ASIA

Then & Now

1990 - Geffen Records

A CURA DI
SANDRO PISTOLESI
20/07/2022
TEMPO DI LETTURA:
6

Introduzione Recensione

Nel 1990 la scena musicale rock si apprestava a subire un profondo cambiamento. Dopo anni di dura gavetta, dalle cantine di Seattle stava emergendo lentamente un nuovo genere musicale, il grunge, guidato dai Soundgarden e dai Pearl Jam, le band più significative del nuovo movimento musicale allergico alle tastiere, che purtroppo sconvolgerà non solo il progressive rock, ma intera scena hard'n heavy, rendendo obsolete e fuori moda le colorate e vistose capigliature di Motley Crue e Poison. Molte band già affermate provarono a dare un netto cambio di rotta al loro stile, provocando sconforto fra i vecchi fan e talvolta allo stesso tempo allargando la loro cerchia, vedi i Metallica, giusto per citare l'esempio più lampante. Il progressive rock rigenerato dal movimento del neo-progressive stava per rivivere l'incubo del 1977, quando dai bassifondi londinesi emerse prepotentemente il movimento punk. I Marillion, insieme a Pendragon, IQ, Arena e molti altri, erano riusciti in qualche maniera a riportare in auge il progressive rock che sembrava ormai estinto. I Genesis si erano spostati verso lidi più orecchiabili, facendo infuriare lo zoccolo duro dei fan di vecchia data. Gli Yes si erano addirittura scissi in due formazioni ben distinte, gli stessi Marillion stavano ancora assimilando la dipartita di Fish che nel frattempo stava iniziando una soddisfacente carriera solista, ma la storia ci dirà che saranno ancora in grado di scrivere importanti pagine nella libro della storia del rock capitanati da Steve Hogarth. Degli ELP se ne erano ormai perse le tracce, e i nostri Asia? Di fatto, l'ultimo album in studio risaliva al 1985, con l'ottimo "Astra" che però all'epoca non fu molto apprezzato, con tanto di annullamento del tour. Un anno dopo, l'unica testimonianza per i fan fu il rarissimo "Aurora", un EP contenente tre interessantissimi inediti ma aimè lanciato per il solo mercato giapponese. Dopo di che l'oblio, con voci non ufficiali che parlavano del definitivo scioglimento del super gruppo albionico, che a dire il vero, dopo la dipartita dello storico chitarrista Steve Howe non ha vissuto momenti esaltanti. Ma John Wetton non si dette per vinto e nel 1987 abusò del moniker Asia per un brano inserito nella colonna sonora di "Over The Top", sul quale era però l'unico membro asiatico presente. Sempre nel 1987, John provò a riaccendere gli Asia insieme a Geoff Downes, con Michael Sturgis alla batteria (che conosceremo meglio più avanti, quando entrerà in pianta stabile a far parte della band) e l'ex Thin Lizzy Scott Gorham alla sei corde, ma la difficoltà nel trovare un contratto discografico fece naufragare nuovamente il progetto Asia. Wetton caparbio come una capra, un paio di anni dopo provò a ricontattare i vecchi padri fondatori. Steve Howe rispose ovviamente con un asso di picche, del resto era impegnatissimo con la sua nuova avventura insieme a Jon Anderson, Bill Bruford e Rick Wakeman, dando vita ad un clamoroso spin off degli Yes di Squire e Rabin. La vita musicale di Geoff Downes era ricca di impegni ma si trattava solo di collaborazioni non esaltanti, dove emerge il contributo al progetto "Rock For Armenia" e accettò di buona lena il ricongiungimento con il vecchio compagno di merende. Carl Palmer era reduce dallo spin-off degli ELP denominato semplicemente 3, insieme a Keith Emerson e Robert Berry, con i quali aveva pubblicato il per me ottimo "To the Power Of Three", una album molto più vicino al sound degli Asia piuttosto che alle sinfonie degli ELP, ma che stranamente passò in sordina, ergo anche il Drummer di Birmingham fu ben lieto di accettare l'offerta. Lo scopo era quello di ritirare su le sorti della band con un tour mondiale, ma presentarsi sul palco dopo una lunga pausa senza nessuna nuova canzone non era poi il massimo, ecco che i nostri si misero al lavoro.  Con Mandy Mayer indaffaratissimo che aveva dato vita alla meteora Katmandu insieme all'ex frontman dei Fastway Dave King, ed impegnato a collaborare con gli House Of Lords, per ricoprire il ruolo di chitarrista rimasto vagante i nostri decisero di affidarsi a vari turnisti per le nuove registrazioni in studio, cercando poi con calma un profilo giusto da portare sul palco durante il tour. Il nuovo materiale a disposizione non era molto e la Geffen pensò di lanciare sul mercato una raccolta essenziale (un vero e proprio bignami n.d.r.) di vecchi brani impreziosita da quattro inediti. Fu scelto il titolo più scontato ma allo stesso tempo più adeguato, "Then & Now (Allora e Adesso)" con "Then" che racchiudeva tre brani dal primo disco e due da "Alpha", mentre "Now" insieme a quattro brani inediti vedeva la presenza di "Voice Of America" da "Astra". E qui emergono i primi dubbi sulle scelte fatte dalla major a stelle e strisce. Nel 1990 il CD stava vivendo il momento della sua massima esplosione, perché pubblicare una raccolta pensata per il vinile, con pochi brani che dovevano restare all'interno del range dei quarantacinque minuti circa supportati dal vinile, quando si poteva superare abbondantemente un'ora di musica grazie all'innovativo compact disc e stilare un'antologia più sontuosa che rendesse giustizia al primo trittico di album Asiatici. E se vogliamo chiudere un occhio su questa lacuna, a dirla tutti se un brano dove rappresentare "Astra", quello era "Go", senza nulla togliere alla bellissima "Voice Of America" che rimane pur sempre una bellissima canzone. Purtroppo per voi bisogna seguire la scaletta, e prima di assaporare i nuovi brani inediti degli Asia è doveroso fare un tuffo negli anni '80 e rivivere i momenti migliori e più significativi del primo scorcio della carriera del super gruppo albionico.

