SEPULTURA + Angra + Unredeemed + Runover + Lectern
Live at "The Jungle" Cascina (PI)
SANDRO NEMESI
07/08/2015
recensione
Vista la vicinanza fra il mio domicilio e l’evento che vedrà esibirsi Sepultura ed Angra, al The Jungle di Cascina, ridente comune dell’hinterland pisano, avrei potuto anche intraprendere una bella camminata lungo la pista ciclabile che costeggia il fiume Arno, ma nonostante la temperatura sia stata leggermente affievolita dalla pioggia di ieri, la calura pomeridiana è ancora opprimente ed un doveroso pensiero al ritorno, ha fatto sì che optassi per pochi minuti di macchina. Dopo aver scelto accuratamente la maglia, optando per quella giallo – oro del Brasile, rigorosamente originale e penta stellata, con il numero 2 di Cafù sulle spalle, in onore alle band brasiliane che si esibiranno. Preso dalla voglia di arrivare quanto prima sul posto, alle ore 16:25, quando il termometro segnava 30°, sono salito in auto, arrivando esattamente un’ora e mezza prima dell’apertura dei cancelli. Ma non ero il primo temerario, un paio di capannelli si erano già formati sotto l’unico punto d’ombra presente. L’ora fatidica è arrivata ben presto, il tempo è passato velocemente fra quattro chiacchere con sbarbatelli diciottenni che facevano a gara a chi aveva visto più concerti e scambi di opinioni fra gli over enta-anta, che rimembravano i mitici concerti visti a cavallo fra gli anni ottanta e novanta. Nel frattempo la coda alla cassa aumentava visibilmente. Una volta all’interno dell’area Jungle, sita in un ampio spazio verde in riva al fiume Arno, si iniziava a respirare la frizzante aria pre concerto, fra borchie, vecchi giacchetti di jeans pieni di loghi delle band e magliette di ogni tipologia. E’ sorprendente la varietà di età e di provenienza del pubblico. Nell’aria aleggiava inevitabilmente il fantasma dei fratelli Cavalera, che incombeva pesantemente sulle spalle dei nuovi Sepultura.
Puntualissimi come un orologio svizzero, come da programma, pochi minuti prima delle 18:30 sono i romani Lectern ad aprire le danze. Ma il loro banale death metal non riesce ad animare le prime orde di metallari accorsi sotto il palco. Fra i riff indecifrabili delle chitarre ed un 4/4 iper veloce di poco impatto, il cantante vomita frasi incomprensibili, suonando costantemente la prima corda del basso a vuoto, precisamente il MI, facendo finta di premere i capotasti con la mano sinistra. Perfino i giovani metallari che si sbattono ad ogni minimo rumore che ricordi un accordo di chitarra, non vengono attratti dalle pseudo canzoni del combo romano, rimanendo indifferenti. Meglio passare oltre. Di ben altra pasta sono i Runover, che salgono sul palco pochi minuti prima delle 19. I nostri ci propongono un accattivante groove metal dalle forti tinte americane, ben strutturato e potente. Il pubblico capisce che tira un’altra musica e le teste iniziano a dimenarsi a tempo di musica. Nel penultimo brano in scaletta, viene invitato sul palco il vocalist dei pisani Wind Rose, che duetta con il cantante Marco Biagioli, il quale sull’ultimo brano si diverte ad emulare gli Slipknot prendendo a mazzate un barilotto di birra. Da segnalare l’ottima prova del chitarrista Andrea Vitelli, che da solo ha fatto molto di più dei due chitarristi dei Lectern. Dopo un breve rassettamento del palco da parte degli addetti ai lavori, è il turno degli Unredeemed, che iniziano il massacro alle 19:30 circa. Il combo tosco-piemontese, dove spicca il bassista dei Death SS Glenn Strange, ci propone un metal estremo dal forte impatto sonoro, il pubblico, che nel frattempo è aumentato vertiginosamente, apprezza e partecipa animatamente. Il vocalist “Giovannone” viene omaggiato con un reggiseno, per la felicità della fidanzata presente in platea. Sul finire della scaletta un piccolo inconveniente tecnico lascia al solo Glenn Strange il compito