ARTHEMIS

Back from the Heat

2005 - Underground Symphony

A CURA DI
ELEONORA STEVA VAIANA
25/03/2016
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

L'energia che può essere trasmessa attraverso la musica è qualcosa di unico nel proprio genere: emozioni canalizzate al fine di renderle pure e semplicemente fruibili a tutti coloro che ne sentono il bisogno. La musica è passione, è sogno, è sentimento ed è molto altro ancora: spesso, quella Made in Italy, viene tristemente relegata a una serie B del tutto inappropriata e assolutamente insensata. Chi lo ha detto che il nostro Paese non può offrire scorci entusiasmanti su un bellissimo panorama musicale in continuo fermento? Prendiamo gli Arthemis e il loro power/speed metal, che, pur essendo un genere molto adottato da tantissime band italiane e non, che ce lo propongono in vesti più o meno differenti, riescono a rendere unico e mai banale, disco dopo disco. Prendiamo "Back from the Heat", quarto album in studio della band uscito, nel 2005, per Underground Symphony. Una splendida evoluzione dal precedente "Golden Dawn" (2003), già entusiasmante e ottimo da ogni punto di vista: con la quarta fatica, la band si dimostra all'altezza di una crescita esponenziale che consente di mantenere alte le aspettative, lavoro dopo lavoro. Alessio Garavello alla voce, Andrea Martongelli alla chitarra assieme a Matteo Ballottari, Paolo Perazzani alla batteria e Matteo Galbier al basso: una formazione promettente, capace di tirare fuori un sound molto raffinato ed energico. L'album è stato registrato nel marzo del 2005 presso i New Sin Studio di Loria, Treviso, e, per quanto riguarda la versione del disco uscita per il mercato giapponese, è presente una bonus track: la cover di "I Wanna Rock" dei Twisted Sister. Sono in tutto dieci le tracce dal tiro graffiante, con ritmiche coinvolgenti e refrain assolutamente orecchiabili, perfetti per rendere questo mix di idee ed emozioni ruggente. Hard rock e power metal più classico, con un pizzico di speed metal, ed atmosfere evocate capaci di assicurare un buon contrasto le une con le altre: non ci si annoia mai in compagnia degli Arthemis, che un momento prima ti struggono il cuore con la più emozionale delle tracce e un secondo dopo non perdono occasione di farti spezzare il collo lanciandoti verso un headbanging selvaggio. L'essenza del lavoro è perfettamente rievocata attraverso l'artwork sensuale e seducente, che dimostra di essere la copertina di qualcosa che sa essere diverso: una splendida ragazza-guerriera, svestita al punto giusto, accerchiata da un gruppo di figure horror. Teschi che impugnano spade, tenendo la bocca spalancata come se fossero intenti a emettere un grido a metà tra il battagliero e lo straziato. In alto a sinistra il logo della band, scritto in un bianco lievemente argentato; in basso a destra il titolo dell'album scritto in maiuscolo. Un'avventura che inizia dall'artwork e finisce con l'ultimo secondo di vita dell'ultima energica traccia, capace di non stancare mai e proponendosi con un sound del tutto azzeccato per rendere giustizia a questa concentrazione di idee e sentimenti del tutto vivi e brucianti. Il quintetto veronese è un'esplosione di energia tutta da scoprire: scopriamola insieme.