Only Time Will Tell

Mi sarei aspettato che "Then" fosse stato aperto dal successo planetario "Heat Of The Moment", ma a sorpresa troviamo "Only Time Will Tell (Solo Il Tempo Lo Dirà)", che comunque è uno dei momenti migliori dell'album d'esordio. Si tratta di un classicissimo degli Asia firmato da Wetton-Downes. Un piacevole brano che mixa le dolci melodie dall'AOR con flebili reminiscenze di progressive rock che vanno a colorare banali liriche sentimentali, per chi scrive l'unico punto debole dei primi Asia. John Wetton ci parla della sua prima cotta adolescenziale, una classica relazione sentimentale di breve durata ma che ha lasciato una profonda cicatrice nel cuore dell'Ex King Crimson. Si tratta di una delle primissime composizioni di Wetton, in origine si intitolava "Starry Eyes" e la leggenda narra che sia stata provata con una formazione embrionale che vedeva presente Trevor Rabin alla chitarra. Geoff Downes apre il brano con epiche tastiere prettamente anni '80 che stuzzicheranno le fantasie degli Europe qualche anno più in là. Steve Howe ricama con sottili fraseggi di chitarra, il basso ruggente di Wetton e il campanaccio di Mr. Palmer gettano le fondamenta ritmiche. Impossibile non innamorarsi della contagiosa linea vocale della prima strofa che ci parla di una storia d'amore non sbocciata definitivamente come i due amanti credevano. La romantica voce di John Wetton trasportata dai paradisiaci pattern di tastiera, ci arriva dritta al cuore. La sezione ritmica ravviva la seconda strofa, dove la bellissima linea vocale continua ad ipnotizzarci, stavolta ricamata dai preziosi fraseggi di Mr. Howe. L'esplosivo ritornello viene colorato da ammalianti armonie vocali, mentre un fugace passaggio strumentale rivendica il glorioso passato dei membri del supergruppo albionico. Strofe e ritornelli si susseguono magicamente mixate a suggestivi intermezzi strumentali che mettono in mostra un ottimo songwriting e una tecnica invidiabile. Come suggeriscono i dolci controcanti, solo il tempo saprà dire se la donna ha avuto ragione a rompere la relazione amorosa, affermazione rafforzata dalla pretenziosa licenza poetica con cui Wetton chiude le liriche: "If you were wrong the brightest ring around the moon will darken when i die (Se ti sbagliavi l'anello più luminoso intorno alla Luna si scurirà quando morirò)". Steve Howe appare molto ispirato in questo brano, il nostro torna a disegnare bellissimi arabeschi con la sua chitarra come ai tempi degli Yes, trasportato dalle spaziali tastiere di Downes, che con disinvoltura guida gli sbalzi atmosferici che rendono più fluido l'ascolto. Nel corso del tempo il brano è stato meritatamente usato in campo cinematografico. Lo potete ascoltare nell' episodio numero 22 della terza stagione della serie tv Cold Case-Delitti Irrisolti intitolato "The River (da noi L'Ultima Partita)", nell'episodio 19 dell'ottava stagione della serie I Griffin intitolato "The Splendid Source (La Fonte Meravigliosa)" e nel videogioco "Metal Gear Solid V: The Phantom Pain". Lanciato come singolo a Luglio del 1982, fu accompagnato da un videoclip prettamente ottantiano diretto dall'allora ricercatissimo duo Godley & Creme, video che sfrutta un muro di televisori a tubo catodico dove scorrono immagini di passi di danza alternate ai nostri mentre suonano il brano. A discapito di una soddisfacente ottava posizione nella classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti e una posizione numero sette nella classifica canadese, in patria il singolo stranamente non andò oltre la cinquantaquattresima posizione.

Heat Of The Moment

E veniamo alla canzone Asiatica per eccellenza, un brano che non avrebbe bisogno di presentazioni, quella "Heat Of The Moment" che rilasciata come singolo nell'Aprile del 1982, fu capace di rimanere per ben sei settimane al primo posto nella classifica statunitense Billboard Mainstream Rock, comportandosi in maniera soddisfacente nel resto del Mondo. Da noi in Italia purtroppo non andò oltre la posizione 89. Con MTV in piena esplosione, i nostri affidarono la regia del video clip al duo britannico Godley & Creme, nato dalle ceneri dei 10cc. Il video punta sull'effetto retrò a mosaico a sei griglie che mixa le immagini di una storia d'amore a quelle dei nostri che si divertono a suonare. Si tratta di una canzone che conoscono anche i muri, una canzone che a quarant'anni di distanza continua a viaggiare per le vie dell'etere senza sentire il peso dell'età e che nel tempo ha fatto importanti comparse nel cinema e non solo. I fan della serie tv statunitense Supernatural, ricorderanno con simpatia l'episodio numero 11 della terza stagione, intitolato "Mystery Spot" (da noi "Un Martedì Infernale") dove Dean Winchester (Jensen Ackles) vive senza fine di continuità la stessa giornata, che culmina sempre con la sua morte, che avviene sempre attraverso bizzarre situazioni, giornata che inizia sempre con la radio che trasmette "Heat Of The Moment". Altre comparse cinematografiche del brano le trovate nel film "Matador", diretto da Richard Shepard, nella serie cartoon South Park e nella commedia "40 Anni Vergine" di Judd Apatow. Con un riff del genere, il brano non poteva certo mancare nella playlist del videogioco "Guitar Hero". Sempre presente nelle vecchie antologie che raccolgono il meglio della musica degli anni '80, nel corso del tempo, artisti più o meno famosi hanno rivisitato "Heat Of The Moment" in sede live, come ad esempio Corey Taylor. Che ci crediate o no il brano è nato quasi per caso, infatti ad album quasi ultimato, la Geffen chiese agli Asia un singolo da classifica per completare la track list. Wetton e Downes si misero al lavoro, e in quattro e quattr'otto i due tirarono fuori dal cilindro una delle canzoni più famose di sempre, ideatori rispettivamente dell'ammaliante ritornello e della strofa. Dopo essere stato corrotto, Steve Howe, sparò una manciata di power chords, con la Gibson Les Paul Junior, decisamente non il suo stile, ma il nostro riuscì a sfornare un riff memorabile che può essere annoverato fra i più azzeccati della storia del rock. Per ottenere il suono desiderato, il Chitarrista di Holloway usò la tecnica dell'overdubbing, incidendo il riff per ben sette volte, usando sempre un diverso amplificatore. Per ironia della sorte, l'ultimo brano composto divenne il primo singolo estratto, nonché il brano più famoso degli Asia ed un vero e proprio inno degli anni'80. Le liriche, scritte da Wetton, sono una sorta di redenzione per riparare al brutto comportamento che il nostro ha avuto in adolescenza agli inizi della relazione amorosa con Jill, che poi diventerà la sua prima moglie. Per la cronaca, i due divorzieranno dopo dieci anni di matrimonio. Il brano si apre con il magnetico riff sparato dalla Gibson di Howe, John Wetton cala un irrinunciabile hook con la bellissima linea vocale della strofa, alzi la mano chi non ha mai canticchiato o perlomeno fischiettato l'incipit del brano. L'Ex King Crimson si pente di essersi comportato male in passato durante la relazione, all'epoca fomentato dall'adrenalina dell'adolescenza, ma ora conscio che una rottura avrebbe cancellato per sempre il sorriso dalla sua faccia. Palmer accompagna con semplici passaggi ma che funzionano alla grande, mentre nella mente di Wetton scorrono i ricordi della storia d'amore. Come un treno arriva l'anthemico ritornello, pronto a stamparsi in maniera indelebile nella nostra mente. Nella strofa successiva il tempo scorre e ci porta nel 1982, dove le la donna non sopporta più le goliardie da ventenni, ma si sente più matura. "You catch the pearl and ride the dragon's wings (Prendi la perla e cavalca le ali del drago)" è un lapalissiano omaggio alla memorabile copertina firmata Roger Dean. Al minuto 01:45, Geoff Downes domina dall'alto del suo castello di tastiere, creando un'atmosfera arcana contaminata dalle orientaleggianti note del koto che spezza in due il brano. Si respirano le affascinati atmosfere degli anni Ottanta. La strofa successiva viene impreziosita dal pianoforte, mentre nella mente di Wetton continuano a scorrere i ricordi di un amore adolescenziale. Il ritornello funziona, i nostri lo sanno e lo usano a più riprese per poi lasciare il campo a Steve Howe che ci ipnotizza con un assolo leggendario, mentre Palmer massacra il suo rullante Venus firmato Ludwig. Se gli Asia sono diventati quel che sono, gran parte lo devono a questo successo planetario sempiterno.

