BASTARDOS
Bastardos
2015 - Indipendente
FABRIZIO IORIO
15/06/2015
Recensione
Attivi dal 2009, i Bastardos si presentano sul mercato con il loro primissimo full-lenght, intitolato semplicemente “Bastardos”. Parliamo di un terzetto, composto da Damian Alfaro (voce e basso), Tomas Doglioli (chitarra) e Tomas Creatini (Batteria). Provengono dall'Argentina, precisamente da La Paternal, un quartiere di Buenos Aires fondato nel lontano 1904. A giudicare dai cognomi dei tre membri che compongono la band, possiamo dedurre che un qualche collegamento con la nostra nazione ci possa anche essere: il fatto è che, molto probabilmente, i primi abitanti di questo quartiere e di quelli in concomitanza erano per lo più migranti italiani, scappati all’estero per cercare fortuna. Detto ciò, i Nostri ci propongono un sano e crudo thrash metal di vecchia scuola, con song dirette e di sicuro impatto, cantate completamente in lingua madre. I primi passi mossi dalla band risalgono ai tempi della formazione, con un demo rilasciato appunto nel 2009 dal titolo “KM 24”, dalla durata complessiva di dieci minuti abbondanti, contenente tre tracce. Due anni più tardi viene rilasciato un secondo demo in formato cassetta, cosa piuttosto curiosa dato il periodo (una scelta “vintage”, se vogliamo), contenente curiosamente tre tracce nel primo lato e le stesse tre nel secondo, per una decina di minuti scarsi di musica, dal titolo “Descraneados en las Calles”. Sei anni alle spalle non sono molti, ma nemmeno pochi, quindi nel 2015, ecco il primo disco vero e proprio nonché omonimo, nel quale sono presenti dieci tracce dal sapore old-school. Il Sud America è una terra molto incline alle sonorità thrash, con band che hanno saputo scrivere pagine importanti della storia del metal. Basti pensare agli immortali Sepultura, che partendo dal brasile, sono riusciti a far conoscere la propria musica a tutto il mondo, diventando un punto di riferimento per moltissime band, che tutt'oggi vogliono iniziare ad intraprendere l'affascinante e faticosa carriera di musicisti. Sempre dalla terra verdeoro, non possiamo non menzionare i seminali Sarcofago, band che ha saputo evolversi con il tempo e cambiare pelle, legata a doppio filo con gli appena citati Sepultura, dato che il cantante Wagner Lamounier è stato il primissimo singer della band capitanata dai fratelli Cavalera. Non solo gruppi importanti che hanno comunque il pregio ed il prestigio di essere conosciuti in ogni parte del globo, anche nuove realtà si stanno facendo largo nell'affollato panorama metallico; come per esempio i colombiani Sick Faith, autori proprio quest'anno di un disco capace di farli uscire dalla massa, con una proposta ben definita sempre sui canoni del genere, ma con quel tocco moderno che gli conferisce una buona personalità. Tornando a parlare dei nostri Bastardos, non possiamo non notare sin dalla copertina un attaccamento territoriale e storico, lo stesso che si respira in quelle zone. Viene raffigurato, infatti, un totem sulla cui alla cima svetta un teschio trafitto da una lancia: alle estremità del teschio notiamo due piume pendenti, il tutto è sorretto da un’asta in legno che consacra questo “feticcio” dai caratteri sacrali, che sicuramente richiama le tradizioni indigene delle antiche popolazioni precolombiane. Vediamo quindi di scoprire cosa si cela dietro questi moniker ed artwork così minacciosi, e di cosa sono capaci questi tre ragazzacci.
