BAD BONES
Snakes & Bones
2012 - Bagana Records
VALENTINA FIETTA
09/11/2012
Recensione
"In questo momento siamo in studio per registrare il nostro terzo album che uscirà a novembre e ti posso dire che sarà una vera bomba!" Cosi Steve, il bassista dei Bad Bones appunto, mi aveva parlato della nuova release a luglio quando ho avuto piacere di intervistarlo, e in effetti ora che mi accingo a recensirla non posso che confermare che si tratta di un passo in avanti per la band che dimostra grande coerenza, creatività e sempre quella scanzonata voglia di divertirsi a cui ci hanno abituato nel tempo. L'irriverente gruppo di Cuneo nato nel 2007 e già autore del travolgente "Smalltown Brawlers" e "A Family Affair" stavolta davvero scuote le radici dell'hard rock e ce lo serve in un disco tutt'altro che commerciale , presentando nella nuova release, in uscita ufficiale proprio oggi, "Snakes & Bones" : 11 vere inizioni di rock'n'roll sfrontato, polveroso ed a tratti eccitante, scanzonato, perfino con alcune belle spruzzate di blues. Prima di affrontare il disco sottolineo la novità in questo album, per altro preannunciata, cioè l'inserimento nella line-up di una nuova voce: Max Malmerenda. "Conoscevamo Max da tempo e sapevo che oltre ad essere un cantante incredibile era un ragazzo con grandissime risorse umane e l'intesa che abbiamo trovato con lui durante una jam alla fine di un concerto a MIlano è stata così grande da farci venire voglia di tirarlo dentro" commentava a luglio Steve. E non si può che concordare con lui! Come vocalist è piuttosto dotato, e per un genere come questo il suo timbro caldo, roco e a tratti graffiante è il miglior valore aggiunto che si poteva dare alla band; inoltre ho notato che la presenza di un cantante a tutto tondo ha permesso agli altri componenti di dedicarsi maggiormente ai loro strumenti ,curare gli arrangiamenti in modo più preciso e concentrarsi di più nei cori. Quindi pollici in alto quindi per la new entry!
L'opener track è affidata al grintoso pezzo "Don't Stop Me" che grazie ad una buona intesa iniziale tra chitarra e batteria fa da subito facile presa nell'ascoltatore, e si sviluppa per tutta la durata in maniera energica e sfrontata, secondo la formula del tipico rock n roll scanzonato. Anche nel testo rimaniamo ancorati alle tematiche del tipico r'n'r di strada in cui il protagonista canta a squarcia gola una specie di inno alla sua vita sregolata, e ai suoi intenti di andare in Messico inteso come luogo delle sfide: "Living on the wild side/ Living on the road/ I gotta search for something/ Something more/In the devil's place I'm not alone? Don't stop me /Baby don't stop me on the way to Mexico /Don't tell me/The way I gotta do it" ( Vivendo nel modo selvaggio/ Vivendo nella strada/ Sto cercando qualcosa/ Qualcosa di più/ Non fermarmi / Baby non fermarmi nella strada per il Messico/ Non dirmi come devo fare"). Il pezzo ribadisce il messaggio che ritroveremo in tutto l'album: I Bad Bones non sono solo tornati ma sono presenti e pronti sempre a cogliere nuove evoluzioni, nessuno li può fermare! L'abile voce di Max calza alla perfezione il ruolo del vagabondo on the road che tutto tenta e rischia mentre il suo timbro grave ma corrosivo, opaco eppure tagliente è in ottima simbiosi col sound generale. Anche i cori nel background a precedere i ritornelli son più che azzeccati. A mio avviso a partire da questa prima track si respira effettivamente il valore della scelta di allargare la band. Nota di merito alla presenza circa a metà canzone di un solo repentino, veloce ed energico che scuote l'intera track regalando un'adrenalina che in effetti ci aspetteremmo da un pezzo del genere. Come dicono gli americani "Thumbs up"! Non poteva che continuare la scia rockeggiante con "Gasoline Rock" , altra canzone di buona fattura , caratterizzata da ritmo incalzante e voce sprezzante di Max, stavolta nei panni di un ragazzo di strada che si ritrova ad ascoltare i ruggiti