ASIA
Asia
1982 - Geffen Records
SANDRO PISTOLESI
09/05/2022
Introduzione Recensione
Ai più giovani sarà venuto a noia sentir parlare della magia degli anni Ottanta, ma credetemi, per chi li ha vissuti, si tratta senza ombra di dubbio del miglior decennio in assoluto e non parlo solo dello stile di vita, spensierato, frizzante e coloratissimo. Tutte le forme artistiche mutavano gradualmente raggiungendo l'apice, cinema e musica su tutti. In quegli anni anche la disco music era piacevole, nulla a che vedere con i tristi e piatti tormentoni del nuovo millennio. L'hard rock e l'heavy metal hanno indubbiamente vissuto il miglior periodo, con Iron Maiden, Ozzy, Motley Crue, Scorpions, Helloween, Metallica, Bon Jovi e chi più ne ha più ne metta, capaci di sfornare un capolavoro dietro l'altro. Se la passavano peggio gli accoliti del progressive rock. L'esplosione del punk e della new wave alla fine del decennio precedente aveva reso in qualche modo obsolete le interminabili ed elaboratissime suite che da sempre caratterizzavano il rock sinfonico. Mentre Robert Fripp aveva già sciolto i King Crimson nel 1974 (per poi tornare prepotentemente). Agli inizi degli anni '80, i gloriosi Emerson, Lake & Palmer si sciolsero clamorosamente, i Jethro Tull sperimentavano nuove sonorità elettroniche, i Genesis, privi dell'istrionico Peter Gabriel, facevano infuriare lo zoccolo duro dei fan con album più commerciali., mentre paradossalmente nelle cantine dell'Inghilterra, un esercito integralista amante del vecchio progressive rock guidato dai Marillion, stava lavorando duramente per portare nuovamente il loro amato genere sulla cresta dell'onda. Andò meglio sicuramente agli Yes, che sull'orlo di un clamoroso scioglimento, con un sorprendente cambio di formazione sfornarono il capolavoro "Drama", dichiarando comunque un anno dopo che gli Yes non sarebbero più esistiti (per poco n.d.r.). Proprio a causa del clamoroso declino degli Yes, il manager Brian Lane, aveva in testa un progetto musicale che si allontanasse dalle complicate sinfonie in voga nel decennio precedente strizzando l'occhio ai brani melodici ed easy listening degli anni'80. Già all'inizio del nuovo decennio, Chris Squire ed Alan White dettero vita all'intrigante super gruppo XYZ insieme a Jimmy Page e Robert Plant, che però riteneva troppo complicato lo stile delle composizioni e purtroppo fece naufragare il progetto. L'idea del supergruppo stuzzicò la mente di molti manager e dei magnati delle case discografiche. Già sul finire degli anni Settanta, si vociferava di un progetto che vedeva coinvolti John Wetton, reduce dallo scioglimento dei King Crimson, e gli ex Yes Wakeman e Bill Bruford. Non se ne fece di nulla, ma Wetton e Bruford, insieme al chitarrista Allan Holdsworth e al tastierista Eddie Jobson formarono gli UK. Il progetto ebbe vita breve ma intensa, sciogliendosi dopo alcuni cambi di formazione, regalandoci tre splendidi album nel giro di due anni. John Wetton non si dette per vinto e coinvolse Carl Palmer, Rick Wakeman e l'allora carneade Trevor Rabin per un nuovo progetto, ma l'instabile Tastierista di Perivale mandò tutto in fumo al momento della firma con la Geffen. Grazie alla tenacia di Brian Lane e di John David Kalodner, dirigente della divisione A&R della Geffen, comunque, il progetto riuscì a non evaporare definitivamente. Il talent scout americano convocò John Wetton, motivandolo e facendogli capire che suonare per Brian Ferry non era nel suo destino. Subito dopo Brian Lane spinse per coinvolgere Steve Howe. John Kalodner convinse i due musicisti a comporre del materiale per un nuovo album. Per completare la line-up, vennero scartate le ipotesi Roy Wood e Trevor Rabin, che per uno strano gioco del destino andrà poi a sostituire Howe nel nuovo corso degli Yes. Per il ruolo di batterista fu contattato Simon Philips, ma il drummer londinese non rimase a lungo, non convinto dal genere musicale. In sua sostituzione non fu scelto un nome a caso, fu ingaggiato Carl Palmer, sicuramente il più famoso dei batteristi di tutta la scena rock e non solo, nonché uno dei migliori. Mancava un tastierista, Steve Howe spinse per Geoff Downes, con il quale aveva lavorato con gli Yes, che da ultimo arrivato si ritroverà ad essere l'unico membro sempre presente in ogni line-up della band. Fu deciso di mantenere una formazione a quattro, ed ecco che agli inizi del 1981 nacque quello che possiamo considerare il supergruppo per eccellenza, formato da ex membri di ELP, Yes e King Crimson, ergo il top del progressive rock. Su idea di Brian Lane, che invero all'inizio non venne preso sul serio, il progetto venne denominato Asia. Visti i tempi che correvano, per sopravvivere negli anni '80 non si poteva suonare musica degli anni Settanta, il quartetto albionico spinse il sound verso lidi più commerciali che strizzavano l'occhio all'AOR americano, facendo imbestialire i progger integralisti di vecchia data. Andiamo a conoscere più da vicino i nostri eroi. John Kenneth Wetton nasce a Willington nel Derbyshire il 12 Giugno del 1949. Trasferitosi poi in tenera età a Bournemouth, dove frequentò la Bournemouth School, fu avvicinato al mondo della musica dal fratello maggiore, che era un organista. L'organo di casa Wetton non era dotato di una pedaliera, e il fratello faceva suonare le parti di basso su un pianoforte a John, durante le esercitazioni. Fu così che si innamorò delle fantastiche linee di basso presenti nella musica classica, in particolare quelle di Johann Sebastian Bach. Per distinguersi