“Agonia” è la traccia destinata ad aprire le ostilità, e subito veniamo travolti da una violenza senza compromessi. Batteria a mille, riffing magnetico ed esasperato, spezzato solo in parte da qualche piccolo rallentamento. Un ottimo inizio, che prosegue per oltre un minuto, fino a che non fa la sua comparsa il cantante, che vomita strofe a ripetizione ad una velocità forse troppo elevata. Notiamo nell'immediato, che il suo cantato è accompagnato da un leggero eco, che non ne impreziosisce la voce, ma la rende un po' troppo caotica. Si riparte sempre velocissimi e senza un attimo di respiro, con un assolo discretamente eseguito, che non risulta comunque fine a se stesso, ma si amalgama bene con le ritmiche proposte. Un'altra strofa (sempre fin troppo veloce) ed un bel riff ci avvolgono con tutta la loro potenza, per poi terminare con colpi di tom e chitarra bella carica di potenza. Un brano piuttosto corto, che ha una bella carica e si lascia ascoltare piuttosto bene. Solamente, la voce è un po' troppo enfatizzata in alcuni frangenti, e quel leggero eco risulta un po' ostile all'ascolto. Il testo parla di putrefazione mentale, che può essere ricollegata all'alienazione sempre mentale, quella che siamo inconsciamente costretti a subire dai media e da persone senza scrupoli, per intenderci. Ci invadono la testa con le loro assurde idee, in maniera così pesante da farci scoppiare il cranio, non abituato a sopportare tanto “peso”. Anche il nostro corpo, a livello fisico, risente di tutta questa pressione esagerata, con il cervello che manda segnali devastanti al resto del nostro fisico, stanco e provato. E' un problema grosso, che non tutti riescono a percepire; siamo come dei burattini in mano a manipolatori professionisti, che non vogliono interessarsi, per tornaconti personali, al bene collettivo, ma non si fanno comunque grossi problemi ad impegnarsi per farci soccombere, per poter poi marciare sulle nostre carcasse, spremendoci all'inverosimile. Di questo passo, non saremo molto differenti a degli automi. Seconda song, “Horror Celestial”, inizia in maniera totalmente differente dalla sua precedente, ovvero lenta e claustrofobica. Quasi nell'immediato, i toni accelerano, e un bel mid-tempo la fa da padrone. Ottimo il feeling creato, molto bella e potente questa prima parte; la prima strofa è cantata in maniera decisamente molto più controllata, ma permane sempre quel leggero eco che distoglie un po' l'attenzione. La parte strumentale è molto bella ed efficace, ed al minuto 2:18 è presente uno stop generale che lascia spiazzati, per poi ripartire in modo leggero; ma è solo una soluzione temporanea, perché si accelera alla grande con una batteria velocissima ed un assolo schizofrenico e ben strutturato. I toni si pacano leggermente, e si riparte con un'altra strofa piuttosto ben eseguita ed un tripudio di piatti che si fanno sentire, mentre la sezione ritmica viaggia su coordinate molto pesanti e convincenti. Damian riprende con il suo cantato particolare, per poi lasciare alla strumentazione il compito di chiudere il brano, con doppia cassa sostenuta e riffing violento. Viene evidenziata, in questo testo, la condizione d'essere schiavi della religione. Si parla in generale, di come siamo schiavi nell'essere così attaccati alle nostre credenze. Chi professa un determinato credo cerca di manipolarci in tutti i modi, ricorrendo molte volte alle bugie ed alle menzogne. Certe persone ci assorbono la vita, ci consumano cercando di renderci succubi delle loro fantasie. L'atteggiamento umano generale è quello di restare in ginocchio per adorare coloro i quali vengono creduti dei “salvatori”, pronti in qualsiasi momento a venire a sistemare le cose. In realtà, essere inginocchiati è un segno di schiavitù, un segno di resa verso la vita stessa. Siamo talmente assuefatti dalla pratica della “genuflessioni” che molte volte destituiamo la carica sacrale della preghiera per invece rivolgerci a Dio per questioni assurde e materiali, mentre ci sono sicuramente situazioni più serie che non vengono prese in considerazione. Riallacciandosi al testo della traccia