SONISPHERE 2013

8 Giugno 2013 - Fiera di Milano Rho

A CURA DI
L. ROSSI, D. PIAZZA, D. ALFANO
19/06/2013
TEMPO DI LETTURA:
9

recensione

Dopo una lunga ed estenuante attesa anche nel nostro paese è arrivato finalmente il tornado dell'edizione 2013 del Sonisphere, uno degli eventi live più rinomati ed apprezzati dall'audience metallica negli ultimi anni. Nel secondo weekend di un giugno decisamente instabile sul fronte meteorologico la kermesse giunge alla fiera di Rho presentando un cartellone invitante ed interessantissimo, innanzitutto per la presenza come headliners dei leggendari Iron Maiden con la rivisitazione non priva di modifiche dello show immortalato nella storica vhs del 1989 Maiden England (ristampata recentemente nella sua versione completa in doppio cd e dvd) passando poi per gli inossidabili Megadeth (tornati da pochi giorni sul mercato con il quattordicesimo album in studio,il controverso Super Collider) fino ad arrivare ai Mastodon ed ai Ghost B.C., rispettivamente una delle più grandi realtà della scena odierna ed il nome che nell'ultimo bienno sì è contraddistinto per una popolarità in continua espansione. Accanto a questo straordinario poker sul palco del Sonisphere si sono esibiti un tris di gruppi (Amphitrium,Zico Chain e Voodoo Six) chiamati ad intrattenere il pubblico prima dell'irruzione dei big, inoltre durante le pause tra una band e l'altra il second stage ha ospitato nell'ordine: Arcadia Bastard Core, Avenue X, The Last Fight e gli acclamati Rezophonic. Gli Amphitrium salgono sullo stage alle tredici, per colpa delle lunghe code ai cancelli non sono molti gli spettatori che hanno la possibilità di assistere al loro concerto, da quello che abbiamo potuto ascoltare il black proposto dalla band di Lugano è indirizzato in egual misura sull'impatto furioso e sulle atmosfere morbose tipiche del genere, un festival come questo e soprattutto il difficile ruolo di opening act purtroppo non permettono di dare un giudizio completo sull'operato degli svizzeri. Ore quattordici, è il turno degli Zico Chain, i britannici rappresentano una scelta insolita nel contesto del Sonisphere, il rock iper-melodico e ricco di elementi alternative eseguito rivela delle buone potenzialità commerciali ma ovviamente è lontano anni luce dai gusti della stragrande maggioranza dei presenti, occorre però riconoscere al terzetto una valida presenza scenica. Alle quindici con le prime note dei Voodoo Six i cuori dei rockers più incalliti cominciano a scaldarsi, merito dell'hard rock immediato e coinvolgente dei londinesi. I brani della band puntano alla sostanza attrverso riffs incendiari, rapidi solos e ritmiche avvincenti, tutte componenti moltiplicate per tre nella dimensione live, il grande protagonista è il singer Luke Purdie, un frontman capace di trascinare il pubblico anche con un semplice gesto, i complimenti agli inglesi per i tre quarti d'ora di ottima musica proposta sono più che meritati. Alle sedici la temperatura all'interno della fiera di Rho è decisamente elevata, a peggiorare la situazione ci pensa un sole impietoso che nelle sue varie incursioni aggredisce con la forza di un vulcano in eruzione... Non è proprio lo scenario ideale per i Ghost B.C. ma appena compare il logo degli svedesi una buona parte del pubblico si riversa sotto il palco del Sonisphere per l'attesa terza esibizione sul suolo italico (dopo quelle dei giorni precedenti a Bologna e Roma) di un act che ha letteralmente bruciato le tappe; con due lavori in studio (Opus Eponymous del 2010 ed il nuovo Infestissumam) il successo per questi sei loschi figuri è cresciuto in maniera esponenziale giorno dopo giorno, qualche detrattore continua a puntare il dito contro sostenendo che tutto questo è da attribuire esclusivamente al look malefico/spettrale adottato, un giudizio a dir poco superficiale perchè basta prestare un po' di attenzione nell'ascolto dei due album per scoprire la varietà e l'inventiva presenti nel metal della band. Le sinistre note di Masked Ball di Jocelyn Pook (inclusa nella soundtrack di Eyes Wide Shut del geniale ed indimenticato Stanley Kubrick) creano un'atmosfera misteriosa ed inquietante amplificata dall'ingresso dei Nameless Ghouls, i cinque musicisti occupano i loro posti in attesa di compiere l'ennesimo rituale, la cerimonia prende forma attraverso il fragoroso attacco dell'intro "Infestissumam", si nota immediatamente un bilanciamento precario dei suoni, per fortuna l'impatto