SCORPIONS + H.e.a.t
live in Piazzola sul Brenta (Padova), 18/07/2014
LORENZO MORTAI
20/07/2014
recensione
Dopo quasi quindici anni di assenza dalle scene italiane, nella splendida cornice di Villa Contarini presso Piazzola sul Brenta (Padova), si sono esibite le code di scorpione teutoniche più famose della storia: gli Scorpions, che hanno regalato al pubblico presente un live-excursus della loro carriera, suonando prevalentemente (ad eccezione di tre brani provenienti dagli ultimi album) pezzi presi direttamente dal periodo 1980-1990,e continuando l’ormai apparentemente infinito “Farewell World Tour”, in giro per i palchi del mondo da ormai tre anni abbondanti.
Arriviamo sul posto all’incirca alle 19-15, la location è da togliere il fiato, il palco è stato montato nella piazza antistante la villa, dalla parte opposta troviamo le gradinate per chi aveva il posto a sedere, e sotto al palco ovviamente lo spazio riservato ai possessori del Gold Ticket. Cominciamo purtroppo con le (poche, per fortuna) note dolenti dell’evento, l’organizzazione da parte della “ZED Live” e dell’ “Hydrogen Festival”: la quasi totale assenza di servizi igienici, fatta eccezione per due bagni prefabbricati posti dietro alle gradinate, e chiaramente sempre affollati di persone; punti ristoro, molti, ma con prezzi davvero poco abbordabili per la “gente comune” (io stesso, non essendomi premunito di cibarie a casa, sono arrivato a pagare un trancio di pizza sei euro tondi tondi, fra l’altro per un prodotto di qualità medio-bassa). Una volta entrati, prendiamo posto in fondo alla platea di persone, pur godendo comunque di un’ottima visuale, ed assistiamo all’esibizione della band di apertura, gli Svedesi H.E.A.T. Partiamo fornendo almeno qualche informazione su di loro: si sono formati nel 2007, e ad oggi hanno all’attivo tre full length ufficiali, l’ultimo dei quali uscito proprio quest’anno; il loro sound è un Hard Rock dalle tinte moderne, ma non disdegnano qualche venatura classic, carisma e refrain orecchiabile dei brani solo le loro armi vincenti, oltre ovviamente alla pulita, ma efficace, voce del cantante Eric Gronwall. Devo essere sincero, prima dell’evento non sapevo neanche chi fossero, ma per serietà e professionalità, prima di vederli dal vivo, avevo ascoltato qualche brano sparso a casa, pescato fra tutti e tre i loro dischi, e devo dire che, in cuffia almeno, mi avevano trasmesso sensazioni contrastanti, in alcuni pezzi infatti il tiro era più che buono e la resa anche, in altri invece peccavano di stile e fantasia, risultando, a tratti, monotoni. Ieri sera invece, dopo il loro ingresso sulla scena (circa alle 20.30), mi sono ricreduto su quasi tutti i fronti: devo ammettere infatti che, in versione live, rendono molto più che su disco, spiccando per doti chitarristiche e vocali, e proponendo una musica che arriva dritta al cervello, pur conservando quella base di semplicità; c’è da dire anche che il compito affidato agli H.E.A.T non era affatto facile, aprire l’esibizione di un pezzo di storia musicale non è cosa per tutti, ma devo dire che si sono battuti con valore, e hanno offerto una discreta apertura di cuore a tutti quelli che stavano aspettando con ansia e trepidazione gli Scorpions. Dopo l’esibizione della band di apertura abbiamo avuto una piccola (mezz’ora, quaranta minuti) pausa, di modo da dare il tempo a roadie e tecnici vari di montare l’attrezzatura ufficiale degli Scorpions, ultimare i collegamenti audio/video e controllare che tutto fosse a posto: alle 21.30 circa, dopo alcuni brani random passati alla filodiffusione, finalmente vediamo accendersi qualcosa sul palco, gli schermi cominciano a colorarsi di immagini variopinte e filmati in bianco e nero, le luci sul soffitto della scenografia si accendono, lasciando poi spazio ad una gigantesca S che campeggia dietro la sezione della batteria (montata, peraltro, su una pedana motorizzata che si