d'apertura, si pensa troppo ai beni di consumo materiali, e si perdono di vista le cose importanti della nostra esistenza. “Almas Combativas” è un brano che troviamo presente nel loro primo Ep “KM 24” e qui riproposto. L'inizio è dettato da un riff che ha un sapore prettamente anni ottanta. Raggiunta la chitarra dalla batteria di Tomas, si parte con una cavalcata imponente, che lascia giusto un momento di pausa per far respirare l'ascoltatore, per poi ripartire ancora più veloce di prima. La prima strofa viene detonata in maniera veloce e prepotente, mentre la sezione ritmica non evidenzia cenni di cedimento. L'incedere è praticamente devastante, e sempre su coordinate velocissime, troviamo un assolo piuttosto ben fatto, anzi, si può dire che quest’ultimo impreziosisce di molto la song in questione. Dopo un ritornello di discreto impatto, ed un'altra strofa un pochino caotica ma piacevole, fa capolino un ottimo momento dettato da chitarre pesanti e batteria imponente, che dura purtroppo solo qualche secondo, per poi riprendere senza sosta, con doppia cassa precisa e chirurgica, ed un ultimo chorus che sancisce la conclusione di questa terza traccia. La song non è particolarmente elaborata, ma punta tutto sull'impatto generale ed una attitudine “in your face”, che ne fa apprezzare il livello comunque buono di cui gode sia la parte lirica, che (soprattutto) la parte strumentale e compositiva. Fin qui, sicuramente si pone come la migliore tra le presenti. Il testo parla appunto delle anime combattive della cultura Andina, ovvero della resistenza che la popolazione delle Ande fu costretta ad esercitare con l'arrivo degli spagnoli, pronti ad invadere gran parte del territorio sud-americano. Nell'aria si possono sentire ancora oggi le eco di battaglie infuocate, ancora oggi custodite nella mente della gente, episodi che non verranno mai dimenticati. I vecchi ricordi tornano sempre, si fanno sentire nuovamente ed infliggono ancora dolore a chi ha sofferto durante la colonizzazione. Ma sono proprio tutta questa sofferenza e questi ricordi che spingono la gente a continuare con forza ad essere fieri della propria cultura, ancorata a radici remote, per forgiare i nuovi indios che verranno, dando una continuazione ad una generazione che non merita l'estinzione. Qui si capisce molto bene quanto la band sia attaccata alle proprie origini. Questo è un bene, perché bisogna sempre cercare di portare avanti la cultura con la quale siamo legati nel profondo. Ogni terra, ogni paese ha la propria identità, ogni uomo non deve mai dimenticarsi da dove proviene e i Nostri ragazzi cercano di esprimere le proprie convinzioni, tramite l'arte della musica; un modo come un altro, per alzare la voce e dichiarare amore verso la propria patria. Inizio infuocato per “Apocalipsis Thrash”, con batteria fuori controllo e chitarre velocissime di puro stampo Thrash. Il singer Damian non perde tempo a farsi sentire, con una strofa molto veloce ed esasperata. Una brevissima pausa sembra voler quasi cercare di cambiare un po' le carte in tavola, ma è solo un'illusione, perché si riparte alla grande e sempre in maniera violenta. Dopo una seconda parte che ricalca in pieno la prima, ecco che ci troviamo di fronte ad un cambio di tempo, molto più ragionato e d'impatto, per poi nuovamente si ritorna a picchiare duro, con l'ingresso da parte di Tomas, che con un assolo sostanzialmente diviso in due parti riesce a dare un qualcosa in più alla song. Non appena si ripresenta il cantato, le rasoiate di chitarra ricompaiono, così come le velocità sostenute fino ad ora, togliendo letteralmente il respiro. Il brano si conclude con una cavalcata sonora che lascia spazio, sul finale, a colpi di batteria e accordi secchi e distorti. Da segnalare che anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un brano presente nel secondo EP della band “Descraneados en las Calles”, del 2011. Diciamo che la traccia non brilla certo per originalità, ma grazie ad alcune trovate per smorzare un po' il ritmo riesce comunque a farsi ascoltare e soprattutto coinvolge in una sorta di headbanging, da sfoderare