dell'act non viene penalizzato da questo inconveniente come dimostrano le battute iniziali di "Per Aspera Ad Inferi", aperto da un riff tagliente e roccioso il brano pone in evidenza l'esperienza accumulata dal combo in mesi di frenetica attività live, Papa Emeritus II entra in scena con un pastorale raffigurante il simbolo della band, tra le prime file scoppia un autentico tripudio ed il singer con il suo carisma irresistibile ed il suo costume imponente ci mette pochissimo ad attirare gli sguardi del pubblico, l'apice com'era prevedibile viene raggiunto nell'anthemico ritornello, tra lo stupore di molti il gruppo propone una setlist incentrata al 70% sul debut album; si comincia con uno degli highlights assoluti del platter "Con Clavi Con Dio", guidata da un rimbombante giro di basso la traccia sprigiona tutta la potenza insita nel sound degli svedesi, il frontman continua a trascinare gli spettatori facendo battere le mani sulla base cadenzata della parte centrale, l'esaltazione massima arriva con il coro finale recitato in italiano ("siamo con clavi/siamo con dio/siamo con Il nostro dio scuro"). Emeritus dimostra una lodevole familiarità con la nostra lingua chiedendo: allora come state? E' il modo migliore per preparare il terreno alla sinfonia rapida ed oscura di "Prime Mover", il frontman continua ad imperversare con un'interpretazione sempre ad un passo dallo stile teatrale. Il ritmo incalzante e massiccio di "Elizabeth" aumenta ulteriormente il livello di adrenalina soprattutto per il suo coinvolgente refrain, il copione si ripete con la successiva "Stand By Him", l'incedere veloce e lineare dettato dal drum work e le melodie profondamente radicate nel leggendario hard rock settantiano plasmate dalle tastiere catturano l'audience in maniera strabiliante. L'atmosfera dei seventies domina la scena anche nell'ipnotica "Death Knell", i Ghost B.C. si muovono attraverso un avvincente doom metal caratterizzato da un'inarrestabile serie di rallentamenti e accelerazioni che evidenziano un'ottima abilità strumentale, Emeritus nel lungo e martellante finale rimane immobile dietro i suoi compagni a braccia tese, un'immagine da raccontare alle future generazioni di metalheads... Infestissumam torna alla ribalta con il secondo singolo "Year Zero", l'esplicito videoclip realizzato per la traccia è stato un efficace veicolo per aumentare la popolarità degli svedesi, per rendersene conto basta ascoltare il modo con cui una grossa percentuale degli spettatori urla "hail satan" nel ritornello, il coinvolgimento ha raggiunto vette elevate, serve altra benzina da gettare sul fuoco e la dinamitarda "Ritual" compie magistralmente il suo dovere grazie ad un riifing aggressivo ed un'affascinante melodia  impossibile da dimenticare, due qualità che l'hanno trasformato in breve tempo nel brano/simbolo per la band, il leader durante gli assoli finali s'inchina e manda baci verso il pubblico ma non è ancora finita... Con un tono soffuso annuncia un ultimo pezzo e chiede la partecipazione dei presenti nel cantare con lui un ritornello tanto semplice quanto incisivo, parte così la marcia infernale della recente "Monstrance Clock", da quel momento le frasi "come together, together as a one/come together for lucifer’s son" avvolgono totalmente l'area della fiera, non poteva esserci epilogo migliore per un'indimenticabile cerimonia come questa, dopo un "mille grazie" ed un "arrivederci Milano" Emeritus si congeda con un inchino ed un altro bacio lasciando lo spazio ai Nameless Ghouls che salutano lanciando plettri mentre quelle parole continuano a risuonare in maniera ossessiva. Una prova superata a pieni voti quella dei Ghost B.C., nonostante il clima ostico, la clamorosa assenza di due gioielli come Secular Haze e Ghuleh/Zombie Queen  ed i problemi riscontrati con i suoni, il sestetto ha offerto un grandissimo show, oltre ad un singer dotato di un magnetismo prodigioso tutto l'ensemble ha dimostrato di avere personalità, tecnica e determinazione in quantità industriali. Al termine dell'esibizione per caso abbiamo ascoltato un ragazzo che esclamava ad un amico: vedrai questi un giorno potrebbero diventare gli headliner di numerosi festival! La speranza di un irriducibile fan o la previsione di un futuro sempre più radioso? Ai posteri l'ardua sentenza...  