MINDWARS
Sworn to Secrecy
2016 - Punishment 18 Records
DAVIDE CILLO
06/07/2016
Introduzione Recensione
Quello che ci ritroveremo oggi a recensire è un lavoro molto particolare, un qualcosa che immediatamente non potrà non catturare almeno in parte l'attenzione dei fan del genere Thrash Metal. Mi riferisco a quei fan che vivono e che respirano l'underground, conoscendo ogni band del settore e catalogandone le preferite. Se certamente è possibile dire che il target di ascoltatori a cui questa band si rivolge è principalmente questo, chiaramente l'apprezzamento di questo lavoro è possibile per chiunque apprezzi quelle sonorità tipiche dello Speed e del Thrash vecchia scuola. Qui siamo di fronte ad un lavoro incrociato, un lavoro fra due veterani del genere che hanno deciso di mettere in comune la propria conoscenza per creare qualcosa di degno di nota. La band si chiama Mindwars, la label è la Punishment 18 Records, una delle etichette che maggiormente, negli ultimi anni, stanno investendo sull'emergente nel mondo Metal, specialmente nelle sue accezioni più estreme. La storia è piacevole e da raccontare, siamo in presenza di una band metà californiana, metà torinese. I Mindwars nascono alla fine del 2013 dal desiderio di due "vecchie conoscenze" di riprendere a suonare il sound tipico degli anni '80 con cui erano cresciuti, integrandolo con l'energia che è possibile ottenere nel 2014. Così Mike Alvord, precedentemente chitarrista degli Holy Terror, e Roby Vitari, batterista ex Jester Beast (straordinaria band torinese e non da meno), scelgono di cooperare nella creazione di un nuovo progetto. Roby, oltre alla presenza nei Jester Beast, conta esperienze di assoluto rilievo nell'underground torinese: è stato infatti lo storico batterista degli Headcrasher, band Heavy/Speed Metal nata a Cosenza e poi successivamente trasferitasi a Torino. Con ben tre demo e due full all'attivo, "Nothing Will Remain" dell'89 e "Introspection" del '91, gli Headcrasher ebbero ben modo di farsi conoscere anche all'infuori delle proprie mura. Inoltre, Roby è dal 2015 subentrato nei Creepin' Death, altra importante Thrash band dell'underground torinese, facente parte di quel "trittico d'acciaio" assieme ai Broken Glazz ed agli Headcrasher stessi, che infiammavano i primi anni '90 italiani, quando il movimento era in fervente nascita. Tornando alla bellissima storia dei Mindwars, i due (Mike e Roby) si erano conosciuti nel 1989, anno caldo per il Thrash Metal, durante il tour europeo degli Holy Terror in supporto del loro storico full-length "Mind Wars", proprio quello da cui la band protagonista della recensione odierna prende il nome. Gli Holy Terror sono stati una delle più importanti formazioni Thrash nel mondo leggermente meno dorato di quello occupato sia dai Big Four, ma anche da band più blasonate come Exodus e Testament; eppure i loro due full lenght, Terror and Submission (1987) e Mind Wars (1988) scossero letteralmente le fondamenta degli ascoltatori, andando ad inserirsi fra le perle di questo genere. Mike quindi, una volta ripreso in mano il pensiero di dare vita di nuovo a quelle sonorità che lo avevano accompagnato nella giovane età, prese anche la decisione di omaggiare il proprio passato chiamando la band con lo stesso nome (solo scritto tutto attaccato) del secondo disco firmato dagli Holy, un vero diamante grezzo che ogni thrasher conosce ed ha nella propria collezione. Pensate un po', i due ragazzi hanno scoperto di avere radici simili, avendo entrambi dei nonni calabresi. Così, circa 25 anni dopo il giorno in cui si erano conosciuti, Mike e Roby tornano in contatto tramite internet. Poco ci vorrà perché i due decidano di riportare sul palco quel sound che, a loro opinione, manca al mondo della musica in questo momento. I Mindwars, band Speed/Thrash con influenze della NWOBHM, ne sono il risultato. I due concordano nell'essere influenzati anche dalle radici del genere Heavy Metal, quindi da band come ad esempio i Black Sabbath, ma anche formazioni ancor più oscure e meno conosciute ai più; quelle radici stesse dell'Heavy che alla fine dei '70 covavano sotto la cenere ed erano pronte ad esplodere. E' questo interessantissimo mix a generare la nostra curiosità, in un lavoro che prevedibilmente da subito ha ottenuto il supporto del sempre attento torinese Corrado Breno della Punishment, che come ben sappiamo è un grande amante delle sonorità Speed/Thrash ottantiane. Al chitarrista Mike e al batterista Roby si aggiunge il bassista Danny Pizzi, italiano e conoscente di Roby e con già varie esperienze alle spalle nell'underground torinese. I Mindwars, con il loro album di debutto del 2014 "The Enemy