con le cuffie addosso e successivamente in sede live. Si parla di apocalisse, ma non a livello globale; una sorta di sfogo, una rabbia ed una voglia di rivincita per i soprusi e le violenze subite fin'ora. Una lezione di violenza, dove troviamo citato nel testo il verso “cieli neri nascondono le ferite”, parole che quasi vogliono comunicarci la volontà di nascondere i segni di battaglie mai tollerate, l’impossibilità di reagire. Allora noi proseguiamo il nostro cammino, noncuranti dei corpi che giacciono a terra, calpestandoli, un forte segno che il nemico non troverà pace nemmeno da morto. Le strade diventeranno infuocate, le case date al rogo, e noi valorosi guerrieri, continueremo per la nostra strada, consapevoli di avvicinarci alla morte. Le nostre vite vengono continuamente inondate da piogge di sangue, le nostre anime sono ormai deviate e corrotte; è giunto il momento di fermare tutto questo facendoci giustizia da soli. Poco importa se dovremo infliggere altra sofferenza, dobbiamo far capire cosa si prova essere feriti nell'animo, e sempre far capire tutto quello che abbiamo passato sulla nostra pelle. “34 Pugnaladas” è una breve song strumentale che si apre con note di basso e rintocchi di batteria. Successivamente, entra in gioco anche la chitarra e la velocità aumenta in modo esponenziale con batteria a martello e riffing lacerante. I toni si smorzano quanto basta per variare la proposta, per poi riprendere in maniera costante e prepotente. Troviamo sul finire, un altro rallentamento generale che va a chiudere questo breve intermezzo, con la chitarra che stride, mentre il tutto si ferma all'improvviso. Discreto brano spartiacque, che non aggiunge nulla a quanto sentito fin'ora, ma che si fa ascoltare in attesa della prossima canzone, della quale funge quasi da intro. “Siniestra Cultura De Poder” si presenta con un bel riff, che sa molto di Sepultura vecchio stampo, con un mid-tempo iniziale che vede accelerarsi in modo improvviso. Il singer non perde tempo a proporci una prima strofa veloce e potente, mentre l'accompagnamento è molto ben riuscito e caratterizzato da un'attitudine thrash come mai prima d'ora. Un'ottima cavalcata sonora investe i padiglioni auricolari con un assolo a volte disturbante e contorto, che attende ancora una volta Damian, il quale non si fa scrupoli ad essere particolarmente incisivo e convincente. La violenza mai fine a se stessa non accenna a diminuire, annichilendo letteralmente il malcapitato con ottime soluzioni tipicamente dirette e senza nessun tipo di indugio. Il batterista, nel suo incedere, compie un ottimo lavoro di accompagnamento, dettando i tempi in maniera perfetta e soprattutto picchiando inesorabile senza mai avere alcun segno di cedimento. La chitarra viene ripetutamente ”stressata”, mentre il basso dello stesso singer si sente molto bene ed è un perfetto compagno strumentale per far risaltare i suoni carichi di rabbia. Anche in questo frangente ci troviamo di fronte ad una traccia piuttosto semplice, dall'animo rabbioso. Liricamente parlando, in questo caso andiamo ad affrontare il tema politico e sociale, che risulta essere un problema serio per molti paesi; anzi, probabilmente lo è un po' dappertutto. In questo specifico caso, troviamo una forte denuncia verso una classe politica che ha messo in ginocchio un'intera nazione. La prima e significativa frase, “Strade disseminate di morte e violenza, create da maiali che non ci rappresentano”, dice sostanzialmente tutto. Esprime un pensiero comune di disagio, di qualcosa che non funziona e che non ha intenzione di funzionare. Questa gente, che dovrebbe rappresentare il popolo, cerca solamente di arricchirsi sulle spalle degli altri, creando caos e violenza. Ci hanno impiegato anni per schiavizzare l'uomo, ma alla fine in un modo o nell'altro ci sono riusciti, manipolando la gente a proprio piacimento, facendo credere a tutti che da sempre hanno cercato di fare il bene per il loro popolo. Invece, lucrano su ogni cosa; sulle imprese che dovrebbero far girare l'economia del paese (mangiandoci sopra in maniera cannibalesca), ad esempio. Quello