Mancano poco più di venti minuti alle diciotto, il caldo non ha ancora allentato la sua morsa ma si tratta di un aspetto che passa rapidamente in secondo piano perchè a Rho sta per giungere un impetuoso ciclone tramutato in note dai geniali Mastodon! Gli statunitensi da tempo non hanno più bisogno di nessun tipo di presentazione, siamo al cospetto di una band da annoverare come una delle più innovative ed interessanti tra quelle emerse dalla scena hard 'n' heavy mondiale degli ultimi quindici anni. I cinque album pubblicati tra il 2002 ed il 2011 hanno segnato una progressiva e straordinaria crescita artistica che ha trasformato il loro monicker nel nuovo termine di paragone nella sperimentazione metallica. Un pubblico sempre più numeroso li attende con ansia, i quattro salgono sul palco estremamente concentrati, la copertina di Hunter (grande protagonista in questo show) troneggia alle loro spalle, il tempo per un ultimo controllo agli strumenti e parte l'assalto con la tagliente opener dell'ultimo full-length "Black Tongue", un drumming poderoso e dinamico innalza un rimbombante muro sonoro, il bassista/cantante Troy Sanders è un frontman completo sotto ogni punto di vista, autoritario e deciso dietro al microfono, scatenatissimo nei break strumentali, i chitarristi Brent Hinds e Bill Kelliher sono più statici ma l'inconfondibile stile dei due contribuisce ad elevare il sound dei Mastodon in maniera significativa. Le percussioni tribali di "Crystal Skull" spingono l'audience a battere le mani energicamente, cervello e muscoli del gruppo vengono mostrati in un episodio veloce, vorticoso e contraddistinto da meravigliosi spunti melodici. L'accattivante "Dry Bone Valley" nelle strofe offre un magistrale duetto vocale tra Hinds ed il batterista Brann Dailor, Sanders interviene soltanto nel bridge e nel refrain, uno schema che si ripete anche in "Thickening", nella nona traccia di Hunter il quartetto continua a stupire per la precisione e la disinvoltura con cui riesce ad eseguire partiture ricche di cambi ritmici e d'atmosfera. Tecnica e melodia viaggiano di pari passo nel gruppo di Atlanta, "Octopus Has No Friends" rinforza questo pensiero in una rivisitazione moderna dell'hard rock degli anni settanta, Troy ancora una volta è sugli scudi, oltre ad una performance canora particolarmente ispirata dà anche un piccolo saggio di abilità strumentale con delle articolate linee di basso. I Mastodon puntano all'essenza del sound nei due minuti e mezzo della velocissima "Blasteroid", Sanders coinvolge il pubblico nel rapido coro che anticipa l'intervento furioso di Hinds. L'intro arpeggiato e delicato di "Crack The Skye" concede la possibilità di tirare il fiato per qualche secondo ma appena il brano prende quota veniamo investiti da un monolite cadenzato completamente immerso un'aura magica, amplificata dal malinconico ritornello e da un guitar solo superlativo, gli spettatori applaudono ed incitano con forza i quattro che tornano a picchiare duro con la rabbia primordiale di "Spectrelight", una fulminea ed acuta esplosione stilistica esaltata dall'incendiario operato dei due guitar players. "Curl Of The Burl" viene accolta in modo enfatico, il terzo singolo di Hunter ha già raggiunto lo status del nuovo classico nella carriera dei Mastodon, è davvero impossibile restare indifferenti nell'ascolto di melodie vocali così penetranti accompagnate da una base ritmica potente e diretta, caratteristiche perfette per la dimensione live. I primi anni del combo rivivono in "Blood And Thunder", l'opening track del secondo Leviathan è un autentico concentrato di irruenza ed armonia, il furioso coro urlato nel refrain ed il break centrale influenzato da forme metal oriented trascinano il pubblico in un travolgente vortice stilistico. E' il momento del gran finale ed anche in questo frangente gli americani continuano a sorprendere concludendo con il mood triste ed introspettivo di "The Sparrow", ipnotiche reminiscenze psichedeliche alternate a stacchi heavy e l'interpretazione profonda di Dailor (una prova da dieci e lode quella del drummer) rendono il brano un appassionante sogno ad occhi aperti. In un turbinio di meritatissime ovazioni il gruppo saluta l'audience lasciando il ricordo di uno spettacolo contrassegnato da un'intensità straordinaria, in un'ora a disposizione i Mastodon hanno ribadito il valore e la varietà di stili contenuti nella loro proposta, possiamo tranquillamente affermare che con artisti dotati di un talento assoluto come quello degli statunitensi il presente ed il futuro della nostra musica sono affidate ad ottime mani!