Rise up from the ashes

"Rise up from the ashes" (Trad. Risorgi dalle ceneri) si apre con un bel riff molto carico ed energico, dal tiro pronunciato e velocissimo, in perfetto stile power. A farla da padrona le chitarre melodiche e acute che, dopo una breve intro, lasciano spazio alla voce: pulita, energica, delinea quella che risulta essere una bella strofa fulminea, che in poche battute si fa da parte per lasciare spazio al ritornello. Ritornello semplicissimo ma molto orecchiabile, dove la voce si fa strada lentamente verso un crescendo di tonalità curato e piacevolissimo. Concluso, si apre il sipario su un bel solo di chitarra molto piacevole, virtuoso ma ricco di groove quanto basta per colpire l'ascolto con un bel tocco fluido. Un acuto di voce potentissimo apre la scena su un'ennesima strofa, che si propone con tutti gli altri elementi già incontrati: un breve pre-chorous lascia lo spazio necessario alla carica che esplode, in tutta la sua potenza, con il ritornello. Si apprezzano, in particolare, le voci doppiate che mirano a formare una bella situazione melodica, accentuata ulteriormente dal cambio di tonalità al quale segue il reprise del tema di chitarra incontrato in apertura il quale, ciclicamente, svolge anche il ruolo di riff conclusivo. Una traccia pungente e decisa, elementi che si rispecchiano alla perfezione anche nelle liriche: è tempo di combattere. Con un grido nella notte, l'inizio della fine è annunciato e la vendetta è promessa. Con l'oscurità nella mente e la morte alle spalle, ha solo una richiesta e una volontà: lasciare che il nemico possa vivere per sempre nel suo mondo da incubo, vederlo piangere chiedendo misericordia e pietà, inginocchiato davanti a lui speranzoso di potersi redimere, con la voce tremolante a causa della paura. È tempo di alzarsi e togliersi le ceneri di dosso, è tempo di stare pronti a saltare quando il momento lo richiede e si rivela propiziatorio: una freccia incendiata e in guardia, ché la battaglia sta per avere inizio. Non c'è spazio per il sentimento della pietà in colui che sembrerebbe essere il diavolo travestito e che, di conseguenza, desidera semplicemente vedere tutto quanto in fiamme, ancora e ancora. Il desiderio di costruire un nuovo mondo fatto di odio, proveniente direttamente dal suo spirito crudele e disgustoso, non farà altro che bruciare e bruciare il terreno dietro e di fronte a sé, in corsa spedita verso un punto di non ritorno accecato dall'odio.

Only your heart can save us

Si prosegue con "Only your heart can save us" (Trad. Solo il tuo Cuore può salvarci), pezzo introdotto da un'energia molto luminosa e da un tiro allegro, ma molto deciso: un tappeto ritmico serratissimo accoglie il cambio di accordi molto orecchiabile, addolcito dalla melodia di sei corde che lascia la scena per consentire alla voce di presentare la strofa. Ritmiche sempre molto serrate seguono la voce e il suo cantato pulito, fluido, di enorme effetto, mentre gli accordi concorrono a creare una bella melodia che conduce a un pre-chorous in grado di preparare, alla perfezione, lo spazio vitale per il ritornello. Arriva maestoso e pregno di una splendida melodia sorretta dalla voce e amplificata da un bel tocco di tastiera delicato ma d'effetto, in grado di creare una situazione a tratti magica, estremamente romantica e molto tranquilla. La tranquillità viene troncata di netto dallo splendido solo che segue il ritornello, sempre spedito e in linea con il mood dell'intera traccia, leggermente inasprito al fine di rendere una sensazione di energia densa e frizzante. Torna in scena la voce su un rocambolesco scenario fatto di acuti in picchiata verso un cielo spedito e tirato al punto giusto per ricongiungersi direttamente al ritornello: tutti gli strumenti tornano al proprio posto, riproponendo un refrain molto orecchiabile e sempre piacevole seguito, questa volta, da un'ennesima situazione che carica al fine di porre tutta l'attenzione direttamente sul solo conclusivo. Poggiato su una variazione melodica del brano, ma stando ben saldo al tappeto ritmico speditissimo, conclude il pezzo con una bellissima energia vivace e colorata. Ci troviamo nel girone della follia, con l'intento di riportare alla sua luce originaria l'Antica Roma, provando a dare di nuovo una vita ai grandi Signori Malvagi. Cyborgs e mostri riuniti sotto un'unica volontà: cercare di far prevalere la guerra. Non c'è modo di scampare, non c'è modo di salvarsi, occorre solo buttarsi e provare a farlo. Ovviamente è necessaria una soluzione affinché sia possibile rompere le catene e alzarsi, per dare inizio a quella rivoluzione tanto attesa e nella quale c'è bisogno di sperare: è tempo di combattere e non c'è spazio per tirarsi indietro. I giganti della guerra devono cascare. Solo il cuore può salvare un mondo pieno di follia e, una volta finita la guerra, che il sogno possa durare per sempre, che l'inferno possa diventare un bellissimo paradiso. L'unione, in questi casi, fa la forza, per questo motivo avere gli dei al proprio fianco è così importante: un miracolo salverà la terra e Roma brucerà di nuovo. E chiunque sentirà quella chiamata, non potrà fare altro che alzarsi e prepararsi a combattere, sperando di poter vedere, di nuovo, un bellissimo domani. 