che portiamo in tavola è solo veleno spacciato per cibo, il senso di rabbia cresce sempre di più, e l'unica soluzione per fermare tutto ciò è ribellarsi e combattere. Bisogna farlo tutti insieme, uniti più che mai per la nostra libertà; solo così riusciremo a porre fine a questa schiavitù forzata, in modo da riacquistare anche una dignità che con il passare del tempo è venuta a mancare. “Tierra Saqueada” parte monolitica e prepotente, con un incedere controllato e ben strutturato. Ottimo momento musicale che viene accentuato dal cantato molto più pacato da parte di Damian. I piatti della batteria si fanno sentire e la chitarra compie un lavoro decisamente convincente nell'assecondare la cattiveria sonora proposta dal combo argentino. Le strofe non sono più veloci e caotiche, e fortunatamente riescono ad evidenziare una buona tecnica, che fin qui era stata un po' nascosta dalla voglia irrefrenabile di picchiare duro a tutti i costi. Il lavoro generale è buono e si assesta su ottimi livelli, risultando pesante ed avvolgente come mai fatto prima. Una bella e lunga parte strumentale con un leggero cambio di tempo ci fa apprezzare ancora maggiormente la bellezza dei riff proposti, che ricordano vagamente le sonorità dei primi Metallica, per poi aumentare considerevolmente il ritmo fino alla fine della traccia. Altro testo di denuncia, verso chi ha rovinato una terra piena di fascino e bellezza: gente che si arricchisce lasciando morire di fame le persone, paesaggi desolati, uccisi da menti malate che inquinano il nostro habitat con ogni tipo di sostanza tossica. Ogni tipo di natura essenziale per la vita viene rovinata per colpa del dio denaro; alberi tagliati, fiumi inquinati e terre bruciate per volere di chi pensa solo a se stesso. Continuano ad accumulare ricchezze senza farsi un esame di coscienza, senza chiedere perdono per ciò che è ormai andato perso, lasciandoci trasportare verso un destino, che non abbiamo scelto noi e che ci è stato imposto senza la nostra approvazione. Lasciano del tutto le briglie i nostri Bastardos con “Violenta Tempestad”, che con un inizio al fulmicotone puntano tutto sull'impatto generale. Dopo un buon riffing in solitaria, Damian si presenta violento e graffiante, per una prima parte di sicuro fascino. La sezione ritmica risulta inizialmente un po' più varia nel proporre il proprio sound, cosa che può fare solo piacere. Si riparte alla grande, con chitarra stile motosega e batteria incontrollabile, mentre il cantato continua imperterrito nel suo sporco lavoro, in maniera più controllata rispetto al solito. Al minuto 1:13 veniamo avvolti da un' ottima parentesi strumentale, molto pesante ed accattivante, che nell'immediato riprende con velocità sostenuta e ci propone un assolo altisonante e piuttosto ben eseguito. Si riparte con la solita velocità di base, ma la rabbia che si respira dalla voce del singer è tremendamente vera, con picchi di frustrazione che si riescono a percepire senza troppi problemi. Sicuramente una cosa positiva, dato che l'intento è proprio quello di far cogliere le emozioni che la band stessa vuole trasmettere. Il pezzo si conclude sfumando i suoni di chitarra, che vengono lasciati liberi di esprimersi quasi come una sorta di scioglimento delle catene. Continua la battaglia per la libertà, ma questa volta troviamo l'unione indiscussa di tutti ed il coraggio di voler a tutti i costi cercare e trovare uno spiraglio di indipendenza. Ci saranno spargimenti di sangue, urla disumane e disperazione, ma questo non fermerà la voglia di rivincita e vendetta. Le morti non fermeranno la nostra volontà, il nemico ha le ore contate. Si raggruppa per fermare l'insurrezione, ma niente potrà fermarci in questa notte oscura e violenta. Il popolo è scontento, non ha più alcun senso continuare a vivere in questo modo, bisogna cambiare il corso del nostro destino, consapevoli che molti moriranno per una giusta causa. Il percorso verso il cambiamento è duro ed ostile, ma solo rimanendo uniti riusciremo a cambiare le cose. Viene risvegliato in noi il senso di sopravvivenza, assaporandone il costante