Donatello Alfano

Alle 7:15 in punto la kermesse del Sonisphere 2013 entra nella sua fase più “calda” e godereccia, almeno per quanto riguarda la sottoscritta, quando sul palco salgono Dave Mustaine e company. Il tempo finora è stato clemente con i circa 35.000 fan accorsi da tutti gli angoli dello stivale per assistere alla manifestazione, giunta ormai alla sua quinta edizione. Con il suo solito fare, MegaDave attacca senza tanti preamboli l’ormai collaudato “Trust”, ed il pubblico reagisce all’intro con rinnovato entusiasmo, entusiasmo dimostrato anche in occasione della performance degli svedesi Ghost B.C. e sembra essersi destato dal torpore imputabile anche all’incertezza meteorologica del cielo di Milano. Il secondo pezzo in scaletta è “Hangar 18” e per chi non lo sapesse, uno dei miei pezzi preferiti della band. Sebbene la chitarra di Broderick, ormai membro stabile del gruppo da cinque anni, sciorina sonorità eseguite con precisione e perfetto tempismo, aleggia nell’aria una certa “nostalgia” per la strabiliante tecnica esecutiva di un certo Marty Friedman. Il set prosegue con “Kingmaker”, primo brano della scaletta tratto dall’ultima creatura dei Megadeth, il tanto criticato Super Collider. La nuova song, dal chorus particolarmente accattivante, non viene accolta dal pubblico con il solito entusiasmo riservato ai pezzi più conosciuti della loro gloriosa discografia ma alla fine si lascia ascoltare e prepara la strada all’incandescente trio che segue, con “She Wolf” che fa da apripista. Purtroppo Dave e ciurma, non essendo headliners della serata sono penalizzati da un sound non particolarmente incisivo in quanto troppo cupo e basso. Mustaine introduce il prossimo brano con la sua solita ironia e sfrontatezza, chiedendo al numeroso pubblico se il brano gli sembra familiare… Quando attaccano le prime note dell’arpeggio di “A Tout Le Monde”, non c’è un metaller che non si metta a cantare, all’unisono e rigorosamente a squarciagola, uno dei cavalli di battaglia della band, e sicuramente uno dei pezzi più coverizzati della storia del metal. A dare man forte a Dave c’è una guest non proprio a sorpresa… Si tratta di Cristina Scabbia, frontwoman dei Lacuna Coil, che in più occasioni ha duettato con Dave proprio su questo pezzo. Cristina si dimostra a suo agio sul palco del Sonisphere, salutando e ammiccando al pubblico da vera show woman consumata. “Countdown To Extinction” viene introdotta con una breve presentazione da MegaDave, che esordisce dicendo che si tratta del 20° anniversario dell’album omonimo ed il pubblico mostra ancora una volta ed inequivocabilmente di gradire di più gli evergreen della band. “Sweating Bullets”, un altro all-time favourite dei fans, viene eseguita da Dave con la solita rabbia ed energia ed il pubblico di Rho si lascia trascinare in un pogo liberatorio dall’abile combinazione di suoni che fuoriesce dal muro di amplificatori posti in alto su entrambi i lati del palco. La carrellata continua con "Public Enemy No.1", un altro brano piuttosto orecchiabile tratto dal discutibile TH1RT3EN, mentre sullo schermo scorrono le immagini del video del pezzo. Il pubblico reagisce con un entusiasmo contenuto, alcuni addirittura approfittando dell’occasione per fare rifornimento di birra e panini. A seguire la titletrack della loro ultima fatica, “Super Collider”. Il pezzo è sfrontatamente commerciale, molto lontano dai canoni thrash che costituiscono il vero “marchio di fabbrica” della band. Ma a MegaDave tutto si perdona (o quasi) e tutto si accetta, anche la cover di “Cold Sweat” dei mitici Thin Lizzy, rivisitata in chiave metal, ultimo brano tra l’altro di Super Collider. La performance dei Megadeth volge a termine, e a chiusura del set pervengono a deliziare le nostre orecchie ed i nostri sensi, quasi le avessimo invocate telepaticamente, tre “perle” della loro discografia, “Symphony Of Destruction”, “Peace Sells” e “Holy Wars…The Punishment Due”, con la consueta apparizione durante “Peace Sells” della mascotte della band, Vic Rattlehead che passeggia sul palco e saluta con nonchalance e distacco una folla di astanti elettrizzati e ormai pronti ad accogliere gli headliners della serata, gli Iron Maiden ed il loro spettacolare Maiden England Tour. Read on headbangers…