dal fratello, decise di allontanarsi dalla musica classica ed imboccare la strada del rock, dedicandosi allo studio del basso elettrico. Dopo alcune collaborazioni con Richard Palmer-James, Mogul Thrash, Renaissance e Family, arrivò la chiamata del suo caro amico Robert Fripp, che lo invitò ad unirsi ai King Crimson, con i quali diede alla luce tre pietre miliari del progressive rock britannico. Quando Fripp sciolse il gruppo, John fece un tour con i Roxy Music e un paio di album con gli Uriah Heep, per poi formare gli UK insieme a Bruford, andando a ricomporre la sezione ritmica del Re Cremisi. Nel 1980, pubblico il suo primo album solista, intitolato "Caught in the Crossfire", e dopo una breve collaborazione con i Wishbone Ash, dette vita al progetto Asia. Steve Howe nasce nel quartiere londinese Holloway l'8 Aprile del 1947. Nonostante l'elevata tecnica strumentale e il peculiare stile di interpretare la chitarra, che ci crediate o no, Steve è autodidatta. Bensì nella numerosa famiglia (è il minore di quattro fratelli) non ci fossero musicisti, Steve sin da piccolo è stato attratto dalla musica. La scintilla che lo fece innamorare con Eturpe scoccò grazie ad un vecchio giradischi stereofonico, con il quale il piccolo Steve suona 78 giri di musica per banda. Ben presto fu ipnotizzato dal rock 'n' roll, non riusciva a star fermo quando gli ascoltava. A dodici anni i suoi per Natale gli regalarono l'agognata chitarra che chiedeva da molto tempo. Iniziò a studiare alacremente da solo il suo strumento e a strimpellare qualcosa con gli amici. Dopo catastrofiche esibizioni live che lo tennero per un po' di tempo alla larga dai palchi, iniziò a lavorare per poter potenziare il suo arsenale. Il primo lavoro fu in una fabbrica di pianoforti (due giorni), per poi passare ad un negozio di dischi. Lasciò il lavoro a causa delle continue richieste di avere il sabato libero, per ottemperare ai concerti che iniziavano a farsi sempre più frequenti. Nel 1961 acquistò una Guyatone, la sua prima chitarra elettrica, tre anni dopo prese una Gibson ES-175D, strumento che gli rimarrà fedele per sempre. A diciassette anni incise il suo primo disco con i Syndacats, per poi passare ai The In Crowd, band che suonava cover soul e successivamente intraprese la strada del rock psichedelico cambiando il nome in Tomorrow. Nel 1968, la sua fama di chitarrista iniziò a farsi sentire e fu ingaggiato dai Bodast, con i quali ottenne un contratto discografico. Successivamente fece delle importanti audizioni, una con i Nice, che non facevano per lui, una con i Jethro Tull, ma il fatto che non potesse comporre lo fece desistere e una con gli Atomic Roster. Nel 1970 fu ingaggiato dagli Yes, con i quali ha scritto pagine indelebili della storia della musica. Carl Frederick Kendall Palmer nasce a Birmingham il 20 Marzo del 1950. Figlio d'arte, iniziò a suonare il violino, ma ben presto intuì che la sua vocazione era la batteria. Dopo un po' di gavetta, incide a 20 anni il suo primo disco con gli Atomic Roster. La sua fama di batterista lo precedeva, e subito dopo diede vita al power trio più famoso della storia della musica, gli Emerson, Lake & Palmer. Grazie alle performance con gli ELP, negli anni Settanta ottenne ben sei nomination come miglior percussionista del Mondo. Finita l'avventura con il progressive trio, dopo un effimero progetto insieme al chitarrista John Nitzinger denominato PM, entrò a far parte degli Asia. Geoffrey Downes nasce a Stockport, il 25 agosto del 1952, da una famiglia di musicisti. Suo padre era un organista da chiesa, sua madre un'insegnante di pianoforte, ergo non ci volle molto affinché prendesse confidenza con la musica sin dalla tenerissima età. A 16 anni acquistò il suo primo organo Hammond. Dopo aver frequentato il Leeds Collage Of Music, a venti anni si trasferì a Londra, dove iniziò a farsi notare componendo jingle pubblicitari e suonando in vari gruppi locali, in modo da pagarsi l'affitto. Poi conobbe Trevor Horn con il quale formò i The Buggles e scrisse il sempiterno successo planetario "Video Killed The Radio Star", capace di dominare le classifiche di tutto il Globo e vantarsi di essere stato il primo video musicale trasmesso della MTV statunitense alle 00:01 del Primo Agosto del 1981. Il talento del formidabile duo non sfuggì dall'occhio vigile di Brian Lane, che ingaggiò i due per far risorgere gli Yes, che con la rinnovata formazione dettero vita al controverso ma per me bellissimo "Drama". Da qui agli Asia il passo fu breve. Con una line-up del genere, era facile prevedere che il primo disco intitolato semplicemente "Asia", fosse un capolavoro. Con una tecnica sopraffina ed un songwriting eccezionale, i nostri mixarono le nozioni del progressive all'AOR d'oltre Oceano, dando vita ad un micidiale mix che gli permetterà di dominare le classifiche di tutto il Mondo. Le tastiere di Downes sembrano nate appositamente per accompagnare la voce romantica di Wetton, ricamata dai preziosi intarsi di chitarra di Howe, il tutto sostenuto da una granitica e storica sezione ritmica. Se proprio dobbiamo andare a cercare il pelo nell'uovo per trovare un difetto, il punto debole sono le liriche, quasi sempre affrontano argomenti sentimentali, lontane anni luce dai testi criptici e ricercati di Yes, Genesis e Jethro Tull, ma sicuramente è una cosa voluta, in modo da poter rendere i brani più accessibili e accaparrare nuovi fan ed adeguarsi alle tendenze del momento. Andiamo dunque ad ascoltare questa pietra miliare della musica rock.