dei motori realizzando che non ha nulla se non una ragazza, a cui chiede di accendere i suoi sogni e stargli accanto: "I've got an empty pocket/ And a burning dream/ But if you tell me pretty baby/ That you will stand by me/ I'll be fine/Tonight" (Ho solo un portafoglio vuoto / e Un sogno che brucia / Ma se tu bella ragazza mi dici / che starai con me / Io starò bene/ Stanotte). Non mi stancherò di dire che anche qui la voce è davvero portante nel pezzo : non si tratta solo di aver buona melodia e buon tiro ma di convincere l'ascoltatore che stai narrando una storia veritiera, e in questo senso le parti vocali sono assolutamente credibili. Apprezzabile il lavoro fatto in sinergia da basso-chitarra- batteria: tutto è funzionale a ricreare un'atmofera street e a dare i giusti spazi alla voce. In generale un pezzo ben congeniato e assolutamente scorrevole. Promosso. Si continua con la la titletrack, " Snakes & Bones" che iin tutto per tutto diventa il manifesto della nuova release. La parte pregnante del brano è affidata alla sinergia tra chitarra e basso che costruiscono una trama vivace ed elastica che non affida nulla al caso, in particolare il refrain con alternanza di riff puliti e distorti ci fa toccare con mano il rock polveroso del quartetto piemontese. Dopo l'adrenalina dei primi due pezzi che si fanno promotori di una vita sregolata, un po' 'Baudelairiana' il nostro Max arriva ora con fare interrogatorio a rivolgerci la domanda:" What do you say?/ You won't change/ Let's think 'bout your empty days" (Cosa dici?/ Non cambierai/ E' ora che pensi ai tuoi giorni vuoti). E ' una domanda che si potrebbe rivolgere infondo ad ognuno di noi, dato capita a tutti di sprecare tempo od occasioni, siamo tutti un po' "Snakes and Bones", ossa dure con la corazza molla. Sicuramente una canzone che potrebbe diventare la hit più gettonata durante i live! Altro successo con la seguente "Am I Walking Alone?" in cui i riflettori sono puntati al basso di Steve e alla batteria di Lele che, con ritmi quasi sincopati, introducono il brano riproducendo già atmosfere da far west, il sound generale assume toni quasi endemici e di fatto sosteniene l'intera track e quasi la avvolge. L'andamento è catchy, la voce roca e affilata, praticamente la buona miscela per ottenere l'ennesimo brano accattivante. "Life's a game but I don't want to play this/ ...Hey hey, Am I walking alone /Please rescue me" viene di fatto gridato da Max, una sorta di appello alla redenzione di una vita fatta di bassezze ed espedienti. Cambio di direzione con la successiva quarta canzone " Desert Star Blues", che per l'appunto presenta diversi elementi del blues, dai riff armonici e lenti di chitarra in sottofondo, ai toni quasi sussurati e struggenti di Max, alla batteria che resta in sordina quasi come in un charleston. In apertura una scanzonata voce proveniente dai meandri del far west americano ( il timbro cosi grave mi ricorda vagamente la profondità di Tom Waits!) fa un intro originale al pezzo, un'altra storia " You know that night we were at at the Beachcomber Tavern talking with Roy an Scotty 'bout girls and stuff like that..so the story starts like this" " (Ti ricordi quella notte in cui eravano in quella taverna, a parlare con Roy e Scotty di ragazze e roba del genere..insomma la storia inizia cosi). Chiaramente stiamo per assistere a una specie di tormentata storia d'amore con tutti i guai che comporta per chi decide di cedere il passo alle emozioni senza essere sicuro: "My heart is on fire for you /I'm gonna lose my mind/ I can't stand losing you" ( Il mio cuore brucia per te/ Sto per perdere la testa/ Non sopporto di perderti) e poi ancora "So bring me the night I gotta sing/ My desert star blues" (E allora portami la notte per la quale io debba cantare/ La mia stella blues nel deserto).Tutto il brano , comunque breve, prosegue con o stesso andamento fino alla chiusura. Ecco se volessi fare una critica direi che dato l'inizio esplosivo