BASTIAN
Among My Giants
2014 - Autoprodotto
DONATELLO ALFANO
13/05/2014
Recensione
Un progetto ambizioso nato sotto il segno del talento e della determinazione; è la frase ideale per descrivere Among My Giants di Bastian, nome d'arte del chitarrista, compositore e produttore siracusano Sebastiano Conti. Il musicista per la realizzazione del suo nuovo lavoro ha puntato decisamente in alto reclutando dei personaggi che hanno scritto numerose pagine di storia dell'hard rock e dell'heavy metal: i cantanti Michael Vescera (Obsession, Loudness, Yngwie Malmsteen) Mark Boals (Ring Of Fire, Royal Hunt, Yngwie Malmsteen) ed i batteristi Vinny Appice (Black Sabbath, Dio, Heaven And Hell) John Macaluso (TNT, Ark, Riot, Yngwie Malmsteen) Thomas Lang (Stork, Paul Gilbert, John Wetton) accanto a questi big troviamo anche Corrado Giardina (basso) e Giuseppe Leggio (batteria) due elementi di spicco della scena siciliana ed insegnanti ai Metropolis Studio di Siracusa. Incidere un full-length con alcuni dei propri idoli è uno di quei traguardi da raccontare alle future generazioni di rockers, Bastian può affermarlo ad alta voce ribadendo il valore e la caparbietà degli artisti di casa nostra. Nella biografia Conti indica tra le sue principali fonti d'ispirazione nomi come Jimmy Page, Ritchie Blackmore, Malmsteen, Slash e Zakk Wylde, l'influenza esercitata da questi mostri sacri della sei corde costituisce la base di partenza nel sound dinamico e coinvolgente di Among My Giants.
Una lieve armonia acustica introduce l'opener "Odyssey", dopo venti secondi Sebastiano ed i suoi compagni d'avventura danno fuoco alle polveri lanciandosi in un mid tempo guidato da un grantico riff stoppato e dall'imponente drumming di Appice, la voce di Vescera si destreggia attraverso tonalità più basse rispetto a quelle dell'epoca in cui era il frontman dei Loudness amplificando così l'atmosfera epica che caratterizza l'intero brano. Il cantante del Connecticut interpreta ogni parola delle strofe con enfasi per condurre l'ascoltatore ad un immediato e trascinante ritornello, il chitarrista nel break strumentale domina la scena con un assolo perfettamente bilanciato tra aggressività e melodia. Il lavoro in cabina di regia riporta alla mente le produzioni dei leggendari seventies grazie ad un suono energico, compatto e paragonabile a quello di un'infuocata esibizione live. Le liriche riassumono le avventure di Odisseo (chiamato "Nessuno" , il nome che pronunciò a Polifemo per ingannarlo) e del suo viaggio di ritorno da Troia per raggiungere la moglie Penelope che lo attende ad Itaca. La successiva "Moter Earth" è una rilettura in chiave moderna dell'hard rock più viscerale, la struttura prosegue sui sentieri tracciati dal primo brano anche se la sezione ritmica risulta più varia; la coppia Lang/Giardina mette in mostra grande abilità nell'esecuzione di passaggi ad elevato tasso tecnico supportando in maniera efficace la versatilità di Michael e l'operato di Bastian. Il muro sonoro innalzato dal quartetto è arricchito da una serie di dettagli che rendono il brano un potenziale cavallo di battaglia per la carriera del musicista, tra questi è obbligatorio sottolineare un rffing potente e ricercato, un'incisiva sovrapposizione dei cori nel bridge ed un anthemico refrain da cantare a pieni polmoni ("mother earth, mother earth/victim of his own children killers"). Il testo esprime un duro atto d'accusa contro l'inquinamento che sta velocemente distruggendo il pianeta, gli unici responsabili di questo disastro sono i suoi stessi abitanti. Impatto e melodia viaggiano di pari passo nella frenetica "Hamunaptra", in un incedere rapido (eccellente come sempre il lavoro di Macaluso) le corde di Conti elaborano un mood degno dei misteri millenari legati all'Antico Egitto, dopo le recenti prove con gli Iron Mask ed i redivivi Ring Of Fire Boals conferma il suo straordinario stato di forma con una prestazione particolarmente evocativa. La timbrica