ABYSMAL GRIEF

Exsequia Occulta

2000 - Flowers of Grave Productions

A CURA DI
GIOVANNI AUSONI
01/02/2022
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione recensione

Genova è conosciuta in Italia e nel mondo per una serie di ragioni disparate. Pochi, tuttavia, conferirebbero all'antica Repubblica marinara l'appellativo di "città magica", denominazione che, al contrario, appartiene di diritto a Lione, Praga e alla vicina Torino. Nondimeno, potremmo imbatterci nella vecchina fantasma di vico Librai che chiede ai passanti notizie riguardo le ripugnanti speculazioni edilizie perpetrate dai governi democristiani, o di sentire il "soffio del diavolo" in salita dell'Arcivescovado: superstizioni, dicerie, arcani segreti, che impregnano le stradine e le viuzze della Superba, tra gli afrori delle focaccerie, i profumi salmastri del porto e l'eco delle grida dei galeotti detenuti nel vetusto carcere di Marassi. Le condizioni giuste per l'emergere di espressioni musicali afferenti a quella corrente di specifica origine italiana che, definita a mo' di grande ombrello contenitivo come Dark Sound, trovò uno dei suoi centri nevralgici proprio nella medesima Liguria. Certo, l'origine geografica del filone va ricercata specialmente nelle Marche, regione natale non soltanto di Jacula e Antonius Rex, entità prodromiche entrambe parto della mente di Antonio Bartoccetti, ma anche, se non soprattutto, culla dei Death SS e del Paul Chain Violet Theatre. Un ensemble, quest'ultimo, figlio del pesarese Paolo Catena, uno dei principali artefici della scena oscura della Penisola e artista strettamente legato alla Minotauro Records di Paolo Melzi, storica etichetta pavese che all'epoca rivestì un ruolo determinante per la diffusione dell'underground tricolore. E spetta a una label ligure, la Black Widow Records, intraprendente casa discografica fondata nel 1990 da Massimo Gasperini, assumere un ruolo fondamentale per il ripescaggio e la produzione delle migliori realtà di un panorama locale, e nazionale, maliardo, sfaccettato, incestuoso (Abiogenesi, L'Impero Delle Ombre, Standarte, The Black, Il Segno del Comando, Malombra, Il Tempio Delle Clessidre, Tony Tears, Zess). Un territorio autoctono, dunque, fertile e ricco di stimoli, ove crescono e prosperano i genovesi Abysmal Grief: un progetto traboccante da ciascun pertugio occultismo e necromanzia, caratterizzato da uno stile prospettico e mutevole e che ammicca a una miriade di influenze - dall'heavy/doom alle colonne sonore degli