Within", avevano venduto 1500 copie, esibendosi in diversi show nella California meridionale. Nell'Aprile 2016, il secondo lavoro "Sworn to Secrecy" vede la luce; c'era bisogno di dare ulteriore voce alla bestia che Mike e Roby avevano messo insieme, e questo secondo album ne è la prova tangibile. Per non essere anche abbastanza curiosi, apprendiamo inoltre che la produzione è ad opera di Bill Metoyer, un "grande" nel campo del Thrash Metal underground anni '80. Bill, nell'epoca d'oro del genere, aveva prodotto storici lavori come "Socialized Hate" degli Atrophy, "Animosity" dei Corrosion of Conformity, "Convicted" dei Cryptic Slaughter", "Crossover", "4 of a Kind" e "Thrash Zone" dei D.R.I., il debutto dei Dark Angel "We Have Arrived", i primi album di Fates Warning e Flotsam and Jetsam, lo storico "Raging Violence" degli Hirax, "Ignorance" e "The American Way" dei Sacred Reich e, pensate un po', aveva ricoperto anche ruoli importantissimi nella produzione dei primi due album degli Slayer "Show No Mercy" e "Hell Awaits". Un vero e proprio guru del Thrash, che ha aleggiato sopra le teste di innumerevoli artisti nel corso di 30 e più anni di carriera. Un gran nome a cui affidare le chiavi del proprio disco, specie per il genere. Una volta rilasciato questo secondo album ad Aprile, a fine mese la band è immediatamente partita per un tour statunitense: Los Angeles, San Diego, Phoenix e Las Vegas sono tutte terre ricoperte dalla band in questo percorso. Se tutti questi elementi hanno portato ad avere una grande curiosità insita dentro di voi, non ci resta che dedicarci all'attesissima analisi track by track di questo album: auguro a tutti buon ascolto e buon divertimento!
Sworn to Secrecy
Apriamo "con il botto", dal momento che la prima traccia è nientemeno che la title track "Sworn to Secrecy (Giurato di Mantenere il Segreto)": aperta da una voce forse campionata, la canzone mette subito in mostra le prime caratteristiche evidenti della band. La traccia infatti mostra subito in primo piano ritmi elevati e un intenso tupa tupa batteristico, e comprendiamo dal primo momento inoltre cosa intendeva la band quando diceva dell'utilizzo di schemi degli anni '80 con la potenza del 2014. Questo genere di Thrash, violento, rapido e con anche qualcosa di teutonico, giova molto della potenza del sound utilizzato nella produzione di Metoyer. La voce del chitarrista-vocalist Mike è rauca e ruota intorno ad un tono piuttosto acuto, colorando con efficacia le semplici ma violente linee musicali. Nella sua energia e violenza, la canzone si caratterizza per la presenza di una sua musicalità, dal momento che la strofa stessa ha un'espressività ben delineata. L'assolo è squillante e matematico, attenendosi a quegli usi e costumi tipici di band del Thrash estremo come gli Slayer e diverse del Thrash teutonico. La prima qualità della traccia è quella di non lasciare un secondo di respiro, riportando riff dopo riff e con coerenza la medesima esplosiva velocità. La struttura messa in piedi dai Mindwars, nonostante il tema principale risulti semplice, è efficace e metodico, il tutto senza mai cercare di scimmiottare quelle che sono state le sonorità tipiche degli Holy Terror negli anni del loro trionfo. Questo avevamo già potuto apprezzarlo anche nel disco precedente a questo, in cui Mark e Roby avevano messo in atto una serie di combo una dietro l'altra, azzeccando sia strutture che prosecuzione dei riff. Con queste liriche, la band si caratterizza da subito per la piacevole presenza di tematiche politiche. In "Sworn to Secrecy" apprendiamo concetti come quello del controllo della popolazione, indotta a percepire come veri e unici determinati schemi e costumi. Il lavoro del popolo è quello di servire, inginocchiarsi e obbedire ad una classe che nell'ombra da sempre comanda. La libertà viene vista come malvagia e fonte di inganno, la vita non degna di essa, l'unica cosa che conta è obbedire e seguire i loro ordini e le loro menzogne. La verità, come dice la band, è che lo stupido obbedirà sempre, mentre è nella liberazione degli altri che è possibile riporre delle speranze. Gli antagonisti nel brano sono definiti come dei veri e propri demoni, che rubano l'anima dalle loro vittime utilizzando mezzi come confusione e paura. Dei mezzi subdoli e da vigliacchi, ma che minacciano le menti che popolano il mondo e il loro corretto funzionamento. Un argomento assai caro al Thrash Metal, quella critica sociale in realtà molto easy listeing, ma al contempo aspra e cinica, in cui si cerca di delineare le massime che sorreggono il nostro mondo, andando a sottolinearne i difetti e le fragilità, soprattutto nella vita di tutti i giorni.
