Tempesta

Scusate per il Sangue

2013 - UKDivision Records

A CURA DI
ROBERTA D'ORSI
25/10/2013
TEMPO DI LETTURA:
7

Recensione


I Friulani Tempesta si formano a Grado nel 1992, la line up comprende quattro elementi e pubblicano il loro primo demo accolto con positività da pubblico e critica. Successivamente la formazione  si stabilizza con tre componenti, Carlo Rota al basso e voce, Fulvio Sain alla chitarra e voce solista e Jan Di Stefano alla batteria. Le esibizioni live ed una grande partecipazione di pubblico ai loro spettacoli convince, e consente ai Tempesta di chiudersi in studio per concepire il primo full lenght. Nel 2000 esce “The Price of Glory”. Nei primi mesi del 2001 alla formazione si aggiunge il cantante Riccardo Porro; i quattro musicisti realizzano così il secondo lavoro in studio “Virtual Line to Eternity” grazie alla firma con la Video Radio Fonola distribuzioni che ne dispensa copie in tutta Italia. Il vocalist Porro nel 2002 lascia il gruppo. Quattro anni dopo i Tempesta raggiungono il terzo posto al concorso Summermusic, ciò consente loro la registrazione di un nuovo pezzo “Rebellion”. L’anno dopo Di Stefano abbandona la band e viene rimpiazzato da Alessandro Longo. Negli ultimi anni il gruppo si è esibito on stage in supporto ad artisti di grande rilevanza come Vision Divine, Eldritch e Pino Scotto. I Tempesta sono anche membri fondatori dell’associazione Giovani Musicisti Gradesi, un’organizzazione senza fine di lucro, atta a sostenere la cultura musicale nei giovani abitanti di Grado. Nel gennaio 2013 i Tempesta pubblicano l’ultima fatica “Scusate per il Sangue”, undici tracce per una durata di 44 min. e distribuita da UKDivision Records. La prima cosa sulla quale mi soffermo è l’immagine di copertina, eloquente collage di personaggi “di rilievo” della nostra società, il Papa ed Obama con le braccia alzate intenti a salutare la folla, e la stretta di mano tra Berlusconi e Gheddafi, il tutto incorniciato da armi, pallottole ed simboli di dollaro. Il titolo, Scusate per il Sangue, lo trovo estremamente dissacrante, ironicamente polemico ed impresso su quel montaggio di immagini, ne descrive una realtà immorale in cui i potenti sguazzano nella menzogna perpetrata ai danni dei poveri comuni mortali, costretti a subire la loro brama di potere. L’ultimo lavoro in studio dei Tempesta riprende il percorso del cantato in italiano che hanno iniziato nel demo del 2009 “Rivoglio il mio Futuro”; la scelta delle liriche interpretate  in madre lingua dice Carlo Rota il bassista, sono per valorizzare il concetto espresso: “Abbiamo deciso di cantare in italiano perché crediamo che la musica sia la sola maniera per far conoscere i nostri ideali, cantando in inglese non avevamo la stessa risposta dal pubblico, ci capita spesso infatti di discutere di argomenti inerenti l'album dopo i concerti, cosa che prima non avveniva. In poche parole vogliamo dare ai testi il giusto spazio che meritano”. Ne apprezzo e condivido la scelta, che ritengo oltretutto coraggiosa. Ultimamente sempre più gruppi del nostro underground adottano la scelta di cantare nel genere metal in italiano, dare alla lingua una veste nuova, renderle onore e merito puntando ad una forse più ristretta fascia d’utenza, ma raggiungibile concettualmente molto più facilmente proprio da quel pubblico. Ed inoltre è molto bello sentire da un musicista che questo sistema permette un dialogo maggiore coi fans, con chi si interessa non solo alla musica ma a quello che la band vuole comunicare/denunciare. L’heavy metal venato di thrash comincia il suo percorso in Scusate per il Sangue con la prima traccia intitolata “Crollerà il Cielo” le cui parole sono riferite ai mass media che tentano sempre di manipolare la verità, non dicendo ai notiziari le cose come stanno realmente, omettendo ed ingigantendo le vicende; una televisione, la nostra, fatta di calciatori e vallette, insulso e banale girotondo di personaggi insignificanti ed inutili. Tutto è perfetto, tutto va bene mentre in realtà stiamo per soccombere