horror movie nostrani degli anni '60 e '70, dal post punk più oscuro al peculiare black metal di area lombarda e veneto/piemontese - inglobandole tutte senza davvero legarsi a nessuna di esse. Un act sorto nel 1996 e che ancora oggi, dopo cinque lustri di esistenza, verte sulla tetra trimurti composta da Regen Graves, Laben C. Necrothytus e Lord Alastair, di volta in volta affiancati da diversi strumentisti, particolarmente alla batteria, dietro la quale, però, dal 2013 siede in pianta stabile Lord Of Fog, al secolo Fabio Triggiani e unico membro della line-up dalle generalità note. L'utilizzo esclusivo dei nom de plume rappresenta un ulteriore elemento atto a irrobustire l'alone di assoluto mistero che circonda un gruppo capace di restare sempre e comunque sé stesso, alieno dalle mode e dai sensazionalismi, lontano dal radicalismo di cartapesta tipico di molte band del settore e interessato, invece, ad approfondire, in maniera adulta, personale e con il piglio degli studiosi di vaglia, il concetto della Morte, indagandone le implicazioni esoteriche, filosofiche, letterarie, spirituali. D'altronde, il sostrato cultural-religioso dello Stivale, paese intriso, oltre che di credenze popolari, di simbologie e ritualità cattoliche parimenti seducenti e spaventose, contribuisce e agevola la creazione di brani dall'habitus sepolcrale, acconci a una cerimonia funebre officiata dinanzi a una platea sbigottita e tremante. Atmosfere che sanno di polvere cimiteriale e di lugubri liturgie, evocate dal mood tenebroso delle tastiere, dai tetri rintocchi dell'organo, da chitarre che, insieme al cantato, nel corso del tempo regaleranno un'incisività via via maggiore alla proposta, eppure mai tali da saturare di aggressività il clima cupamente solenne, e sobriamente teatrale, dei vari lavori realizzati. Elementi strutturali reperibili sin dal singolo "Exsequia Occulta", pubblicato in cinquecento copie dalla Flowers Of Grave Productions nel 2000 e seguito "ufficiale" delle due demotape "Funereal" (1998) e "Mors Te Audit" (1999). Un titolo difficile da equivocare, stampigliato, al pari del logo del combo, in viola sabbathiano e posto su una cover dall'artwork essenziale e pertinente: una lapide, una cassa zincata coperta di fiori e terriccio, un drappeggio ad hoc, il moniker Abysmal Grief dai caratteri gotici e guarnito ai lati da un pipistrello e da una bara trasparente. Indizi chiari e che non ammettono fraintendimenti, per una lenta processione iniziatica all'ombra della Lanterna.