Free Spirit

Nomen omen, potremo dire in merito alle prime battute che aprono la successiva "Free Spirit" (Trad. Spirito Libero): il riff che ci dà il benvenuto in questa nuova avventura dà, nell'immediato, una piacevole sensazione di leggerezza e libertà assoluta, un po' sfacciata, particolarmente seducente, sostenuto da un ritmo piuttosto contenuto, ma in grado di coinvolgere e soprattutto travolgere. Dopo qualche battuta introduttiva e una veloce variazione di tema, che porta la traccia ad assumere delle vesti ancor più intriganti, si apre la strofa, sostenuta, questa volta, dalla voce poggiata delicatamente su chitarre che vorticano lasciandosi andare a brevi soli/intermezzo assolutamente pregevoli. Prosegue tutto quanto alla stessa maniera finché non compare il pre-chorous, con la difficile funzione di preparare a quello che sarà il ritornello: tutti gli strumenti risultano più tesi, mentre la voce viene doppiata da un breve coro di uuu prima di lasciarsi andare al bellissimo e orecchiabile ritornello. Anche in questo caso è un tripudio energico ed elegante di voci che, sovrapposte, riescono a creare un'ambientazione molto luminosa, prima di lasciare da parte la scena per affidarla a un bel solo ritmato, bensì melodico. Fluido, scivola verso una variazione del tema principale, reso più epico da un crescendo di accordi che porta, direttamente, al refrain del ritornello. Un muro di luce colpisce inevitabilmente l'anima, infondendo una bella sensazione di libertà direttamente recuperata dalla tematica del brano: nei ritornelli finali la voce coglie l'occasione per lasciarsi andare a qualche acuto in più, spuntando anche nel finale, strumentale e poggiato sulle orme del riff introduttivo. La libertà che si respira nel riff introduttivo del pezzo è esattamente la medesima che è possibile riscontrare sin dai primi versi delle liriche: prendi la mia mano e non temere la mia stretta forte, lascia che ti introduca al mio mondo, raggiungendo un nuovo orizzonte troverai un giardino pieno di speranza, la terra dalla quale provieni (Take my hand and don't fear my strong hold/And let me intruduce you to my world/Reaching for a new horizon/You'll find a garden full of hope/The land where you come from). Bisogna essere orgogliosi del proprio spirito danzante, è necessario trovare un vicolo per poter liberare la propria mente senza preoccuparsi del futuro, cercando di correre più veloce della luce. È una di quelle notti in cui è consentito rompere ogni schema e ogni regola, cercando di essere uno spirito libero che sa guardare nel profondo delle nuvole in cerca di una nuova e luminosa alba: è tempo di lasciarsi andare, adesso.