alta del singer accompagna delle trame chitarristiche vicine per stile a quelle dell'immortale Powerslave, peculiarità riscontrabile in particolar modo nella parte centrale rallentata, quest'ultima rappresenta una parentesi creata ad hoc per aumentare la tensione prima dell'ultimo ed impetuoso assalto . Il titolo non può trarre in inganno... Prendendo spunto dal kolossal La Mummia di Stephen Sommers i versi descrivono la figura del sacerdote sepolto ad Hamunaptra ed il suo ruolo di guardiano del libro dei morti e di quello dei vivi, il suo sonno millenario non deve essere interrotto perchè potrebbe causare distruzione per tutta l'umanità. In "Tambourine Song" ritroviamo la stessa lineup del brano precedente; un'irrefrenabile successione di cambi ritmici avvolge una solida base heavy rock, la propensione di Bastian nell'amalgamare perizia strumentale ed emotività costituisce un valido trademark delle sue composizioni. Le ombre di Zakk Wylde e Slash aleggiano in ogni secondo della traccia in maniera così evidente da portare l'ascoltatore ad immaginare una memorabile jam session tra i due celebri colleghi, l'ugola di Mark continua ad esprimersi su registri alti e possenti arrivando a toccare le vette più elevate negli acuti spaccatimpani che contraddistinguono il bridge. Le parole del pezzo narrano l'irruzione di una figura nera col volto pallido (non è specificato ma potrebbe essere la morte) è preceduta da un araldo biondo con un tamburo che ne annuncia la venuta, è sufficiente il suono di questo strumento per procurare brividi di paura al protagonista della storia. Le battute iniziali di "Secret And Desire" presentano i classici tratti distintivi di una ballad, i Led Zeppelin entrano prepotentemente in gioco nella struttura del brano; penetranti sonorità semiacustiche ed un Michael ispiratissimo rielaborano nelle strofe quell'aura colma di misticismo contenuta in alcune delle opere più oscure dei mitici inglesi, con il trascorrere dei minuti i toni elettrici ed aggressivi creati dalla chitarra prendono il sopravvento tramutando la track in una rocciosa marcia heavy oriented, lo schema viene ripetuto due volte ed oltre al duetto tra Conti e Vescera mette in luce la rimbombante batteria di Lang (il suo stile stile ricorda quello dell'indimenticato John "Bonzo" Bonham per classe e potenza esibite). Il testo mischia fantasia e realtà; un bambino un giorno salva una farfalla, diventato ragazzo scopre che quella farfalla era un segnale per conoscere un segreto ma spreca l'occasione per scoprirlo e lo lascia perdersi nell'oscurità e nella dimenticanza. "Sexy Fire" punta all'essenza del metal muovendosi attraverso un andamento veloce e lineare; Sebastiano crea un significativo trait d'union tra le vorticose ritmiche dei Rainbow, i virtuosismi di Yngwie Malmsteen (rintracciabili soprattutto nell'assolo) e le accattivanti melodie presenti in buona parte dei lavori realizzati a Los Angeles negli anni ottanta, Boals e Macaluso in questo campo hanno sempre vinto a mani basse ed infatti il loro contributo offre un'ulteriore nota di merito in una scheggia in grado di appassionare tutti gli adoratori degli artisti sopracitati. Le frasi indicano un invito molto esplicito ad una ragazza a lasciarsi travolgere dal fuoco di un rapporto sessuale selvaggio e disinibito, il protagonista decanta le proprie qualità nel muovere la pelvi e ripete insistentemente di aver bisogno di lei per calrmare il proprio ardore. "Lights And Shadows" in oltre sei minuti di durata mostra il volto più vario e personale di Conti; la chitarra acustica nell'intro reinterpreta le atmosfere caliginose tipiche delle pellicole western, Michael segue questo mood intonando una misteriosa litania ma in pochi istanti con l'ingresso degli strumenti elettrici il pezzo assume la forma di un mosaico sonoro che sorprende per l'incessante varietà di soluzioni ritmico/melodiche proposte. L'alternanza tra sonorità unplugged e quelle di pura ispirazione