Exsequia Occulta

I tredici minuti abbondanti di Exsequia Occulta ("Esequie Occulte"), la traccia  che regala il titolo al singolo, mostrano degli Abysmal Grief con le idee molto limpide sulla strada da intraprendere. Un aspetto, quello di una band praticamente rodata già dai suoi primi vagiti, che sorprende sino a un certo punto, vista la militanza precedente di Regen Graves nei Malombra e l'esperienza di Labes C. Necrothytus nella line-up dei blackster genovesi Sacradis. La partenza della canzone lascia pochi dubbi circa il tributo ai Black Sabbath, con il suono della campana a morto e lo scrosciare fragoroso di un temporale che ricordano l'abbrivio dell'esordio omonimo del quartetto di Birmingham; si ode un crescente rumore di passi su un terreno acciottolato, accompagnato da cupe svisate di synth e da schivi inserti di tastiera, mentre il diluvio continua inesorabile a imperversare. In tale clima da tregenda interviene lo spoken word virgolettato e ossianico di Graves che, oltre a rendere l'atmosfera ancora più lugubre e funerea, getta una luce esplicativa sulla vicenda narrata nel prosieguo del pezzo. Allo scoccare della mezzanotte, un gruppo di persone, che nessuno ha visto avventurarsi nel giardino della Morte, giunge dinanzi alla tomba prescelta con l'intenzione di ridare nuova vita al cadavere di un'anima dannata; il gran maestro a capo dell'accolita, che indossa abiti rubati dai sepolcri e sembra avvolto da una brezza di sfortuna, recita le preghiere per il caro estinto. Quattro gatti neri, impalati intorno al cerchio magico dell'evocazione, fungono da segno malvagio di protezione: uniti nell'implorazione, i convenuti al banchetto da principio bevono sangue caldo di capra, poi, quando la cicuta e la mandragora stanno per bruciare per intero, la bara viene dissotterrata e successivamente condotta nella cripta ai fini di una misteriosa celebrazione. L'acquazzone e la musica si bloccano un istante, come in un vecchio film di Mario Bava cigolano le porte dell'ipogeo all'entrata delle spoglie esanimi; a questo punto le keys tornano in scena, gravi e ieratiche, tosto doppiate dal respiro tetramente solenne dell'organo, con la chitarra dal timbro heavy/doom à la Paul Chain che inizia a riempire gli spazi e la drum machine impegnata a conservare un ritmo da litania funebre. Pur conservando la medesima cadenza, e con il basso di Lord Alastair che pare simulare i colpi regolari dei martelletti per la chiusura definitiva del feretro, nei refrain il brano amplia lo spettro melodico della propria fisionomia grazie al dilatarsi gotico degli avori, ai fendenti lisergici della sei corde e a un lieve inerpicarsi del tono baritonale di Necrothytus, frattanto sostituitosi a Graves al microfono. Le parole dell'introduzione, ora, vengono chiarite da ulteriori delucidazioni: i protagonisti della storia sono degli uomini incappucciati che si servono del corpo di un defunto per una cerimonia necromantica. Il loro obiettivo consiste nell'evocare lo spirito del trapassato a scopi conoscitivi promettendo a esso, in caso di risposte soddisfacenti, la redenzione futura. La richiesta, enunciata in lingua latina e proferita con un tono tra il sacerdotale e il sibillino, si ammanta di sacralità oscura; il momento della formulazione si pasce del mood ecclesiastico dell'aerofono che guarda un po' alla drammaticità di Bach e un po' alle atmosfere sinistre dei Goblin, suscitando nell'ascoltatore un'attesa tanto maestosa quanto carica di tensione cultuale. La sei corde pigola soffice prima di trasformarsi in un assolo effettato e dal forte sapore settantiano; una lama che affonda nel burro mefitico di una terza strofa identica per struttura alle due precedenti e nella quale il racconto termina con un inaspettato coup de théâtre. Non sapremo mai la ragione del fallimento del rituale, ma ne osserviamo storditi e spaventati le conseguenze: gli officianti abbandonano le spoglie ai vermi e alla decomposizione, invece che destinarla a un processo di cremazione sinonimo di buona riuscita dell'operazione. Il breve requiem finale sigilla il pezzo meglio di una zincatura, convogliando suggestioni occulte e atmosfere di matrice horror dagli scoli maleodoranti del Cimitero Monumentale di Staglieno alle collettrici rugginose della Superba. Nel frattempo la città dorme ignara.