avanzamento; siamo ad un passo dalla libertà, ma ci sono ancora molte mura da abbattere in questa notte inondata di rabbia. “Fabrica del Terror” si presenta con una batteria devastante, mentre la chitarra arriva a prendersi la scena con suoni distorti e pesanti. Dopo una prima strofa ben eseguita, la doppia cassa entra in scena, e la velocità aumenta senza esagerare. Una seconda parte è condotta in maniera esemplare, con una buona struttura che farà sicuramente felici gli estimatori del genere proposto. Al secondo minuto, ritroviamo la violenza espressa che tanto ha caratterizzato il disco, con una dose massiccia di rullante e doppia cassa iper veloce, ed un assolo che si comporta molto bene, pur non facendo gridare al miracolo. Il muro sonoro eretto dai nostri è veramente ben fatto ed eseguito, conferendo senza dubbio a questo episodio la palma di miglior song dell'intero lotto. Il riffing è tremendamente bello e riesce a catturare l'attenzione in maniera semplice ma efficace, complice una batteria sempre impeccabile ed un basso che ne accentua il risultato finale. Ottimo brano, che risulta essere un po' diverso per attitudine rispetto agli altri e che emerge per personalità e brillantezza. Le liriche sono molto brevi, sostanzialmente sono divise in tre strofe, ma anche qui sono di forte significato; le nostre anime sono talmente corrotte ed inondate di menzogne che non ci appartengono più, anche il nostro corpo risente di questa situazione, e stentiamo a credere che anch'esso appartenga a noi. E' stato preso, rubato senza il nostro permesso, e quando capiremo tutto ciò, grideremo dal terrore e dalla paura di non riavere più indietro la nostra esistenza. La fine è ciò che spetta ad ognuno di noi, e come la band stessa afferma, “dal collo presto sarai appeso”, capiamo che non esiste via di fuga. Il nostro destino è in mano a chi vuole il potere e decide chi far sopravvivere e chi no. Un giorno forse finirà tutto questo, ma altro sangue dovrà essere versato sulle strade, con la speranza che la gente non sia morta invano, in modo da poter cambiare sul serio ed in meglio, una vita piena di sofferenze. “La Massacre” è l'ultimo brano di questo lavoro, e la partenza è terremotante e senza sconti. Una breve apertura di chitarra introduce la sezione ritmica, che senza troppi indugi inizia a macinare senza pietà. Un altro solo di chitarra ritmica, e si parte con tutta la cattiveria possibile, e tornano i vocalizzi veloci ed un po' caotici che caratterizzano l'intero disco. Velocissimo il ritmo, con batteria che viaggia senza sosta fino ad un leggero momento in cui viene lasciato spazio nuovamente alla sei corde, per poi riattaccare con un assolo di ottima caratura e ritmiche serrate a dovere. Alla conclusione di quest'ultimo, una bellissima cavalcata ci travolge nell'intento di farci coinvolgere ulteriormente, e devo dire che ci riesce in pieno. Prosegue un susseguirsi di bordate veloci ed a tratti caotiche, che però riescono a dare una giusta e degna conclusione ad un disco che risulta essere omogeneo e piuttosto compatto. Ci troviamo nuovamente davanti ad un brano di scarsa durata, dove la band predilige ancora una volta un'impostazione tipicamente diretta e senza troppi virtuosismi. A livello tematico, poi, abbiamo tematiche simili a quelle fino ad ora incontrate. La fortuna inizia a girare le spalle, e chi credevi un amico ti venderà per salvarsi la pelle, e rimarrai solo. Le forze dell'ordine non avranno pietà per te, il popolo comprerà la tua vita e risucchierà la tua anima. Passerai molte notti senza poter dormire, chiuso in una cella fredda e buia, in attesa che il tuo destino venga deciso dalle autorità. Nessuno poteva immaginare che saresti sopravvissuto per raccontare questa tragedia, ma ora ne dovrai pagare le conseguenze. Sai benissimo che non ci sarà clemenza alcuna, perché la polizia stessa è corrotta fino al midollo, e rimane solo la speranza che arrivi la libertà tanto desiderata, tramite la morte. Qualcuno dovrà pagare per questo, dovrà ridare quella speranza ormai seppellita da tempo e quel senso di liberazione che tanto andiamo cercando.