Cradle to Grave
La traccia successiva si intitola "Cradle to Grave (Dalla Culla alla Tomba)", e conferma sin da subito la vena a tratti quasi di Thrash estremo della band. L'inizio di questo pezzo si contraddistingue per un riff caratterizzato da un groove cupo e cadenzato, per poi proseguire con il consueto tupa tupa del nostro Roby e con l'energia di un riff tanto rapido quanto violento. Anche qui la strofa è musicale e probabilmente anche caratterizzata da una melodia più coinvolgente rispetto alla traccia precedente. Una volta terminata la strofa, assistiamo però ad una sezione davvero di valore notevole e di grande godibilità: si ritorna ai ritmi cupi e cadenzati che avevano aperto la traccia, con l'ausilio di un azzeccatissimo assolo di chitarra di Mike. Ottimo, in questo frangente, il supporto del doppio pedale di Roby. Perfetta in proposito quest'alternanza con la strofa, con il suddetto cambio di velocità che risulta essere pienamente valorizzato. Una traccia che mostra carattere e coraggio da vendere, oltre che la capacità di saper proporre un tipo di sonorità interessante e accattivante. Personalmente, per questi elementi la traccia si mostra in toto più originale e degna di nota rispetto alla precedente title track, che come detto comunque non aveva nulla che non andasse e, anzi, aveva mostrato le buone qualità dei musicisti. In questo caso però abbiamo un netto salto di qualità, con l'intera suite che ad un certo punto dell'ascolto prende letteralmente il decollo nelle nostre orecchi, ed i vari e cacofonici ritmi che ci vengono proposti, si susseguono veloci e senza freno, lasciandoci ben pochi attimi di respiro; un altro omaggio della band alla base del genere cui fanno capo, seppur contaminato (in maniera saggia però) dalle accezioni più moderne che si possano trovare. Nella traccia lo sfortunato protagonista viene posseduto da dei veri e propri demoni, che entrano nella sua mente possedendolo e dominandolo. L'uomo, che tenta di opporre resistenza, si chiede se potrà mai tornare libero, se resterà cieco per sempre. L'esistenza che si prospetta per questa persona sarà misera e insignificante, una punizione per i peccati, un mero esistere dove l'unica possibilità sarà quella di espiare, forse, i propri peccati. Mentre questo sfortunato personaggio giacerà nel suo sonno, i demoni si impossesseranno della sua anima, condannandolo ad uno stato di angoscia e terrore perenne che diverrà la sua nuova forza di vita, una vita all'insegna della diffusione del male. Anche qui un altro argomento che in questo tipo di musica, specialmente nell'ambiente più underrated, troviamo abbastanza spesso; l'utilizzo di liriche così pregne di demoniaca presenza però, sono anche un omaggio forse alla parte più "doomica" a cui i Mindwars si rifanno, Black Sabbath in primis. Quelle formazioni che decisero di darsi ad un tipo di musica molto buia, contornata da testi esoterici e mistici, accordi ribassati e tutto il resto, le basi solide e granitiche su cui l'Heavy Metal poi ha preso piede.
Lies
Passiamo ora alla traccia successiva, intitolata semplicemente "Lies (Bugie)": per la prima volta in questo full ascoltiamo qualcosa che abbandona quei ritmi elevati e ossessivi ascoltati nelle prime due tracce, mostrando una vena più cupa e più influenzata dalle origini della musica Heavy Metal. Con una musicalità macabra e accattivante, la voce del vocalist diverrà anch'essa più cupa, e ascolteremo una continua alternanza fra questo tetro e cupo riff di minor velocità e uno più rapido e intenso, in cui la voce del vocalist sarà tendenzialmente più acuta. La parte più godibile di questa stupenda traccia è la sezione centrale, dove con melodia e puntualità il bellissimo assolo di Mike ci mostrerà ancora una volta come una delle caratteristiche della band sia effettivamente la presenza di musicalità e non di un Thrash "cattivo" ma privo di elementi melodici. Elementi melodici che qui sono vero e proprio elemento portante della traccia, una traccia che ci saprà far immergere nei riff e nelle loro emozione come sempre più di rado accade. Molto distaccata dai precedenti due episodi, specie il primo, qui i Mindwars prendono le distanze da quel Thrash Metal violento ma classico, mettendo in primo piano personalità e una grande voglia di interpretare a proprio modo un sound, cosa che emerge come un vero e proprio punto a favore di questo lavoro. Una voglia che viene fuori in quasi ogni nota spremuta nell'arco di questa traccia, quella sperimentazione così personale e priva di qualsivoglia avvicinamento a tematiche già sentite, fanno di questa manciata di minuti alcuni dei più interessanti di Sworn. Questo dimostra che gli anni di carriera che gravano sulle spalle dei membri, sono serviti a qualcosa; a voler superare in ogni modo i limiti imposti da un determinato filone, contaminando, macchiando e sporcando il proprio sound con elementi che vengono estrapolati dalle realtà più disparate (viene quasi in mente ciò che hanno fatto formazioni come i Coroner, o gli stessi Voivod). Questa traccia, in gran parte incentrata sul carattere della linea strumentale, possiede delle brevissime liriche di sole 8 righe. Questa parte testuale, tanto breve quanto intensa, parlano della transizione del protagonista verso la luce, una luce di piacere e benessere. Purtroppo, questa luce sembrerebbe interamente costruita sulle menzogne, che in un primo momento conforteranno l'uomo per poi farlo ritrovare a vivere quello che appare come un vero e proprio incubo, al punto che il protagonista implorerà di sparire, sentendosi trascinato via. Questa enigmatica parte lirica lascia certamente grande spazio alla libera interpretazione, unendosi perfettamente alla misteriosità ed evocatività del brano.
