damnation", per poi proseguire nel modo in cui Quorthon ci ha abituati. Dopo un urlo. "Dust to Dust", ossia polvere alla polvere, un riff compatto e distorto introduce al pezzo più lento, ma sempre grezzo, rabbioso e pregno di cattiveria che è "Raise the Dead". Un altro assolo, anche questo simile ai precedenti, ma che si incastra perfettamente nella struttura del pezzo, velocizza il ritmo, portandolo ai livelli delle tracce appena sentite. Qui non si cercano finezze, si usa la musica come veicolo per lodare il Male. Ne è la conferma, ancora una volta, il testo:  sepolto vivo, Thomas invoca i poteri di streghe, demoni e della Morte stessa, purché gli permettano di tornare "in superficie". Forse un rimando al celebre duo "Buried Alive" / "Raise The Dead", presente sempre nel masterpiece "Black Metal"? tutti gli indizi ci porterebbero in effetti a pensarlo, nonostante le distanze che Quorhon ha sempre preso dai Venom. Alla fine del pezzo, il Nostro riesce comunque ad uscire dalla tomba, pronto a spargere terrore tra la gente.

War + Outro

Siamo dunque giunti a "War (Guerra)" , l'ultimo pezzo, l'ultimo assalto, le ultime bestemmie. In questo pezzo i ritmi tornano veloci, la chitarra ha un suono duro, crudo, un pugno in faccia a Dio e all'ascoltatore stesso; la batteria, stranamente, è poco udibile, anche dopo il mixaggio, la chitarra sembra sovrastare ogni altra cosa, persino la voce è messa in secondo piano. Meglio così, forse, almeno possiamo goderci l'ultima prova di velocità e creatività di Quorthon con la sua sei corde, l'ultimo definitivo atto di distruzione targato 1984. Un pezzo duro e crudo, che non fa sconti e che chiude in bellezza una release a dir poco urticante, violenta e devastante. Un brano che riassume la filosofia dei primi Bathory, ovvero quella di suonare più diretti possibili. Niente ritornelli catchy, niente compromessi, niente volontà di cedere alla melodia. Solo tanta violenza, furia iconoclasta fatta musica. Riff taglienti come rasoi e brani corti ma letali come coltellate. Questo è Quorthon e questi sono i suoi Bathory. "WAR, WAR, WAR, a crack of thunder, a smell of death. The wind of mayhem blows, Heaven in its final breath, and God lose all control" - " Guerra ,Guerra, Guerra, un rombo di tuono, odore di morte il vento del Caos soffia. Il Paradiso nel suo ultimo respiro e Dio perde ogni controllo". Dopo 26 minuti di battaglia verbale e ideologica contro Dio, Quorthon arriva a raccontarci l'epilogo di questa sua impresa: Dio ha perso, il male ha trionfato, la battaglia infuria nei cieli e le forze di Satana stanno avendo la meglio. Il tutto è naturalmente conquistato tramite la guerra, componente in seguito lodata dalla frangia Black Metal, soprattutto da gruppi come i Marduk. L'esercito del male ha combattuto ed ha vinto, possiamo dunque ritirarci ed assaporare questa vittoria, lodando Satana nostro signore e brindando alla sua salute. Niente e nessuno potrà più fermare le orde fameliche e demoniache: l'Inferno ha vinto e si è preso tutto con la forza tipica del più forte. Veniamo quindi abbandonati ad un'Outro di pochi secondi, una ventina scarsa, in cui a farla da padrone è un'inquietante nota di tastiera, sacrale e demoniaca.