Wildest Dreams

Mi sarei aspettato di trovare "Solo Survivor" o "Here Come The Feeling", ma la band (o la Geffen), ha stranamente optato per l'ottima "Wildest Dreams (Sogni Selvaggi)", brano che apriva il lato B dello storico primo long playing targato Asia. Siamo di fronte ad una canzone che lascia trasparire aloni di progressive rock, con molteplici cambi di tempo e mirabolanti escursioni da parte di tutti gli strumentisti, in particolare Carl Palmer, incontenibile nella parte finale. Con il tempo la canzone è entrata prepotentemente nel cuore dei fan, diventando uno dei brani essenziali della band e fra i più riproposti in sede live. L'inizio è folgorante. Bombardato da fiammate di tastiera ed inseguito dai lamenti della chitarra, il basso plettrato di Wetton pulsa come un cuore impazzito nei primi secondi, dove stavolta le liriche abbandonano il filone sentimentale per imboccare lidi più impegnativi e purtroppo attuali. Nei sogni selvaggi dei nostri si brama un Mondo libero dalle guerre, libero dalle dittature, libero dal consumismo, libero dall'odio e dal pregiudizio. Un pianoforte martellante accompagna Wetton nella prima strofa, dove emergono pungenti fraseggi di basso che sottolineano le polemiche liriche che sparano a zero sui signori della guerra, impegnati a mostrare i loro decori ottenuti grazie al sangue versato dai loro soldati, soldati finiti fin troppo presto nel dimenticatoio. Nella seconda strofa arriva Palmer a far crescere il brano, mentre sugli schermi della televisione scorre la follia della guerra, immagini che purtroppo in questi ultimi tempi ci stanno accompagnando quotidianamente. Nel bridge, cori d'altri tempi ci svelano che i nostri stanno parlando del conflitto delle Isole Falkland che si stava consumando proprio nel 1982, una guerra che i nostri non prevedono nei sogni selvaggi dell'inciso. Con polemica nella seconda strofa dove brillano gli intarsi di chitarra di Mr. Howe, si sottolinea come nel Regno Unito la sera i britannici si siedono comunque davanti alla tv, mentre a chilometri di distanza qualcuno sta combattendo nel nome della Regina. Calano i bpm nel bridge, c'è un pensiero per tutte le vittime innocenti del conflitto bellico, in particolar modo per i bambini. Le oniriche tastiere di Downes, coautore insieme a Wetton del brano, annunciano l'inciso, seguito da un interludio strumentale. Le taglienti note sparate dalla Gibson di Howe danzano come satiri impazziti sull'orda di sedicesime sparate dal basso, tenuta in piedi dal doppio pedale di Palmer. Nell'ultima strofa emerge la paura dell'avvento di un regime totalitarista, sensazione evidenziata senza peli sulla lingua dalle frasi "They recommended euthanasia for non-conformists anywhere (Hanno raccomandato l'eutanasia per gli anticonformisti ovunque)" e "Some men's dreams for others turn to nightmares (I sogni di alcuni uomini per altri si trasformano in incubi)". La sezione ritmica picchia duro sull'ultimo ritornello, rafforzando energicamente la voglia di un Mondo senza guerre. In chiusura, Carl Palmer si ricorda chi era e ci ipnotizza con un incredibile assolo di batteria, accompagnando poi con funambolici passaggi sul rullante John Wetton verso l'epilogo, deve riecheggiano delle campane a festa. 