Lucia Rossi

Ore 22.50, mentre partono le note del celebre motivetto Always Looking On The Bright Side Of Life dei Monty Python e si accendono le luci sul pubblico del Sonisphere di Rho 2013, ci gustiamo il momento e siamo ancora una volta estasiati dallo spettacolo che si è appena concluso. “Spettacolo” o come direbbero gli anglosassoni “show”, è il termine giusto per giudicare questa ennesima serata vincente dei Maiden in terra italica (non solo al botteghino, con 40.000 spettatori, con prezzi che variavano dai 70 ai 90 euro a seconda della tipologia di ticket, non pochi considerata la crisi economica dominante), si incrociano volti esausti ma felici, ragazzi che piangono di felicità e veterani che dall’alto della loro esperienza sono tronfi per aver dimostrato al amico/a la grandezza degli Iron Maiden, con il loro grandioso Maiden England Tour che li ha portati in questi giorni nelle maggiori città europee dopo che l’estate 2012 aveva visto i vessilli di Eddie sventolare negli USA e in Canada. I pochi fortunati (ehm , scusate http://www.rockandmetalinmyblood.com/recensioni/Iron-Maiden@Live-in-Irvine-,-CA,-USA/9-e-10-agosto-2012---Verizon-Wireless-Amphiatheater/1192/) che hanno potuto varcare l’oceano atlantico per vederli sapevano già quello che li aspettava , ma per la maggior parte dei fan italiani è stata ovviamente, un attesa spasmodica di ben due anni; un meravigliosa riedizione riveduta e aggiornata del Seventh Tour Of A Seventh Tour 1988 che oramai veterani metallari videro comunque in una sola data in Italia a Modena nel settembre 1988. Ma procediamo con ordine. Un sabato quasi estivo ci aveva accolto al nostro arrivo a Rho ma, durante l’avvicinamento all’orario fatidico, le 21 la temperatura si è rilevata perfettamente accettabile e comunque senza la scongiurata pioggia lieve di alcune previsioni metereologiche. Seguiamo il concerto all’interno dell’area denominata “Golden Circle” con il classico braccialetto che ha permesso penso a circa 5.000 fan (o di più ?) di poter essere vicini allo stage e di avere un'area verde “distinta” rispetto alla moltitudine umana che nel frattempo si è accampata al di là del Rubicone, che poi sono le classiche transenne di separazione. Molti classici della musica metal inglese precedono l’oramai celeberrima esecuzione dagli amplificatori di Doctor, Doctor, pezzo degli UFO forse reso più celebre ora dai Maiden di quando fu pubblicato! Inizia il battimani ritmato del pubblico, oramai da anni sappiamo che la vera “intro” sta per partire, al termine della canzone. Infatti uno spettacolare interludio strumentale stile colonna sonora film “fantasy” introduce ad una serie di giochi di colori sul palco, prima delle liriche oramai celeberrime di Bruce “Seven deadly sins, seven ways to win..”. Sia la parte strumentale che le strofe del cantante-pilota degli Iron Maiden sono accompagnate da immagini tanto suggestive quanto mistiche, legate a simboli biblici e spirituali, proiettate sui due maxi schermi laterali. Parte la parte registrata di “Moonchild“ con il grande boato quando Nicko Mcbrain, da poco compiuti 61 anni, prende posto sul seggiolino dietro la batteria. Pronti via, spettacolari botti pirotecnici fanno da introduzione alla band, Bruce comincia ad arringare con il suo spolverino nero il pubblico dall’alto (I am He, the bornless one, the fallen angel watching you, Babylon the scarlet whore...) mentre Steve come sempre canta e mostra una grinta invidiabile anche lui sul palco. Siamo un po’ spostati a sinistra, rispetto al palco e dunque vediamo bene le esecuzioni di Adrian Smith con il suo solito stile riflessivo e con bandana , e del sempre impeccabile Dave Murray con un'acconciatura un po’ singolare che forse ha fatto sorridere qualcuno. La destra del palco è come sempre terreno di caccia di Janick Gers che come sempre indossa una t-shirt del’ultimo tour e si propone in tutta una serie di pose plastiche