Twisted
Il nostro cammino prosegue con "Twisted (Ritorto)", quarta traccia di questo lavoro composto da 44 minuti complessivi di musica provenienti da 11 tracce. Sin dal suo battesimo, questa canzone mostrerà elementi provenienti dalle diverse tracce precedentemente ascoltate. Rapidissima, in certi momenti estrema (Roby si cimenta anche in un blast beat), la canzone nella sua velocità e spietatezza mostrerà tutta la sua melodia e musicalità, espressa travolta non solo tramite la linea vocale, ma anche la linea musicale: gli stessi riff infatti, nel loro essere caratterizzati da accenti estremi, sono dotati di una vera e propria melodia che funge da elemento portante di questo quarto episodio. La traccia mostra un continuo alternarsi fra un riff rapido e cattivo, ma musicale al tempo stesso, con uno ancor più estremo ed in blast beat. A questo scambio subentra nella parte finale della traccia lo sferzante assolo di Mike, tanto semplice e "basilare" quanto puntuale e opportuno. Una canzone compatta e completa, che fa della sua funzionalità e scorrevolezza le principali qualità; una specie di corroborante e violento intermezzo, che funge anche da ponte con quel che andremo ad ascoltare in seguito. Man mano che procediamo nell'ascolto del disco, abbiamo sempre più la netta sensazione che i Mindwars siano dei seriali divoratori di musica, esattamente come accadeva molti anni fa. Non che i gruppi odierni non ascoltino niente, il contrario, eppure da quel che carpiamo nelle tracce di Sworn, Mike e soci hanno una gamma di assimilazione e gusti assai variegata, che spazia dal metallo classico, specialmente di matrice inglese, al materiale proveniente da USA e Canada, fino ad addentrarsi in qualche piccola viscera estrema, senza esagerare.. In toto, questo pezzo ci conferma ancora una volta come la band sia ben caratterizzata da un proprio carattere e da un proprio sound. Il racconto di questo pezzo si incentra sulla tortura dell'anima e della mente, una tortura attuata dal diavolo per schiavizzare le proprie vittime. Il demonio, un tentatore, inviterà i potenziali obiettivi a seguirlo, facendo finte promesse e promettendo un regno di dominio. Il suo vero intento è quello del controllo, dell'instillare paura nelle proprie vittime per renderle proprie. La violenza certamente è uno di quei mezzi per ottenere questo controllo, così come la menzogna e la capacità di rendere schiave le anime delle proprie vittime. Queste vittime, nel momento in cui sarà troppo tardi, si renderanno conto di essere state sedotte dall'odio per credere a qualcosa che, per sempre, ha rubato la loro anima.
Helpless
E' il momento per noi di narrare della quinta traccia di questo full-length, intitolata "Helpless (Indifeso)". La canzone si aprirà con la presenza, per la prima volta in quest'album, di un arpeggio. Quest'ultimo, tetro ed in scala minore, sarà presto supportato dal distorto assolo chitarristico di Mike, seguito presto da una serie di secche plettrate che introducono la presenza del riff portante del brano. Questo riff, tanto bello quanto musicale, sarà robustamente coadiuvato dal doppio pedale di Roby, per poi essere seguito da un'evoluzione più rapida e classica dove la batteria passa a proporre un feroce tupa tupa. Nell'intenso lavoro ritmico, dove emerge anche il basso di Danny, il vocalist griderà con efficacia la strofa raggiungendo però durante il bellissimo ritornello il momento topico della traccia. Rispetto ai precedenti brani, qui l'assolo di chitarra svolge un compito di semplice collegamento fra il precedente ritornello e la successiva strofa, mostrandosi grezzo e scarno nella struttura e composizione, quanto utile al suo intento. Grazie alla bellezza della linea vocale e musicale in chiave melodica, questa traccia si mostra certamente come uno degli episodi più riusciti all'interno di questo full. Nella canzone, si svolge il racconto del protagonista che racconta dei suoi tentativi di aprire con sincerità la sua anima. Per tutta la sua vita, giorno dopo giorno, l'uomo ha cercato di confidarsi e partire alla ricerca della pace e della verità. Purtroppo, proprio come negli episodi precedenti, il finale non sarà dei più positivi: per colpa dell'avvento dell'oscurità il protagonista perderà la testa, implorando per una salvezza che in alcun modo arriverà. Incapace di ritrovarsi faccia a faccia con la verità, l'uomo si ritroverà come imprigionato in una gabbia, una gabbia da cui però la sua mente riuscirà a fuggire, scatenando un duello eterno fra "verità" e "follia"; è proprio questo duello che rappresenterà per lo sfortunato protagonista una lunga battaglia da vincere o da perdere, e che per sempre caratterizzerà quella che è la sua esistenza.