hard'n'heavy pone in risalto l'ottimo lavoro di Leggio ed accentua la sensazione di smarrimento riversata dall'ex Loudness. Le liriche descrivono un individuo che sembra prossimo alla morte ma per qualche motivo imprecisato viene tenuto in vita e gli vengono spiegate tutte le cose belle che deve ancora fare come stare con i figli ed invecchiare, il chorus rivela una profonda spiritualità esternando più volte la frase "grazie Dio per aver salvato mio figlio". "Justify Blues" come si evince dal titolo è un intermezzo semi-strumentale ispirato dai giganti del genere (con B.B. King, Robben Ford ed il compianto Stevie Ray Vaughan in prima fila) il trasporto e l'improvvisazione mostrano un'alchimia da band di consolidata esperienza tra Sebastiano, Giuseppe e Corrado; i tre inizialmente eseguono una melodia semplice e allegra ma nel break il clima diventa più teso, Leggio colpendo con vigore sul rullante guida una marcia minacciosa pronta ad esplodere con tutta la sua forza nel rapido assolo ed in una breve parte narrata tratta dalla colonna sonora di The Skeleton Key (inquietante horror movie del 2005 diretto dal regista britannico Iain Softley). La voce in sottofondo rivolge una preghiera a Dio, la richiesta è quella di liberare chi parla del dolore e delle pene terrene e richiamarlo a sé. L'attitudine degli anni ottanta torna alla ribalta in "Magic Rhyme"; rispettando la tradizione dei virtuosi più apprezzati dell'universo metallico Conti esegue un brano capace di esaltare le sue doti tecniche, accelerazioni e rallentamenti si susseguono senza un attimo di sosta (l'influenza esercitata da album monumentali come Holy Diver e The Last In Line è percepibile in ogni momento). Sotto l'aspetto puramente tecnico il siracusano raggiunge l'apice nei sessanta secondi di un assolo tempestoso ed iper-melodico mentre le indiavolate performance di Mark e John accompagnano la corsa del guitar player con una massiccia dose di cattiveria. Nella storia del pezzo un ragazzo conosce una filastrocca tramandatagli dal padre che evoca una strega che divora le persone, non ne è terrorizzato ed anzi cerca la sua compagnia, per questo motivo comincia ad avere il sospetto di esserne il figlio. "The Beach" rappresenta un altro lato della creatività di Bastian; muovendosi tra i territori di un piacevole rock cadenzato e di ampio respiro il musicista compone un crescendo emotivo caratterizzato da un approccio differente rispetto a quello mostrato negli altri brani (immaginate i Mr. Big nella versione easy listening con Vescera al posto di Eric Martin) la timbrica passionale di Michael è semplicemente perfetta nel tratteggiare ogni frammento della traccia ed accentua un lavoro sulla sei corde che si distingue per un efficace utilizzo dell'effetto wah-wah. Il testo riporta un'immagine di anni felici e lontani, rappresentata da un momento vissuto su una spiaggia soleggiata con un forte vento e con dei ragazzi che correvano e si divertivano, il ricordo lascia un senso di vuoto perché appartiene al passato e non c'è modo di ritornarci. Uno scenario introspettivo e notturno avvolge la ballad acustica "The Fisherman", la chitarra compone una delicata linea melodica sulla quale si eleva la voce intensa e profonda di Mark; per comprendere la magia del brano nella sua totalità è necessario chiudere gli occhi e lasciarsi accarezzare da questa vibrante sequenza di note che rivela una sensibilità fuori dall'ordinario. Un refrain ipnotico ed un incantevole finale marchiato dal tono solenne del singer statunitense completano il quadro di uno dei momenti più emozionanti di Among My Giants. Le frasi descrivono la figura di un pescatore annerito dagli anni passati sotto il sole e che custodiva il canto delle sirene, apparentemente è un personaggio quasi mitologico che il protagonista invoca per proteggerlo in un mondo oggi divenuto oscuro e in cui il mare non è più così blu come era una volta. Un vorticoso riff ai confini del thrash