Sepulchre of Misfortune

La caratteristica principale degli Abysmal Grief, ciò che li rende unici e davvero originali rispetto ad altre band del settore, italiano e non, è la capacità di erigere brani di minutaggio massiccio, solenni e catacombali, senza che l'esito finale risulti troppo soffocante, o peggio, estremamente ingessato. Se, in questo senso, "Exsequia Occulta" gode, forse, di un'intelaiatura compositiva dal taglio più tradizionale, ma di certo non monolitica, Sepulchre Of Misfortune ("Sepolcro Della Sfortuna"), pur tumido di una cupa maniacalità ritmica, rivela un volto diverso, diretto e accattivante, quasi a stringere un legame di sangue maledetto con l'universo dark dei Bauhaus e dei The Sisters Of Mercy. Due facce della medesima medaglia, che ben presto raggiungeranno un perfetto equilibrio nell'esordio omonimo sulla lunga distanza e qui già percepibile in linea generale. Il pezzo parte con un abbrivio dal loop ipnotico, che sembra citare il tema principale della soundtrack di "Sette Note In Nero" (1977), cult movie dalle venature soprannaturali opera di Lucio Fulci e musicato dal trio formato da Franco Bixio, Fabio Frizzi e Vince Tempera: una scansione da macabro carillon a orologio che pian piano si ingrassa dell'arrivo dei vari strumenti, prima la batteria programmata su intervalli cadenzati, poi un basso dalla griffe post punk, infine una chitarra decisa e ficcante. A completare il tutto, intervengono le tastiere spettrali di un ispirato Necrothytus, capace, con la sua voce grave e presbiterale, di conferire alla traccia un esangue flavor foscoliano. Tra lapidi, cipressi, sentieri taciturni e vanghe solitarie - e con il sostrato caparbio e minaccioso del quadrinio -, ci dirigiamo, nottetempo e mappa del cimitero in mano, verso quella stessa cripta sede del fallimentare rituale occulto officiato nel pezzo precedente. Lì, sotto la volta dell'ipogeo, soffia una brezza letale, oscura e malvagia, le candele accese circondano le ceree salme che aspettano di essere risvegliate dal necromante di turno, i pipistrelli danzano nella luce flebile e umidiccia del luogo. L'ambiente e la situazione, che ricordano le pagine di Ambrose Bierce, Edgar Allan Poe e Joseph Sheridan Le Fanu, suggeriscono che non si tratta di anime pie da interrogare, bensì di spiriti dannati, di non morti folli e maligni ansiosi di tornare a esistere per pura sete di vendetta. La sei corde di Graves disegna solchi intinti di funebre psichedelia, le fughe gotiche di tastiera trasudano melodie suadenti, l'organo liturgico, a ogni fine strofa e ritornello, aggiunge a essi una luttuosa nobiltà, mentre il singer, nei momenti di maggior pathos e atmosfera, rantola esoterico e sinistro. Occorre inoltre rimarcare come, nonostante le ovvie differenze di plot, la canzone appaia connessa alla struttura drammaturgica del film succitato per una circolarità di scrittura che non viene mai meno malgrado la dimensione onirica entro la quale appaiono inserite entrambe le vicende; e la costruzione della canzone, imperniata su un main theme ossessivamente ricorrente, dimostra quanto i genovesi si trovino a proprio agio quando decidono di regalare agli astanti una composizione magnetica e dall'allure occulto. Un'autentica colonna sonora dal profumo cinematografico, dunque, che si avvia alla conclusione attraverso la proposizione di un coro pari, per carica lugubre, a quello che avremmo potuto ascoltare durante la macabra messa in scena del processo post-mortem contro papa Formoso, condannato per tradimento, nell'esecrando "Sinodo del cadavere" così ben descritto da Ferdinand Gregorovius, alla dannazione eterna, con annesso l'abbandono del corpus delicti - privo dei paramenti sacri e delle tre dita benedicenti della mano destra - tra i pigri flutti del Tevere altomedievale. Poi, negli ultimi quaranta secondi, le note sfumano e scompaiono, mentre si fa largo un brusio misto a silenzio, regolare e maligno; gocce d'acqua cadono dalle basse sommità della rugiadosa cappella sotterranea ove i morti attendono di riprendere a camminare a fianco dei vivi, intenzionati ad artigliarli alla gola, di soppiatto e con livore. Il sipario cala, mentre le tenebre scendono sul mondo.