Don't Cry

Il triplo concentrato del debut album termina qui, ora passiamo a due brani fra i più significativi ed importanti di "Alpha", si parte ovviamente con il singolissimo "Don't Cry (Non Piangere)" traccia che apriva il "lato Alpha" del secondo lavoro made in Asia, e come successo per "Heat Of The Moment", fu composta all'ultimo momento, su richiesta esplicita della Geffen che desiderava un singolo di successo per fare da apripista al nuovo album. Lo strabiliante ed affiatato duo di compositori albionici stavolta tirò fuori dal cilindro tre minuti e mezzo di accattivante e raffinato pop rock con un John Wetton stratosferico che ci cattura con le sue magnetiche linee vocali. Geoff Downes apre il brano con una arcano pattern di pianoforte, ricamato dai lamenti della chitarra di Howe. Nonostante siano penalizzati dal mixaggio, le corse sulle pelli di Mr. Palmer risultano micidiali. L'intro è top ed apre il sentiero a John Wetton, che tanto per cambiare imposta le liriche sul sentimentale. Ma se il testo lascia a desiderare, le linee vocali sono degli irresistibili hook. Seguendo la cavalcata ritmica sporcata dalla chitarra elettrica, l'Ex King Crimson ci presenta una ragazza che non ha avuto vita facile. Ha vissuto tempi duri, è stata maltrattata, imbrogliata, ma come nelle favole della Disney, è arrivato il principe azzurro, ci ha messo del tempo ma è riuscito a trovarla ed ora saprà darle la vita che merita. Gli strumenti crescono ed insieme ai vocalizzi di Wetton aprono i cancelli al contagioso ritornello. Il botta e risposta tra l'armonia vocale che recita "Don't Cry" e John Wetton è un amo ben innescato a cui è impossibile resistere. La ragazza finalmente non deve più piangere, deve solo pensare a divertirsi assieme al sue prode salvatore. Il brano scorre fluidamente senza aggiungere di nuovo ne musicalmente ne liricamente, sfruttando la classica alternanza strofa ritornello, con in mezzo un fugace ritorno dell'ottimo intro che poi lascia il campo all'inciso che in loop ci accompagna verso la fine, dove le pompose tastiere di Downes colorano il tutto. Il brano fu lanciato come singolo a Luglio del 1983 e con MTV che stava attraversando il suo massimo splendore, gli Asia investirono molto per realizzare un divertente videoclip a tema avventuroso, liberamente ispirato alla pellicola di Steven Spielberg "I predatori dell'arca perduta", un vero e proprio simbolo del decennio. Pare che l'opera, affidata alla regia di Brian Grant e registrata nei Twickenham Film Studios di Londra, sia costata ben 35000 dollari. I quattro improbabili avventurieri si divertirono molto a girare questo video, cancellando tutto lo stress accumulato in Canada durante le faticose sessioni di registrazione. Se la parte di John Wetton all'interno di uno sperduto bar del Medio Oriente era piuttosto dignitosa, non si può dire lo stesso per gli altri, con Palmer e Howe in classica mise color cachi, alle prese con le insidie di una giungla che in qualche maniera ricreava lo splendido artwork di Roger Dean. Mentre Carl annaspava nella giungla rischiando di annegare in una palude di sabbie mobili e Steve si disimpegnava in una pericolosa scalata di una parete rocciosa, Geoff inseguiva un piramide in cartapesta fra le roventi sabbie del deserto indossando una improbabile tunica bianca e l'immancabile fascia ai capelli. Spinto dal diverte videoclip il singolo raggiunse la posizione numero dieci in Canada e negli Stati Uniti, oscillando fra la posizione diciassette e la cinquanta nel resto del Mondo, con una sorprendente ventiduesima posizione nella classifica dei singolo più venduti in Italia, ma tutto questo non basto per avvicinarsi all'onnipotenza di "Heat Of The Moment". Sempre presente nel scalette live, stiamo parlando di un classicissimo degli Asia.

The Smile Has Left Your Eyes

In questa ristrettissima raccolta non poteva certo mancare la bellissima "The Smile Has Left Your Eyes (Il Sorriso Ha lasciato I Tuoi Occhi)", una delle tante preziosissime perle che ci hanno donato gli Asia, una struggente ballata firmata dal solo John Wetton che mixa perfettamente dolcezza e tristezza. Rilasciata come singolo nell'Ottobre del 1983, fa colpo grazie al bellissimo ed elegante videoclip girato da Brian Grant sottoforma di vecchio melodramma francese, con tanto di sottotitoli e cast, girato nella suggestiva città di Parigi. Geoff Downes apre il brano con uno struggente pad orchestrale, accompagnando poi con il pianoforte il Vocalist Di Willington, che con ci mostra tutto il disappunto di un uomo che ha sorpreso sua moglie mano nella mano con un amante. I delicati fil di Carl Palmer potenziano la seconda strofa, accompagnandoci verso lo struggente inciso. Wetton recita con tristezza la frase hook "The Smile Has Left Your Eyes (Il Sorriso Ha lasciato I Tuoi Occhi)", ricamato dalle note della chitarra che sembra piangere di fronte a cotanta tristezza. Con la sezione ritmica a pieno regime, il brano si fa più brillante e trascinante, le tastiere di Downes sembrano una brezza gentile che trasporta lontano i delicati vocalizzi vintage a la Beach Boys, un bellissimo tributo di Wetton nei confronti di una delle sue band preferite. L'importante salto di tono del bridge spruzza energia sul brano, l'uomo caccia via la moglie che con un deplorevole gesto fedifrago ha rovinato una splendida famiglia, rompendo il fragile sigillo del matrimonio. Le infinite corse sulle pelli di Palmer ci portano verso la parte finale del brano, dove brillano le tastiere e Wetton ci dice chiaramente che il rapporto non ha nessuna possibilità di ricucirsi, il "sorriso ha lasciato i tuoi occhi" dice il nostro a più riprese. A differenza del video clip di "Don't Cry", stavolta Brian Grant segue alla perfezione il copione scritto da Wetton. Come spesso accade nei matrimoni giunti ad un punto di rottura, ad avere la peggio sono i figli, in questo caso la piccola Danielle, interpretata da Natasha King, vede con i suoi occhi li matrimonio dei suoi genitori sgretolarsi, il padre Jaques è interpretato da Terry Grant, sua madre Chantal da Vivienne Chandler, come recitano i sottotitoli iniziali del video clip. Il cortometraggio alterna immagini dei nostri che suonano il brano con scene che ci mostrano il dramma vissuto dalla piccola Danielle, che non sopportando più la situazione riesce a fuggire dalla madre. I due genitori, riuniti momentaneamente dalla disperazione, si gettano freneticamente alla ricerca della bambina. La tragedia si consuma quando i due, assieme ad un agente della polizia, vedono la bambola preferita di Danielle galleggiare nelle acque della Senna. Ma proprio quando le ultime note del pianoforte accompagnano le parole finali di Wetton, ecco il lieto fine, Danielle si affaccia sulla soglia dello studio dove gli Asia stavano suonando, e stavolta un luminoso sorriso illumina il suo bel faccino, stavolta il sorriso non ha abbandonato i suoi occhioni pieni di gioia. Difficile raccogliere così tante emozioni in poco più di tre minuti, gli Asia ci sono riusciti. Immancabile in ogni concerto degli Asia, anche questo brano è fra i più amati ed importanti della band. Bellissima ed interessante la versione proposta dai nostri nell'album "Live in Mockba 09-XI-90", con una coda denominata "Part II" che vede la grintosa chitarra di Pat Thrall protagonista.