Heat Of The Moment
Ad album quasi ultimato, la Geffen chiese agli Asia un singolo da classifica per completare la track list. Wetton e Downes si misero al lavoro, e in quattro e quattr'otto i due tirarono fuori dal cilindro "Heat Of The Moment (Il Calore Del Momento)", ideatori rispettivamente dell'ammaliante ritornello e della strofa. Dopo essere stato corrotto, Steve Howe, sparò una manciata di power chords, con la Gibson Les Paul Junior, decisamente non il suo stile, ma il nostro riuscì a sfornare un riff memorabile che può essere annoverato fra i più azzeccati della storia del rock. Per ottenere il suono desiderato, il Chitarrista di Holloway usò la tecnica dell'overdubbing, incidendo il riff per ben sette volte, usando sempre un diverso amplificatore. Per ironia della sorte, l'ultimo brano composto divenne il primo singolo estratto, nonché il brano più famoso degli Asia ed un vero e proprio inno degli anni'80. Le liriche, scritte da Wetton, sono una sorta di redenzione per riparare al brutto comportamento che il nostro ha avuto in adolescenza agli inizi della relazione amorosa con Jill, che poi diventerà la sua prima moglie. Per la cronaca, i due divorzieranno dopo dieci anni di matrimonio. Il brano si apre con il magnetico riff sparato dalla Gibson di Howe, John Wetton cala un irrinunciabile hook con la bellissima linea vocale della strofa, alzi la mano chi non ha mai canticchiato o perlomeno fischiettato l'incipit del brano. L'ex King Crimson si pente di essersi comportato male in passato durante la relazione, all'epoca fomentato dall'adrenalina dell'adolescenza, ma ora conscio che una rottura avrebbe cancellato per sempre il sorriso dalla sua faccia. Palmer accompagna con semplici passaggi ma che funzionano alla grande, mentre nella mente di Wetton scorrono i ricordi della storia d'amore. Come un treno arriva l'anthemico ritornello, pronto a stamparsi in maniera indelebile nella nostra mente. Nella strofa successiva il tempo scorre e ci porta nel 1982, dove le la donna non sopporta più le goliardie da ventenni, ma si sente più matura. "You catch the pearl and ride the dragon's wings (Prendi la perla e cavalca le ali del drago)" è un lapalissiano omaggio alla memorabile copertina firmata Roger Dean, che analizzeremo a fondo più avanti. Al minuto 01:45, Geoff Downes domina dall'alto del suo castello di tastiere, creando un'atmosfera arcana contaminata dalle orientaleggianti note del koto che spezza in due il brano. Si respirano le affascinati atmosfere degli anni Ottanta. La strofa successiva viene impreziosita dal pianoforte, mentre nella mente di Wetton continuano a scorrere i ricordi di un amore adolescenziale. Il ritornello funziona, i nostri lo sanno e lo usano a più riprese per poi lasciare il campo a Steve Howe che ci ipnotizza con un assolo leggendario, mentre Palmer massacra il suo rullante Venus firmato Ludwig. Il singolo, rilasciato nell'Aprile del 1982, fu un successo planetario, capace di rimanere per sei settimane al primo posto nella classifica statunitense Billboard Mainstream Rock, comportandosi in maniera soddisfacente in tutto il Mondo. Da noi in Italia purtroppo non andò oltre la posizione 89. Con MTV in piena esplosione, i nostri affidarono la regia del video clip al duo britannico Godley & Creme, nato dalle ceneri dei 10cc. Il video punta sull'effetto retrò a mosaico a sei griglie che mixa le immagini di una storia d'amore a quelle dei nostri che si divertono a suonare. I fan della serie tv statunitense Supernatural, ricorderanno con affetto l'episodio numero 11 della terza stagione, intitolato "Mystery Spot" (da noi "Un Martedì Infernale") dove Dean vive ripetutamente la stessa giornata, che culmina sempre con la sua morte, giornata che inizia sempre con la radio che trasmette "Heat Of The Moment". Altre comparse cinematografiche del brano le trovate nel film "Matador", diretto da Richard Shepard, nella serie cartoon South Park e nella commedia "40 Anni Vergine" di Judd Apatow. Con un riff del genere il brano non poteva certo mancare nella playlist del videogioco "Guitar Hero".