Conclusioni

Giunti dunque alla fine di quest'avventura, possiamo tirare le conseguenti somme circa il lavoro appena ascoltato. Nessuno, nemmeno il creatore del progetto e suo padre avevano idea di cosa sarebbe diventato questo primo lavoro firmato Bathory. Innanzitutto, grazie all'uso della voce così graffiata e maligna, Quorthon è stato a posteriori definito il padre dello "Scream", tecnica vocale di cui si farà ampio uso a partire dal 1990 con la nascita nel nord Europa della corrente Black Metal; anche il tipo di produzione, poverissima e cacofonica, diventerà poi un tratto distintivo per la medesima ondata. Un album dunque che definire "seminale" sarebbe fin troppo poco, dobbiamo necessariamente parlare di pietra miliare, di pilastro definitivo, di punto cardinale. Anche se, quando "Bathory"  uscì, nel 1984, venne a dir poco stroncato dalla critica, e definito come un tentativo fallito di emulare i lavori di Slayer e Venom. Parole che infastidirono molto Quorthon, il quale, molto tempo dopo, sentenziò in maniera stizzita e laconica quanto segue: "Credo che sia troppo facile per le persone fare questo tipo di paragone, semplicemente perché questi due gruppi sono tra i primi a venire in mente quando si parla delle radici del metal estremo. Ma, in quel periodo, non possedevo alcun album dei Venom e degli Slayer e non me ne frega un cazzo se le persone mi credono oppure no". Dichiarazioni certo eloquenti e che non lascerebbero spazio a fraintendimenti, almeno se decidessimo di basarci unicamente su di esse, tralasciando quel che però effettivamente abbiamo ascoltato ed appreso, lungo questi solchi. Di contro, facendo un ragionamento più generale, noteremmo quanto le influenze siano innegabili e palesi; ma, dopo aver ascoltato questo disco a distanza di più di trent'anni dalla sua uscita e tenendo conto della sua potente influenza sulla scena metal mondiale, non si può non definire "Bathory" come uno dei dischi fondamentali per la storia del genere. Basarsi su qualche naturale riferimento sarebbe infatti irrispettoso nei riguardi del grande lavoro intellettuale svolto da Quorthon, della notevole caparbietà e ricerca poste alla base del suo progetto. Non scordiamoci che il Nostro, similmente ad un certo Steve Sylvester, ha voluto profondere sé stesso lungo le note della sua musica, unendo tutte le sue passioni per donare la vita ad un ibrido pazzo e personalissimo, riconducibile unicamente al creatore stesso. Che qualche riferimento sia palese, del resto, non è elemento di sorpresa. I Death SS si rifacevano al Doom e ad un certo tipo di Prog. Rock, al Punk, così come King Diamond ed i Mercyful Fate avevano sicuramente ascoltato per bene album come "Stained Class". E sempre parlando di Punk, non possiamo certo negare come quest'ultimo abbia aiutato "Show No Mercy" a risultare ancor più crudele e ruvido di quanto non sarebbe stato; e non è certo un caso che gli Slayer abbiano poi, nei '90, deciso di tributare quel mondo rilasciando sul mercato "Undisputed Attitude". La vera forza di "Bathory", dunque, è da ricercarsi nel grande carisma esercitato da un Quorthon già in quegli anni sicuro di sé, deciso a sfondare con le sue forze e le sue idee. Una musica coraggiosa e sconvolgente, che lo avrebbe accompagnato in un 'avventura ancor oggi mistica, leggendaria. Un viaggio che di fatto lo ha consacrato alla leggenda, facendocelo apparire quasi come un misterioso asceta, un filosofo schivo e pensoso, avulso alla vita mondana. Ci sarà pure un motivo, se ancora oggi "Bathory" risulta imprescindibile, nella collezione di ogni amante del Metal estremo (e più in generale, del Metal in senso lato) che si rispetti. In sostanza, se siete attratti dal Male, da Satana e da tutto ciò che c'è di sbagliato a questo mondo, "Bathory" è il disco che fa per voi! Le visioni allucinanti di un diciassettenne amante della musica dura e dell'Horror in ogni sua forma, condensate in nemmeno trenta minuti di riff ruvidi, urticanti e potenti come poche altre cose al mondo.

1) Storm of Damnation
2) The Reaper
3) Necromansy
4) Sacrifice
5) In Conspiracy with Satan
6) Raise The Dead
7) War + Outro