Days Like These

E siamo finalmente arrivati al poker di brani inediti, che a sorpresa partono con una cover, "Days Like These (Giorni Come Questi)" brano firmato Steve Jones (da non confondere con il più blasonato chitarrista dei Sex Pistols), leader dei The Unforgiven, una meteora dalle grandi aspettative caduta sulla Terra nel 1986 che proponeva un gradevole southern rock in stile 38 Special e si presentava sul palco con uno stravagante look a la Il Buono, Il Brutto e il Cattivo e con ben tre chitarristi. Rispetto alla versione originale assai più aggressiva grazie al potente wall of sound ricreato dalle tre chitarre, la versione asiatica viene brillantemente colorata dalle festose tastiere di Geoff Downes, che donano al brano una piacevole veste che profuma d'Estate. Ma se gli stravaganti The Unforgiven la suonavano con ben tre chitarristi, gli Asia ne hanno chiamato uno che con tutto il rispetto, li sovrasta tutti. Infatti, come guest star alla sei corde troviamo Mr. Steve Lukather, chitarrista dei Toto, con i quali ha scritto pagine indelebili della storia del rock. John Wetton ascoltò per la prima volta il brano quasi per caso, ma scattò subito la scintilla. La notte, il brano continuava a ronzargli in testa, ed il mattino successivo decise di ascoltarla con maggiore attenzione e l'idea di rivisitarla in chiave asiatica iniziava prepotentemente a girargli in testa. In quei giorni i nostri erano in California, e senza pensarci sopra, entrarono nei The Complex Studios di Los Angeles coinvolgendo Steve Lukather e sotto la supervisione del produttore Frank Wolf nel giro di due giorni registrarono il brano. Ma veniamo al dunque: il raffinato riffing di Lukather viene colorato dalle pompose tastiere di Downes che rievocano piacevolmente quelle di "Only Time Will Tell". Il basso di Wetton pulsa e continua a farlo nella strofa, potenziando la spensierata ritmica opera del produttore Guy Roche che all'ultimo momento sostituì dietro alle pelli Carl Palmer, che molto probabilmente si trovava ancora nel vecchio continente. Nella prima parte della strofa le tastiere vanno momentaneamente in stand by, lasciando l'onere di reggere il brano ai riff di Lukather. Le liriche prendendo come metafora la pioggia che improvvisamente squarcia un cielo soleggiato, sono un inno a vivere la vita a pieno, senza smettere di inseguire i sogni, messaggi positivi ci invitano a non scoraggiarci e a lottare per superare qualsiasi tipo di ostacolo si intrometta fra noi ed il nostro cammino. Nella seconda parte della strofa un simpatico pattern di tastiera emerge dalle acque come la pinna di uno squalo spruzzando una buona dose di positività sul brano. La gelida pioggia che oscura il cielo prima o poi sarà nuovamente spazzata via dal potere del Sole, che, come per magia, cancella tutto il grigiore di un improvviso temporale. La canzone cresce preparando la strada al contagioso ritornello, dove ritroviamo le pompose tastiere sentite ad inizio brano. Se pur con un solo passaggio, l'inciso ci entra prepotentemente nella testa. In giorni come questi sento di poter cambiare il Mondo è il messaggio che riecheggia prepotentemente nell'inciso. Si va avanti con la strofa, stavolta le tastiere rimangono in pianta stabile, conferendo quella piacevole aria ruffiana del rock americano a la Brian Adams o Huey Lewis che dir si voglia, andando va a colorare i cristallini messaggi che ci incoraggiano a cogliere l'attimo quando ci si prospetta davanti. Torna il magnetico ritornello, che i nostri hanno saputo rendere Asiatico in maniera brillante. Si sale di un tono nel trascinante special dove brillano le tastiere e contagiose armonie vocali. Un assaggio di ritornello eseguito a cappella apre i cancelli a Steve Lukather, che ci incanta con un pregevole assolo. Ogni nota è incredibilmente messa al posto giusto, ascoltandolo ci possiamo immaginare i polpastrelli che svolazzano magicamente sulle corde della chitarra, generando note che ci fanno sognare. Roba da manuale del rock. Di seguito troviamo una strofa che senza l'apporto della sezione ritmica assume toni rilassanti, le note della chitarra e della tastiera si fondono e scendono giù come brillanti glitter colorando i messaggi positivi che si riassumono in un lapidario ma pur sempre valido "quello che non ti uccide ti rende più forte". La sezione ritmica rientra gradualmente in gioco, c'è anche un pensiero per i nativi americani, che hanno sempre sostenuto che la saggezza proviene dal dolore. I nostri ci salutano con l'inciso in loop, trascinati da uno scatenato Guy Roche. Un applauso agli Asia che hanno saputo render suo un brano appartenente a tutt'altro genere, senza stravolgerne la struttura. Sono convinto che molti, non badando ai crediti del brano, sono convinti che si tratta dell'ennesima canzone firmata Wetton-Downes. "Days Like These" fu lanciata come singolo il 17 Agosto del 1990, fu girato anche un videoclip che alternava immagini in bianco e nero di John Wetton a spasso per New York con immagini a colori che ritraevano i nostri dal vivo mentre suonano il brano, con la new entry Pat Thrall alla chitarra e Carl Palmer dietro al drum set, ma chissà per quale oscura ragione, il suddetto video non venne mai inviato ad MTV, e senza il supporto della piattaforma televisiva musicale, il singolo non andò oltre la sessantaquattresima posizione della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti. Molto meglio i risultati raccolti in Canada, con una discreta posizione numero 31. Dopo essere stata riproposta in sede live in occasione del tour di "Than & Now", la canzone è finita per un po' di tempo nel dimenticatoio, per poi essere riesumata in occasione del tour di supporto ad "Aura" nel 2001 con Payne alla voce, per poi tornare nuovamente nelle set list con la formazione originale in occasione del tour di "Omega" nel 2010 ed infine nel tour di "Gravitas" nel 2013, con Sam Coulson alla chitarra.