Scalp Bounty
Ci dedichiamo ora al sesto brano di questo lavoro, dal titolo di "Scalp Bounty (Cacciatore di Scalpi)"; come il nome della traccia già lascia intendere, ci prospettiamo a vivere una enorme suite di violento e classico Thrash Metal, come la vecchia scuola insegna. Dopo un urlo all'inizio del brano ed un riff introduttivo di media velocità, le nostre sensazione ci vengono confermate: siamo in presenza di una traccia veloce, forzuta e classica, dove l'aggressivo Thrash Old School incalza simultaneamente al tupa tupa batteristico e alla rauca e aggressiva voce di Mike. L'elemento melodico passa qui per la prima volta davvero in secondo piano, dal momento che questo pezzo fa leva sull'energia dei riff e la cattiveria di essi. Melodia sì in secondo piano, ma comunque presente: infatti il bellissimo bridge che conduce all'assolo ci riporta a quelle tematiche musicali gravi e cupe, ottime nella combinazione con l'acuto e sferzante assolo proprio per la diversità fra queste due parti, collegate efficacemente nonostante le differenze concettuali. Traccia velocissima e compatta, "Scalp Bounty" si mostra davvero un episodio spietato e interessante, che riesce nel suo intento di donare al full una rinnovata scarica di potenza sonora. Torniamo quindi ai magici '80, anni in cui il Thrash ha visto la propria luce, ed i Mindwars si fanno portavoce di quel ricordo andando a scavare sotto la cenere che covava ormai da molto tempo, ritmiche e dinamiche assai aggressive, unite ad una voce che si barcamena fra pulito e vetroso, creando un forte dinamismo e dualismo durante tutto l'ascolto. Le liriche di questa canzone ci parlano di una caccia attuata da alcuni malvagi personaggi dalla rossa pelle, descritti come il diavolo, prossimi a tagliare in due chiunque si abbandoni al sonno. Questi crudeli antagonisti collezionano scalpi, che vengono anche talvolta venduti a dei misteriosi acquirenti, e non viene fatta differenza durante questa caccia fra uomini, donne e bambini. Il loro obiettivo, apprendiamo dalle liriche, è quello di condurre la razza umana all'estinzione senza pietà alcuna. E' durante la notte che avviene questa caccia, una caccia spietata e amorale che porta a considerare il genere umano come semplici animali da sterminare; ed è proprio per questo che, questi malvagi soggetti, considerano le loro azioni malvagie come se non fossero un crimine.
Rest now (for Tomorrow Comes)
La nostra marcia prosegue con "Rest now (for Tomorrow Comes) (Riposa Ora per l'arrivo del Domani)": questo pezzo cattura dal primo istante la nostra attenzione per le sue influenze doom, unite a schemi thrash in una maniera sapiente e originale. Per giungere a tale ibrido, la voce del vocalist si fa più grave e gutturale, i riff possiedono una ritmica cadenzata e coinvolgente, le melodie musicali sono allo stesso tempo potenti ed oscure. E' a metà traccia che il brano accelera per la prima volta su buoni ritmi, con tutto il lavoro in alternate picking tipico del Thrash Metal, ma con il mantenimento delle melodie oscure già introdotte nelle prime battute. Ottimo qui il suono in fase di produzione della batteria di Roby, con il suono molto esplosivo del rullante che in particolare contribuisce a dare la giusta potenza e il giusto impatto sonoro a delle parti strumentali che fanno della loro bellissima musicalità una delle prime caratteristiche. Per la prima volta in questo full, qui l'assolo di chitarra si prende grandi responsabilità, svolgendo un compito non solo funzionale ma davvero musicale a 360°: essendo sia più studiato che più musicale, e adempiendo anche al fardello di chiudere la traccia, il solo di chitarra è indubbiamente fra i migliori del full. Come anche la traccia, che ancora una volta ci conferma la grande qualità di questo full; forse qui ci troviamo fra i più classici esempi di canzone che si piazza direttamente "in medias res" per quanto riguarda le influenze della band stessa. Sentiamo infatti si quella matrice Thrash che ormai non vuole abbandonarci da quando abbiamo premuto "play" sul nostro stereo, ma allo stesso tempo sentiamo anche delle influenze che provengono da un mondo nettamente più classico e più lontano nel tempo, sia dalla parte albionica, ma anche teutonica ed europea in generale. Il tutto senza dimenticare un pizzico di US style, vista l'origine del fondatore, ed infatti le influenze a stelle e strisce ricoprono principalmente la parte californiana del genere. Nelle liriche un uomo racconta di aver camminato su sentieri innevati, di essere andato su percorsi che nessun uomo ha mai visto, per poi essere posseduto da dei malvagi demoni. Il richiamo dell'oscurità è forte e vibrante, e richiama all'appello tutti coloro che sono in grado di udirlo. Il protagonista di questo brano non intende tuttavia arrendersi, ma anzi richiama all'appello più persone possibili per affrontare i demoni in una battaglia; in questo conflitto, armati di spade e coraggio, si combatterà per una volta per tutte contro queste forze del male. Il racconto finisce con lo scontro che divampa, scontro il cui esito è sconosciuto, ma che certamente porterà molte vittime a cadere nel combattimento per la propria libertà.
