MATTEO BRIGO
It Works!
2016 - independent

SIMONE D'ANGELO SERICOLA
22/06/2016











Introduzione Recensione
Matteo Brigo è un chitarrista italiano, che già in giovanissima età si innamora della chitarra, passando ore ed ore sullo strumento. Ben presto decide di implementare la pratica con la teoria, ed infatti consegue la Laurea all'Università degli Studi di Padova, in Discipline dell'Arte, della Musica e dello Spettacolo. Entra quindi a far parte della Rock band Mieutica nel 2009, gruppo con all'attivo due album: "Logos", pubblicato nel 2012 e "R.E.S.", del 2016. In entrambi i lavori il chitarrista riveste il ruolo di compositore ed arrangiatore. I due dischi ricevono una buona accoglienza ed il gruppo è invitato di conseguenza ad esibirsi su prestigiosi palchi italiani. Come se non bastasse, Brigo affianca all'attività con il gruppo quella di docente di chitarra e di musicoterapeuta in centri per disabili, impieghi assai delicati e meritevoli di sicura stima ed apprezzamento. Inevitabilmente, come molti prima di lui, ad un certo punto il Nostro sente forte l'impulso di esprimere le sue conoscenze tecniche e teoriche in un lavoro solista; e lo fa attraverso un concept alla maniera dei Camel di "The Snow Goose", nel senso che il disco è completamente strumentale. La differenza è data dal fatto che ad emergere è, ovviamente, la chitarra. Il nostro è un amante degli Shredders del periodo aureo del Metal / Hard Rock e non nasconde affatto la sua ammirazione in particolare per due dei più influenti Guitar Heroes della storia, ovvero Joe Satriani e Steve Vai. Non è difficile infatti ravvisare nel guitar playing di Matteo passaggi riconducibili ai succitati Maestri, sia a livello di linea melodica sia a livello di "bizzarie" tipiche di un Vai, per esempio. Con l'aggiunta, a parer mio, di passaggi dal sapore vagamente Progressive, che donano alle sue composizioni soluzioni di più ampio respiro. Due parole innanzi tutto sul concept ideato da Matteo nonché oggetto dell'odierna disamina track by track, dal titolo "It Works!". Grande appassionato, oltre che di chitarra, di fumetti, film, ed in generale l'atmosfera che si respirava negli anni '80, il Nostro chitarrista ci propone una storia ironica che ruota attorno alla figura di un folle scienziato (già dal titolo non possiamo non pensare al famosissimo "si può fare!!" del personaggio Frederik Frankenstein, protagonista della pellicola "Frankenstein Junior"). Il quale, rintanato nel suo laboratorio, ha deciso di tentare un esperimento senza precedenti: la creazione di una chitarra dotata di vita, di una propria volontà. L'esperimento ha successo, e da subito la chitarra ed il suo creatore diventano grandi amici, al punto da iniziare ad ideare insieme nuovi esperimenti, fino alla realizzazione di una macchina del tempo; la quale, proprio come la celeberrima "Delorean"apparsa nella famosissima saga di "Ritorno al futuro" (di cui Matteo si dichiara grande appassionato), sarà fonte di avventure e situazioni paradossali per i due protagonisti. La squadra che supporta il chitarrista è composta da Luca Serasin al basso, anche lui già membro dei Maieutica, Alessandro Arcolin alla batteria, giovane ma già dotato musicista, ed infine, anche se non su tutti i brani, Marco Zago alle tastiere, uno di quei musicisti capaci di trovarsi a proprio agio in ogni genere musicale, dal momento che come session-man ha prestato la sua opera tanto alla pop-dance di Alexia che all'operato di Daniele Liverani, conosciuto per essere stato fra i membri fondatori della Progressive Metal band emiliana degli Empty Tremor. E' lo stesso chitarrista ad occuparsi della produzione, nonché, oltre, delle keys programming. L'album è stato registrato, mixato e masterizzato negli "At the Cube Studios" da un personaggio già noto al mondo Metal, e cioè Alex De Rosso, conosciuto per essere il chitarrista italiano che prese il posto che fu di George Lynch nei Dokken quando lo storico axeman abbandonò il gruppo. Lo stesso De Rosso affianca Matteo Brigo in qualità di co-produttore. L'artwork del disco è invece curato da Flaminia Spinelli, fumettista e disegnatrice, già vincitrice, con il Gruppo Level up, del premio Lucca Comics 2014. Alla copertina si affiancano quindi delle illustrazioni, nel libretto, perfettamente in linea con l'atmosfera trasmessa dalla musica del nostro. Un mix di talento ed estrosità, di tecnica ma anche di poliedrica "pazzia". Quella naturalmente buona, propria di ogni artista libero da preconcetti ma soprattutto appassionato ed amante del suo strumento. Matteo è esattamente un musicista di tale risma: un ragazzo che vuole esprimersi al meglio delle sue possibilità, al contempo mostrando al pubblico un'ampia sfera di sue passioni ed interessi, non solamente musicali. Interessi, comunque, che per forza di cose vengono riversati lungo le note che ora ci apprestiamo ad ascoltare. Avviamo, quindi, la nostra analisi track by track di questo "It Works!".