che i fans ben sanno e che, ovviamente, cercano di immortalare con la propria macchina digitale o telefonino. Bruce ha una capigliatura più lunga rispetto agli USA e colpisce subito per la sua forma fisica e canora a dir poco straordinaria. Proprio Bruce detta il ritmo con il conteggio a “Can I Play With Madness”, seguita come sempre dal cambio di drappo sullo sfondo che vede alcuni capolavori di Derek Riggs “congelati”. Steve e Adrian come sempre aiutano Bruce nei cori: ma quanti voli e salti ha già fatto Bruce in pochi minuti? Il microfono con l’asta è uno strumento che esalta le sue capacità atletiche mentre cominciano i primi incitamenti verso il pubblico del Sonisphere. Le immagini oramai storiche del telefilm “The Prisoner” rispettando la tradizione fanno da introduzione alla canzone che porta lo stesso nome. Bruce comincia con i sui “Scream for me Milanoooo!” , di fatto ha già completamente in mano i 40.000 fans italiani che rispondono a tutti i suoi gesti, uno strepitoso direttore d’orchestra! Steve Harris è un altro splendido cavallo di razza, corre ancora sul palco a destra e a sinistra e con qualche pausa sui gradini che portano alla batteria di Nicko, oltre che alla classicissima posizione con una gamba appoggiata agli amplificatori davanti al palco. Adrian Smith fa partire il riff leggendario di “2 Minutes To Midnight” con la sua Jackson bianca , mentre sullo sfondo il drappo di Eddie/Rambo fa capolinea con l’indice rivolto verso di noi . Nella parte centrale piace moltissimo come Steve indichi e inciti qualcuno nelle prime file, prima di colpirlo a fucilate di precisione con il suo , appunto, Fender Precision Bass. Dave regala sorrisi come caramelle a tutti quanti, neanche fosse la famosa olandesina di antiche pubblicità televisive, mentre oramai la sera ed il buio cominciano ad accompagnare il sempre mastodontico impianto luci degli Iron Maiden. Qualcuno nelle prime file porta un cartello con probabilmente scritto in inglese “dacci il cappello” , ebbene Bruce lo indossava sempre nei tour precedenti, in particolare durante il Final Frontier Tour (lo si vede anche a Santiago del Cile lanciarlo in mezzo al pubblico nel dvd En VIVO!) ma non stasera ed in questo tour. Scherzando prima di presentare “Afraid To Shoot Strangers”, Bruce fa notare che di cappellini non ne ha , tanto meno di parrucchini! Momento melodico e intenso, con Bruce che in maniera molto teatrale canta a suo modo le liriche , appena accompagnato dalla cassa di Nicko e dalle armoniche delle tre chitarre. Poi il brano, come sappiamo, ha un'accelerazione poderosa nella parte centrale con Steve scatenato e Bruce sapiente direttore dei cori e battimani del pubblico. E’ il momento del primo cambio d’abito per Bruce con l’immancabile giubba rossa e doppio bandierone con le insegne della Union Jack. “The Trooper” è talmente un classico delle scalette dei Maiden e in generale nell’immaginario di tutti i fan che è diventata anche il nome della birra prodotta dalle Robinson’s Brewery di Stockport sotto la supervisione dello stesso Dickinson. Naturalmente sulle bottiglie da 66cl viene rigorosamente riportato l’artwork bellissimo di Derek Riggs che sembra, però abbia incredibilmente creato qualche problema nella “civilissima” Svezia. Ma torniamo nelle atmosfere emozionanti della serata milanese del Sonisphere 2013, che con “The Number Of The Beast” ci regalano un'ottima scenografia fatta di fuochi e con l’immancabile “caprone” diabolico sulla sinistra del palco. Pericolo scampato dunque, i solerti Vigili del Fuoco italiani non hanno negato effetti pirotecnici come capitato in altre occasioni al pubblico di casa nostra. Senza indugi Bruce presenta “Phantom Of The Opera”, la prima vera canzone epica scritta da Steve Harris, non così spesso in scaletta quindi graditissima. Inutile sottolineare come i passaggi melodici con le tre chitarre assumano ancora maggiore corposità nel suono , con i bellissimi cambi di tempo che mostrano ancora un Nicko McBrain in grandissima forma. Bruce Dickinson è totalmente padrone della situazione e, come visto negli USA si