DESTITUTION
Beware the Fury of the Patient Man
2014 - Autoprodotto

WALTER ANTONIO LANOTTE
25/06/2014











Recensione
Nell’Olimpo del Thrash metal vi sono tante sfumature diverse, sia per quanto riguarda la musica e la composizione d’essa, sia per quanto riguarda le tematiche affrontate dalla band, che abbiamo imparato ad apprezare, e perché no, a volte facendoci coinvolgere a tal punto da far diventare quelle sfumature un altro motivo per amare questo genere, che altrimenti rischierebbe di essere monotono e piatto. C’è il metal melodico di gruppi come Metallica con testi che spaziano dalle scazzotate a storie di libri, c’è il metal critico e attento all’ambientalismo dei Nuclear Assault, quello alcolico di band come i Tankard, quello cervellotico e critico verso la società e la tecnologia di gruppi come i Voivod. I Destitution, dall’Olanda, si collocano testualmente nella categoria della critica sociale, come esplicitato da molti testi di questo album. Il gruppo si forma nel 2007, con l’ispirazione e lo scopo di fare del buon, sano Thrash metal old-school, con Ermiel come cantante e chitarrista, Geert alla chitarra, Robert al basso, Tristan alla batteria. Nel 2011 la band rilascia un concept EP chiamato “The Human Error” registrato ai Soundlodge studios in Germania che viene accolto piuttosto bene, a cui segue, nel 2013 il disco “Beward the Fury of the Patient Man” registrato ancora ai Soundlodge Studios e che mette in evidenza ancora la critica sociale del gruppo. Quindi analizziamo tale disco per sviscerarlo nei suoi pregi e nei suoi difetti e nella sua attitudine tipicamente old-school e genuina con cui il gruppo olandese propone la propria musica.
Il disco si apre con “Mr Greedy” che assume la connotazione di una violenta, ed a volte quasi paradossale, invettiva contro il Denaro e contro il considerarlo così tanto da parte dell’umanità, prendendo quasi la forma di una divinità per cui si prega, ignorando le conseguenza di quest’invenzione e le ripercussioni sulla popolazione, che s’impoverisce a favore invece di una piccola parte che s’arrichisce di più. Musicalmente il brano si apre con un paio di azzeccati powerchords, sostenuti nel loro pesante e lento incendere da basso e batteria, mentre la chitarra solista produce una godibile melodia che ben si colloca nel contesto musicale. Dopodichè il mosh più prepotente e genuino ci travolge con un riff dal sicuro impatto old-school, a cui segue il riff della strofa poggiato su alcune variazioni successive alla linea vocale di Ermiel, che si mette in evidenza con una cattiveria e una decisione del timbro in grado di valorizzare i riff delle chitarre, che trovano spazio anche per alcune armonizzazioni e per riff dall’approccio un po’ più moderno. Su uno di questi colloca l’assolo piuttosto melodico. Il ritornello si mette in evidenza per una prova convincente di Ermiel, che sputa acido nel suo cantare in maniera così decisa. Spazio anche per un po’ di melodia, con un buon intermezzo in pulito delle chitarre. Segue la ripresa del riff e un’altra strofa, prima di essere ricondotti al riff iniziale, con la chitarra solista ancora in evidenza e che lentamente conclude il pezzo in fade out. Thrash! Il secondo brano, “Alcanthrash”, inizia con un violento stacchetto su un riff martellante che farebbe impazzire qualunque thrasher dedito alla violenza del pit più sfrenato. Tematicamente il brano parla di una prigione e dell’impossibilità di fuggire da essa e da questo sistema in cui le guardie sono pagate per sorvegliarlo, in una probabile metafora che racchiude la critica sociale del gruppo, e che vede in un certo senso ancora il denaro accusato. Eppure si può fuggire da ciò, e la vendetta contro queste perverse logiche sarà anche più perversa. Si inizia a macinare riff, con la chitarra che con una riuscita serie di stacchetti ne inizia uno, sul quale Ermiel parte a vomitare la sua consueta furia nei testi, con la sezione ritmica sicura ed incisiva. Il ritornello non colpisce particolarmente. Delle godibili variazioni lasciano che la furia sia più lenta nel suo incedere e dei riff particolarmente maligni fuoriescono dalle ritmiche, mentre la chitarra solista a volte fa sentire la sua presenza. Segue un breve assolo, non molto melodico. Ancora furia e momenti più lenti, con melodie godibili, si fanno sentire. Si ritorna al riff di puro old-school, che con una serie di variazioni nel drumming, conclude il pezzo. Un arpeggio ha il compito di introdurre il terzo pezzo, “Criticize”, in cui questa volta viene preso di mira un soggetto che viene definito come un menzognero e un insensibile, un individuo senza emozioni e senza empatia, descrivendo quasi una condizione dell’essere umano, accusato a volte di essere poco umano, e di star sempre più