Kaboom - The big bang of our story. Everything starts here
"Kaboom - The big bang of our story. Everything starts here (Boom! Il principio: tutto comincia da qui)", la prima traccia, si apre con un riff non lineare, direi quasi dinamico, con quel tocco leggermente progressivo di cui dicevo più su. Anche il tipo di note eseguite sembra confermare questo aspetto, e denota una caratteristica diffusa fra gli Shredders post-eighties, cioè la realizzazione di album non "fossilizzati" su di un unico stile, ma caratterizzati da un crossover fra vari generi musicali. Subito la chitarra solista esordisce con un bel tema, molto melodico, e procede sorretta dagli altri strumenti sempre con il ritmo dinamico di apertura, che però ora è reso più robusto grazie all'ingresso di una chitarra ritmica in power chords. La linea melodica tessuta dalla chitarra solista risulta essere efficace ed originale. Il tema cambia leggermente per un attimo, consentendoci di gustare due chitarre armonizzate, ed è proprio in questo punto che ci possiamo rendere conto della scelta azzeccata dei suoni, in particolare; ma è anche normale che sia così, per quanto riguarda la chitarra. Dopo questo piccolo cambiamento torna la linea melodica precedente che però questa volta subisce un'accelerazione nel finale, quasi una fuga, per tornare poi leggermente modificato nel tono, con un tocco più "drammatico". Una composizione di ampio respiro, non necessariamente legata e condizionata dallo schema della forma-canzone. Ecco di nuovo le chitarre armonizzate, poi il tema si chiude con un rapidissimo fraseggio di tapping, seguito da un primo breve assolo di chitarra. Il ritmo rallenta, ma è un attimo prima che subisca un'altra brusca accelerazione sovrastata da un bellissimo assolo alla sei corde. Benché Matteo indichi fra le sue principali influenze Vai, Satriani e Frank Zappa, fino a qui, a mio modesto parere, è possibile individuare nella costruzione del brano anche un leggero tocco alla Jeff Kollman dello stupendo "Into the unknown". L'assolo termina nella riproposizione del tema iniziale che ci guida verso un altro assolo di chitarra, il quale a sua volta sfocia nella riproposizione del tema portante. A questo punto un brevissimo break dominato dalle tastiere, ma è un attimo, perché questo momento di calma precede una nuova accelerazione in cui tutti gli strumenti intensificano il ritmo e la chitarra parte libera in un altro bellissimo e tecnico assolo, che si chiude ancora con il tema portante che, sorpresa, questa volta ci guida verso una parte leggermente neoclassica e di nuovo più veloce, dando prova di come il Brigo riesca a passare con naturalezza da soluzioni più jazzate a fughe classicheggianti. Questo è anche il punto in cui si inserisce il duello chitarra-tastiere, con i due strumenti che si rincorrono (con fare malmsteeniano), duello al termine del quale abbiamo la ripetizione della sezione neoclassica. Ancora uno stop di tutti gli strumenti che poi, insieme, ripartono con la riproposizione del tema iniziale fino alla conclusione secca della traccia.