Desert Storm

Proseguiamo con "Desert Storm" (Trad. Tempesta nel deserto) titolo che rimanda, per forza di cose, alla guerra del Golfo (2 agosto 1990 - 28 febbraio 1991), il conflitto che oppose l'Iraq a una coalizione formata da 35 stati. Le operazioni di aria e di terra delle forze armate della coalizione furono chiamate, per l'appunto, Operation Desert Storm, ovvero Operazione Tempesta nel Deserto. Le liriche firmate Arthemis rimandano in qualche modo a questo capitolo della storia contemporanea: si parla di notti insonne passate a pensare, incessantemente, al pensiero di trovare un riparo che possa essere sicuro e che dia modo di pensare a come fare per nascondersi, a come sopravvivere e a quando esploderà la nuova rivolta direttamente in cielo. Un viaggio alla ricerca della terra dei sogni, percorso tra un attacco e un muro abbattuto, mentre gli spiriti, uniti, si sentono più forti dell'acciaio, dei vulcani pronti a eruttare. Sarà il fuoco rosso ed esplosivo a bruciare la crudeltà e a liberare tutti, non riuscirà a trionfare il male e tutta la sua oscurità, a costo di cercare una nuova casa al di là del sole. Siamo tutti figli di un mondo che vive per i nostri diritti e che non si ferma mai, pronti a salpare verso un orizzonte fatto di speranza e, talvolta, anche di ingenuità: o il viaggio risulterà essere fortunato, o sarà la morte l'unica ad avere la meglio. Cattiva, fulmina e spedita, la traccia si apre con un bel riffone tirato e sostenuto da ritmiche coinvolgenti ed entusiasmanti, che si ripetono fino a lasciare spazio alla voce di trovare il terreno fertile per animare una strofa pulita e fluida: scorre perfettamente fino a toccare i lidi di un bel bridge carico e coinvolgente, pronto a lasciarsi amare con la sua bella dose di energia luminosa assicurata dalla soluzione melodica adottata dagli strumenti e potenziata dalla voce. Subito, in maniera frenetica, si torna alla strofa, questa volta che si presenta, nella seconda parte, più intensa: un cambio degli accordi rispetto a quella incontrata prima porta direttamente alla situazione che si rivela essere il ritornello. Aperto, bello, luminosissimo e pronto a coinvolgere a 360° l'ascolto, dimostra una buona abilità nel songwriting che ripaga offrendo una splendida sensazione di energia pura, accentuata ulteriormente dal solo seguente: un cambio ritmico, in cui le pelli si fanno più infuocate, apre la strada a una meravigliosa sfilata di note di sei corde magistralmente toccate, dirette verso il bridge e il successivo ritornello. Ottima l'evoluzione delicata, ma ben percepibile, sottolineata dal raddoppio del chorous che non annoia né stanca, ma riesce ancora a mantenere vivida l'attenzione dell'ascoltatore, preso a godersi le evoluzioni della linea vocale e un finale assolutamente entusiasmante dove le ritmiche e gli strumenti si lasciano andare a una sfuriata elegante e controllata.

Star Wars

Procediamo verso la successiva "Star Wars" (Trad. Guerre Stellari), introdotta da una serie di suoni spaziali che rendono la situazione al limite con il noise, portandola a un giro molto intrigante e caratterizzato da chitarre lineari, ritmiche molto classicone e da una serie di suoni provenienti da altri pianeti posti in sottofondo. Dopo la breve intro iniziale, si apre il sipario su un'ennesima situazione che riesce a preparare l'ascolto e l'ascoltatore alla strofa che, lo sappiamo, arriverà da lì a poco: dopo uno stacco ritmico e un rientro in scena della batteria, questa volta più animata, riprende in mano la situazione la parte strumentale coadiuvata dall'entrata in scena della voce, piuttosto tranquilla ma in grado di dare corpo alla situazione che continua nella sua evoluzione. Si ripete il tutto per una seconda strofa in cui la voce acquisisce una vena più virtuosistica, toccando pendici molto elevate dal punto di vista melodico. Arriva, finalmente, il ritornello, che suona luminoso ed energico, caratterizzato da una ritmica inizialmente tradizionale ma, che sulle battute finali, si fa più cadenzata: con un acuto finale, ritorna in scena la parte strumentale incontrata nelle prime fasi del pezzo, dove, la comparsa del solo di chitarra, spezza la situazione di calma apparente. La melodia si fa più aggressiva, mentre la sfilata di sei corde si lascia andare a un'andatura sempre più grintosa riuscendo a costruire una splendida impalcatura melodica che prosegue inesorabilmente fino al ritorno in scena del bridge, al quale fa seguito, ovviamente, il ritornello con tutta la sua positiva e luminosa energia coinvolgente. Il finale risulta, inizialmente, piuttosto teso, arrivando a evolversi in una situazione ancora più aggressiva, conclusa da un suono spaziale. Il titolo potrebbe portare a pensare che sia un omaggio alla nota saga "Star Wars" creata da George Lucas ma, leggendo il testo, si può notare che in realtà è incentrata sui SilverHawks (Falchi d'Argento), una serie televisiva animata del 1986 con un totale di 65 episodi rilasciati. La serie è ambientata nel 29° secolo, periodo in cui alcuni agenti, modificati meccanicamente, sono guidati da un agente di polizia spaziale nella Galassia di Limbo, per fermare alcuni criminali pericolosi evasi dal penitenziario stellare, sfruttando le loro capacità assicurate da corpo semi-metallici. Nel testo si parla di un tempo in cui tutti gli uomini credevano di poter cambiare il mondo, raccontandoci storie e controllando le nostre anime: nessuno voleva affrontare la rabbia dei Falchi d'Argento, impegnati a combattere la crudele e infinita guerra senza fine. Oltre il sole e la luna, con il fuoco, i raggi-x e le lance, di notte la guerra non si è mai attenuata né è mai riuscita a giungere alla sua fine.

