IN AUTUMN
Reborn
2013 - Buil2Kill Records

SAMUELE MAMELI
15/12/2013











Recensione
L'urgente necessità di approfondire noi stessi nel riparo di luoghi rassicuranti e quieti, alla ricerca della perfetta connessione tra territorio e vibrazioni sonore. Gli elementi circostanti del paesaggio, sono agguantati e presi di mira quasi a implorarne l'aiuto, dalla vegetazione alle luci, tutti messi ordinatamente in fila e costretti a sorbire patemi e preoccupazioni che hanno corroso l'anima sino alla nausea, intaccando un corpo che per giorni e giorni, ha custodito pene estenuanti e l'ha reso fragile e vulnerabile. A conti fatti, c'è un qualcosa che s'innalza su tutto e offre un contributo non indifferente, non ha odore, non ha forma ma non perde un istante a sussurrarci all'orecchio. La sua pazienza di ascoltare è atipica, nessun lamento anzi, culla e cerca di porre pace nel groviglio di pensieri maledettamente rutilanti. Ecco... Si ode il vento, chi asseconda e ritira sentimenti, propone assillanti rimedi e favorisce contromisure. Implacabile e unico, fluttua incessantemente, accompagnando cumuli di messaggi deleteri o di buon auspicio, una sorta di sfilata carnevalesca dalle svariate rappresentanze che danzano e corrono. Eppure la brezza non si fa mancare all'appello e non si esime dall'accarezzare nel suo puntiglioso andirivieni. Spesso però, accade che l'illusoria circostanza di presiedere in talune condizioni paesaggistiche sia pressoché complicato ma, nessun problema, perchè proprio qui davanti a me, c'è il rimedio assoluto. Un cd musicale che incorpora tutte le caratteristiche del vento, s'insinua tra i timpani e scorre lungo i canali per arrestarsi in un vortice di concetti e idee, una tempesta di emozioni che ne contorce la muscolatura, la stringe sino a soffocarla creando ripetuti spasmi allo stomaco, alternandosi a stati d'animo liberatori e in cerca di rivalsa. Sorprendente il potere racchiuso in questo platter che i cinque maghi vicentini In Autumn riescono a ricreare. Tutta merce di casa nostra di altissima qualità che scaglia coltellate profonde con rispettive terapie. Ti abbatte ma tiene l'antidoto per risollevarti più carico di prima. In un connubio di Sentenced e Him, l'incantesimo prende forma a colpi di un efficace Gothic Dark Metal intriso di sapori progressivi anni settanta che sopportano alta una proposta quantomeno personale. Ne conficca radici sottocutanee continuamente sollecitate da vibrazioni e ne proibisce il proliferarsi di fantomatiche distrazioni che distolgono dal suo essenziale messaggio. Nati nel 2011 da membri provenienti dagli ormai defunti death prog metallers As Memory Dies e dalla power metal band Underearth, riescono a strappare un contratto con l'etichetta Buil2Kill Records che gli permette di esordire nel 2013 col cd “Reborn”. Il lavoro, costituito da nove tracce, sono concettualmente ben distinte, non si tratta di un vero concept album ma appoggiano su uno stesso comune denominatore. Il convivio dell'uomo nella società sempre più ristretta e problematica, innalza domande oscure e strazianti, una continua lotta alla ricerca dell'esatta identità che il mondo circostante tenta d'influenzare o ancora peggio, modellare secondo certi standard costrittivi. Si allontana così la consapevolezza dei propri mezzi e dei propri sogni, l'incertezza e la confusione sono all'ordine del giorno e lo svilimento di taluni valori ha pressoché viziato il comportamento di ogni. L'artwork è chiaro, i due mondi paesaggistici entrano in conflitto ma mentre gli ammassi di edifici offrono impressioni fredde e artefatte, la sponda naturale dona una chiara visione di rinascita, di rivincita e riappropriazione degli ideali genuini. La sana crescita su questo versante, è l'unico modo per assaporare affondo la difatti esistenza e aver coscienza degli anni che scorrono, dell'amore riposto, lontano da quelle ombre di cemento che annientano l'anima e generano aride entità.