Great Scott - A brilliant idea. It's time to get to work
Un bel fraseggio di pianoforte apre la seconda traccia, "Great Scott - A brilliant idea. It's time to get to work (Great Scott, la grande idea. E' tempo di mettersi al lavoro)"; fraseggio presto seguito dalla parte ritmica, la quale giunge subitamente. Una sezione in cui spicca il lavoro frizzante della chitarra. Si inserisce quindi la chitarra solista con un riff in cui si avverte evidente l'influenza del maestro Joe Satriani, anche come scelta dei suoni: infatti l'atmosfera è riconducibile al periodo "Surfing with the Alien", uno degli indiscussi capolavori del chitarrista statunitense. Il tutto si ripete una seconda volta, al termine della quale il ritmo si fa più lineare, cosa che si nota soprattutto per quanto riguarda la batteria che assesta colpi più decisi. L'assolo, pur essendo lungo, non è una semplice dimostrazione di tecnica, ma è frizzante e "colorato" e ci permette di percepire più sapori. Ulteriore prova di quanto Matteo tenga al fatto che la sua musica suoni vivace e personale, mai banale o comunque troppo "accademica". La tecnica è certamente importante, ma deve sempre essere propedeutica alla voglia di creare dell'Arte, di emozionare il pubblico, donandogli qualcosa. Un concetto perfettamente interiorizzato dal nostro Brigo, il quale sembra davvero divertirsi un mondo, nel suonare i suoi brani. Elemento che gioca assolutamente a suo favore, che rende bello ma soprattutto convincente l'andamento della traccia. Tornando all'analisi più prettamente musicale, all'assolo segue dunque un break, con il pianoforte in evidenza che ripete il fraseggio introduttivo e poi ancora il riff di chitarra sostenuto dalla ritmica iniziale fino alla fine, caratterizzata dalla ripetizione dell'introduzione con gli altri strumenti che ne sottolineano gli accenti.

In the lab - A new wired experiment
"In the lab - A new wired experiment (Nel Laboratorio: un nuovo folle esperimento)", la terza traccia, è un breve brano con una originale linea melodica ben concepita, al punto tale che riesce quasi a trasmettereuna irresistibile voglia di ballare, tanto risulta essere trascinante e musicale. Le tastiere creano atmosfera in sottofondo tenendo note lunghe, basso e batteria creano un'efficacissima base ritmica su cui la chitarra è libera di sfogarsi con un tema molto dolce e gioioso che ogni tanto subisce delle improvvise impennate, come nel caso del veloce fraseggio che chiude la prima "strofa", al termine della quale ci viene presentato un breve assolo. Si ripete il tema portante prima che a circa la metà del brano tutti gli strumenti subiscano un'accelerazione, soprattutto si nota il ritmo più incalzante della batteria. Qui la chitarra solista non ci presenta un vero e proprio assolo, ma piuttosto una divagazione dal tema principale, sempre eseguita con gran gusto. Dopo una brevissima pausa, con le tastiere che mantengono l'atmosfera che hanno tenuto per tutto il pezzo, si ripete il tema portante fino alla fine. Un momento più breve d'altri ma comunque divertente e particolare, che rafforza quanto già detto nell'analisi della precedente track: Matteo è padrone del suo mondo e tanto è il divertimento che prova, imbracciando la sua chitarra e dipingendo dinnanzi ai nostri occhi le immagini del suo alterego, intento a dar vita alla sua chitarra animata.

It works! - It's alive!
In "It works! - It's alive! (Funziona! E' viva!)" il ritmo si fa più Rock, con la chitarra ritmica che si produce in power chords, mentre gli altri strumenti si limitano ad accompagnare con un ritmo lineare, e torna a farsi sentire lo stile di Satriani nella costruzione del brano. La linea melodica della chitarra solista è bellissima ed estremamente coinvolgente, tanto da far nascere nell'ascoltatore la voglia di cantare, soprattutto nel punto che funge da "refrain", nonostante si tratti di uno strumentale. Qua e là si possono ascoltare dei "giochi", dei particolari accorgimenti che ci danno la misura della solida preparazione di Matteo e di come egli padroneggi il suo strumento. La linea melodica si ripete per una seconda volta e la melodia sgorga libera dalla sei corde e dalle dita dell'artista. Ad un certo punto, introdotta da una batteria marziale, l'atmosfera si fa un po' più cupa, la linea melodica cambia leggermente di tono, ma è un attimo perché il ritmo precedente riprende sovrastato da un rapido fraseggio, al termine del quale parte, come in risposta, un'altra breve linea di chitarra con una bella melodia, terminata la quale la riproposizione del tema portante ci guida verso la fine. Brano bellissimo che ci fornisce la dimostrazione del fatto che Brigo, pur dotato di una tecnica impeccabile, preferisca non ecceder in barocchismi, rimanendo sempre e comunque ben saldo sul suo principio di particolarismo espressivo. Principi che la tecnica aiuta ma che mai sottomette, anzi. L'espressività e la voglia di comunicare qualcosa che non sia solo "perfezionismo" sono effettivamente molte, e possiamo dunque lodare questo lato musicale della personalità artistica di Matteo.