regredendo, anche grazie alla tecnologia, che invece di unire le persone a volte le separa. La ritmica s’inserisce nel contesto. Dopodichè, si lascia spazio al Thrash più puro, con il drumming martellante e dei riff densi di groove con una sezione ritmica che pompa bene e che enfatizza i brani. La voce di Ermiel anche qui appare azzeccata e non scontata, espressiva anche con la giusta dose di rabbia che si fa apprezzare e che si fa carico di una rabbia motivata nei testi e quindi incidendo positivamente. Spazio anche per un riff dal sapore hard-rock. Anche l’assolo, questa volta molto azzeccato, contribuisce a far volare questa traccia. Si conclude ancora con una variazione piuttosto hard rock che ben s’inserisce nel contesto musicale. Il quarto brano, “Rhythm of Horses” presenta testualmente uno scenario di battaglia nel quale si sente violentemente l’eco dell’incedere dei guerrieri sui cavalli, mentre le persone sono troppo occupate e ottuse per capire quello che sta succedendo, compreso il male che causano nelle altre persone, per via di questa condizione di ignoranza e per via del badare solo, apparentemente, ai fatti loro. Il riff con cui si apre il pezzo è dal sicuro approccio old-school, con la cavalcata delle chitarre a sovrastare il resto. Seguono delle variazioni, che grazie al drumming, non annoiano e rendono più interessante il pezzo. Dopodichè Ermiel continua a macinare linee vocali incazzate e incisive. Altre variazioni lasciano spazio ad un riff più lento, ma che si lascia godere, seppur per poco. Ancora variazioni, un altro riff ancora, e si ritorna alla strofa e al prepotente groove scatenato dal gruppo. Un’altra variazione con armonizzazioni di quinta s’inserisce nel contesto musicale, e scariche dense di groove prendono il possesso dei colli dei thrashers più aggueriti. Ancora variazioni armonizzate, prima di lasciare spazio ad un assolo azzeccato e melodico. Segue ancora un riff lento su cui si inseriscono le linee vocali di Ermiel, e che con un altro riff e con una variaizone nel drumming, conclude il pezzo in questione. Buona prova, ma meno incisiva delle altre per i riff un po’ troppo simili a volte. Il quinto brano, “Western Civilization” è una strumentale piuttosto atmosferica, in cui un arpeggio dagli echi quasi dei Black Sabbath, costituisce una base per i bending maligni dell’altra chitarra, facendo piombare per un attimo gli ascoltatori in un momento calmo che spezza il ritmo martellante delle tracce precedenti che hanno fatto rompere il collo a qualunque thrasher che così si voglia definire e che voglia solo fare casino in una maniera assurda , intrattenutosi con una buona dose di Thrash.
La calma viene interrotta dal brano successivo, “Vigilante”, che affronta criticamente le istituzioni, colpevoli di fare leggi, mentre i primi criminali sono proprio coloro che si nascondono dietro le istituzioni, e tutto ciò viene raccontato dal punto di vista di un eroe/anti-eroe, una sorta di figura un po’ fumettistica che suppur agisca per il bene, lo fa con dei metodi poco ortodossi. Il riff delle chitarre è ben sostenuto da un drumming martellante che nel ritornello arriva anche al blast beat mentre i colli degli ascoltatori arrivano a sanguinare. La voce di Ermiel è azzeccata anche questa volta, sputando acido nei testi e nelle sue critiche. Seguono alcune variazioni che riportano alla strofa e al ritornello. Un altro riff s’inserisce nel contesto musicale, e il thrash old-school del gruppo si mette ancora in evidenza, mostrando anche la solidità della sezione ritmica, in grado di fare buone variazioni. Ancora variazioni, per poi concludere il pezzo. Il brano successivo, “Guilty Until Proven Innocent”, se la prende con il sistema di informazione dei mass media, che insieme alla figura topica del governo menzognero, contribuisce a disinformare o informare parzialmente la popolazione, facendo a volte anche passare notizie di poco conto o senza destare una sorta di senso di educazione collettiva: ciò dovrebbe provenire in primis dai mezzi di comunicazione, in modo che ci istruiscano ad adoperare le giuste scelte per il bene comune. Il primo riff è armonizzato e introduce il riff successivo, che a sua volta introduce successivamente la voce di Ermiel, a cui dopo poco segue un’altra variazione armonizzata delle chitarre. Di nuovo il thrash torna più serrato e veloce di prima, insieme alle linee vocali, e al tupa tupa del drummer, mentre i colli tornano di nuovo a farsi male. Qualche rallentamento che spezza un po’ il ritmo, per poi tornare al riff. Un breve gioco di tom nel drumming introduce l’assolo piuttosto melodico ed azzeccato. Segue di nuovo il Thrash, con una linea vocale molto godibile. Ancora un altro assolo piuttosto melodico. Ancora il Thrash e il drumming martellante. Si