Prayin'4 A Miracle

La successiva "Prayin'4 A Miracle (Pregando Per Un Miracolo)" è una gran bella canzone di forte atmosfera ma che di Asia ha ben poco, per non dire nulla. Il brano punta forte sulle magnetiche linee vocali interpretate magistralmente da John Wetton che in fase di scrittura si è avvalso della collaborazione di David Cassidy, famoso attore e musicista degli anni '70 dalla fama di rubacuori, salito alla ribalta con la serie tv "La famiglia Partridge" agli inizi degli anni Settanta e della sua terza moglie Sue Shifrin, acclamata compositrice e cantautrice  pop rock nonché vecchia conoscenza di John Wetton con la quale oltre ad alcune collaborazioni musicali  ha avuto un maledetto nemico in comune, il demone dell'alcool. Durante il soggiorno in America, Wetton aveva un bel ritornello che gli ronzava in testa, ma non trovava la giusta ispirazione per la strofa, così contattò Sue Shifrin, con la quale aveva già collaborato in passato e ben presto ai due si aggiunse David Cassidy, che proprio in quegli anni condivideva il letto con la Cantautrice di Miami. L'idea della collaborazione nacque sul bordo di una rinfrescante piscina dell'assolata California. Il miracolo invocato da Wetton e la Shifrin è quello di tornare alla vita normale, dopo essere stati catturati ed offuscati dal maledetto demone dell'alcool, in seguito ad una delusione amorosa. Un oscuro pad di tastiera apre il brano, accogliendo il tetro riff di chitarra, nell'occasione suonata dal session man americano Ron Komie, chitarrista della Shifrin. Il basso colora la ritmica zoppicante che non è di Palmer, bensì del session man Jamie Green che lo ha sostituito ad interim per chissà quali motivi. La melanconica linea vocale si lascia trasportare dai sobri power chords sparati da Mr. Komie. Speso l'ultimo dollaro nell'alcool, Wetton si sente uno straccio, messo letteralmente il ginocchio dalla dipendenza che lo ha catturato inesorabilmente. Nel bridge, la chitarra e le tastiere smorzano la tensione e fanno crescere lentamente il brano, in balia dei fumi dell'alcool Wetton si sente come un cane randagio per strada, solo, abbandonato e vulnerabile, ecco perché nel trascinate ritornello prega per un miracolo, un miracolo che lo riporti alla vita normale. Con l'oscura strofa tornano il pessimismo, dopo la rottura della storia d'amore nulla è andato per il verso giusto, la vita si stava sgretolando lentamente avvicinandosi pericolosamente ad un inferno che l'Ex King Crimson si è creato con le proprie mani. C'è voglia di redenzione fra le righe, Wetton ammette la sconfitta ed invoca la sua ex a tornare sui suoi passi, prega perché questo miracolo accada come dice a più riprese nel ritornello, che al secondo passaggio si insinua prepotentemente nella nostra testa. Si sale di un tono nello special, dove emergono i ruggiti del basso, mentre la sobrietà dei pattern di tastiera mette in dubbio se a suonarle sia realmente Geoff Downes o un session man di turno che passava casualmente di fronte allo studio ed ingaggiato all'ultimo momento. Dopo un breve passaggio di ritornello, c'è spazio per Ron Komie, che si disimpegna con un assolo piuttosto scolastico ma ben eseguito, badando bene a mettere ogni nota al punto giusto, sposando perfettamente la tenebra atmosfera malinconica che perdura per tutto il brano. Il ritornello è di quelli che funzionano, ed i nostri se ne approfittano mettendolo in loop, impreziosito dagli strazianti lamenti della chitarra di Mr. Komie che ci lasciano evaporando lentamente in fader. Nel 1990 fu stampato un singolo che conteneva una versione remix del brano, singolo divenuto ben presto un rarissimo oggetto di culto difficilissimo da reperire. Fu girato anche un video clip con i nostri che suonano in una suggestiva innevata piazza del Cremlino e con il nuovo arrivato Pat Thrall alla chitarra e l'incisivo drumming di Carl Palmer, che donano un palpabile corposità al brano. Nel 1992 fu rilasciata una VHS del Live in Moscow, la cui scaletta incomprensibilmente è diversa da quella del CD, e dove possiamo trovare una bella versione del brano, decisamente più potente rispetto all'originale.

Am I In Love?