costituisce l'incipit di "Song Of The Dream"; l'inconfondibile stile di Appice è nuovamente sugli scudi nella costruzione di una base dinamica e coinvolgente, Michael non è da meno nel proporre un'estesa varietà di soluzioni vocali, nel ritmo veloce delle strofe e del bridge il singer sprigiona la sua grinta per poi sfociare nella dolcezza di un arioso ritornello cadenzato completamente avvolto da echi ottantiani. Un indomito Conti lascia un segno profondo con dei suoni distorti e rabbiosi senza però trascurare quella componente melodica che nella maggior parte dei casi determina il valore di una traccia. Le parole raffigurano la canzone d'amore di un menestrello innamorato di una bellissima regina, essendo di umili origini non potrà mai incontrarla, la canzone esprime come unico desiderio quello di poter essere ammesso alla sua presenza e oltrepassare l'arcobaleno ("this is the song of the dream/just one desire is to walk over the rainbow"). Nell'intro di "Soul Hunters" Sebastiano compone un riassunto di ottanta secondi di tutti gli stili racchiusi nelle tracce precedenti; i potenti intrecci ritmici seguiti da una rapida serie di vitruosismi e melodie creano l'input di una freccia scagliata con grande impeto, Boals sfodera la consueta interpretazione piena di energia e Macaluso punta tutto sull'impulsività picchiando violentemente il suo drum kit. Le origini del power metal europeo emergono a più riprese nella struttura del brano trovando la dimensione ideale nel grintoso refrain e nelle suggestive armonizzazioni elaborate dall'axeman. I cacciatori di anime del titolo rappresentano delle figure enigmatiche che vivono nel cuore del protagonista e lo spingono verso la libertà. La chiusura del platter è affidata alla toccante "An Angel Named Jason Becker", Conti in una ballad trainata da un arpeggio tenue e malinconico porge un tributo ad un grande artista da prendere come esempio per il modo con cui sta affrontando da quasi un quarto di secolo quella terribile malattia chiamata SLA, il timbro intenso di Michael ed i raffinati interventi del chitarrista rivelano una marcata emotività perennemente in bilico tra malinconia, voglia di reagire e andare avanti senza mai arrendersi. Il siracusano dimostra quanto sia stata importante l'arte di Becker per la sua formazione come musicista rileggendo nell'assolo la parte introduttiva di The Ninja (terza traccia di Speed Metal Symphony, indimenticabile debut album dei Cacophony del 1987) le commoventi parole del ritornello scrivono l'epilogo in una spirale che arriva dritta al cuore. Nel testo Jason è raffigurato come un angelo sceso dal paradiso perché attratto dal suono terreno della chitarra. Dio gli ha donato un talento infinito trasformandolo in una straordinaria fonte d'ispirazione per milioni di chitarristi, un demone feroce e invidioso ha provato ad ucciderlo ma la sua leggenda non morirà mai.
La nuova avventura di Bastian è iniziata sotto i migliori auspici; Among My Giants è un lavoro maturo, pronto a competere ad armi pari con le produzioni internazionali odierne e che pur avendo degli innegabili punti di riferimento non si limita ad uno sterile copia e incolla ma esprime una spiccata personalità destinata a crescere costantemente nei passi successivi. In quasi settanta minuti Sebastiano ha delineato in maniera completa ogni caratteristica del suo songwriting raggiundendo così tutti gli obiettivi prefissati, naturalmente la presenza degli special guests rappresenta un eccellente valore aggiunto che non risulta mai predominante integrandosi con naturalezza in una formula avvincente e ricca di motivi di interesse, con queste premesse è più che lecito domandarsi cosa potrà riservarci Conti in futuro..
1) Odyssey
2) Moter Earth
3) Hamunaptra
4) Tambourine Song
5) Secret And Desire
6) Sexy Fire
7) Lights And Shadows
8) Justify Blues
9) Magic Rhyme
10) The Beach
11) The Fisherman
12) Song Of The Dream
13) Soul Hunters
14) An Angel Named Jason
Becker