di portare avanti il brano, ma dopo neanche 20 secondi il guasto viene riparato e il wall of sound ritorna nuovamente potente e massacrante. Il tempo stringe, gli addetti ai lavori si muovono freneticamente per liberare il palco e far posto agli Angra. Una buona parte del pubblico viene attirata del fantastico odore delle salsicce che sfrigolano sui bracieri ardenti, e si formano lunghe file alle casse. Nel frattempo ho anche l’onore di attaccare sul palco le scalette del combo di San Paolo, per l’occasione “maccheronizzato” vista la presenza di Fabio Lione alla voce e dell’onnipresente Alessio Lucatti, ospite d’onore alle tastiere. E’ giunta l’ora degli Angra, dietro il palco sventola il telone con il logo della band carioca. Due minuti dopo le 20:30, l’intro strumentale fa accalcare il pubblico a ridosso delle transenne, pubblico che impazzisce alle prime note di New Born Me, brano di apertura dell’ultimo album Secret Garden, il primo con Fabio Lione alla voce. Il giovane batterista Bruno Valverde (24 anni!), aiutato da un bellissimo gioco di luci, ci martella con la doppia cassa. Senza un attimo di pausa è il turno di Acid Rain, tratta da Rebirth, che Fabio Lione inizia con un prolungato urlo da brividi. La successiva Spread Your Fire è pescata dall’album Temple Of Shadow, le teste dei fans si dimenano sotto i colpi del giovane drummer, mentre gran parte delle prime file è ben preparata e canta a squarcia gola il brano. Dopo questo formidabile trittico, Fabio Lione, che gioca in casa, presenta l’altro pisano presente sul palco, il tastierista Alessio Lucatti (Vision Divine, Etherna), che devo dire non sente il peso dell’evento, e suona con una scioltezza tale che fa sembrare faccia parte della band da sempre. Il nostro vince l’emozione e ci colpisce con una meravigliosa introduzione orchestrale che spalanca le porte a Lisbon, tratta da Fireworks, dove si fa notare Rafa Bittencourt con un bellissimo assolo. Si ritorna al nuovo album, con il primo singolo estratto, la bellissima power ballad Storm Of Emotion, introdotta da Felipe Andreoli con un bellissimo arpeggio di basso suonato in percussione. L’ammaliante inciso cattura il pubblico, che a squarcia gola accompagna Fabio Lione, il quale dà il meglio di sé su un brano che sente suo. Il pubblico impazzisce alle prime note di Angel Cry, title track dell’album d’esordio datato 1993, dove Kiko Loureiro durante l’assolo, fa capire come mai sia stato chiamato alla corte di Re Mustaine. Final Light è il secondo singolo estratto da Secret Garden, Fabio Lione sfrutta il fattore campo e intrattiene il pubblico, parlando dell’emozionante esperienza avuta durante le riprese del videoclip, avvenute in un affascinante museo di aerei. La successiva Holy Land, title track del secondo album, ci porta direttamente nei caldi e spensierati paesaggi brasiliani, con le sue ritmiche samba e le affascinanti sonorità carioca. Fabio duetta con il pubblico a colpi d’ugola, prima di presentare la successiva Nothing To Say, sempre dall’album Holy Land. Sotto le vibrazioni emanate dalla potente cavalcata in Mi maggiore, il pubblico inizia a pogare. Il tempo stringe, gli Angra sono costretti a tagliare un paio di brani in scaletta, Kiko alimenta il pogo con il funambolico assolo di Rebirth, title track del quarto album. Una bellissima introduzione orchestrale di Alessio Lucatti annuncia la finale Carry On, altro cavallo di battaglia tratto dal debut album, brano che scatena le prime file, mentre i più calmi cantano a squarciagola per tutto la durata del brano. Tempo di salutare il caloroso pubblico del Jungle, e gli addetti ai lavori sbaraccano velocemente il palco, si ha l’idea di premere il tasto dell’avanzamento veloce. E’ doveroso segnalare come gli Angra si siano dimostrati carini e disponibili con chi, come me, si trovava dietro le quinte per motivi di lavoro.