Abnormal - It's a strange creature but we love it!
Con "Abnormal - It's a strange creature but we love it! (Non è normale.. è una creatura bizzarra, ma le vogliamo bene!)", la quinta traccia, l'atmosfera di allegria ed ironia che ha caratterizzato fin qui l'album viene accantonata per un attimo. Le tastiere, che si limitano a tenere note lunghe, suonano infatti quasi minacciose, la chitarra ritmica ci offre un arpeggio raggelante, mentre la sezione ritmica è essenziale. La linea melodica della chitarra solista si inserisce con un fraseggio in cui possiamo ascoltare una più marcata influenza alla Steve Vai; la sequenza di note, infatti, porta alla mente le trovate armoniche del maestro italo-americano. Il fraseggio si compone di due sezioni, una più cupe ed una seconda che si concede qualche apertura più melodica. Quando inizia la seconda strofa, la chitarra ritmica dà più corpo alla base creata dalle tastiere suonando gli stessi accordi lunghi in distorsione. Abbiamo quindi la ripetizione della strofa, al termine della quale il ritmo cambia leggermente e ci viene presentato un assolo di chitarra, che pur nella sua brevità ci dà ulteriore misura della bravura del nostro axeman. Poi si torna alla ripetizione della seconda strofa, in cui il fraseggio di chitarra viene rieseguito e leggermente rivisitato, fino al termine. Uno dei brani più intensi di tutto il platter, nonché una piacevole variazione sul tema, in cui Matteo ci svela ancora una volta soluzioni particolari e per nulla scontate. Un bel passaggio da questa a quella prospettiva, che dà colore (pur suonando, il brano, per certi versi "cupo") ad un disco sino ad ora suonato benissimo e dimostratosi assolutamente all'altezza della situazione.

To the time machine: Let's start a journey to the future (or past?)
Quando parte "To the time machine: Let's start a journey to the future (or past?) - Alla Macchina del Tempo! Iniziamo un viaggio verso il futuro (o verso il passato?)", si torna all'Hard Rock ed ai ritmi più veloci. Il riff di chitarra che introduce il brano (mentre gli altri strumenti sottolineano gli accenti) è all'inizio più serioso, ma quando il tutto prende il via, con un ritmo più serrato, muta in un'esplosione di melodia che convive alla grande con la tecnica dispensata ed è un'autentica sorpresa dopo l'altra; perché quando sembra che il brano abbia già espresso un'apertura melodica, eccone un'altra ancora. Belle, inoltre, le chitarre armonizzate nella ripetizione del tema portante. A circa tre quarti del pezzo, l'ulteriore "stramberia" (si intenda il termine nel senso di trovata geniale e, in un certo senso, spiazzante): una sezione jazzata, con una batteria più dinamica e fraseggio di chitarra perfettamente in linea con il mood del break, al termine del quale si torna alla velocità; viene infatti riproposto il ritmo Hard Rock accompagnato, fino alla fine, dal riff della chitarra solista con una linea melodica leggermente diversificata. Matteo sembra essere venuto al mondo già con la chitarra fra le mani, questa è la mia impressione. E non posso che confermare, anche questa volta, quanto di buono ho già detto lungo questo percorso. Davvero dei brani ben costruiti ed a tratti sorprendenti, incredibilmente ben congeniati. Soluzioni tipiche di chi ama il suo strumento e riesce, tramite esso, ad esprimere la sua interiorità. Senza filtri o barriere.

Murder, they wrote - Someone set up a trap!
"Murder, they wrote - Someone set up a trap! ('Omicidio', hanno scritto. Qualcuno ha teso una trappola!)", è un altro brano spiazzante. Il tema è da Musica Classica e volutamente retrò, cosa che viene suggerita anche da un particolare rumore di sottofondo: quello di una puntina da giradischi poggiata appunto su di un disco in vinile in esecuzione. Le orchestrazioni, a cura di Marco Zago, sono azzeccate e di grande gusto, le tastiere dominano nel conferire al tutto un'atmosfera da concerto classico, e particolarmente bello è il crescendo che possiamo udire prima che inizi la sezione in cui si inserisce la chitarra con la sua bella linea melodica la quale poggia su una sezione ritmica essenziale di basso e batteria, mentre sotto le tastiere tessono trame intriganti. A circa metà brano una lieve accelerazione in cui Matteo ci presenta un altro gustoso assolo caratterizzato da fluidità, oltre che ottima inventiva. La genialità in meno di due minuti!