permette addirittura di trasformarsi in una sorta di “Mago di Oz” dirigendo non solo il pubblico, come già detto ma addirittura i fuochi pirotecnici ! Le due successive tracce “Run To The Hills” e “Wasted Years” hanno emozionato giovani e vecchi cuori metallici. La prima classica è tornata in scaletta dopo un solo tour di esilio (avete presente il finale di En Vivo! con tutti ad acclamare la canzone non inserita) e presenta sul palco Eddie camminante (e sempre più sciolto e atletico) in versione generale Custer, con divisa, cappello e spada d’ordinanza! Soliti siparietti con Janick, che rischia di essere “amputato” da Eddie , prima di defluire non senza “l’onore alle armi”. Poi ecco il riff memorabile di “Wasted Years” , canzone che vede protagonista principalmente Adrian Smith, anche come backing vocals. La voce di Bruce non mostra nessun impaccio, nessun cedimento ed arriva anche amplificata molto bene. La band esce velocemente dal palco per cambi di chitarra e breve ristoro, sta arrivando uno dei momenti più esaltanti del Sonisphere italico, questa canzone e queste immagini rimarranno scolpite sicuramente da chi ha visto i Maiden questa sera per la prima volta. Stiamo parlando dei dieci minuti di “Seventh Son Of A Seventh Son” con Eddie/Guru come appare nell’artwork interno della cover originale che appare maestoso dietro il palco. Bruce se è possibile è ancora più teatrale e cerimoniale che negli USA, con cambio di cappotto e acconciatura plasmata dal gel. Sentenzia le parole profetiche nella parte centrale “Today is born the seventh one...” in un clima mistico quasi ipnotico nei confronti del pubblico, con sulla destra lo spettacolare organo argentato con Micheal Kenney alias Fantasma dell’Opera che suona truccato con un cerone bianco che lo rende inquietante. Poi, mentre il fumo scenico avvolge gli altri Maiden sullo stage, Bruce “accende” con un repentino gesto di mano le due candele ai lati di Eddie, ancora come se fosse un mago. Sembra una cosa stupida, ma vista dal vivo con i tempi giusti è stato un momento graditissimo dal pubblico , poi si china su un ginocchio in posizione laterale, in una sorta di contemplazione spirituale. E’ calato il silenzio sulla Fiera di Rho, non si sente quasi nessuno parlare o gridare, un momento veramente di grande misticismo e fanatismo maideniano con solo i flash dei fotografi amatoriali che si azionano . Poi ecco il cambio di tempo con Nicko e Steve a dettare i tempi, prima i due stupendi assoli di Dave e poi con l’altra doppietta di Adrian, prima che spettacolari esplosioni sopra il palco rendano il tutto un proscenio memorabile. Nel finale, quasi rassicurante, come un arcobaleno dopo la tempesta ecco aggiungersi l’armonica di Janick a quelle di Dave e Adrian, prima del turbolento finale sottolineato da un Nicko sempre stupefacente. Una delle parti strumentali più belle in assoluto degli Iron Maiden che, suonando meno velocemente rispetto agli anni ’80 i Maiden rendono ancora più epico. Giungono commenti entusiasti da varie zone del pubblico, non c’è tempo per lustrarsi gli occhi ancora lucidi il basso di Steve Harris irrompe in “The Clairvoyant” : brano che vede protagonista il grande Dave Murray che detta le sue melodie all’inizio e alla fine della canzone, oltre che proporsi nell’assolo. Bruce che nel frattempo si asciugato alla fretta e furia i capelli con un asciugamano, torna sullo stage con una capigliatura curiosa, sembra il finale di una scopa da spazzacamino, tanto sono scompigliati. Si spengono le luci e, già dal ritmo dettato da Nicko si intuisce che il momento di “Fear Of The Dark” ! Per i soliti strani motivi, il brano pur essendo bello, non si discute, ha però oramai travalicato tutti i paletti possibili e immaginabili che rendono una canzone metal solo per appassionati del genere, tanto da essere oramai così popolare da essere conosciuta anche da chi non ha dimestichezza con gli Iron Maiden. Forse il motivo va anche ricercato nelle splendide esecuzioni dal vivo, in cui tutto il pubblico parte con il classico “Oh Ohhhh Oh…” , è di fatto un brano studiato per fare