innalzava fino a più della metà dell’altezza del palco, facendo quasi "salire" il drum- man Johan Franzon, turnista ingaggiato per sostituire il batterista ufficiale James Kottak, presente nel gruppo fin dal 1996 ma in questa data assente per problemi di natura legale e personale). Pian piano vediamo ogni singolo membro entrare sul palco, Klaus, Mathias, Rudolf e Pawel (ultimo acquisto del gruppo, essendo entrato soltanto nel 2004), le lacrime scendono quasi da sole, ricordando che stiamo osservando una pagina di storia musicale prendere vita sotto i nostri occhi, e loro, quasi ci avessero letto nel pensiero, iniziano intonando un brano tratto dal loro penultimo lavoro, “Sting In the Tail” del 2010, precisamente la title track. Tre minuti e dodici secondi di puro Hard Rock ci accompagnano per questo inizio di concerto, e nonostante si oda perfettamente che la base del brano è moderna, l’impatto che i teutonici riescono a dare, è lo stesso che davano negli anni 70/80, quel piglio incredibile e quel sound unico che tutt’ora continua a distinguerli dalla massa. Conclusa l’esibizione del primo brano, gli applausi fragorosi del pubblico di Padova si stagliano per tutta l’arena, cori e incitamenti arrivano da ogni dove, mentre il buon vecchio Klaus, nel suo tentativo di italiano (ben riuscito però, c’è da dirlo) ringrazia a sua volta il pubblico, ricordandogli sempre che il merito del loro successo, va a noi. Si prosegue in ordine con tre fucilate anni ’80 una dietro all’altra, “Make It Real”, “Is there Anybody There?” e “The Zoo”, tratte rispettivamente da “Lovedrive” del 1979 (“Is… There?”) e “Animal Magnetism” del 1980; i toni si alzano pian piano, il cuore del pubblico comincia a pompare ancora più sangue nelle arterie, mentre tutti continuano a chiedersi come faccia Klaus Meine ad avere ancora (quasi) la stessa voce che aveva 20/30 anni fa, è pulita, diretta come un calcio nei denti, tagliente come un rasoio e con un’estensione da far invidia a molti frontman odierni. In più, giusto perché non siamo mai contenti, il sound delle chitarre del duetto Jabs/Schenker, è dei migliori che si possano trovare, incisivo ed aggressivo, ma anche morbido e scivoloso, un equilibrio perfetto e con pochissime sbavature (pur essendo passati, ribadiamolo, 30 e più anni dagli inizi della loro carriera).Da qui in poi la strada è tutta in discesa, si passa da momenti di puro estro artistico-strumentale (come nel caso di “Coast to Coast”, contenuta in “Lovedrive” ed eseguita personalmente dal suo autore, Rudolf Schenker), ad altri in cui gli Scorpions ci danno ulteriormente prova di quanto siano ancora abili nel scrivere le canzoni (e lo fanno con “The Best Is Yet to Come” e “Raised On Rock”), finché l’intero show non deflagra in una bomba H fatta di note quando Rudolf indossa la maschera con la benda in testa e le forchette sugli occhi, il tutto mentre una sirena antiaerea comincia a rimbombare nelle nostre orecchie, e l’inconfondibile intro di "Blackout" ci fa quasi sanguinare da ogni poro. Perché, ed è sempre bene farci un discorso sopra, grande merito degli Scorpions, è quello di aver sempre saputo scrivere i brani, passando da partiture più secche e possenti (come era prassi negli anni ’70 o agli inizi degli ’80), ma anche struggenti ballad e power ballad, intrise di una melanconia quasi folle, ma che arriva dritta al cuore. Dopo altri brani sempre più power ed intrisi del carisma a cui ormai ci hanno abituato da sempre, conclude l’esibizione una tripletta ormai storica in tanti degli ultimi concerti fatti girando per il mondo: una versione da brividi di “Still Loving You” (cantata in coro col pubblico chiaramente ), in cui Klaus si erge sopra a tutti gli altri Scorpions, e da l’ennesima prova che lui ancora c’è, è li, vuole che noi lo ascoltiamo, vuole che sentiamo quanto sentimento c’è dietro a quelle note e a quei vocalizzi, vuole che ci accingiamo a cantare assieme a