Gli addetti ai lavori si muovevano furiosamente per montare tutto il necessario alla performance che stava per arrivare, cavi chilometrici si distendevano sul palco, batteria settata, piccolo soundcheck di prova ed eravamo pronti per la deflagrazione che stava per esploderci nelle orecchie. Tolto il telo con il logo Angra, ora dietro alla batteria giganteggia quello con la scritta Sepultura. Le tenebre sono scese definitivamente, oscurando l’ampio spazio verde in riva all’Arno. Alle 22:15 si spengono le luci ed una inquietante introduzione apre i cancelli all’ingresso in scena delle star della serata. Il pubblico va in delirio sotto le graffianti note di The Vatican, brano tratto dall’ultimo album, dall’effimero titolo di The Mediator Between the Head and Hands Must Be the Heart, un violento pogo alza la polvere nella zona antistante il palco. Senza un attimo di pausa, potenti accordi annunciano al successiva Kairos, title track dell’album datato 2011. La martellante doppia cassa di Eloy Casagrande alimenta il pogo, mentre il gigantesco Derrick Green, che ricorda vagamente il simpatico John Coffey de “Il Miglio Verde”, si cimenta nelle percussioni. Il lancinante assolo di chitarra di Andreas Kisser viene impreziosito da uno spettacolare gioco di luci. Nonostante le fattezze che ricordano un Uruk-hai, Derrick Green si dimostra affabile, e prende confidenza con il pubblico del Jungle, presentando Propaganda, tratta da Chaos A.D.; l’impatto sonoro è devastante, i colpi sparati dalla doppia cassa arrivano allo stomaco, il pubblico impazzisce alle prime note di un brano dei tempi d’oro, sotto il palco si scatena una bolgia, alcuni fans vengono rotolati al di là delle barriere, ma vengono gentilmente respinti al mittente dalla security. Gli accordi cadenzati della successiva Breed Apart, estratta dall’album che ha consacrato la band di Belo Horizonte, Roots, calmano gli animi, il pogo cessa e le teste ondeggiano a tempo di musica, il gigantesco frontman torna a percuotere violentemente il timpano, mentre lo stralunato assolo di chitarra si insinua prepotentemente nei nostri padiglioni auricolari. Una breve pausa, deduco gradita dal drummer, e Mr. Kisser intrattiene il pubblico prima di presentare Inner Self, estrapolata dal terzo album Beneath the Remains. La martellante doppia cassa coadiuvata da bellissime luci blu elettrico che donano un’atmosfera psichedelica, invita nuovamente qualche temerario a raggiungere i propri idoli, ma viene prontamente respinto dalla security. Inquietanti rumori dal sapore industriale annunciano successivamente Dead Embryonic Cells, tratta dal quarto album ,Arise. Andreas Kisser getta benzina sul fuoco, incitando il già scatenato pubblico. Successivamente, oscurato dai fumi di colore azzurro, Mr. Casagrande fa vedere di che pasta è fatto, deliziandoci con un breve assolo che introduce Convincted In Life, tratta da Dante XXI, album ispirato al capolavoro dello scrittore toscano. Infatuato dal bellissimo connubio del fumo con le luci blu elettrico che seguono la ritmica, Eloy Casagrande picchia con tale violenza il drum set, spezzando una bacchetta. La successiva Choke, dall’album Arise, viene accolta meno calorosamente dal pubblico, forse esausto dall’incessante pogo. Si cambiano gli strumenti a corda e alle prime note di Cut Throat, il pubblico inizia nuovamente a pogare, facendo capire di apprezzare in particolar modo l’album Roots. Ma il popolo del Jungle accoglie a gran voce anche la successiva Apes of God, estrapolata da Roorback. Sotto il palco si scatena un’incredibile bolgia. Aiutati dall’inquietante effetto ottenuto dal connubio dei fumi con le luci rosse, i nuovi Sepultura spazzano definitivamente via i fantasmi dei fratelli Cavalera. Il pubblico urla a gran voce “Sepultura”, e nemmeno a farlo apposta il combo carioca risponde con Sepultura Under My Skin, tratta dall’omonimo EP pubblicato per festeggiare i 30 anni di attività. Il pubblico gradisce a canta il brano insieme a Andreas “Uruk-hai” Kisser. La successiva Friom the Past Comes the Storm, tratta da Schizophrenia, riporta