Only Time Will Tell
Si continua con un altro pezzo forte, "Only Time Will Tell (Solo Il Tempo Lo Dirà)", secondo singolo, pubblicato a Luglio del 1982 e sempre firmato dal duo Wetton-Downes, le cui liriche rimangono sul sentimentale, parlandoci della prima cotta adolescenziale di Wetton, relazione non andata a buon fine ma che ha lasciato una profonda cicatrice nel cuore dell'Ex King Crimson. Si tratta di una delle primissime composizioni di Wetton, in origine si intitolava "Starry Eyes" e la leggenda narra che sia stata provata con una formazione embrionale che vedeva presente anche Trevor Rabin. Geoff Downes apre il brano con epiche tastiere prettamente anni '80 che stuzzicheranno le fantasie degli Europe qualche anno più in là. Steve Howe ricama con sottili fraseggi di chitarra, il basso ruggente di Wetton e il campanaccio di Mr. Palmer gettano le fondamenta ritmiche. Impossibile non innamorarsi della contagiosa linea vocale della prima strofa che ci parla di una storia d'amore non sbocciata definitivamente. La romantica voce di John Wetton trasportata dalla paradisiache trame di tastiera, ci arriva dritta al cuore. La sezione ritmica ravviva la seconda strofa, dove la bellissima linea vocale continua ad ipnotizzarci, stavolta ricamata dai preziosi fraseggi di Mr. Howe. L'esplosivo ritornello viene colorato da ammalianti armonie vocali, mentre un fugace passaggio strumentale rivendica il glorioso passato dei membri del supergruppo albionico. Strofe e ritornelli si susseguono magicamente mixate a suggestivi intermezzi strumentali che mettono in mostra un ottimo songwriting e una tecnica invidiabile. Come suggeriscono i dolci controcanti, solo il tempo saprà dire se la donna ha avuto ragione a rompere la relazione amorosa, affermazione rafforzata dalla pretenziosa licenza poetica con cui Wetton chiude le liriche: "If you were wrong the brightest ring around the moon will darken when i die (Se ti sbagliavi l'anello più luminoso intorno alla Luna si scurirà quando morirò)" Steve Howe appare molto ispirato in questo brano, tornando a disegnare bellissimi arabeschi con la sua chitarra come ai tempi degli Yes, trasportato dalle spaziali tastiere di Downes, che con disinvoltura guida gli sbalzi atmosferici che rendono più fluido l'ascolto. Come il precedente, anche questo brano è stato meritatamente usato nel campo cinematografico. Lo potete ascoltare nell' episodio numero 22 della terza stagione della serie tv Cold Case-Delitti Irrisolti intitolato "The River (da noi L'Ultima Partita)", nell'episodio 19 dell'ottava stagione della serie I Griffin intitolato "The Splendid Source (La Fonte Meravigliosa)" e nel videogioco "Metal Gear Solid V: The Phantom Pain". Se pur in maniera minore rispetto alla sempiterna "Heat Of The Moment", anche "OTWT" ebbe un ottimo responso dai botteghini. La regia del video clip fu assegnata ancora al duo Godley & Creme, che stavolta alternano passi di danza ad immagini dei nostri all'interno di un muro fatto di televisori a tubo catodico.
Sole Survivor
Il duo Wetton-Downes firma anche "Sole Survivor (Unico Sopravvissuto)", terzo singolo estratto (Ottobre 1982), nonché il mio brano preferito dell'album. Nell'arcana introduzione fra i ruggiti della chitarra e le spaziali tastiere emerge Carl Palmer con raffinati passaggi di batteria che possiamo considerare dei veri e propri hook, di quelli che ti invogliano a suonare la mitica batteria immaginaria che da sempre accompagna ogni ascoltatore di musica rock. Anche in questo brano il punto di forza è la magnetica linea vocale di John Wetton, che ci parla di un sopravvissuto, forse ad una guerra, ma visto che nelle prime battute le liriche citano dei segugi infernali, ecco che si aprono affascinanti strade fantasy. Presente nelle mitologie di tutto il mondo, il mastino infernale è una bestia al servizio degli Dei o dei demoni, nella mitologia greca è conosciuto con il nome di Cerbero, un cane a più teste che fa la guardia ai cancelli degli Inferi per impedire ai morti di fuggire. I norreni lo chiamano Garmr o Garm, comunque sia, si tratta di una bestia infernale, quasi sempre di color nero e dai fiammeggianti occhi rosso fuoco. Imboccando la strada del soprannaturale, l'ultimo sopravvissuto potrebbe essere un uomo che è riuscito a sfuggire dall'ira di un Dio che ha sguinzagliato i suoi mastini infernali per catturarlo. Mi piace pensare che il Dio abbia deciso di punire l'umanità a causa di un inappropriato comportamento nei confronti di Madre Natura, e il nostro ultimo sopravvissuto lotta con i denti e con le unghie affinché l'essere umano possa continuare ad esistere, ammesso che riesca a sopravvivere alla caccia delle fiere infernali. Le tastiere di Downes ricamano la bellissima linea vocale della strofa, che nell'inciso viene colorata da azzeccate armonie vocali. La chitarra di Howe sporcata dallo wah wah disegna intricati arabeschi, prima che Wetton riprenda strofa e ritornello. Al minuto 02:40 calano i bpm e troviamo un bellissimo intermezzo strumentale. Le paradisiache tastiere di Downes vengono contaminate dalla chitarra che dà il via ad un bellissimo crescendo rossiniano che richiama all'appello tutti gli interpreti, dove emerge il Tastierista di Stockport con funambolici passaggi sui denti d'avorio della tastiera. Il ritornello riproposto in loop ci accompagna verso la fine, trascinato dalla granitica sezione ritmica. Come i suoi predecessori, anche "Sole Survivor" ha raggiunto la top ten della Mainstream Rock Charts Americana. La power metal band giapponese Galneryus ha rivisitato energicamente il brano nell'album di cover "Voices from the Past II" del 2008.