lascia spazio ad un rallentamento che conclude il pezzo. Di nuovo calma con un arpeggio che introduce il brano successivo, “Affinity”, in cui si parla di un mondo nei pensieri, incontaminato dal denaro e dalla tecnologia, in cui i sentimenti sono più importanti. Non è reale, eppure è una cosa talmente sublime e rilassante da convincere quasi a rimanere in questa fantasia, e perché no, a fungere da motivazione per dare il proprio contributo al fine di cambiare le cose. Il pezzo è diverso dai precedenti, ed anche la voce di Ermiel si adatta a delle linee vocali melodiche e particolari, in un'atmosfera quasi ideale che riflette i pensieri espressi, e che solo verso la fine del pezzo lascia spazio al Thrash ed al martellante drumming e ai riff serrati delle chitarre che macinano riff su riff, con alcune godibili armonizzazioni, mentre le linee vocali tornano a farsi portatrici di critica. Il pezzo si conclude con delle armonizzazioni delle due chitarre che mostrano un gruppo in grado di spaziare abbastanza bene tra velocità e rallentamenti e fra diverse dinamiche a livello di sound. Il brano successivo, “Screenplay”, mette in evidenza ancora la componente Thrash old-school del gruppo. Stavolta accusato è il popolo, che si bea di essere burattino per chi controlla i governi e le istituzioni. Vi è comunque la possibilità di poter scappare da ciò, ma bisogna lottare con le proprie forze e i propri ideali per rendere tutto questo qualcosa di possibile. Il primo riff si fa subito strada con un drumming martellante, mentre poco dopo Ermiel macina linee vocali aspre e selvagge, capaci anche di far riflettere sul contenuto dei testi e delle sue critiche. Il ritmo si mantiene su velocità abbastanza elevate che fanno capire anche ciò che il gruppo vuole far intendere della propria musica. Alcune variazioni introducono un riff piuttosto godibile su cui s’inseriscono le linee vocali e che con alcune variazioni nel drumming enfatizzano il groove del pezzo, mentre si ritorna alla strofa. Un intermezzo melodico spezza il ritmo, con la chitarra solista che a volte si fa apprezzare. Segue la strofa, che conclude il pezzo. Il brano successivo è la title-track, “Beware the Fury of the Patient Man”, che questa volta parla di un uomo che non si è mai lasciato andare all’ira ma che poi non è riuscito più ad opporsi ad essa, non potendo più sopportare le ingiustizie che aveva davanti. Ed è qualcosa di terribile, la sua ira, poiché coloro che non cedono all’ira, sono coloro che quando cedono, posso diventare strani e iracondi più di altri che siamo abituati a definire con tale sostantivo. Il pezzo viene introdotto da un atmosferico arpeggio su cui, in pulito, l’altra chitarra esegue alcune rilassanti melodie. Segue il Thrash, con un riff di matrice moderna su cui l’altra chitarra esegue una melodia. Un altro riff e la voce di Ermiel si fa subito sentire. Altre variazioni che con una solida sezione ritmica, prendono forma in un ritornello molto melodico. Un altro riff anche armonizzato, si fa apprezzare. Poco dopo la chitarra solista si fa apprezzare con melodie azzeccate. Segue un’altra strofa, con il drumming martellante. Si ritorna su lidi ancora calmi con un arpeggio nel mezzo. Segue ancora il Thrash e il drumming martellante che lascia spazio ad una parte molto melodica, che conclude il pezzo.
Una buona prova, in cui si alternano momenti più rabbiosi ed iracondi a momenti più calmi e rilassanti, con la melodia molto spesso in evidenza e con l'old school prepotentemente a farla da padrone, senza rinunciare a qualche influenza di matrice più moderna che non rovina il sound genuino del gruppo. Vi sono alcune pecche: qualche carenza a livello di produzione per quanto riguarda le chitarre, un po' di scelte rivedibili nel songwriting come la ripetitività nelle strutture e alcuni cambi un po' affrettati o poco approfonditi, che però confermano in ogni caso un buon disco, fatto di sapiente Thrash che non può essere disdegnato da ogni thrasher che voglia definirsi in tal modo. Sfuriate, arpeggi, riff armonizzati, assoli melodici, voce iraconda, voce melodica e quant'altro: potete trovare tutti questi elementi nell'album. Direi che possiamo aspettarci diverse cose da questo gruppo. Anche la parte testuale, tutto sommato, è apprezzabile, con critiche sociali in evidenza. Insomma, il gruppo ha registrato un buon disco, in cui vi si trova attitudine ma anche voglia di uscire dai canoni del genere, concedendosi intermezzi diversi e piacevoli, che contribuiscono a non creare noia nell'ascolto e che rendono più godibili i brani del disco.

1) Mr. Greedy
2) Alcathrash
3) Criticize
4) Rhythm of Horses
5) Western Civilization
6) Vigilante
7) Guilty Until Proven Innocent
8) Affinity9.Screenplay
10) Beware the Fury of the Patient Man