No Voice
L'episodio successivo è l'ottavo, intitolato "No Voice (Nessuna Voce)": qui si ritorna come "Scalp Bounty" agli schemi classici del genere, in cui la melodia si fa da parte per ritmiche standard e taglienti. Questo brano, il più breve del full con una durata inferiore ai 3 minuti, mostra una grande voglia di non abbandonare il sound tipico del Thrash ottantiano che tanto si ama, senza però dimenticarsi di fonderlo con quel sound tetro che è elemento tipico della band. E' proprio questa una grandissima qualità dei Mindwars, come diremo in fase di chiusura recensione: quella di riuscire ad unire in un certo modo due differenti tipologie di sound. La grande positività di ciò emerge più che mai in questa traccia che, pur essendo classica e se vogliamo "poco innovativa", non abbandona in certi brevissimi frangenti quello che è il malvagio sound della band, che come detto in brevi frangenti sembra davvero affacciarsi alla scena doom. Detto questo, c'è da dire che questa traccia più che un vero e proprio assolo possiede un bridge a metà traccia che collega nel migliore dei modi la sezione più thrash e classica con le suddette tematiche macabre, che dopo pochi secondi reintroducono il riff portante del brano. Nel brano si parla di un gruppo di assassini che lavorano per denaro, nascondendosi dietro la scienza per svolgere dei misteriosi test in grado di togliere la vita a centinaia di migliaia di persone. Durante queste malvagie pratiche, costoro non provano alcuno scrupolo di coscienza. Tutto ciò per il Dio denaro, che tutto corrompe e distrugge. Nel corso della canzone apprendiamo che questi malvagi personaggi utilizzano elementi chimici e dannosi, utilizzano tossine e ricercano metodi di sterminio il più efficienti possibile. Sembrerebbe infatti che, più siano le vittime, più gli introiti per questi sconosciuti scienziati del terrore. Costoro ambiscono a guidare il mondo sotto il loro dominio, a possederlo come una macchina genera infiniti profitti e guadagni per coloro che hanno la fortuna di ottenerne il comando. Tonriamo quindi nuovamente ad un argomento molto caro al Thrash Metal, la guerra chimica. Soprattutto quell'alone di tossico su cui band hanno, ad esempio, costruito un'intera carriera (si veda la voce Nuclear Assault/Sacred Reich). Molti spesso si chiedono il perché della scelta di determinati argomenti, e la risposta è da ricercarsi nelle radici stesse del genere; la matrice Hardcore del Thrash infatti, portò e porta ancora ai propri astanti una serie di critiche, analisi e cinismo sociale che permeano i testi e la composizione degli stessi, soprattutto con argomenti riguardanti guerra, olocausto nucleare, ma anche ecologia, futuro e prevenzione, tutti mischiati con la violenza sonora della musica.
Prophecy
La nona traccia di questo finora ottimo full si intitola "Prophecy (Profezia)": aperta in maniera psichedelica, la band ci immerge in una seria di misteriosi suoni coadiuvati da una voce pulita. Ogni dettaglio è qui studiato al meglio in fase di produzione, e proposto dalla band con grande saggezza e savoir-faire. Al termine della prima parte di questa misteriosa introduzione, ecco che ascoltiamo, sempre in clean, la sezione portante di questa canzone, di cui comprendiamo melodia e fattura. Con qualche influenza progressive metal, la traccia si mostra criptica ed enigmatica anche durante lo svolgimento della sezione centrale, che vede la parte più melodica e misteriosa in pulito alternarsi all'aggressivo riff distorto su cui la tagliente voce di Mike si erge imperiosa. Su questa alternanza si solleva il velocissimo assolo di chitarra di Mike, che sulle sferzanti scale conduce al re-ingresso della linea vocale con la strofa; si rivela una traccia ottima nonostante le poche variazioni. Eccellente anche la scelta sulla chiusura della traccia, che in maniera classica ma efficace ripropone ancora una volta l'alternarsi della parte pulita e misteriosa all'aggressivo riff. Nel racconto demoni e dragoni sono alla ricerca di vittime, manipolando i pensieri incoscienti e trasformando la realtà delle vittime in un monocromatico grigio. Questi esseri sono l'incarnazione del male, portatori di menzogne e avidità, messaggeri del male che volano attraverso i cieli con il fine di distruggere l'umanità; essi assecondano i desideri, seducono con le bugie, per poi riprendersi molto più del nulla che hanno promesso. Così, cavalcando i piaceri e la lussuria, nel momento in cui il sole tramonterà verrà il richiamo della morte, una morte venuta per portare con sé le anime di coloro che hanno ceduto a questi esseri malvagi, che costruiscono i loro castelli su ciò che altro non sarà che pianti e paura. Un'altra volta i nostri italo/americani ci deliziano con testi pregni di malvagità demoniaca, andando a risvegliare il sonno dei demoni; argomenti che come abbiamo già detto sono ed erano molto cari al Metal primordiale, ma che qui, grazie alla sapiente lavorazione di Mike e Roby, riescono a trovare il proprio terreno fertile e ad incastrarsi perfettamente con la musica che viene passata.