One Step Closer
Dopo il micidiale trittico di singoli firmati dal sorprendente duo Wetton-Downes è la volta di "One Step Closer (Un Passo Più Vicini)", brano che stavolta l'Ex-King Crimson firma insieme a Steve Howe, che allontana il sound dall'AOR americano, direzionandolo verso il progressive del decennio precedente. Un brioso ed articolato arpeggio di chitarra che si intreccia con le tastiere viene bombardato dai micidiali colpi stoppati della sezione ritmica, aprendo i cancelli a Mr. Downes che conclude l'introduzione con spensierate tastiere dal piacevole retrogusto retrò. Wetton ci canta di un amore non corrisposto da parte di un ragazzo che è imprigionato dalla solitudine. Tintinnanti tastiere che emanano profumi d'oriente inseguono la linea vocale, che però stavolta non è ammaliante come le precedenti. Il ragazzo cerca di farsi notare, gli basterebbe avere una piccola occasione per avvicinarsi a piccoli passi alla ragazza che ha folgorato il suo cuore, come cantano i nostri con una solare armonia vocale nell'inciso. Un passaggio di chitarra a la "Siberian Khatru" conferma che il brano porta la firma di Steve Howe, che ha indirizzato anche le tastiere di Downes verso un sound più "Yessano". Nella seconda strofa si intuisce che anche la ragazza è un tipo particolare dotata di una forte personalità che molti uomini faticano a comprendere, ricoprendola di battute e contornandola di bugie. Ma nonostante tutto, il ragazzo conferma di avere tenacia e resilienza e farà di tutto per avvicinarsi alla ragazza. Le armonie vocali dell'inciso e le tastiere squillanti aprono la strada a Steve Howe, che mette la firma in ceralacca sul brano con uno dei suoi peculiari assolo di chitarra. I nostri decidono di accompagnarci verso l'epilogo con il ritornello, a mio avviso non fra i migliori del lotto e tirandolo troppo alle lunghe, per poi lasciare il compito a Steve Howe di salutarci con un trascinante assolo con la sei corde.
Time Again
Sin dalle prime oscure note di "Time Again (Ancora Tempo)", che ricordano vagamente l'inizio di "Machine Messiah" degli Yes, è facile intuire che siamo di fronte al brano più progressive dell'intero lotto, ricco di cambi di tempo e funambolici passaggi che sfiorano l'autocelebratismo. La lunga introduzione, dove brilla il caratteristico colpo di gong di Carl Palmer, è ricca di interminabili fil sui tom tom, oscuri fraseggi di chitarra e tastiere anni Settanta che andando avanti deflagrano nella trascinante cavalcata ritmica che vede il duo Palmer-Wetton in gran spolvero. Dal castello di tastiere di Mr. Downes piovono fulmini che insieme ai lamenti della chitarra illuminano questa primo scorcio di brano che urla progressive. L'elevato numero dei bpm costringe Wetton a sforzare le sue corde vocali e ad andare più in alto rispetto ai suoi standard, cantando con grinta di una relazione amorosa giunta sull'orlo del baratro. Stavolta il nostro fa uso di licenze poetiche che rendono il testo più impegnativo rispetto ai precedenti, sposando l'abito prog del brano. Insoddisfazioni e bugie sono i demoni che hanno rotto il fragile equilibrio di un rapporto amoroso ormai offuscato dalla menzogna. Nell'inciso brillano armonie vocali e le evoluzioni di Mr. Palmer. Al minuto 01.52 incontriamo un breve interludio strumentale che rivendica il glorioso passato dei nostri, dove con malizia vengono mixate nozioni di fusion e jazz al progressive rock del decennio precedente. Nella strofa successiva emergono rancori ed invidie che sono stati tenuti troppo a freno ed esplodono fragorosamente una volta consumato il rapporto. Dopo il breve inciso ritroviamo il brillante stacco strumentale, seguito da una interminabile corsa sui denti d'avorio del pianoforte che viene braccata da un altrettanto infinita corsa sulle pelli che culmina con un caustico assolo di chitarra. Steve Howe è particolarmente ispirato in questo assolo dove mixa perfettamente funambolici fraseggi e melodia, sfruttando l'accogliente tappeto di organo Hammond disteso da Mr. Downes. L'ultima strofa è tenuta in piedi dal grintoso drumming di Palmer. Il ritornello finale viene impreziosito da accattivanti controcanti che ronzano intorno all'armonia vocale come falene intorno ad una luce notturna.
Wildest Dreams
Bombardato da fiammate di tastiera ed inseguito dai lamenti della chitarra, il basso plettrato di Wetton pulsa come un cuore impazzito nei primi secondi di "Wildest Dreams (Sogni Più Selvaggi)", dove stavolta le liriche abbandonano finalmente il filone sentimentale per imboccare lidi più impegnativi. Nei sogni selvaggi si brama un Mondo libero dalle guerre, libero dalle dittature, libero dal consumismo, libero dall'odio e dal pregiudizio. Un pianoforte martellante accompagna Wetton nella prima strofa, dove emergono pungenti fraseggi di basso che sottolineano le polemiche liriche che sparano a zero sui signori della guerra, impegnati a mostrare i loro decori ottenuti grazie al sangue versato dai loro soldati, soldati finiti fin troppo presto nel dimenticatoio. Nella seconda strofa arriva Palmer a far crescere il brano, mentre sugli schermi della televisione scorre la follia della guerra, immagini che purtroppo in questi ultimi tempi ci stanno accompagnando quotidianamente. Nel bridge, cori d'altri tempi ci svelano che i nostri stanno parlando del conflitto delle Isole Falkland che si stava consumando proprio nel 1982, una guerra che i nostri non prevedono nei sogni selvaggi dell'inciso. Con polemica nella seconda strofa dove brillano gli intarsi di chitarra di Mr. Howe, si sottolinea come nel Regno Unito la sera i britannici si siedono comunque davanti alla tv, mentre a chilometri di distanza qualcuno sta combattendo nel nome della Regina. Calano i bpm nel bridge, c'è un pensiero per tutte le vittime innocenti del conflitto bellico, in particolar modo per i bambini. Le oniriche tastiere di Downes, coautore insieme a Wetton del brano, annunciano l'inciso, seguito da un interludio strumentale. Le taglienti note sparate dalla Gibson di Howe danzano come satiri impazziti sull'orda di sedicesime sparate dal basso, tenuta in piedi dal doppio pedale di Palmer. Nell'ultima strofa emerge la paura dell'avvento di un regime totalitarista, sensazione evidenziata senza peli sulla lingua dalle frasi "They recommended euthanasia for non-conformists anywhere (Hanno raccomandato l'eutanasia per gli anticonformisti ovunque)" e "Some men's dreams for others turn to nightmares (I sogni di alcuni uomini per altri si trasformano in incubi)", sicuramente, liricamente parlando, il momento migliore dell'album. La sezione ritmica picchia duro sull'ultimo ritornello, rafforzando energicamente la voglia di un mondo senza guerre. In chiusura, Carl Palmer si ricorda chi era e ci ipnotizza con un incredibile assolo di batteria, accompagnando poi con funambolici passaggi sul rullante John Wetton verso l'epilogo, deve riecheggiano delle campane a festa.