Touch the Sky

Si giunge, così, alla successiva "Touch the Sky" (Trad. Tocca il cielo), le cui liriche riflettono una serie di pensieri introspettivi: mi sento solo e la tristezza mi spezza il cuore (I am feeling alone and the sadness is breaking my heart) è il verso di apertura, un momento iniziale di smarrimento seguito dalla necessità di voler essere più forte. E' importante, da questo momento in poi, cercare con tutte le proprie forze la strada per proseguire e allontanarsi a poco a poco dalla solitudine, in cerca di qualcosa di più. Una volta superato il limite, l'unico desiderio è quello di voler toccare il cielo, dove non ci sono illusioni né menzogne. Da un fiume di lacrime, spesso, si è capaci di salpare in cerca della verità che diventa un obiettivo talmente potente da spazzare via persino la paura di morire. Si parla anche di una vendetta che continua a bruciare nello spirito di chi vive questo turbinio incessante di sensazioni così forti, così stancanti, così acute, capaci di mandare la mente fuori dalle orbite della normale funzionalità. Le note malinconiche che aprono il sipario sulla traccia, a opera di una bella chitarra dolcemente pizzicata e di una voce colma di emozioni da tramandare, si trasformano in un'aggressiva strofa che rendono questa traccia completa da ogni punto di vista: dolcezza, melodia, aggressività e potenza si fondono l'una con l'altra, conducendo a un magico ritornello colmo di passione e di sentimento che travolge l'anima a tutto tondo. Una vena più sfacciata dipinge la traccia al ritorno sulla seconda strofa, che risulta più pestona, ma sempre estremamente delicata dal punto di vista armonico e melodico: le chitarre, in particolar modo, rendono la situazione molto coriacea, lasciando da parte questa parentesi con la comparsa di un brevissimo special in cui si torna sulle battute delicate iniziali, sempre potenziate, tuttavia, dalla presenza di ritmiche ricche di groove che proseguono anche durante il solo. Basato sul tema portante dell'intero pezzo, scorre in maniera piacevole lasciando la schiena intorpidita da una serie di timidi brividi che si affacciano l'uno dietro l'altro. Al rientro in scena sul ritornello, uno stacco a effetto riesce a concentrare tutta l'attenzione sulla voce, in particolare, che prosegue sul suo cammino fin quando gli strumenti non si lasciano andare a una corsa infuriata in direzione della fine.