un po’ di calma fra le prime linee, calma che dura ben poco, il pogo riprende forma allargandosi verso le estremità, sotto l’aggressivo wall of sound scatenato da Policia, tratta sempre da Chaos A.D., altro album amatissimo dai fans. Mr. Kisser, il quale si distingue con un funambolico assolo di chitarra, annunciando poi con il potente riff cadenzato Orgasmatron, rivisitazione del famoso brano dei Motorhead, che potete trovare sul quarto album. Il brano infiamma il pubblico, attirando l’attenzione anche dei più diffidenti verso la band capitanata dal bassista Paulo Jr, unico superstite rimasto della formazione originale, che concedetemelo, appare visibilmente un po’ invecchiato. Fra gli squinternati che si gettano al di là delle barricate, si segnala anche una temeraria ragazza, che per fortuna viene riaccompagnata con molta più grazia rispetto agli altri. Dopo una breve pausa, è il turno di Territory, dall’album Chaos A.D., introdotta dall’incredibile drummer Casagrande; con queste note la platea si infiamma e una miriade di mani innalzate verso il cielo, si muovono a tempo di musica. Il pubblico canta a squarciagola uno dei brani più coinvolgenti della serata. Il gigantesco frontman ringrazia doverosamente il caloroso popolo del Jungle, scatenando poi l’inferno con la successiva Arise, title track dell’album datato 1991. Il lancinante assolo di chitarra incrementa la bolgia al di là delle transenne, ed io sono ben felice di stare dall’altra parte della barricata, certe cose meglio lasciarle ai ventenni, io ho già dato in passato. Si spengono le luci, fra le tenebre fuoriesce il grido del pubblico “Sepultura”. Andreas Kisser poi massacra il timpano aprendo le porte a Refuse/Resist, ancora dall’album Chaos A.D. Sotto i colpi sparati dalla doppia cassa, e una bellissima atmosfera creata dalle luci blu cobalto, il pubblico canta a squarcia gola l’inciso. Un breve assolo di basso anticipa quello di chitarra, poi dopo un fragoroso finale i nostri salutano e ringraziamo il caloroso popolo del Jungle. Si spengono le luci, dalle tenebre sale alto il coro “Sepultura – Sepultura”. Fra un gelido vento e macabri rintocchi di campane, emerge una terrificante voce che sembra uscita dalle viscere dell’Inferno, annunciando a grande sorpresa Bestial Devastation, title track del primo EP della band, datato 1985. Una volta riconosciuto il brano, il pubblico impazzisce letteralmente, devastato dal potente wall of sound espresso dalla band carioca. Le transenne reggono a fatica l’urto del pubblico, non invidio affatto coloro che si trovano in prima fila. Paul Jr. e Mr. Kisser cambiano per l’ennesima volta gli strumenti, dopo una breve improvvisazione reggae riprendono il massacro con la travolgente Primitive Future, tratta da Beneath the Remains. I violenti colpi dell’incredibile batterista e i taglienti accordi di chitarra scatenano nuovamente l’Inferno al di là delle transenne. Un saturo riff di chitarra annuncia poi Biotech Is Godzilla, acclamatissima dal pubblico, come tutti i brani estratti da Chaos A.D. Mentre le transenne ondeggiano minacciosamente, si perde il conto delle persone che vengono catapultate al di là delle medesime. Il pubblico va letteralmente in delirio quando riconosce la caratteristica ritmica tribale che annuncia Ratamahatta, cavallo di battaglia tratto da Roots. Il gigante di Cleveland massacra il timpano, mentre la chitarra spara accordi taglienti come rasoi. Defilate sulla destra del palco, alcune ragazze danzano con lo sguardo perso nel vuoto, come ipnotizzate dalla ritmica tribale che fuoriesce dalla fragorosa muraglia di casse. Dopo aver accennato il saluto, il simpatico Derrick Green chiede al pubblico se vogliono ancora una canzone. La risposta è rumorosa e positiva, allora “un dos tres cuatro” e i nostri ci investono con le potenti vibrazioni di Roots, title track di uno degli album più significativi del metal estremo. I fans più esagitati, consapevoli che siamo giunti alla fine, spremono a fondo le energie, scatenando un pogo catastrofico che investe anche la parte di pubblico più tranquilla.