delle prime tracce, un simil-blues poteva starci ma magari un po' più vario nella melodia. Vero è d'altronde che il blues nasce per raccontare storie, per immedesimarsi in primis, e la musica è la spalla più che la protagonista ai momenti di 'riflessione' di chi appunto narra. Quindi come dire, "ci sta". Si ritorna su terre battute con " Rebel Radio" , in effetti si tratta di 3.40 min che liberano una melodia frizzante ed ariosa, sempre con la consolidata coppia chitarra-basso in simbiosi con la batteria di Lele. Torna il leitmotiv che ormai il quartetto di porta dietro dalle origini: vivere la vita in modo pieno senza limiti o tabù, liberandoci delle regole che spesso logorano i rapporti tra persone."Wanna hear Rebel Radio/ I wanna live on the road/ Always ready to go" (Voglio ascoltare Rebel Radio/ voglio vivere nella strada/ sempre pronto per partire" ; ed ancora "I'm not insane/ Like dogs in chains/Gonna break all the rules /Again and again/ I wanna feel" ( Non sono malato/ come i cani in catene/ Sto per rompere tutte le regole/ ancora ed ancora/ Voglio sentire). In pratica il pezzo si traduce in Hard Rock ruvido, rozzo e dannatamente vero: anche se le sonorità sono abbastanza risentite, mantengono una buona originalità tenendosi in bilico tra spunti Motorhead più raffinati e Thin Lizzy e Motley Crue più grezzi tanto per dare un'idea, il tutto guidato da un suono di chitarra leggermente zanzaroso e sgranato che dà buona dinamicità al pezzo. La settima track è "Jumping White Devil" , un inno ad ascoltare le mille voci ferine che ci parlano dentro, come dall'inferno: "Voices calling deep inside/ Another jumping white devil...Feel so insecure/ Got no strength to endure" ( Voci ti chiamano dal profondo, Un altro diavolo bianco che rimbalza/ mi sento cosi insicuro/ Nessuna forza che rimanga). Personalmente il pezzo in cui è meno vivido l'apporto vocale di Max, che risulta piuttosto appiattito rispetto agli altri brani; quello che però colpisce è una ottima sezione lead di chitarra che propone fraseggi non banali in pieno accordo con il brano, senza cadere in riff risentiti e stancanti. In ogni album Hard Rock che si rispetti non può mancare ovviamente una ballata dai toni struggenti e introspettivi, e allora eccola pronta "Follow The Rain" . In apertura alla chitarra di Meku è affidato il compito di ricreare quell'atmosfera uggiosa e riflessiva che si possa accordare con la voce di Max, che mostra di sapere maneggiare bene anche i lenti. Nel testo si parla di come la pioggia permetta una specie di catarsi dell'anima per tutti coloro che hanno perso qualcuno che hanno amato "We're falling together in this silent hole/ I don't know...I'll follow the rain when it's time to change /I'll follow the rain when I'll turn the pages" (Stiamo cadendo assieme in questa voragine silenziosa/ Non so...Seguirò la pioggia quando è tempo di cambiare / Seguirò la pioggia quando girerò pagina). Chiaramente è quasi impossibile al giorno d'oggi risultare innovatori in una ballad , ma apprezzabile è l'espressività che permea tutto il brano permettendo che non mescoli eccessivamente col ' gia sentito'. Se la vostra coscienza si era leggermente assopita, si sveglierà presto con la successiva " Nowhere Girl" canzone dal buon tiro che resta facilmente impressa fin dai primi ascolti. Ancora una volta ritorna l'intento salvifico del protagonista che tenta di riportare alla vera vita una ragazza dal cuore di pietra che ha perso tutto; in effetti torno a sottolineare che infondo in ogni brano si evidenzia quel messaggio : vivete liberi. Da un punto di vista compositivo trovo accattivante il riff di chitarra e anche le sezioni ritmiche, peccato che poi un po' si perdano nel corso del pezzo, e al di là di alcuni effetti distorti e riverberi posti in momenti chiave, il sound risulta meno efficace rispetto ad altri brani. Nel generale un altro pezzo scorrevole, ma non il migliore del lotto a mio parere. Invece ottima la