Release Me
Questo evocativo episodio di valore è seguito dalla decima traccia, intitolata "Release Me (Rilasciami)": qui si torna subito su accenti fortemente "metallari", con il ruggito dell'alternate picking di Mike che simultaneamente ai secchi colpi della batteria di Roby ci dona un riff potente ed espressivo. Su ritmi medi si evolve l'introduzione della traccia, dove la cooperazione fra i vari strumenti si porta al centro di tutto. Poco ci vorrà tuttavia per l'avvio della strofa, dove la velocità e l'aggressività più classiche e genuine torneranno ad irrompere simultaneamente alla voce del vocalist. Come era in precedenza accaduto, la melodia qui torna a farsi da parte, per il più puro esempio di Thrash Metal alla vecchia maniera. L'assolo di chitarra sarà grezzo e anch'esso caratterizzato da toni classici e aggressivi, ruotando intorno ad una velocità elevata che ne accentua incisività e potenza. Tramite il ruggente tupa tupa di Roby emerge la voce di Mike, qui cattiva più che mai, e che persegue il puro scopo di donare alla traccia il massimo livello di potenza possibile. Per la prima volta sono completamente assenti sia i temi macabri e criptici, sia quelli più originali e imprevedibili che avevano caratterizzato la prima parte del full, ad eccezione dell'iniziale title track. Insomma, si ritorna sulla vera essenza della musica anni '80 prima di introdurre l'ultima traccia del lavoro; con qualche piccola scivolata verso l'estremo, la traccia numero dieci si rivela per essere la più old school di tutto Sworn to Society. I Mindwars qui hanno letteralmente preso d'assedio le proprie influenze, soprattutto i propri gusti, e li hanno mesi sotto forma di musica. Il risultato è una collezione di schiaffi e calci in bocca anfibiati che spaccano i denti al primo colpo, coadiuvati dal buon Mark che come un imponente e nerboruto direttore orchestra questa danza di morte. In questa traccia il demonio possiede il potere di leggere nella mente delle sue vittime, donando ciò che più esse desiderano e promettendo la sparizione di ogni sofferenza e dolore. Il prezzo da pagare è la cessione della propria anima, un cammino che condurrà verso l'inferno l'ignaro cedente. La promessa della verità, la promessa del potere, la promessa della conoscenza infinita sono tutti mezzi adoperati per portare la potenziale vittima ad assecondare i malvagi progetti del diavolo. Il demonio desidera essere adorato, desidera schiavi, desidera manipolare i pensieri delle persone per gioco. Tutto ciò ha la finalità di ingrandire il suo regno, di renderlo più potente e di donargli, sostanzialmente, dei nuovi passatempo.