cantare per oltre sette minuti il pubblico. Attesissimo il momento in cui Bruce chiama a raccolta il pubblico con “ You !!!!” con classica risatina malefica di riflesso alla risposta del pubblico. “Scream for me Milano, Scream for me Italia !!!!” Siamo giunti al momento topico, quando l’anthem “Iron Maiden” irrompe prepotentemente, tutti oramai sanno, anche i sassi che siamo giunti all’apparizione di Eddie dietro la batteria di Nicko. Infatti dal basso verso l’alto viene issato Eddie in versione Seventh Son–cover, spettacolare come sempre nei movimenti facciali (digrigna anche i denti) ma ancor più divertente per il pubblico è il “settimo figlio” che si muove nella placenta, come un fantasmino. Esplosioni pirotecniche, lanci di chitarra di Janick verso l’alto e verso il pubblico (se si rompesse la cinghia chissà dove finisce!!!) ed il consueto saluto, oramai un classico di Bruce “Thank you and good night, from Iron Maiden, from Eddie e from the boys” chiudono la prima parte del concerto con ovviamente Steve in posizione classica con mitragliamento di note verso il pubblico. Applausi sinceri e volti sorridenti, mentre i Maiden lanciano polsini e plettri con Nicko che chiude la fila. “Maiden Maiden Maiden !” non deve aspettare troppo il pubblico prima che il filmato della II Guerra Mondiale venga proiettato sui maxi schermi e la voce di Wiston Churchill si faccia sentire. In pratica è una specie di seconda partenza per gli Iron Maiden che tra fuochi e botti attaccano “Aces High” dopo l’intro marziale registrato. Sorprendente come Bruce a 54 anni (quasi 55) sia ancora così brillante vocalmente, dopo 90 minuti di concerto su un pezzo così ostico ma conquista definitivamente il pubblico italiano aggrappandosi sulle impalcature di sinistra chiamando e incitando il pubblico, inoltre rispetto all’anno scorso Bruce indossa un vecchio cappello di aviatore, come si addiceva ad un pilota di Spitfire inglesi (e come è stato disegnato anche da Riggs nel drappo sullo sfondo). Ancora una volta non c’è tempo per ulteriori riflessioni ed ecco in simultanea Adrian e Janick lanciare il riff melodico di “The Evil That Men Do”, straordinario pezzo rock, tutto sommato spesso inserito in scaletta e che, ovviamente non poteva mancare nella riedizione di Maiden England 1988. Da notare che Adrian e Janick fanno l’assolo insieme sia qui sia in “The Trooper”. Il battito ritmato sulla cassa dà il via a “Running Free”, pezzo di chiusura e straordinario inno di libertà giovanile, con Bruce che presenta in maniera colorita la band, non senza anche fare un battuta su alcuni personaggi che troppo precipitosamente si avviano verso i bagni chimici. Oramai abbiamo consumato il dizionario italiano; non abbiamo più aggettivi e parole per descrivere la grandezza di questo frontman! Cantante, pilota di aerei di linea, scrittore, disc jockey, discreto schermidore, ciclo amatore, imprenditore nell’aviazione e ora, scopriamo anche cabarettista ! Quest' ultima battuta (“aspettate ad andare in bagno, la canzone non è finita !”) ha fatto ridere di più di dieci comici di Colorado Cafè messi insieme! Purtroppo siamo giunti all’epilogo, a quelle 22.50 di cui parlavo all’inizio. Molti attendevano magari qualche cambiamento nella set-list, sebbene moltissimi la ascoltavano per la prima volta in Italia, certo Infinite Dreams non sarebbe dispiaciuta ma, nel complesso ancora una volta gli Iron Maiden hanno con grande professionalità tenuto il palco con un carisma ed un impegno encomiabili. Abbiamo ampiamente ricordato alcuni highlights della serata al Sonisphere ma, per capire cosa significa un concerto degli Iron Maiden con i suoi colori, i suoi giochi pirotecnici e le apparizioni multiple di Eddie bisogna esserci stati e poi come una droga non si può fare a meno che seguirli ancora e ancora altre volte. Vedere gli Iron Maiden è come imboccare una vecchia strada conosciuta , con tutti i suoi cliché ma al cui termine ci si ritrova felici e contenti come non mai, perché almeno in questi 100/110 minuti ci siamo liberati delle brutture del mondo in cui viviamo!

Diego Piazza