traccia "Bugs Lane" che sulla scia delle prime due canzoni di questo "Snakes & Bones" riporta verso lidi di rock n roll più consueto alla band, quello che conosciamo, effervescente e vivace. Nel pezzo il giro armonico della chitarra ritmica è congeniale alle dinamiche della lead guitar affidata a Meku. Insieme creano un intreccio pregno, fitto di rimandi che pare non stemperarsi fino alla chiusura del pezzo, anzi sottolineo un solo di buona fattura intorno al secondo minuto, intrigante, velocissimo, di buona presa. Si tratta del giusto intermezzo per i toni mordaci ed a tratti magnetici del vocalist che qui mai delude o appare inadatto. Bella l'idea di cori soft pre-refrain che rafforzano il brano e lo rendono come dire, più fitto, proprio quando Max dà prova di avere un'ugola capace di raggiungere i toni più acuti "It's always the same/ Living in the bugs lane/Running until the end of the game" (E' sempre uguale/ Vivere nei vicoli degli errori/ Vivere fino alla fine del gioco). Insomma se non fosse ancora chiaro, stiamo parlando di affrontare la vita come una sfida con tutti i guai che comporta. Anche questo credo diventerà una della hit di maggior successo del disco. L'ultimo pezzo in chiosa è "Indian Medicine Man" , pezzo piuttosto particolare per un disco come questo. Nell'intro l'atmosfera che si ascolta sembra quella appunto della foresta (India appunto?) dove una voce lontana come in un eco sembra rivolgersi alle persone che vivono in città dicendo qualcosa di simile a " Find Love in the Ocean, Find Yourself in the Mountains/ Find God with Us" , si tratta di una specie di precetto tantrico orientale che ci invita a ritrovare l'essenza di noi stessi nelle cose. Non a caso in effetti tutto il pezzo si traduce in una lista di domande che ci chiedono se siamo in grado di perdere (e ritrovare noi stessi) proprio nel cielo infinito, nel deserto, ecc. Il messaggio è chiaro: solo se capiremo il sincretismo che ci lega tutti assieme saremo capaci di 'perderci' affrontando questo errare come ricchezza e non come sconfitta. ll ritmo è volutamente blando, la batteria leggera, i cori sulfurei come tutte le parti vocali, direi quasi soffocate dalla nube dei pensieri che scivolano a ruota libera. Verso metà il brano sembra un po' svecchiare e aumentare l'intensità, salvo riservare ancora un breve intermezzo alla stessa voce di apertura che riprende a riflettere su Dio e su noi stessi. Insomma un outro a sorpresa che ripesca i migliori insegnamenti della dottrina religiosa indiana, da qui il titolo stesso. Probabilmente i nostri Bad Bones dopo aver decantato che la vita va vissuta a pieno e che bisogna rialzarsi nei periodi bui, volevano chiudere il cerchio dei pensieri facendoci riflettere , ora in modo calmo e razionale, sul percorso che ognuno di noi segue nella vita.
Concluderei dicendo che "Snakes & Bones " è un lotto di canzoni ben architettate, solide come le ossa e flessibili come i serpenti. Tutti gli arrangiamenti son ben strutturati e soprattutto in sinergia coi testi; buono il lavoro alla batteria come pure le sezioni ritmiche e gli assoli di chitarra. Steve al basso ormai è una garanzia del successo dei pezzi, in generale siamo di fronte a un hard rock potente, sanguigno e diretto, che non deluderà affatto i fan di vecchia data. A mio parere finalmente la band ha fatto un salto di qualità con la new entry Max che nel disco con il suo timbro ruvido, profondo, e dalla buona estensione ed espressività ha apportato grande valore e credibilità. Un disco da ascoltare, ancora meglio se live! Che dire, altro goal per i nostri piemontesi, che incarnano l'esempio della musica militante, che non si ferma, che si evolve ma che ha sempre lo stesso intento: ricordarci che la vita è un viaggio da vivere.
1) Don't Stop Me
2) Gasoline Rock
3) Snakes & Bones
4) Am I Walking Alone
5) Desert Star Blues
6) Rebel Radio
7) Jumping White Devil
8) Follow The Rain
9) Nowhere Girl
10) Bugs Lane
11) Indian Medicine Man