Here comes the Fury

Si prosegue con "Here comes the Fury" (Trad. Arriva la furia), una traccia che si presenta subito con il piede di guerra, sia per il titolo così forte e deciso, sia per la vena intimidatoria del riff tagliente di apertura: ritmiche sparatissime e chitarre che sputano fuoco, pronte a combattere su un tappeto di accordi trionfale e grintoso. Al comparire della voce, che si fa largo per concentrarsi sulla strofa, scompare la sei corde, rimanendo solo la batteria, per poi riunirsi con tutti gli altri strumenti nella seconda parte e nel successivo cambio di situazione, che si fa molto più concitato, ansioso e spedito: è la volta del ritornello, che suona in una maniera semplicemente epica. Ottimi i risvolti melodici, ottima la linea vocale, ottima la passione trasmessa. Di nuovo torna in scena la strofa, questa volta unita immediatamente all'ennesima comparsa del ritornello, reso particolarmente accattivante da una buona dose di tastiere che amplificano la sensazione generale di energie. È la volta del solo, molto pacato in un primo momento, in grado di suonare quasi come un ruggito, che successivamente si trasforma in un vortice di note che prosegue nonostante i cambi di accordi sottostanti: li segue e li sostiene magistralmente, proponendo a ogni battuta una serie di note perfette. Di nuovo si sfocia nella situazione iniziale, affidata in primo luogo solo a batteria e voce alle quali si aggiungono via via tutti gli altri strumenti, collegata direttamente al ritornello raddoppiato nelle battute finali. Un finale ricco di energia, in cui fa capolino la voce, in un primo momento, per poi lasciare tutta la scena agli strumenti che, inferociti, si gettano nel vuoto del silenzio concludendo, così, la traccia. La sensazione di corsa frenetica che si evince dalla parte musicale è rispecchiata in particolare anche nelle parole che ne compongono il testo: sono cacciato dal diavolo, in cerca di un riparo, urlando come non mai (I am hunted by the Devil/Searching for a shelter/Screaming like never before). C'è un alone di ansia che si sprigiona man mano che si prosegue con l'analisi del testo, in cui notiamo, nonostante tutto, la tenacia e la temperanza del protagonista che non soccombe alla paura. Se ne ricorderà per sempre, non crederà mai più ai bugiardi: attenzione stanotte che arriva la furia, pronta a gridare e a bruciare le strade. Bisogna fare in modo che non soccomba, senza mai dire mai altrimenti la morte sarà l'unica alternativa. La terrà sarà in fiamme, tutti bruceranno insieme a quella furia, questo è il suo desiderio. E anche se potremmo ridere di questo piano folle, nessuno si potrà dimenticare di quello spirito furioso, perché proverà a combattere la mano del destino: facciamo in modo che rimanga in vita. 

Ocean's Call

"Ocean's Call" (Trad. Il richiamo dell'Oceano) suona come una pausa dopo la frenetica sfuriata che ha preceduto l'ascolto: è la ballad del disco, che si apre delicata con un dolcissimo e melodico riff di chitarra a sostegno di un giro molto contenuto nelle ritmiche e nell'intensità. Non manca, comunque, la passione, espressa alla perfezione dalla voce che fa il suo ingresso portandosi dietro una serie di brividi sinceri lungo la schiena. Al suo comparire si fanno da parte le sei corde, che rimangono in un dolcissimo sottofondo molto pacato e appena percettibile mentre la traccia si evolve conducendo al meraviglioso ritornello: un'esplosione di luce pronta a colpire, con la melodia semplice ma estremamente efficace. Un bel giro di accordi coadiuvato da un cantato delicatissimo, ma che lascia trasparire tutte le emozioni del caso. Segue un bel solo drammatico e potente dal punto di vista emozionale, che segue l'andamento degli accordi raddoppiando l'intensità prima di lasciare di nuovo spazio alla voce. Un cambio di tonalità rende il tutto ancor più drammatico, conducendo di nuovo al ritornello che suona quasi come un sogno irradiato di una splendida sensazione ed energia positiva. L'emotività della traccia rispecchia la sensazione generale che si evince dalle liriche: solitudine e disperazione sono i primi due caratteri che predominano lo scenario. È difficile andare avanti quando ci si sente completamente abbandonati, quando non si ha più al proprio fianco la persona che avremmo creduto rimanere per sempre con noi. Che l'amore rimanga per quello che è stato: un dono meraviglioso che suona, purtroppo, come un'acida coltellata dritta dentro al cuore. Ma nonostante l'oscurità che colpisce l'anima, ferita e avvilita, bisogna continuare a cercare il proprio paradiso, cercando di andare avanti con l'eco di quella voce familiare come unica consolazione.