"Am I In Love? (Sono innamorato di te?)" è una canzone rimasta fuori dalla track list definitiva di "Astra" si tratta indubbiamente della ballata più melensa scritta dal duo Wetton-Downes, brano che punta fortemente sui cullanti pattern di tastiera che esaltano la romantica voce di Wetton e che non avrebbe sfigurato nella colonna sonora di un film di animazione della Disney. Vi chiedete se è stato giusto estrometterla dall'album? Per me si, non è una brutta canzone, ma i brani di "Astra" erano di un livello decisamente superiore. A tratti ricorda "Love Now Till Eternity", ma la mancanza delle reminiscenze progressive la rende assai meno appetibile e aggiungerei talvolta monotona. Downes apre con arcane ed avvolgenti note, sovrastate dalle graffianti note del basso plettrato. Una rullata in crescendo apre i cancelli a John Wetton, che trasportato dai melliflui pad orchestrali si domanda se le farfalle che sente nello stomaco sono dovute ad una freccia sagittabonda. Con una scolastica corsa sui tom, Palmer annuncia l'inciso, vietato ai diabetici vista l'enorme quantità di zucchero presente. Wetton si chiede se è veramente innamorato o si tratta di una cotta passeggera, la notte porterà consiglio e all'indomani il nostro avrà le sue risposte. Nella strofa successiva, ancestrali armonie vocali rendono ancor più melliflua il tutto, le fiabesche trame della tastiera colorano le dolci licenze poetiche usate per descrivere le fantastiche emozioni che solo l'amore è in grado di dare. Al secondo passaggio, il dolcissimo ritornello risulta quasi stucchevole, nonostante l'ottimi arrangiamenti orchestrali di Mr. Downes, che prova a dare una scossa nello special salendo di un tono e costringendo Wetton ad irrobustire la linea vocale. "Just one kiss. Remember this. And it will stay with you Forever." (Solo un bacio. Ricorda questo. E rimarrà con te per sempre.)" sono le profonde licenze poetiche da bacio Perugina con cui si congeda l'Ex King Crimson. Il dolce pattern di tastiera sporcato dal basso sentito ad inizio brano sembrerebbe annunciare l'epilogo, ma uno sciame di appiccicosi "Am I In Love?" risorge come una fenice, Carl Palmer con un bel fil ci dice che il brano non è ancora finito, un pad orchestrale sveglia Mandy Mayer dal torpore, che forse si era addormentato aspettando di essere chiamato in causa. Melodici refrain di chitarra riprendono la linea melodica dell'inciso. Inizia uno sdolcinato botta e risposta tra l'armonia vocale e la sei corde, evidenziato da struggenti pad orchestrali. Quest nuova versione del ritornello ci accompagna lentamente verso l'epilogo, finendo col diventare stucchevole ed evaporando lentamente in fader.

Summer (Can't Last Too Long)

Vi ricordate l'effimera parantesi del 1987, con un tentativo di Wetton e Downes di dar nuova vita agli Asia con Michael Sturgis alla batteria e Scott Gorham alla chitarra? Bene, "Summer (Can't Last Too Long) [L'estate (non può durare a lungo)]" è una rarissima testimonianza in studio relativa a quel periodo. Siamo lontani anni luce dallo splendido sound Asiatico di inizio anni '80, si tratta di un brillante pop rock ricco di hook nascosti in qua e là, che vede il suo punto debole nelle liriche, a mio avviso fin troppo banali perfino per gli Asia. Geoffrey Downes apre il brano con una tempesta elettronica dalla quale emerge un coinvolgente battito di mani campionato che ritma la prima strofa, molto frammentata ritmicamente parlando. Wetton segue la strada melodica indicata dalle tastiere e va a sfogliare l'album dei ricordi esaltando la spensieratezza e la bellezza dell'Estate. I colpi sui tom tom di Michael Sturgis vengono valorizzati dalla brillante produzione di Wetton e Downes ed hanno il suo perché. Nell'inciso, Scott Gorham spara una serie di power chords che si amalgamano perfettamente con le pompose tastiere di Downes. Trascinato dal drumming di Sturgis, musicalmente e melodicamente l'inciso funziona, ma si perde nella banalità delle liriche, molto più vicine ad un classico tormentone estivo pop che ad un brano Asiatico. Cito per esteso per farvi rendere l'idea: "Summer Can't Last Too Long Summer Can't Last Too Long. Spring, Winter or fall but out of them all. The Summer Can't Last Too Long (L'Estate non può durare a lungo L'Estate non può durare a lungo. Primavera, Inverno o Autunno ma fuori tutti. L'Estate non può durare a lungo.)". È chiaro che essendo l'Estate una cosa bella, come tutte le cose non è eterna ed ha una fine; quindi, in questi banali versi possiamo trovare un messaggio celato, ovvero quello di godersi al massimo i bei momenti, perché purtroppo prima o poi termineranno e ci saranno momenti oscuri. Tornano le arcane atmosfere della strofa, che liricamente lascia a desiderare, sposandosi perfettamente con il ritornello successivo, proposto in doppia dose. Vocalizzi ed armonie vocali aprono le porte ad un limbo dove gli strumenti sembrano rimaner sospesi nel vuoto, riportandoci poi nuovamente verso la strofa. Finalmente dopo il ritornello, possiamo vedere di che pasta è fatto Scott Gorham. L'ex Thin Lizzy mette in mostra tutta la sua tecnica con funambolici passaggi sulle sei corde, contaminando con del sano hard rock il brano. L'assolo avrebbe meritato più spazio, ma stiamo parlando di un brano prettamente pop, ecco che i nostri danno spazio all'inciso, concludendo con una variante meno ritmata e guarnita da vocalizzi che sfuma anonimamente in fader. Nonostante il brano non si possa definire Asiatico, sarebbe stato interessante poter ascoltare un intero LP con questa formazione, ma purtroppo al tempo le case discografiche non erano attratte dall'idea, ed il progetto naufragò tristemente. Un brano dalla frizzante aria estiva, come recita il fin troppe volte il titolo, che ci svela quale direzione volessero imboccare i nostri nel 1987.