Soffermiamoci ora, sulla componente musicale che propone subito un pezzo da novanta, a parer mio il migliore del lotto che incamera l'indole della band. “Mind And Beast” inizia con riff ipnotici e distensivi, un'apparenza deformata poiché nel giro di qualche secondo cambiano decisamente registro. L'atteggiamento si fa aggressivo e corposo, le chitarre graffiano spietate e pongono le basi per l'entrata in scena dalla ruvida voce di Alessandro Barci che disegna toste armonie. Scorre che un piacere nell'intreccio di momenti acustici e ragionate accelerazioni, l'attitudine progressive esce allo scoperto ma perdo la testa nell'intermezzo quando un dark cabaret alla Voltaire mi lascia incantato. Sono rapito, questa pugnalata è stata scoccata con precisione e rigore. Ottima. Il testo affronta il disturbo dell'identità. Il protagonista, affetto da questa disfunzione, svolge una vita giornaliera normale e ordinaria ma la notte, senza poter ricordare nulla, veste i panni del serial killer. Una sorta di dottor Jekyll e Mr. Hyde, una scissione psichica eseguita nella perfetta incoscienza con tutte le relative tribolazioni. Echi Sentenced per “Draw On The Mirror”, l'andatura cadenzata e decisa sbroglia una canzone dal retrogusto struggente, mi comprime la tempia e bisbiglia letali melodie lasciandomi velare gli occhi di blandi luccichii. Il riffing serrato agguanta la presa, la struttura diversificata la rende appetibile al primo ascolto ma spetta al solista Cristian Barocco punteggiarne il brano con interventi impeccabili e pregni di feeling, ottenendo il culmine sul finale a colpi di note intense e profonde. Da brividi. Liricamente si esamina la difficile posizione dell'incompreso. Il soggetto analizza la relazione legata con un'altra persona, la difficoltà di non essere accettati per ciò che si è veramente. Tenta di porre in campo tutte le forze per ribaltarne l'esito ma, qualcosa d'inspiegabile annichilisce le intenzioni. L'inizio folgorante di “Rust” solleva uno spesso muro sonoro, l'aggressività dell'heavy metal irrompe senza badare a conseguenze. Le trame variabili si alternano tra passaggi dalla forza d'urto considerevole a tocchi soffusi di acustica, un legame ben riuscito che il nostro singer interpreta alla grande, il suo apporto si eleva sopra di tutti concedendo una carica risoluta. Ammirevole. Per ciò che concerne la scrittura, essa trasuda rabbia e irritazione per tutti quelli che hanno tendenze automa, comandati e ridicolizzati dai poteri forti che ci privano dell'intelligenza, diventando spettri vaganti. “Silent Watchers” mi denuda, mi lacera sotto una pioggia interminabile di schegge dark metal, il sangue defluisce inesorabile, il dolore mi abbatte, a testa china ascolto in silenzio, le forze stanno svanendo ma riesco a sentirla mia sino alla fine. La sei corde in apertura, prepara l'attacco per una traccia spedita e trascinante, la velocità sostenuta investe in pieno volto, la batteria di Marco Liotto pesta con grinta, le melodie tengono sulle corde, si mescolano varie sonorità, la montatura poliedrica risalta gli arrangiamenti sontuosi, tutto al suo posto ma attenzione, perchè è con il bridge acustico in stile Him che la testa viene mozzata. Da applausi. Il testo si concentra sulla convinzione dell'uomo di vivere in maniera riservata e unica, quando in realtà, gli “osservatori silenti” ci accomunano in uno stesso calderone con medesimi dispiaceri e tristezze, privati dai segreti. Un “grande fratello” che conosce ogni nostra movenza. “Elevation” è un estratto strumentale imbevuto di accordi acustici e synth, leggiadri e sognanti, accompagnano un sottofondo di vita giornaliera, passi e porte che si chiudono, riassumono l'arco della giornata. Un quadro semplice ma almeno veritiero. “Reborn” invece liricamente