Si conclude così la nostra analisi di un disco che risente sicuramente della forte influenza della propria terra d'origine, con tutte le sue problematiche e la sua storia (elementi ben noti a tutti grazie alle vicissitudini economiche dell’Argentina degli ultimi anni, divenute argomento di discussione su vari mass media) soprattutto a livello lirico. I testi non sono molto lunghi o articolati, ma possiedono un'anima propria; risultano molto significativi e legati in maniera quasi viscerale all'origine della band, risultando maturi e ben espressi. A livello prettamente musicale dobbiamo dire che, ogni tanto, un senso di caos generale affiora in maniera troppo evidente, mentre altre volte si percepiscono le potenzialità di una band che ha comunque molto da dire. Certi passaggi, certi riff e certe soluzioni sono ancorati al Thrash vecchia scuola, e sono anche espressi in maniera piuttosto convincente, cercando di mettere qua e là un tocco di personalità. Personalità che non manca di certo ai Nostri, ma che troppo spesso si devono divincolare tra passaggi sempre veloci che sembrano un po’ sfuggirgli di mano ed un cantato che, quando più controllato, risulta molto ben espresso, mentre quando viene recitato in maniera troppo spinta sembra voler essere accelerato ed estremizzato a tutti i costi, risultando a volte un po' fuori luogo. Rimane comunque un buon lavoro, che ci consegna sia una band in forma e volenterosa di emergere ma anche una scena (quella sud-americana) in continuo fermento soprattutto in ambito thrash metal. La scelta di una formazione a tre è sicuramente coraggiosa, dato che con una sola chitarra per un genere come questo non è facile proporre un determinato sound, ma ci sono state band di assoluto spessore che ne hanno fatto un loro punto di forza, ad i Nostri si augura certamente pari fortuna. Pur essendo autoprodotto, i suoni sono azzeccati, con il basso messo bene in evidenza, e la chitarra graffiante quanto basta. La batteria è molto ben registrata, ed il lavoro di Tomas è sicuramente da apprezzare, pronto a demolire letteralmente il suo drum-set. Sicuramente, chi ama questo genere incondizionatamente non rimarrà assolutamente deluso da questo disco, dato che si possono trovare numerosi elementi che faranno sicuramente la felicità di molti, mentre per gli altri, consiglio di ascoltarlo varie volte per poter apprezzarlo appieno, e trovare la song che fa per voi. Non resta quindi che aspettare una nuova release, ed ascoltare i nuovi passi avanti che sicuramente ci saranno.
1) Agonia
2) Horror Celestial
3) Almas Combativas
4) Apocalipsis Thrash
5) 34 Punaladas (instrumental)
6) Siniestra Cultura De Poder
7) Tierra Saqueada
8) Violenta Tempestad
9) Fabrica del Terror
10) La Massacre