The Vampire Strikes Back

Atmosfera ribaltata completamente nella successiva "The Vampire Strikes Back" (Trad. Il vampiro colpisce ancora), introdotta da un riffone cattivo e da un ululato in sottofondo. Campane a morto, ritmiche crudeli, uno scenario in perfetto stile horror-speed-metal, che si arricchisce anche di una bella risata iniziale grottesca e ombrosa. La strofa riporta lo situazione in un'ottica più Arthemis, stilisticamente parlando, che dimostrano, comunque, di avere una splendida immaginazione arricchita da una capacità compositiva degna di nota: più power, ma sempre cupissima per le situazioni melodiche adottate, prosegue sciogliendosi in un bel ritornello aperto da intonare a pieni polmoni. Subito, però, la situazione torna a essere cupa come nella parte introduttiva, con la ripetizione degli stacchi ritmici già incontrati ai quali fa seguito, tuttavia un solo. Serpenteggia tra l'oscurità, portando a galla un tocco di luce assicurato dai tasti magistralmente toccati che, se in un primo momento si mantengono calmi e pacati, si lasciano andare a una frenetica danza che assume vesti sempre più scure, ritornando, inaspettatamente, alla strofa. Si collega subito il ritornello, che suona così energico e positivo, un respiro fresco dopo una reclusione forzata nella cripta, richiusa, immediatamente, sul (finto) finale. Dopo quello che, infatti, sembra essere il finale si viene ad aprire un'ennesima situazione sorretta soltanto da chitarra e da una voce, in lontananza, che suona quasi come un lamento che fluttua in un cielo buio e inquietante. Inutile cercare di portare un po' di suspense prima di svelare il tema del brano: ovviamente si parla di vampiri. È notte, c'è la luna piena, la maledizione eterna torna a bussare assieme a quell'alone di paura onnipresente nell'aria: l'incantesimo non può essere spezzato, meglio correre ai ripari per salvarsi dal suo morso. È il momento adatto per uccidere, per cui meglio stare sull'attenti onde evitare che l'assassino colpisca ancora. Il segnale? L'ululato del lupo mannaro, al quale seguiranno un po' di teste mozzate di netto. È impossibile nascondersi, anche se è comunque lecito provare a scappare: lui colpirà il nostro collo, colpendoci dalle spalle in modo da prenderci alla sprovvista. È una creatura dell'inferno e nessuno gli dirà di smettere di fare questo agli uomini: il sangue, per lui, è necessario, solo così facendo riuscirà a trovare le forze per poter emergere dalla sua cripta.

Thunder Wrath

Concludiamo con "Thunder Wrath" (Trad. La Furia del Tuono), introdotta da voce e strumenti pronti col piede di guerra a portare un po' di scompiglio per queste battute finali: una bella strofa sensuale e molto ritmata prosegue in maniera perfetta dirigendosi verso un primo e brevissimo solo al quale fa seguito uno stop. Ritorno in scena di tutti gli strumenti, questa volta la melodia si fa più intensa grazie alle soluzioni melodiche adottate che preparano al ritornello. Risulta estremamente potente e glorioso, pur mantenendo una certa semplicità apprezzabilissima: uno stacco strumentale apre la porta a un altro solo, costruito sul tema della canzone intera. Veloce al punto giusto per assicurare l'effetto sorpresa che si guadagna dalla ritirata degli strumenti, i quali decidono di lasciare spazio soltanto alla voce per poi tornare in scena e offrirci un ennesimo giro di strofa alla quale seguono bridge e ritornello, con gli stessi elementi apprezzati in precedenza in bella vista. Due ritornelli cuciti l'uno assieme all'altro si lasciano andare in una corsa finale estremamente piacevole interrotta da una variazione del tema principale a opera di basso, batteria e chitarra. Il tuono, anima portante dell'intero pezzo, è ciò che accende lo spirito del protagonista, in cerca di risposte ancora e ancora: è pronto a camminare nelle ombre, non volendo, però, rimanere nascosto per sempre. Vuole trovare qualcosa in cui credere, mentre il tuono che grida elettrizza i suoi sentimenti. Il battito del cuore continua a crescere e le emozione iniziano ad accumularsi: che la chiamata del selvaggio, questa notte, comandi il mondo. La luce che dà potere continua comunque a shockare, mentre gli occhi che bruciano infiammati riescono a illuminare anche la più buia delle notti infinite. Che questo stesso fuoco sia in grado di illuminare e risvegliare la mente, perché sarà il tuono e la sua potenza ad avere il comando per questa notte.