Conclusioni

Luogo della memoria e del cordoglio, il Cimitero di Staglieno costituisce un grande museo a cielo aperto, uno spaccato storico dell'egemone borghesia della Superba durante la seconda metà dell'Ottocento e da sempre meta di personaggi illustri, frequentato da poeti, scrittori, principesse e imperatori. Un sito ricco di simbologie collegate all'Aldilà, di un eclettismo di allegorie appartenenti ad antiche e diverse culture, greca, egiziana, cristiana, massonica. Tropi che rimandano all'esistenza terrena e a quella spirituale, in un fantasmagorico gioco di  specchi raffigurante un viaggio dimensionale, e forse pericoloso, nell'occulto e nel mistero. E parimenti prismatiche e arcane sono le matrici, musicali e non, responsabili del sound caratteristico e originale degli Abysmal Grief: la lezione dei Black Sabbath, la ritualità di Black Widow e Coven, l'umbratile magismo di Jacula e Antonius Rex, l'iconoclastia macabra dei Death SS, le sperimentazioni del Paul Chain Violet Theatre, la carica pittorica dei The Black, i deliqui astrali dei Black Hole, il progressive più fosco e psichedelico, il post punk caliginoso di Bauhaus e The Sisters Of Mercy, il black metal mesmerico di Abhor, Cultus Sanguine, Evol, Maldoror, Mortuary Drape e Opera IX, la presenza sul territorio della Black Widow Records, le soundtrack e le suggestioni degli horror movie italiani degli anni '60 e '70, la poesia sepolcrale, la narrativa gotica. Difficile incasellare in un genere preciso la band genovese, incertezza d'altronde che ne qualifica l'estrema peculiarità, tanto da poterla ascrivere al cosmo doom soltanto - e parzialmente - nei primissimi passi di carriera, come dimostrano proprio i solchi funebri di "Exsequia Occulta". Un bijou, quest'ultimo, dai ritmi lenti - specialmente per quanto concerne la title track -, dalla produzione già abbastanza professionale e dal taglio vintage, con l'organo e le tastiere che, benché attori principali, lasciano alle chitarre lo spazio congruo per agire. Oltre a una grande razionalità compositiva, il manufatto presenta in vetrina, malgrado giocoforza non tutti sviluppati a fondo, i vari vettori, stilistici e testuali, capaci di fissare le coordinate future entro le quali si muoverà il combo: il culto dei defunti, il misticismo, l'esoterismo, l'attrazione per la necromanzia, il mood settantiano, l'utilizzo della lingua latina, una teatralità evocativa e raffinata, l'invidiabile abilità nel costruire brani cadenzati, dalla durata sostanziosa, eppure dotati di un'agilità rock in grado di ammaliare l'ascoltatore altresì meno avvezzo a tali tipologie di sonorità (vedesi "Sepulchre Of Misfortune"). Un'identità mobile, articolata, dovuta anche al dissimile background dei tre musicisti principali coinvolti nel gruppo: la militanza di Regen Graves nei Malombra, l'esperienza di Labes C. Necrothytus alla corte dei Sacradis, la passione di Lord Alastair per l'universo stoner, la collaborazione di un artista dell'influenza di Antonio Polidori, deus ex machina dei Tony Tears ed equivalente ligure del marchigiano Paolo Catena, hanno contribuito alla formazione di un progetto anomalo all'interno della tradizione nostrana e, nondimeno, visceralmente legato a essa. E a proposito di radici, un ruolo basilare, a livello lirico e atmosferico, lo riveste l'apparato liturgico, simbolico e iconografico del cattolicesimo, un mondo che gli Abysmal Grief continuano, ancora oggi, a esplorare, mettendone in evidenza i lati oppressivi e angosciosi senza scadere nel becero satanismo e in infantili baracconate da grand guignol. Certo, resta l'ambiguità riguardo il significato intrinseco di suddetta ossessiva attenzione: semplice fascinazione, aspirazione a una religiosità autentica, odio sotterraneo o lugubre denuncia di vecchie superstizioni? Probabilmente un coagulo di ciascun aspetto, a ogni buon conto sublimato dall'argomento sovrano della Morte, perno su cui ruota l'intera riflessione concettuale del gruppo; nel piccolo opus testé analizzato, il tema sepolcrale assume un peso fondamentale che toccherà all'EP "Mors Eleison", al debutto omonimo e alla discografia successiva approfondire e integrare. Vedremo che il secondo singolo "Hearse" si impernierà su un episodio prettamente romanzesco, tratto dal "Dracula" di Bram Stoker, nello specifico l'arrivo a Borgo Pass, porta d'accesso al regno del Conte, di Jonathan Harker; tuttavia, l'interesse per i soggetti letterari andrà inglobandosi, nel corso della carriera, in un ricerca filosofica molto personale, intrecciata al cosmo tenebroso della Fiamma Oscura e alle riflessioni di autori del calibro di Aleister Crowley, Allan Kardec ed Eliphas Levi. Intanto, vapori esalano dalle tombe, i morti tornano a camminare con i vivi, i carrugi si riempiono di lezzo cadaverico e cortei funebri: il tempo degli Abysmal Grief è venuto.

1) Exsequia Occulta
2) Sepulchre of Misfortune
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