sotto un polverone di tragiche macerie. La partenza mi pare buona, pochi accordi di chitarra e la batteria attacca la sua marcia. Il cantato in italiano fa subito il suo ingresso, il vocalist ha un’interpretazione aggressiva e convincente, le parole che enuncia sono realmente sentite. Nel momento in cui canta “Va tutto bene, è tutto normale” una lieve vena ironica colora il suo timbro. Il trittico basso, chitarra e batteria sono perfettamente in sincrono tra loro, ed il pestare sul doppio pedale di Longo è alquanto inebriante. Il brano alterna ritmiche blande ad altre più speed, concezione di un insieme melodico abbastanza vario e ben dosato. Tocca alla title track dell’album “Scusate per il Sangue” nelle cui liriche traspare tutta la disperazione per tutto ciò che di orrendo ed ingiustificato accade nel mondo. Ribellione è la parola chiave, una ribellione che può sfociare anche in un gesto tragico, come quello di ricorrere al fuoco per compiere la “giusta” vendetta sui potenti che approfittano della loro posizione. Il ritmo concitato è scandito dal suono degli strumentisti, le dinamiche compositive semplici ma d’effetto riescono ad imprimersi facilmente, ed in fondo questa è una via più che giusta per accalappiarsi l’attenzione di chi ascolta. I riff alle corde ben si miscelano ai colpi di batteria, il tutto è ancor più tangibile nelle parti strumentali. Tutto il disprezzo per una società governata da soggetti senza scrupoli, viene urlato in “Idiocracy”. Non c’è rispetto per la bandiera, non c’è interesse per il bene del paese, l’importante è tenersi il posto sul trono di un potere perpetrato con idiozia. Il songwriting di questo brano si sviluppa a sostentamento della performance vocale, brevi gli sprazzi strumentali che fungono da riempimento. Al cambio ritmo, le note della chitarra supportate dal mono colpo della batteria, creano un’atmosfera angosciosa. Breve ma deciso l’assolo finale. La quarta track “Imperi di Sabbia” ha un livello compositivo decisamente più versatile rispetto ai brani precedenti. Il mid tempo iniziale percorre una strada in ripresa ritmica. La corsa degli strumenti procede sempre più inarrestabile. Trovo decisamente forte e bello il testo. Il consiglio è quello di condividere le idee, di parlare di quello che spaventa, di denunciare ciò che non va, di ribellarsi ad un sistema di omertà e paura di mettersi in gioco davanti ai potenti. Parlare a voce alta delle cose scomode, è uno dei modi per abbattere il muro della disonestà. Andamento speed e strong, decisamente di impronta heavy l’assetto compositivo del brano. Questa volta l’assolo di chitarra delizia l’udito più a lungo e la batteria marcia al fulmicotone. La verità distorta e raccontata omettendo particolari sulle azioni realmente accadute nelle pagine di storia, è il fulcro del pezzo “I Cani del Padrone”. Quello che ci viene insegnato a scuola, non è quello che in passato è davvero accaduto. Vicende manipolate. La falsità nella quale cercano di imprigionarci, è il copione che tentano di farci imparare, per fare di noi i cani obbedienti di chi scala la vetta ed arriva a manovrare i fili delle nostre vite. Guardiamoci da questa falsità, e ragioniamo sempre con la nostra testa. Musicalmente la canzone ha uno stampo da inno ribelle. Piuttosto lineare e scorrevole, esente da orpelli di qualunque genere, il mood segue un andamento che allenta la tensione nell’ultimissima parte. Melodica “La Paura del Diverso”. Colma di sfaccettature ritmiche e sonore, a cominciare dalle delicate note di sapore acustico in apertura.  Le parole denunciano uno stato sociale e politico che insegna ad aver paura del diverso. Una società dove a causa di questo, le guerre sono inevitabili. In questa traccia la presenza incisiva del basso regala un’atmosfera decisamente magnetica; i due o tre riff alle corde che costruiscono la trama della canzone non spiccano per originalità, ma sono comunque fautori di una concezione sonora versatile e convincente. La sezione ritmica apporta un prezioso contributo. La performance del vocalist in alcuni frangenti può risultare sopra le righe, tanto da spezzarsi nelle note alte. Ma stando attenti alle liriche, quei passaggi possono essere il risultato di una scelta interpretativa ponderata. Volgendo al termine la song ci regala una cavalcata con la chitarra che descrivere travolgente è dire poco.  “La Legge è Uguale per Tutti” già dal titolo preannuncia sarcasticamente quanto invece questa realtà, al giorno d’oggi ancor di più, sia tutt’altro che così. Tra mafia e condoni fiscali, tra disonestà e criminalità, la giustizia il suo corso non lo fa per paura, per tangenti..? Di certo chi paga è sempre il povero cittadino. L’assetto musicale del brano è decisamente speed e martellante. La pressione sulle pelli ne è la conferma; il binomio batteria e chitarra nella parte veloce della canzone è il punto migliore e cruciale del contesto. Siamo persone o numeri? La nostra vita è messa al pari di un codice fiscale, un numero bancomat.. questo siamo per chi ci governa. Metodi per controllarci, per elargire al popolo quello di cui apparentemente ha bisogno, ma che paga a caro prezzo, sia dal punto di vista economico che della pura e semplice “libertà”. Questo il concetto della traccia “Non Siamo Numeri“ in cui si rivendica la propria identità. Il songwriting risulta piatto. La canzone non brilla per inventiva ne tantomeno per musicalità. Diciamo che la melodia è stata concepita prendendo qualcosa da un brano, qualcosa da un altro e messo insieme per fare da accompagnamento per il testo. La pioggia che cade sulla miseria che affligge la povera gente, sulla crisi, sui governanti cialtroni, sul sangue degli operai, sull’arroganza dei giudici.. questa pioggia è la metafora di un pianto che ormai si è ramificato in ogni direzione possibile, un pianto il cui lamento ormai non può dar più luogo a nessuna soluzione.. il lamento no, ma le azioni hanno ancora il potere di sovvertire le cose. Questo il senso di “Radici nel Cemento”. Dal punto di vista sonoro la canzone ha un’impronta decisamente strong, per quanto riguarda la creatività siamo sullo stesso fronte della track precedente, con in più però una marcia decisamente incalzante. Muro solido della sezione ritmica, e performance della chitarra diretta e pulita. “Mentre tu Dormi” sembra essere una denuncia al ruolo ecclesiastico, delle violenze e degli abusi perpetrati da chi si nasconde meschinamente dietro il simbolo della croce. I benpensanti chiudono gli occhi facendo finta di nulla, ed anche chi commette ingiustizie, con le mani giunte al petto può smacchiarsi dalle proprie colpe.. Il registro compositivo mantiene un ritmo veloce, belli i bridge che legano le sezioni ed i cambi di ritmo. Convincenti i riff. L’esecuzione è pulita, il songwriting è piuttosto variegato. Ottima ripresa dunque nell’avvicendarsi al termine dell’album. L’ultimo brano a conclusione del lavoro dei Tempesta è “Sparami sul Viso”. Deciso a scegliere il proprio destino, a scegliere come morire, il vocalist urla contro i principi inculcati dalle religioni, contro le bugie e l’inutile quanto ipocrita filosofeggiare di individui che si arrogano il diritto di decidere cosa sia giusto o sbagliato. Velocità, durezza, riff taglienti, uso della batteria come fosse un martello pneumatico, interpretazione vocale lineare e compatta. Il sound di quest’ultima traccia è granitico. Conclusione più che buona per questo “Scusate per il Sangue”. La pluriennale esperienza dei Tempesta ha concepito nell’insieme un lavoro discreto, se pur poco vario. In un insieme di tracce un po’ simili tra loro, spiccano delle canzoni tecnicamente e musicalmente valide. Inoltre per quanto mi riguarda, la scelta del cantato in italiano ed i testi, che ho immensamente apprezzato, sono un valore aggiunto al lavoro della band.


1) Crollerà il Cielo 
2) Scusate per il Sangue
3) Idiocracy 
4) Imperi di Sabbia
5) I Cani del Padrone 
6) La Paura del Diverso 
7) La Legge è Uguale per Tutti 
8) Non Siamo Numeri 
9) Radici nel Cemento 
10) Mentre Tu Dormi 
11) Sparami sul Viso