lui e creare un momento unico ed irripetibile; dopo “Still Loving You”, nella lista delle ballad più famose della band, non poteva che esserci lei, “Wind Of Change”, con uno straordinario impianto video dietro che proiettava le immagini del crollo del muro di Berlino (a cui, come tutti sanno, la canzone è dedicata), e mentre quel fischio così famoso percorre le orecchie dei presenti, vedendo quelle immagini ci pare quasi di essere tornati al 1989 a Berlino, a prendere a martellate e anche a mani nude se necessario, quel simbolo della follia umana, quella mostruosità eretta per separare gli animi degli uomini, e che pian piano, viene distrutto sotto i colpi della libertà, e nel frattempo anche il muro che si erge solitamente fra il pubblico ed il gruppo che suona, durante “Wind Of Change” cade miseramente, facendo diventare noi e loro una cosa sola. Chiudono in bellezza con quella che è considerabile una delle migliori canzoni Hard Rock mai scritte, contenuta nell’album “Love At First Sting” del 1984, e a tutt’oggi uno dei maggiori successi della band, “Rock You Like an Hurricane”, conclusione dei loro live da “World Wide Live” in poi: l’attacco classico aggressivo e veloce ci apre le porte della musica suonata come si deve, l’impatto è pazzesco fin da subito, il pubblico attendeva questo momento fin dall’inizio del concerto, ed adesso che è arrivato, gli animi si scaldano per l’ultimo, imponente sforzo assieme alla band, tutti all’unisono a cantare, con flash e luci stroboscopiche che partono da ogni dove, fumo e scintille che si alzano, e la voce di Klaus che grida direttamente nella nostra scatola cranica.
Finisce così uno dei live di maggior successo di questa estate, un concerto che, personalmente parlando, non dimenticherò tanto facilmente, considerando anche che non è così facile vedere gli Scorpions esibirsi nel nostro paese (l’ultima volta, se non consideriamo l’esibizione di mezz’ora al “Gods of Metal” del 2007, è stato ben 15 anni fa), ma i fortunati che erano con me, hanno avuto l’onore ed il piacere di assistere ad un live show che definire perfetto è poco, il sound che sono in grado di tirare fuori dagli strumenti e dal microfono rimane a tutt’oggi un mistero da risolvere, dove troveranno tutta quella energia? Abbiamo potuto sentire nelle nostre orecchie ciò che di buono (fra tantissime altre cose, ovviamente) è uscito dagli anni 70, e continua ancora oggi ad essere una pietra miliare della storia musicale, un gruppo che non finirà mai di stupire per l’alto tasso di tecnica che riesce a mettere ogni cosa che fa, e credo che a questo punto sia doveroso dire che è questo che separa i musicisti dai veri pilastri del mondo delle note, l’insana e potente capacità di donarsi completamente alla dea della musica, senza remore o ostacoli sul cammino, pronti ad affrontare qualsiasi difficoltà per far si che essa sia contenta, e per fare in modo soprattutto che il pubblico continui a tenerti nel palmo della sua mano anche dopo 10,20, 30 anni, quando ormai i capelli bianchi prendono il sopravvento, ma la gente continua ad infiammare il proprio animo quando attacchi il suo brano preferito, quello che porta con sé nel cuore, quello che magari rappresenta un pezzo importante della sua vita. Per cui, grazie Scorpions, grazie per averci offerto tutto questo, per averci regalato due ore di assoluta complicità con voi, per aver fatto si che i sogni di tanti si avverassero, e soprattutto per aver calcato il palco del nostro paese dopo così tanti anni, non lo dimenticheremo mai! (Io per primo).
1) Sting in the Tail
2) Make it Real
3) Is There anybody There?
4) The Zoo
5) Coast to Coast
6) Loving you Sunday Morning
7) The Best is yet to Come
8) Send me an Angel
9) Holiday
10) Raised on Rock
11) Tease me please Me
12) Hit Between the Eyes
13) Blackout
14) Six String Sting
15) Big City Nights
16) Still Loving You
17) Wind of Change
18) Rock you like a Hurricane