Dopo aver salutato il caloroso pubblico del Jungle, la combo brasiliana si defila dietro le quinte, svanendo come fantasmi fra le tenebre. Fra il pubblico che esausto si reca verso il bar, in cerca di una rifocillante birra, si scorgono solamente facce sorridenti. E’ stata una magnifica serata di grande musica, in barba a chi sosteneva che l’enorme differenza fra le sonorità dei due gruppi brasiliani avrebbe creato problemi. Sotto i colori della bandiera verde oro che recita "Ordem e Progresso" abbiamo assistito ad una grande serata di vera e genuina musica che contrapponeva la tecnica e la melodia degli Angra al devastante impatto sonoro dei Sepultura, non dimenticando le band del bel paese che hanno preceduto le band carioca, fra le quali a mio avviso sono emersi i Runover. Sicuramente entrambe le band brasiliane hanno acquisito nuovi seguaci. Gli Angra li conosco molto bene, ero curioso di vedere come se la sarebbero cavata i miei concittadini Alessio e Fabio, devo dire che entrambi hanno superato a pieni voti la prova. Abbiamo ammirato Kiko Loureiro, uno dei più grandi chitarristi del Pianeta, e due grandi batteristi, uno più tecnico, l’altro di una potenza ed una violenza inaudita. Per quanto riguarda i Sepultura, non essendo un loro fan sfegatato, non sono in grado di effettuare un paragone fra i Sepultura dei fratelli Cavalera e quelli odierni, ma i commenti captati dopo il concerto sono stati tutti positivi. Posso però dire di essere stato colpito dal potente impatto sonoro espresso dalla band carioca. Merita una nota speciale la perfetta organizzazione logistica dell’evento. Il Jungle, facilmente raggiungibile dalla superstrada SGC e con il treno, si è dimostrato molto più funzionale di eventi maggiori, come ad esempio le due ultime apparizioni dei Metallica, catastrofiche sotto il punto di vista organizzativo e logistico. Il Jungle oltre a offrire ottimi panini, birra ghiacciata e ottimi cocktail, è inoltre dotato di un ampio parcheggio coperto e soprattutto gratuito, e sottolineo GRATUITO, in quanto in occasione del concerto dei Rammstein tenuto all’ Unipol Arena di Casalecchio di Reno, mi son sentito chiedere 15€ per parcheggiare l’auto, offerta gentilmente da me declinata, sfruttando poi intelligentemente il parcheggio di un grande magazzino prospicente la sede del concerto. Devo dire che assistere ad un concerto metal da dietro le quinte, ha un fascino del tutto particolare, si possono cogliere i momenti di tensione dei musicisti prima di entrare in scena, scambiare strette di mano e due parole con i più disponibili, vedere da pochi passi con che destrezza e naturalezza i veri professionisti suonano gli strumenti. Fantastica giornata, macchiata purtroppo dall’incomprensibile rifiuto dell’intervista da parte dei Sepultura, peccato. Non mi resta che ringraziare pubblicamente Alex Sabadini, boss del Jungle e del Borderline, che da qualche anno a questa parte, non senza pochi sacrifici, è riuscito a portare il metal al centro di Pisa. Grazie a nome di tutti, Alex.
1) The Vatican
2) Kairos
3) Propaganda
4) Breed Apart
5) Inner Self
6) Dead Embryonic Cells
7) Convicted In Life
8) Choke
9) Cut Throat
10) Apes Of God
11) Sepultura Under My Skin
12) From the Past Comes the Storm
13) Policia
14) Orgasmatron
15) Territory
16) Arise
17) Refuse/Resist
18) Bestial Devastation
19) Primitive Future
20) Biotech Is Godzilla
21) Ratamahatta
22) Roots