Without You
"Without You (Senza Di Te)" è un'altro brano che mi ha colpito sin dal primo ascolto, una oscura ed energica ballata firmata Wetton-Howe, la prima che i due hanno scritto insieme, dove possiamo trovare interessanti risvolti progressive rock. Uno dei punti più alti del platter che ingiustamente non ha la fama che merita, forse oscurata dal micidiale trittico iniziale. Le liriche, pur essendo ancora sul sentimentale, stavolta sono più impegnative, grazie a ricercate licenze poetiche. Downes apre le danze con una solenne trama di tastiera, accogliendo la melanconica line vocale di Wetton, che ostenta tutto il suo amore nei confronti della sua compagna attraverso certosini versi. Il nostro disegna un bellissimo quadretto da incorniciare, dove i due innamorati si stanno godendo il sorgere del Sole durante una nebbiosa ed umida mattinata, lui ammira lo splendore dell'alba attraverso gli occhi della ragazza. Gli struggenti pad orchestrali ci annunciano che il brano è in crescita; infatti, un solare "Without You (Senza Di Te)" urlato ai quattro venti e scandito da ben assestati colpo stoppati suona la sveglia. Le potenti plettrate del basso colorano la ritmica di Palmer, mentre le paradisiache tastiere di Downes trasportano in alto Wetton, inseguito dai preziosi ricami della Gibson. Il Frontman Di Willington usando toni più decisi ci fa assaporare il suo terrore dovuto ad un incubo, una forza oscura, in una notte di Luna piena, ha portato via la sua amata, ed improvvisamente si ritrova solo, senza di lei. Al minuto 01:44 un brusco cambio di tempo fa riaffiorare il progressive rock di cui i nostri sono i precursori. Tastiera e chitarra vanno a braccetto, bombardati dai colpi di Carl Palmer, portandoci dritti ad un energico special dove scorrono i ricordi di quando erano insieme, ricordi e speranze di tornare nuovamente insieme, per sempre. Si alzano vistosamente i bpm, il basso inizia a ruggire inseguendo i voli pindarici di Steve Howe e Geoff Downes. Con una corsa sulle pelli, Palmer abbassa nuovamente i giri del motore, offrendo su un piatto d'argento la base per un assolo dai sentori hard'n'heavy a Steve Howe, che poi ci incanta con un articolato e luccicante arpeggio. Solenni rintocchi di campana riportano le oscure atmosfere di inizio brano, la voce melanconica di Wetton ci mostra i ricordi, conservati gelosamente in un angolo del cuore, ricordi che tormentano le troppe notti solitarie senza abbracciare la donna. La bellissima coda strumentale con Downes protagonista, sfuma fin troppo presto, spengendosi lentamente in fader trascinata dal rullante di Mr. Palmer. Chapeau.
Cutting It Fine
"Cutting It Fine" è firmato dal triumvirato Wetton-Howe-Downes, e quando c'è di mezzo il chitarrista ex Yes, i brani si allontanano dal sound AOR, avvicinandosi al progressive rock. "Cutting It Fine" è un modo di dire che non possiamo tradurre alla lettera (significherebbe "tagliandolo bene"), ma che in linea di massina significa arrivare molto vicini al punto di non ritorno, la versione albionica del nostro "dacci un taglio". Steve Howe apre il brano con un arpeggio dai sentori barocchi, riproponendoci poi il tema in altre tonalità e con la chitarra sporcata dagli effetti. Spinto dalla ritmica aggressiva, Wetton canta con grinta le strofe, pare non aver ancora digerito una storia andata male, sparando a zero sulla sua ex. La storia non ha avuto un lieto fine a causa di incomprensioni e menzogne. L'effimero ritornello che recita "Cutting It Fine" è seguito dall'ammaliante tema di chitarra che con il tempo si insinua prepotentemente nella nostra mente. Astio e rancore emergono nella seconda strofa, Wetton precisa che una volta tagliati i ponti, non si potranno ricostruire. Il secondo ritornello è più lungo ed energico, grazie ai graffianti accordi sparati dalla Gibson di Howe e ai voli pindarici di Palmer. La chitarra si intreccia perfettamente con le spaziali tastiere di Downes, per poi ripartire con gli attacchi al vetriolo della strofa. La ragazza ha scommesso tutto sulla partita più importante, solo il futuro saprà dire se ha scelto la squadra vincente o ha perso tutto. Ci sono pesanti accuse di presunzione, la ragazza ha interrotto la relazione ignorando consigli di persone esterne, consumando gli ultimi tempi del rapporto vivendo sopra una linea fragile e sottile, destinata a rompersi in maniera irreparabile, ma una volta presa la decisione, non si piò tornare indietro. Geoff Downes rende l'inciso più suggestivo con il suo inseparabile vocoder, Steve Howe girando intorno al tema portante annuncia una lunga coda strumentale che vede protagonista il Biondo Tastierista di Stockport. Le tristi note del pianoforte mettono la parola fine a questa storia d'amore finita nel peggiore dei modi. Le squillanti tastiere tipicamente anni'80 suonano come un raggio di sole dopo un brusco temporale, il brano cresce lentamente, guidato dalle fanfare sparate da Downes, aprendoci scenari paradisiaci, la musica ci mette in pace con noi stessi e sembra spazzare via tutte le scorie relative alla storia d'amore andata male che albergano nella mente di Wetton.