Multidimensional scaling - The perfect escape plan
"Multidimensional scaling - The perfect escape plan (Scalata multidimensionale: un perfetto piano di fuga)", traccia numero otto, ci riporta su binari Hard Rock. I ritmi si fanno più cadenzati, la parte ritmica è ben eseguita dagli strumenti, ben calibrata la distorsione della chitarra ritmica che risulta non troppo invadente, così da non sovrastare il contributo degli altri componenti. Il riff della solista è caldo e melodico, e posso con certezza affermare il fatto che la particolarità del brano consista, senza dubbio, nel fatto che esso funzionerebbe alla grande anche se prevedesse una linea vocale. Il riff si ripete, con l'unica differenza, però, che la linea melodica della seconda strofa viene leggermente diversificata e chiusa con chitarre armonizzate. Ancora una volta parte il riff iniziale, solo che all'improvviso c'è un cambio di ritmo su cui si inserisce un assolo di chitarra molto espressivo, con un uso intelligente dell'effetto eco. Dopo le ultime velocissime plettrate dell'assolo, ecco ripartire la sezione di chiusura della seconda strofa, quella con le chitarre armonizzate, con la differenza che la sezione è più lunga ed un po' rivisitata, dal momento che spunta qua e là una terza linea di chitarra. Il finale è costituito da una serie di plettrate tutte su una stessa nota che si arrestano con un colpo secco insieme a tutti gli altri strumenti.

Super paradox combo - We made it. But something curious happened
"Super paradox combo - We made it. But something curious happened (Un superinsieme di paradossi: ce l'abbiamo fatta, ma è accaduto qualcosa di strano)" è in assoluto il primo brano del disco che ho avuto la possibilità di ascoltare, e già da quel primo ascolto mi fece una buona impressione riguardo alle capacità dell'artista in questione, oltre a darmi un'idea dell'atmosfera e dello stile dell'intero lavoro. Strutturalmente non è particolarmente complesso, in quanto caratterizzato dalla ripetizione del tema portante senza la presenza di un vero assolo, ma con le modulazioni di Matteo nelle riproposizioni del riff per renderlo meno monotono. Nuovamente Hard Rock, ma con una connotazione di maggior "follia" rispetto ai precedenti, il brano si apre con una ritmica serrata, e con un lavoro non eccessivamente dinamico degli altri strumenti . Il riff è molto musicale ed ancora una volta riporta alla mente il Satriani dell'era "Surfing with the Alien". Nella parte di riff che fungerebbe da refrain, se ci fosse una parte vocale, l'apertura melodica è stupefacente ed ancora una volta si avverte l'impulso di cantare. Questa prima sezione si chiude con tutti gli strumenti che all'unisono, per due volte, seguono la chitarra. Si riparte quindi con la ritmica serrata di apertura e con il riff e con la ripetizione della linea melodica portante, di nuovo fino al punto in cui tutti gli strumenti seguono la chitarra, e da qui segue una parte in cui il nostro Matteo è abile a creare una tensione crescente con lo stesso effetto che si potrebbe ascoltare in "Crushing Day". Il finale è affidato alla melodia del refrain che ci guida alla chiusura secca del brano.