segna una divisione con le canzoni precedenti. Come il titolo fa intuire, si avverte una rinascita. Il personaggio, dopo aver attraversato sentieri di dolore e incertezza, prende in mano la situazione e per la prima volta solleva la testa in cerca della luce. Musicalmente si avvia calma e sofferta, il cantato ricco di pathos ci avvolge profondamente, sembra tranquilla e intimista ma ecco che come un fulmine, si scaglia senza remora. Sezione ritmica sugli scudi e via impazzita in una corsa dirompente, assalto all'arma bianca, ritmo furente che si da il cambio con stacchi ariosi e sentiti, intrecci senza sbavature. Concepita in forma varia, si può ammirare la formidabile ispirazione e perizia tecnica, song ben elaborata che incorpora una miriade di emozioni malinconiche ed energiche. L'impeccabile esecuzione ne fa un brano impegnativo e di qualità. Non ho altre parole... Bravi. “Uno Sguardo Verso Il Cielo” beh, è la famosissima traccia dei progsters italiani Le Orme, una perla intramontabile della musica italiana che continua ad ardere costantemente. Appartiene al secondo album del 1971 intitolato “Collage”, disco innovativo per l'epoca in cui prende espressione un nuovo stile nel panorama italico. La cover è interpretata alla grande, mi ha emozionato e questo credo che basti. Le chitarre reboanti sono quelle che suggestionano maggiormente e in fin dei conti, non è semplice rivisitare un pezzo pregiato come questo senza cadere in fallo; faccio i miei complimenti perchè si sente passione e amore, non un emerito rifacimento per riempitivo. Mossa azzardata ma realizzata con successo. “The Thin Line” ha una tintura darkeggiante che fuoriesce dagli altoparlanti, un fluido scuro che t'insegue e non si placa. Parte decisa e diretta, la metrica cadenzata entra in conflitto con le ripartenze fulminee che si fanno largo durante lo svolgimento senza perdere di vista la melodia intimista e cupa. Tra cambi di tempo e ritmiche pulsanti, si riesce ad apprezzare ancora una volta, il notevole esercizio alla chitarra solista. Una track cangiante e travolgente che strizza l'occhio sul finale a un certo progressive seventies, un'escursione tastieristica di Cristian Barocco che rifinisce un bell'episodio creativo. Le liriche inducono a dare uno scossone a chi si ritrova rinchiuso nei tipici sogni e non ha il pretesto per gustarsi i suoi giorni, vittima dell'immaginazione, si esorta a spezzare queste catene e ad abbracciare i rapporti di chi ci circonda. “Circles In The Water” chiude in bellezza questo disco. L'andatura slowly con voce bassa si muove su carreggiate doomegianti ma c'è sempre l'interferenza delle scariche ferrose adrenaliniche che scuotono gli arti. Il leit motiv è un pugno alla nuca, sferrata con veemenza, lascia impresso l'armonia avvilente ma perdonatemi perchè i miei occhi sgranano nell'interludio quando avverto qualcosa che mi rimanda agli italiani Moonlight Circus (ex Black Jester), prediligendo sonorità cariche e “epiche”, un flashback che mi ha letteralmente steso. Le parole ci consegnano il protagonista più consapevole e lucido sul senso della propria esistenza, sulla possibilità di trovare la libertà attraverso la pace e la calma di una distesa d'acqua che riflette l'equilibrio dell'universo.
Non mi resta che alzarmi e stringere virtualmente la mano a questi ragazzi che son riusciti a recarmi brividi, ho sognato. Le ore dedicate a questo platter hanno rispolverato la stanza della passione e voi che leggete, beh, trovate il tempo per fare vostro l'ennesimo colpo nostrano, se amate il gothic/dark, andate sul sicuro con gli In Autumn. Bella sorpresa.

1) Mind And Beast
2) Draw On The Mirror
3) Rust
4) Silent Watchers
5) Elevation
6) Reborn
7) Uno Sguardo Verso il Cielo
(cover)
8) The Thin Line
9) Circles In The Water