Transporting
L'undicesimo episodio del full, capitolo finale, è la strumentale intitolata "Transporting": non ci troviamo tuttavia dinanzi a una di quelle tracce monumentali, ma ci apprestiamo ad ascoltare una semplice e propositiva strumentale della durata di 4 minuti circa. Dopo uno strano intro di pochi secondi composto di suoni e ticchettii, la canzone ci conduce ad un cupo arpeggio, dove la batteria funge da mero accompagnamento: davvero molto apprezzabile questo passaggio. Durante questa sezione misteriosa vi è anche la presenza di una voce narrante, voce che appoggia come in crescendo i suoni che accompagnano l'arpeggio. Ecco che, dopo un minuto e trenta di introspezione, parte l'attacco distorto della traccia. Su ritmi irregolari, la batteria di Roby appoggia il musicale riff di Mike, che riesce a essere straordinariamente potente ed espressivo al tempo stesso. E' su questa ritmica che si evolverà l'assolo, qui davvero molto studiato e ben organizzato e diviso in due parti: la prima, più melodica e introduttiva, esalta l'attitudine più musicale della traccia mentre la seconda, più rapida e aggressiva, ne mette in evidenza l'anima più aggressiva. La grandissima capacità di questa strumentale è indubbiamente quella di riuscire, praticamente con un unico riff, a mostrarsi sempre movimentata e fresca all'ascolto: questo è possibile sia grazie agli arrangiamenti, specie batteristici, che sostengono l'elemento portante, ovvero la sei corde di Mike, sia grazie all'irregolarità e le evoluzioni della melodia. Ovviamente, ciò non sarebbe possibile se il riff continuo di questo brano non fosse di grande valore, cosa che invece fortunatamente abbiamo la possibilità di constatare. Una scelta di carattere, quella di concludere il lavoro con una strumentale, scelta che a mia opinione si è rivelata vincente. Un ottimo modo di concludere un full lenght, ed una scelta che nel corso della storia è stata presa da decine di altre band nell'ambito Thrash e non solo. Posizionare come suggello del disco stesso una suite strumentale, da modo all'ascoltatore, dopo le percosse subite dall'unione con la linea vocale, di apprezzare in pieno lo stile e l'abilità dei componenti (che ricordiamo, riescono a generare un discreto turbine di violenza pur potendo contare su una sola sei corde invece che due come siamo abituati solitamente), ed anche una specie di "amaro digestivo" che ci traghetta verso il solco più interno del disco, prima del silenzio più totale. Traccia dalle linee interessanti, Trainsporting offre svariati spunti per capire ancor meglio quali siano i tasselli che i Mindwars hanno voluto inserire in questo secondo album, togliendo un po' di polvere rimasta nel primo disco, ed andando dritti come fusi al punto.
Conclusioni
E' importante soffermarsi su diversi punti, prima di giungere alla discussione del voto finale. Per incominciare, me la sento di consigliare assolutamente l'ascolto di questo lavoro agli amanti del genere, che potranno ritrovare elementi di grande interesse forse anche inaspettati. Il valore dei riff è assolutamente degno di nota, e sembra aumentare con il passare dei minuti di questo disco, dunque date a questo "Sworn to Secrecy" una possibilità. Detto questo, ciò che davvero mi ha colpito in questo lavoro è la ricerca di un sound, cosa sempre più rara di questi tempi. La band non si limita infatti a proporci un Thrash Metal di "medio valore" e privo di spunti degni di nota, ma mostra invece buone capacità di leggere il genere in chiave propria senza alterarne la qualità. Il vero e proprio passo in avanti per i Mindwars sarà quello di proseguire un percorso già intrapreso: riuscire a ideare uno stile perfettamente ibrido fra i due sound presenti nelle loro canzoni, costruendo tracce che riescono eccellentemente ad integrare i due generi sotto un'anima sola. Molte thrash band che provano ad introdurre un proprio sound, commettono l'errore di donarci album formati da tracce metà "classiche" metà "caratteristiche". La grande qualità di questi Mindwars è proprio stata quella di cominciare a provare, all'interno delle singole tracce, ad unire i due stili. Questo è un qualcosa che davvero cattura la mia attenzione, sebbene ritengo che il processo sia ancora a metà: è eliminando quelle tracce più standard come "Release Me" che secondo me questo ottimo complesso potrà compiere il definitivo salto di qualità, riuscendo a migliorare sotto ogni punto di vista l'unione fra i due tipi di sound presenti all'interno della loro musica. Ho deciso dunque di assegnare un 8 a questo lavoro, che davvero merita questo per la grande intraprendenza presente in questa musica. Personalmente, non mi perderò più un loro lavoro, dal momento che il loro percorso mi suscita una enorme curiosità. Solitamente prediligo questo genere in chiave differente, ovvero con la presenza di due chitarre e di una maggiore solidità di sound. I Mindwars si mostrano invece molto solidi per un trio, appassionando per il loro grande spirito d'iniziativa. Unica piccola pecca forse le liriche, magari un po' monotematiche, dopo qualche traccia sembrava davvero di leggere sempre il medesimo racconto. Ad ogni modo, parliamoci chiaro, si tratta di dettagli per un lavoro che davvero si mostra di spessore assoluto e anni luce superiore rispetto a molte altre band dell'odierno panorama Thrash Metal. Bellissimo anche l'artwork, che riflette alla grande le tematiche trattate durante il full. Qui un uomo si ritrova in un ambiente cupo, e si riflette di fronte ad uno specchio. Fra strani e macabri simboli ed una grande suggestività, il riflesso di questa persona appare bendato, posseduto come un burattino da una strana croce, mentre in primo piano vi sono due mani che si stringono, presumibilmente dall'abbigliamento appartenenti a due politici. Che dire, resterò aggiornatissimo su questi Mindwars e spero di condividerci ogni tipo di esperienza, aspettandoli dal vivo dalle mie parti.
2) Cradle to Grave
3) Lies
4) Twisted
5) Helpless
6) Scalp Bounty
7) Rest now (for Tomorrow Comes)
8) No Voice
9) Prophecy
10) Release Me
11) Transporting