Here Comes The Feeling
I nostri chiudono in bellezza con quello che possiamo considerare il brano migliore del platter, "Here Comes The Feeling (Ecco Che Arriva La Sensazione)", sicuramente il più lungo dall'alto dei suoi 5:42 minuti, ricco di cambi di tempo e mirabolanti escursioni da parte di questi quattro fantastici musicisti e con un contagioso ritornello che ti entra subito in testa, pronto ad essere cantato o fischiettato sotto la doccia. Si tratta di una vecchissima composizione che John Wetton aveva scritto per il gruppo progressive rock francese Atoll, precisamente per il disco "Rock Puzzle" datato 1979. Gli Atoll avevano da poco perso il vocalist e chiesero una mano a Wetton per ultimare il demo tape. Il brano, come del resto altri due con John alla voce non finì sulla track listi finale dell'album. Le tre canzoni per fortuna non sono andate perse e sono state inserite come golose bonus track nella versione rimasterizzata di "Rock Puzzle pubblicata nel 2009. Geoff Downes apre il brano con un magnetico riff che grida "anni'80", bombardato dai colpi stoppati della sezione ritmica e ricamato dalle sinuose note della chitarra di Howe, che si avvinghiano come un serpente fa alla sua preda. L'introduzione si fa più trascinante con l'ingresso a pieno regime del duo Palmer-Wetton, che dopo trenta secondi circa tira il freno a mano, rallentando bruscamente il numero dei giri del motore. Nella prima parte della strofa Wetton vien accompagnato dalle paradisiache note del pianoforte di Downes e con la sua voce romantica ci canta del potere dell'amore. Attraverso profonde licenze poetiche, il nostro evidenzia come l'amore possa influire l'umore di un uomo, mandandolo sull'orlo del baratro quando una storia d'amore volge purtroppo al termine, ma allo stesso tempo in grado di resuscitarlo letteralmente quando la storia sboccia di nuovo. Basso e la batteria potenziano la strofa, lasciando però inalterato l'alone di tristezza che emana la struggente linea vocale. Il nostro si sente un cadavere, abbandonato dalla sua dolce metà, ma stavolta finalmente c'è un colpo di scena, la ragazza è tornata, ed un crescendo rossiniano ci porta dritti verso l'esplosivo ritornello che sprizza gioia da tutti i pori. La contagiosa armonia vocale ci canta che il vecchio feeling che c'era fra i due è tornato. Un bellissimo passaggio all'unisono di basso chitarra e batteria ci riporta alla strofa, dove calano nuovamente i bpm, la struggente linea vocale di Wetton segue la bellissima partitura di pianoforte, gridando ai quattro venti di come il ritorno della ragazza abbia rigenerato un uomo perso; insieme a lei può vedere il Mondo con occhi diversi, insieme a lei si sente invincibile. Una serie infinita di fil di Mr. Palmer ci spinge verso il solare ritornello, seguito da un pomposo assolo di tastiera che insieme all'introduzione, in futuro avrà sicuramente avuto la sua influenza su Eddie Van Halen. In questa parte centrale del brano viene fuori l'anima progressive del combo albionico. Dopo l'esaltante assolo di Mr. Downes, corse sulle pelli, graffianti scale di basso, passaggi di chitarra che odorano di Yes vanno a confezionare un bellissimo interludio strumentale. La prima strofa ci viene riproposta, lasciando poi al ritornello l'onere di accompagnarci verso la fine, ritornello colorato dal martellante campanaccio di Palmer e dalle evoluzioni pindariche di Geoff Downes.
Conclusioni
Nel 1982, molti accoliti del progressive rock, elettrizzati dalle enormi potenzialità del supergruppo Asia, rimasero delusi all'uscita dell'omonimo album di Wetton e compagni, delusi dalla strada commerciale intrapresa dai loro paladini, non pensando che i nostri avevano forse voglia di esplorare nuovi orizzonti, stufi di suonare per anni "Close To The Edge", "Tarkus" e "Starless". Se il progressive rock ha avuto il suo glorioso decennio, gran parte del successo lo deve a questi quattro paladini, che con le loro storiche band, insieme ai Genesis hanno diffuso il verbo del rock sinfonico per tutto il Globo. Di certo gente come Howe, Wetton e Palmer non hanno più niente da dimostrare, e non possiamo certo fargli un torto, se stuzzicati dalla Geffen, hanno deciso di assaporare nuovamente il successo attraverso brani radiofonici. La voce romantica di John Wetton, sembra fatta apposta per le evoluzioni tastieristiche di Geoff Downes, i due dimostrano anche un incredibile affiatamento in chiave di songwriting, Gran parte delle composizioni sono nate grazie al magic piano di Wetton, un vecchio pianoforte a coda scovato nel 1981 in uno studio e pagato a poco prezzo. Passato nelle mani di un ottimo restauratore e di un bravo accordatore ben presto il magic piano è diventata l'arma segreta degli Asia. Steve Howe si conferma uno dei migliori interpreti della sei corde al Mondo, il suo stile unico lo rende riconoscibile fra mille chitarristi, i sui raffinati ricami impreziosiscono le importanti composizioni, composizioni che il nostro in fase di songwriting tenta di spostare timidamente verso il progressive rock a cui pare non poter star lontano. A supportare il tutto, insieme al graffiante basso di Wetton, troviamo Carl Palmer, il top dei batteristi in ambito rock, che date le circostanze tenta di tenersi a freno, trovando pur sempre soluzioni ritmiche perfette. Possiamo tranquillamente dire che con