Voice Of America

"Now" si conclude stranamente con un brano che già conosciamo, estratto da "Astra". Mi sarei aspettato "Go", o perché no "Rock And Roll Dream", ma i vertici della Geffen, chissà per quale oscuro motivo, hanno deciso di optare per "Voice Of America (Voce Dell'America)", che comunque ha il suo perchè. Si tratta di una emozionante power ballad che Wetton aveva composto per l'album solista che aveva in mente di pubblicare prima del ricongiungimento con gli Asia. La sorprendente chiamata della Geffen fece naufragare l'idea e la canzone è stata rielaborata insieme a Geoff Downes. Un mellifluo pattern di pianoforte apre l'ultima traccia del platter. Vellutati passaggi di basso e struggenti pad orchestrali colorano la prima strofa, dove Wetton omaggia la musica americana che lo ha influenzato. Che siano stati i Beach Boys o qualche altra rock band americana, una canzone si è installata nel cuore di John Wetton sin dalla prima volta che l'ha ascoltata in radio, diventando la sua migliore amica e aiutandolo a creare il suo percorso musicale fino a diventare ciò che è diventato, una leggenda del rock. Risentendola ad anni di distanza, la canzone continua a emanare forti emozioni ed intense vibrazioni, quelle emozioni che solo la musica sa dare. Mandy Mayer spinto dalla batteria, spara tre accordi che spalancano le porte al solare ed emozionante ritornello, dove emerge una magnetica armonia vocale. Con un funzionante fil sui tom, Palmer ci porta verso la seconda strofa dove brillano i virtuosi passaggi di chitarra e tastiera. Wetton va a ritroso nel tempo e ci dice come la sua canzone preferita sia immortale e sempiterna. Dopo i primi passaggi alla radio, ha continuato ad emozionarlo prima attraverso il suo stereo e poi corredata di immagini video sulla MTV. La musica, quella buona, è inossidabile, è una delle poche cose capaci di resistere all'ineluttabilità del tempo. Dopo un secondo passaggio dell'inciso, Downes spruzza un po' di anni settanta sul brano, colorando con il clavicembalo lo special, dove emergono dolci armonie vocali che ci svelano quale sia la band che ha stregato Wetton, i Beach Boys. Un bel crescendo degli strumenti, guidato dall'incisivo drumming di Carl Palmer richiama l'inciso, seguito da un perfetto assolo strappa mutande di Mr. Mayer. I tom tom di Palmer ed un profondo glissato di basso annunciano il gran finale, dove ritroviamo in loop l'inciso, impreziosito dai bellissimi controcanti di Wetton.

Conclusioni

È lapalissiano che se dovessi valutare l'album in base il micidiale iperconcentrato estratto dai primi due album, non potrei esimermi da un secco e deciso dieci in pagella. Ma questo lavoro va valutato sotto altri punti di vista. Non mi convince il mini greatest hits, cinque brani, se pur significativi non bastano a rendere giustizia al micidiale uno-due degli Asia, già una decina non sarebbero stati sufficienti, per non parlare dell'unico brano estratto da "Astra". Riguardo agli inediti, non me ne vogliano i nostri, ma quelli presenti sul precedente "Aurora" erano di un altro pianeta, molto più strutturati e assai meno banali, grazie all'apporto del Maestro Howe. Qui di Asia abbiamo ben poco, le nuove composizioni sconfinano fra il pop rock e l'AOR, atte forse ad accaparrarsi nuovi fan, ma contemporaneamente a far infuriare la vecchia guardia degli accoliti asiatici. L'interessante rivisitazione di "Days Like These" e le avvolgenti atmosfere di "Prayin'4 A Miracle", insieme all'inconsistente melensa "Am I in Love?" e all'estiva e brillante "Summer (Can't Last Too Long)" non bastano a colmare il lungo periodo di silenzio della band. Comunque sia, dopo una fiacca partenza avvenuta dopo il rilascio, precisamente il 14 Agosto del 1990, "Then & Now" lentamente le sue copie le ha vendute, portando in casa di Wetton e soci un bel disco d'oro rilasciato il 23 Luglio del 1998, dopo aver superato il mezzo milione di copie vendute negli Stati Uniti. Indubbiamente, la splendida voce di John Wetton emerge prepotentemente nelle nuove composizioni, facendo passare in secondo piano la qualità dei brani, lontani anni luce dalla magnificenza del sound dei primi due album, ma aimè anche dall'ottimo "Astra", dopo il quale purtroppo, i nostri sono stati spesso in balia degli eventi, non riuscendo più neanche ad avvicinarsi ai fasti degli esordi, facendo ridere beffardamente il fantasma di Steve Howe. Sempre sopra al fragilissimo ponte di ghiaccio chiamato scioglimento, ed in balia di una irrefrenabile turbolenza che vedeva vari chitarristi alternarsi al fianco dello storico triumvirato, pur annaspando comunque Wetton e Downes sono riusciti in qualche maniera a portare avanti il progetto Asia. Anche il fatto che l'artwork fosse stato affidato all'illustratore francese Jean-Francois Podevin anzichenò alle miracolose mani di Roger Dean non deponeva a favore del nuovo album Asiatico. Comunque sia non si tratta certo dell'ultimo arrivato, in quanto Podevin vanta un curriculum di tutto rispetto in campo discografico, dove spicca l'artwork realizzato per l'album "Reach For The Sky" dei Ratt. L'illustratore parigino ha realizzato un labirinto, dove ha imprigionato le icone asiatiche create da Roger Dean. In basso, troviamo Aza, l'alieno protagonista della copertina di "Astra", più in alto il magnifico serpente marino che domina nella cover del fantastico album d'esordio, mentre a destra troviamo l'aquila di "Alpha". Al centro con tutta la sua esuberanza, domina Pegaso, il magnifico cavallo alato che sta per spiccare il volo verso un pianeta molto simile alla Terra, posto in alto, sotto il quale troviamo il classico logo piramidale della band. In conclusione, il titolo "Then & Now", espressione tanto cara ai fan della serie tv Supernatural, è il titolo più azzeccato della storia della musica, e mette bene in luce la nuova direzione musicale intrapresa da Wetton & Downes, lontana anni luce dal frizzante sound contaminato dal progressive rock degli esordi. Una mini-compilation più quattro inediti per un totale di nemmeno quarantatré minuti di musica non è il massimo per i fan, tenuti a digiuno per troppo tempo. Si tratta di un prodotto atto ai collezionisti compulsivi degli Asia come il sottoscritto, che vi confessa di averlo comprato per ben due volte, in quanto qualche annetto fa mi accorsi di non averlo più nei miei scaffali, forse smarrito prestandolo alla persona sbagliata. Per fortuna riuscii a ritrovarlo a poco prezzo, perché ultimamente la quotazione è risalito fino a 14,98 euro, e sinceramente mi sembra un prezzo troppo alto tenendo conto che il fantastico album d'esordio potete accaparrarvelo con poco più di 8 ?, se vi venisse in mente di scoprire gli Asia, iniziate appunto con l'album datato 1982.

1) Only Time Will Tell
2) Heat Of The Moment
3) Wildest Dreams
4) Don't Cry
5) The Smile Has Left Your Eyes
6) Days Like These
7) Prayin'4 A Miracle
8) Am I In Love?
9) Summer (Can't Last Too Long)
10) Voice Of America
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