ALICE IN CHAINS

Facelift

1990 - Columbia Records

A CURA DI
PAOLO FACCHINELLO
09/07/2011
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Recensione

Con la prossima recensione andiamo a ripercorrere e a riscoprire gli inizi di uno di quei gruppi che hanno scritto pagine importanti e di rilievo nella storia del rock: gli ALICE IN CHAINS. Gli ALICE IN CHAINS nascono nel 1987 a Seattle, patria del cosiddetto movimento grunge che nel corso degli anni 90 avrebbe reso famosi gruppi come i Nirvana, i Pearl Jam e i Soundgarden. A fondare la band ci fu da una parte Jerry Cantrell, ecclettico chitarrista dotato di classe e dinamicità, e dall'altra Layne Staley, cantante irrequieto e tormentato con un passato difficile e dei trascorsi di vita poco felici, ma caratterizzato da una voce espressiva, graffiante e potente come pochi altri in circolazione. A loro si aggiunsero Mike Starr, bassista con una passione per il funk rock, e Sean Kinney, batterista versatile con l'aria da freak con una predilizione per il punk ma cresciuto musicalmente con lo swing! Fin dall'inizio gli obiettivi degli ALICE IN CHAINS erano piuttosto chiari: l'intenzione della band era quella di ricreare un solido hard n heavy di stampo classico, ma riproponendolo con una formula avvincente e innovativa. La loro scelta infatti era rivolta a delle sonorità sì spigolose ma riverse in parallelo a una costante ricerca melodica di sottofondo. Intanto nel 1989 il gruppo trova un aggancio discografico e firma per la storica etichetta Columbia Records. Le prime prove ufficiali si hanno all'inizio del 1990 con la stesura di 3 brani che andranno a comporre il loro mini LP chiamato We Die Young, anticipando quelle che saranno le tematiche di stampo esistenziale trattate all'interno del gruppo. Il pezzo che dava il titolo all'album ebbe la fortuna di venire trasmesso frequentemente da diverse radio rock americane, diventando ben presto un tormentone. A quel punto gli ALICE IN CHAINS, dettati da una voglia concreta di fare musica, si trasferiscono nei Capitol Recording Studios di Hollywood. Dopo alcune settimane di incessanti prove, stava nascendo la loro prima fatica discografica della loro carriera. All'inizio della primavera del 1990 la band completò sia i testi che le musiche, pronta per lanciare sul mercato il loro primo lavoro ufficiale. Alla fine viene scelto il nome da dare al disco che diventerà memorabile: FACELIFT. Già la copertina lascia intuire gli istinti e gli umori della band: nell'artwork si vede una faccia trasfigurata dall'aspetto esterrefatto e spaventato in uno sfondo caleidoscopico multicolorato. In realtà l'immagine, come racconterà Jerry Cantrell in una intervista, non era altro che la sovrapposizione dei volti dei 4 musicisti, una mossa giocata per creare e dare un effetto ottico di scalpore al disco.
Ma andiamo ora ad analizzarlo più nello specifico: FACELIFT esce nell'agosto 1990 ed è composto da 12 tracce energiche e vigorose. Si inizia con la già citata We Die Young, pezzo molto carico e intenso scritto da Jerry Cantrell, il quale in seguito racconterà che per la composizione della canzone aveva preso spunto da una scena che aveva visto su un autobus: davanti a lui si presentarono 3 ragazzini in età scolare con in mano un telefono cellulare, un cercapersone e delle droghe sintetiche nelle tasche. per questo Jerry rimase turbato e scrisse che una generazione così giovane e precoce allo sbando equivaleva a morte prematura, da questo il titolo We Die Young.
Si passa alla 2^traccia, l'eccezionale e indimenticabile Man In The Box, pezzo questa volta scritto da un ispirato ed esaltato Layne Staley, che nel testo descrive i suoi tormenti interiori che lo affliggono in un concentrato musicale adrenalinico e inebriante. Da menzionare l'uso consistente del wah wah usato e bilanciato sapientemente da un Jerry Cantrell davvero strepitoso. La 3^traccia, Sea Of Sorrow, parte con un suggestivo riff di chitarra dal sapore rock/blues ma si trasforma subito in un brano duro e allo stesso tempo accattivante e orecchiabile con la parte del refrain centrale cantata magnificamente dalla coppia Cantrell/Staley. La 4^traccia, Bleed The Freak, può essere annoverata nelle migliori canzoni del repertorio del gruppo, in quanto è una ballata che inizia con degli arpeggi cupi e malinconici per poi esplodere nella parte centrale e nel finale con Layne Staley a livelli vocali stellari. Si prosegue con I Can't Remember, 5^traccia, che parte con degli intrecci molto accattivanti e coinvolgenti tra basso/batteria/chitarra in un aumento ritmico/vocale ciclico e cadenzato. Love, Hate, Love, 6^traccia, può rientrare tranquillamente tra i capolavori degli ALICE IN CHAINS. Il pezzo inizia con degli arpeggi di chitarra soffusi, dove un eccezionale Staley decanta e glorifica tutta l'angoscia e la malinconia che lo avvolgono, con il basso di Starr e la batteria di Kinney a fare da perfetto contraltare, dando così al brano un aspetto davvero mitico. La 7^traccia, It Ain't Like That, è un brano molto intenso dove la chitarra di Cantrell va a braccetto con il basso di Starr e la voce roca e potente di Staley. Sunshine, 8^traccia, è un pezzo dai tipici connotati hard n heavy dove i protagonisti sono la voce di Staley e la chitarra di Cantrell che nel refrain centrale dimostra tutta la sua invidiabile tecnica con uno splendido assolo. Put You Down, 9^traccia, è un brano molto variegato che inizia con dei riff di matrice funk metal e prosegue in un crescendo ritmico ricco di lirismo e di pathos. La 10^traccia, Confusion, comincia con degli stacchetti ritmici lenti e velati per poi salire gradualmente di tono in un finale struggente. La penultima traccia, I Know Somethin ('Bout You), è un pezzo molto divertente e godibile dai tratti funk metal molto preponderanti dove il gruppo sfoggia tutta la vena ironica e sarcastica quasi a volere stemperare la perenne inquietudine del disco. A concludere degnamente il disco ci pensa Real Thing, un pezzo dai lineamenti molto particolari in quanto si fondono generi distinti come il blues, il country e il metal con un finale al cardiopalma per un risultato davvero fenomenale. In definitiva questo FACELIFT è un album davvero sensazionale e rappresenta un biglietto da visita nonchè un tassello molto importante per gli ALICE IN CHAINS; questo lavoro che anticipa temporalmente Nevermind dei Nirvana riesce a vendere 1 milione di copie e diventa un bestseller permettendo agli ALICE IN CHAINS di uscire dall'underground per assumere lo status di celebrità. Un album che va di sicuro ascoltato e riascoltato a più riprese anche per capire dove hanno avuto origine le basi del grunge e di tutto il metal alternativo degli ultimi 20 anni. A Jerry Cantrell & company non possiamo che essere grati per questo masterpiece e ringraziarli per tutto quello che ci hanno lasciato in regalo. Una dote e un pregio che soli i grandi della musica riescono ad avere. 

1) We Die Young
2) Man In The Box
3) Sea Of Sorrow
4) Bleed The Freak
5) I Can't Remember
6) Love, Hate, Love
7) It Ain't Like That
8) Sunshine
9) Put You Down
10) Confusion
11) I Know Somethin (Bout You)
12) Real Thing

 

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