Who knows - To be continued
In ultimo "Who knows - To be continued (Continua.. chi lo sa?)", una traccia d'atmosfera ed anche la più complessa dal punto di vista strutturale, dal respiro Progressive, con vari cambi di umore. L'inizio è affidato a note lunghe di tastiera ed un delicato arpeggio di chitarra. Man mano si inserisce una bella melodia di pianoforte, subito seguita da singole note di chitarra eseguite alzando ed abbassando con sapienza il volume. La sensazione è di dolcezza, fino a quando interviene il primo dei succitati cambi di umore, rappresentato da un riff di chitarra che all'improvviso sposta tutto leggermente più sulla malinconia. Nemmeno il tempo di adattarsi al nuovo tono che subito interviene un altro cambiamento: la ritmica diviene più dinamica, qua e là si possono udire interessanti inserti di pianoforte, le tastiere in sottofondo suonano piuttosto ottantiane; su tutto la chitarra esegue fraseggi più orientati sul jazz, in un alternarsi di note lunghe ed improvvise impennate con note a fiume. La fine di una di queste fughe coincide con un altro cambio ancora in cui la ritmica ritorna ad essere più lineare, con l'inserimento di power chords, ed il riff di chitarra in evidenza. Tutto ciò per poco però, dato che arriva subito un nuovo cambio: la ritmica si fa di nuovo più serrata, le tastiere esordiscono con un fraseggio che ricorda molto certe bizzarrie in stile Gentle Giant, sia dal punto di vista della scelta di note che del suono impostato; subito risponde la chitarra con un assolo molto fluido, soprattutto nel finale eseguito in tapping; l'ultimo assolo è ancora affidato alle tastiere che chiudono in bellezza questo botta e risposta, al termine del quale segue subito la parte più progressiva del brano con un riff che si alterna per poche battute cambiando letteralmente la sua pelle, in crescendo ed in pieno stile Dream Theater. Dopo una brevissima pausa si sente in lontananza, con sottofondo di tastiere, un brevissimo fraseggio di chitarra che chiude definitivamente il disco.

Conclusioni
Concludendo, possiamo tranquillamente affermare che Matteo Brigo abbia senza dubbio confezionato un ottimo lavoro per il suo debutto da solista: dalla scelta dei musicisti che lo accompagnano in quest'avventura, alla produzione, all'artwork, tutto è stato scelto con cura, anche se la parte più rilevante è costituita dalle composizioni del Guitar Hero nostrano. La sua preparazione poggia su basi solide, frutto di sacrifici ed impegno, di abnegazione totale nello studio della chitarra, di ascolti su ascolti dei molti grandi Maestri della sei corde. Per quanto la storia della chitarra Rock e Metal sia relativamente breve, infatti, si può contare già su un vastissimo numero di assi che, in particolare dagli anni '80, hanno indicato varie vie nell'interpretazione del ruolo di axeman: ruoli sia come solisti che all'interno di un gruppo, personalità che hanno inevitabilmente influenzato chi è venuto dopo. Attenzione però, anche se ho parlato di influenze di determinati chitarristi, maggiormente riscontrabili in alcuni passaggi piuttosto che in altri, ci tengo a sottolineare che Matteo non ha assolutamente copiato spudoratamente le sudette influenze. Il Nostro ha si assimilato le lezioni dei grandi Axehero del passato, rielaborandole però in linea con la sua ottima preparazione e secondo la sua visione della musica, dando così vita ad un lavoro piuttosto personale. Da notare un altro particolare non da meno: l'aria di spensieratezza, di ironia, la scelta di non prendersi sul serio che traspare dai brani di questo album, cosa non da poco, che differenzia l'operato di Matteo dall'approccio serioso di altri suoi più blasonati colleghi, cosa di cui pochi Guitar Heroes, bisogna ammetterlo, sono stati capaci nel corso di tre decadi. In troppi, infatti, confondono la figura del "solista" con quella di un professore sempre serio e noioso, intento a bacchettare coloro i quali considera "indisciplinati". Una figura stereotipata, purtroppo, anche a causa di molti atteggiamenti di molti grandi professionisti della sei corde. Tanto abili con i loro strumenti quanto caratterialmente freddi, distaccati, diffidenti ed intenzionati a valutare il prossimo unicamente in base alle proprie capacità tecniche, bypassando capacità di saper emozionare o di saper esprimere personalità. Matteo non è tutto questo: è un ragazzo estroso e dedito, lo si percepisce, ad un qualcosa che lo appassiona davvero. Un disco, "It Works", che diverte e che narra una storia creata ex novo, raccontata anche senza l'ausilio di parole o testi. Sembra quasi di essere in quel laboratorio, o su quella macchina del tempo. Ed il nostro Brigo, ve lo assicuro, sembra realmente parlare con il suo strumento. Vivere un'avventura assieme alla sua sei corde. Bel debutto, aspettiamo fiduciosi di vedere cosa ci proporrà in futuro!

2) Great Scott - A brilliant idea. It's time to get to work
3) In the lab - A new wired experiment
4) It works! - It's alive!
5) Abnormal - It's a strange creature but we love it!
6) To the time machine: Let's start a journey to the future (or past?)
7) Murder, they wrote - Someone set up a trap!
8) Multidimensional scaling - The perfect escape plan
9) Super paradox combo - We made it. But something curious happened
10) Who knows - To be continued