Conclusioni

Ci troviamo al cospetto di un disco fresco, genuino, pulito e inondato di una serie di energie positive che irradiano la mente al momento dell'ascolto. Potente, feroce, delicato, ruggisce dalle prime battute di presentazione fino agli ultimi istanti di riproduzione, senza stancare mai: gli Arthemis sanno dosare il piede sull'acceleratore, alternando momenti di pura dolcezza a sezioni ritmiche picchiaduro e spezza collo. Un songwriting molto maturo che denota una costante evoluzione e crescita stilistica, con numerosi spunti molto brillanti in particolar modo tenendo in considerazione la scelta delle melodie. Semplici sì, in grado di incastonarsi alla perfezione nella mente e nell'anima dell'ascoltatore, ma mai banali. Un esempio fra tutte la bellissima "Ocean's Call", una ballad sentimentale che riesce veramente a suscitare una serie di emozioni commoventi e da brivido; le fa seguito "The Vampire Strikes Back", horrorifica e cartoonesca allo stesso tempo, ma molto ruvida e cupa sia nella tematica che nelle scelte stilistiche. Sono proprio questi contrasti continui, che si possono notare all'interno di ogni singola traccia, a tenere viva la mente durante l'ascolto dell'intero platter. La personalità della band risulta chiara ed evidente, è un disco che mixa influenze provenienti dal power metal più classico e melodico, all'hard rock più genuino e selvatico, senza, però, ridursi ad assicurare semplicemente la copia della copia. Musicisti ispirati e preparati assicurano pezzi catchy, sia nel più sfrenato dei brani che nella più calma e dolcissima ballata. Per non parlare, poi, delle tematiche affrontate nel corso di questa tracklist: non mancano ispiratissime elucubrazioni sul proprio sé, riflessioni sulla condizione di vita che tutti, chi più chi meno, ci troviamo ad affrontare nel corso del tempo. Solitudine, riflessioni sull'importanza di una persona che non è più al proprio fianco, voglia di libertà. Non mancano neppure le figure legate al panorama fantastico della fine degli anni '80, come i Falchi d'Argento, fra raggi x che escono dagli occhi e un'importante guerra da combattere contro il male o i riferimenti a figure mitologiche o veri e propri supereroi parafrasati dalla band e resi, per questo motivo, molto personali (un esempio è dato da "Thunder Wrath", nel quale sembrano evidenti alcuni rimandi a Thor). Insomma, "Back from the Heat" è un album da divorare ancora e ancora, capace di stimolare l'ascoltatore e lanciarlo in mondi immaginari, fantastici e lontani. Una produzione tutta Made in Italy della quale essere orgogliosi: gli Arthemis, di disco in disco, hanno saputo raffinare la tecnica e affinare i sentimenti, mettendoci tutta la propria passione e tutto il cuore, per rendere queste dieci tracce energiche e potenti semplicemente vive. Si respira un'aria di vitalità veramente entusiasmante, finendo l'ascolto con la mente piena di idee e una genuina ispirazione: merito anche della produzione minuziosamente curata, il disco suona veramente bene, con un mixaggio degno di nota capace di dare a ogni strumento il giusto spazio e la giusta impronta. Troviamo chitarre molto potenti e cattive al punto giusto, capaci però di divenire dolcissime quando la situazione lo richiede, perfettamente in sintonia con il tiro di basso e batteria in grado di ammaliare, rendendo il tutto ricco di carica e di groove. La voce, infine, è messa bene in risalto e suona nitida, vera, genuina, dalla prima traccia di apertura fino all'ultima. Che dire, "Back from the Heat" è un disco che sorprende nonostante i suoi undici anni di età, che ancora oggi suona moderno e che sicuramente farà entusiasmare tutti gli appassionati di power metal e speed metal, ma anche tutti gli amanti del puro hard rock. 

1) Rise up from the ashes
2) Only your heart can save us
3) Free Spirit
4) Desert Storm
5) Star Wars
6) Touch the Sky
7) Here comes the Fury
8) Ocean's Call
9) The Vampire Strikes Back
10) Thunder Wrath
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