questo incredibile debutto, gli Asia hanno inventato un nuovo genere musicale, il pop prog. Nell'album, (come del resto in tutta la loro discografia) non troviamo nessuna traccia che giustifica lo skipping. Il micidiale trittico iniziale, orientato verso un'AOR di gran classe, è atto ad accaparrarsi nuovi fan, mentre nella seconda parte del disco, i brani in qualche maniera strizzano l'occhio al progressive rock, con l'intento di far felici i seguaci più malleabili di Yes, ELP e King Crimson. Registrato da Giugno a Novembre del 1981, presso gli studi di registrazione Marcus Recording e The Town House, entrambi ubicati a Londra sotto l'attenta produzione di Mike Stone (Queen, Genesis, Foreigner, Kiss e Journey), la Geffen ha rilasciato il primo omonimo e storico album degli Asia il 18 Marzo del 1982. All'uscita dell'album, il responso dei botteghini fu a dir poco devastante. Negli Stati Uniti raggiunse la prima posizione della classifica di Billboard 200, rimanendoci per ben nove settimane e risultando l'album più venduto del 1982, regalando ben quattro dischi di platino a Wetton e soci. Più freddo fu il responso in patria, dove comunque l'album rimase in classifica per ben trentotto settimane, non superando però l'undicesima posizione e ricevendo un disco d'oro. Si segnalano anche un soddisfacente primo posto in Canada, , la quarta posizione in Svizzera, la sesta in Germania ed una quindicesima posizione in Giappone. Si parla comunque di oltre dieci milioni di copie vendute in tutto il Mondo. Ma la musica non è il solo punto di forza dell'album, per l'artwork, Steve Howe si rivolse a Roger Dean, autore delle bellissime copertine degli album degli Yes, artista che merita una doverosa presentazione. Roger Dean nasce il 31 Agosto del 1944 ad Ashford, nella contea del Kent in Inghilterra. Nel 1961 entra alla Canterbury School Of Art ottenendo il diploma come designer, mentre quattro anni più tardi si iscrive al Royal Collage Of Art di Londra dove ottiene la laurea. Nel 1968 inizia a disegnare le cover per gli album, il suo primo lavoro è per il gruppo britannico Gun. Nel 1971 inizia la longeva collaborazione con gli Yes, che comunque non sono l'unica band che lo incarica per gli art work, in quanto l'Artista di Ashford ha firmato svariate l copertine in ambito rock, si va dagli Atomic Rooster agli Octopus e i Gentle Giant, molti lavori per Budgie, Uriah Heep, Rick Wakeman e Steve Howe, solo per citare le opere più famose. Grazie alla collaborazione con il fratello Martyn, allargherà i suoi orizzonti di competenza occupandosi anche delle scenografie dei set live, in particolar modo per gli Yes, per i quali si occuperà anche del merchandising. Roger Dean oltre ad avere un enorme talento si è forgiato uno stile particolare ed inconfondibile. Nei suoi alienanti paesaggi, sempre di natura fantastica con atmosfere prettamente fantasy e new age, raramente troviamo figure umane, mentre inconfondibili sono le "forme" che rappresentano spesso elementi non correlati al paesaggio, come le rocce fluttuanti, piante che assomigliano a nuvole, nuvole che somigliano a rocce. Nelle sue opere è raro trovare forme artificiali, e se compaiono spesso somigliano a piante o animali. Gli stessi animali sovente hanno forme bizzarre e talvolta inquietanti come gli elefanti con le ali di libellula nella copertina di "Woyaya" del gruppo afro-rock Osibisa. Roger Dean predilige disegnare forme curve, mai simmetriche, in modo da dare un tocco di "naturalità" e spesso rappresenta elementi paradossali. Le sue opere sono spesso caratterizzate da una grande armonia e diffondono un benevolo senso di pace, sposandosi alla perfezioni con le atmosfere celestiali ed epiche della musica. Ultimamente assieme al fratello Martyn ha iniziato a realizzare progetti di architettura di interni. Visto che spesso gli viene chiesto durante le interviste, Roger Dean ha dichiarato che non ascolta mai la musica prima di iniziare a lavorare sull'art work, ma sente il disco solo a lavoro ultimato. Ma veniamo alla copertina in questione. Da un oscuro mare in tempesta emerge prepotentemente un serpente marino, la cui livrea si muove introno a svariate tonalità dell'azzurro. La creatura degli abissi sembra inseguire una perla gigantesca, che potrebbe essere anche un satellite simile alla nostra Luna, io ho trovato una certa somiglianza con il logo a sfera della Geffen. Perfetto e geniale anche lo storico logo piramidale della band. Nel back troviamo un primo piano del serpente marino, che mette in mostra le sfumature giallo-verde e rosse della testa. Sopra la brillante sfera capeggia la track list. Spartano il booklet interno, nessuna foto, niente liriche, solo poche informazioni essenziali. Tirando le somme, il debutto degli Asia non dovrebbe mancare in nessuna casa dove vive chi ascolta buona musica, indipendentemente dal genere preferito. Un album frizzante di rock melodico variegato dal progressive, compagno ideale per un viaggio in auto, per rilassarsi tre quarti d'ora o come sottofondo per una cena fra amici. Un album adatto a tutte le occasioni che ha la capacità di trasportarci indietro nel tempo, ad assaporare le fantastiche atmosfere degli anni'80.
2) Only Time Will Tell
3) Sole Survivor
4) One Step Closer
5) Time Again
6) Wildest Dreams
7) Without You
8) Cutting It Fine
9) Here Comes The Feeling