PROTEST THE HERO
European Summer 2016
01/07/2016 - Live @ Legend Club (MI)
PAOLO FERRARI CARRUBBA
08/07/2016
recensione
Oggi giorno il panorama metal è incredibilmente vasto, variegato e anche variopinto, tuttavia alcuni stereotipi sono ancora duri a morire e per molti ascoltatori il verbo del vero metallo rimarrà per lungo tempo l’unico mantra. La globalizzazione del genere è un dato di fatto incontrovertibile, la cultura metal è inarrestabile e alcuni grossi nomi sono ancora per certi una vera e propria ancora pesantissima, così pesante da creare quell’idea malsana, il preconcetto del poser, uno stereotipo scomodo, noioso, antistorico. Troppo spesso chi scrive denota un atteggiamento elitario da parte di molti, un comportamento volto all’estrema difesa dei canoni classici del genere, un ermetismo che conduce l’ascoltatore a precludersi la possibilità di esplorare lidi sperimentali, lontani dai canoni severi del genere. Una difesa romantica dell’heavy metal, da parte persino degli esponenti della generazione più recente, la quale al contrario dovrebbe essere proprio quella più predisposta alla ricerca di nuove sonorità e soluzioni alternative. E’ come se la fidelizzazione portasse l’ascoltatore medio a chiudersi in un limbo, un’oasi sicura, un’ottica ermetica in cui tutto ciò che non rispetta i canoni stilistici classici del genere sia materia obsoleta, da ignorare. D’altro canto una gran parte degli ascoltatori non ci sta, non si accontenta, e si getta nella continua ricerca di sonorità inedite. Per fortuna nel panorama contemporaneo esistono varie realtà in grado di soddisfare ampiamente i bisogni di quella fetta di pubblico che aborre idee pregiudizievoli. La scena metal è sempre stata dinamica e ricca di gruppi sperimentali, sin dagli albori; dunque generi relativamente recenti come il metalcore, il mathcore o il post-hardcore, rappresentano ciò che rappresentava il crossover agli occhi dei metallari nella seconda metà degli anni ‘80: una botta di vita, un cambiamento, evoluzione. Prendere o lasciare dunque, la via di mezzo non è un’opzione consentita; la polarizzazione della scelta è inevitabile davanti ad artisti dotati di una così grande personalità. Il pubblico può solamente limitarsi a considerare le nuove realtà come una svolta, un sinonimo di progresso, oppure l’ennesimo tradimento di quegli scomodi canoni che furono dettati oltre trent’anni orsono. Il sottoscritto pochi anni fa fece la sua scelta, identificando tra le tante interessanti nuove realtà della scena, i canadesi Protest The Hero come sommo esempio di progresso e innovazione. Il moniker Protest The Hero troppo spesso viene erroneamente associato al metalcore, e di sovente viene snobbato a piè pari con pretesti pregni di una dubbia cognizione di causa. Chi scrive ne ha sentite dire di ogni sui nostri canadesi: commerciali, gay-friendly (come se fosse un difetto), “ah gli acuti effeminati del cantante”, “ah ma sono quelli che suonano tutto in tapping” “ah ma non è quello della lola.” Bene. I Protest The Hero lo dichiarano apertamente, essi desiderano le critiche di chi non riesce a capirli. I componenti del combo sono consapevoli, strafottenti, troppo fieri della loro personalità per tirarsi indietro. Rody Walker e compagni sono forti di un sound talmente unico e personale da essere di difficile catalogazione, chi definisce i Protest The Hero una band metalcore tende infatti a racchiudere il combo in una gabbia, inscrivendoli in una definizione, uno stile che non gli si confà affatto. Sin dall’ep di debutto “A Calculated Use Of Sound” [2003, autoprodotto] il gruppo fu alla ricerca di un’avanguardia sonora, uno stile ibrido che unisce molteplici influenze, concretizzato in un muro di suono dinamico e compatto, mai scontato ma sempre d’assoluto impatto. I Protest The Hero mi folgorarono all’età di 18 anni, nel pieno del mio periodo di intransigenza metal classica: una proposta musicale trascinante e potente, sublimata dalle performance del versatile frontman Rody Walker, dotato di un timbro particolare, di primo impatto ostico, ma anche tremendamente catchy, capace di passare da acuti altissimi a scream acidi e growl granitici. Pura personalità, tappa dopo tappa i canadesi hanno conquistato importanti traguardi che li hanno condotti a suonare come headliner in grandi festival in giro per il mondo; una crescita artistica costante caratterizzata esclusivamente da lavori vincenti, basati su un personale ibrido tra mathcore e progressive metal. La dichiarazione di intenti è da sempre stata univoca: evolvere e distinguersi dalla massa, i nostri non si sono mai sottomessi alle rigide leggi di mercato, mai sono scesi a compromessi, rinunciando per certi versi a immense e facili possibilità di successo, preferendo riscuotere i propri meriti con una proposta musicale onesta e sincera, mai veicolata dalle esigenze commerciali delle label. Altro grande punto di forza del combo è dunque costituito dal pubblico: L’ultimo album Volition, è stato infatti interamente realizzato grazie a un’iniziativa di crowd founding; in sostanza il budget per la produzione è stato raccolto solo ed esclusivamente tramite donazioni spontanee da parte dei fan, scelta significativa che indica la volontà del gruppo di rimettersi completamente al pubblico, una dedizione senza precedenti.
Dopo questa lunga e doverosa introduzione, veniamo al fulcro dell’articolo con il live report del concerto del primo Luglio 2016, presso il “Legend Club” di Milano. Chi scrive era dubbioso sulla location, il “Legend Club” è infatti un locale piccolo, minuscolo di fronte al tenore logistico delle location che ospitano i Protest The Hero all’estero. La location si rivelerà comunque forte di un’acustica chiara, nitida e potente. L’esterno del locale adatto all’accoglienza dei fan e del gruppo, grazie alla presenza di numerosi tendoni, sdraio ed amache; comfort coronati da un punto di ristoro dotato di bevande e cibarie varie. Arrivo sul posto verso le 19 accompagnato da un allegro manipolo di amici; il clima è afoso ma troviamo subito conforto sotto i tendoni. Immediatamente tra i non numerosi fan in giro per il parco del locale, scorgo niente meno che i membri dei Protest The Hero placidamente sdraiati e intenti a rilassarsi sulle amache. Inutile dire che io e compagni d’avventura siamo subito accorsi a farci foto e chiacchierare coi membri, i quali si sono dimostrati incredibilmente disponibili all’approccio coi fan, comportamento assolutamente non scontato. Rody e compagni sono dei ragazzi come chi scrive, appena più vecchi, e quest’accoglienza squisita mi mette ancor più di buon umore: loro si sentono a casa, e io mi sento a casa, l’atmosfera è fantastica, tremendamente accomodante e personale. Metto immediatamente le mani davanti evidenziando il difetto principale della location: Per quanto il Legend Club sia dotato di comfort e ottima acustica, la location si è da subito rivelata inadatta ad ospitare concerti durante il periodo estivo; infatti sia io che i miei amici siamo stati costretti dal caldo ad ignorare ambedue le meritevoli band di supporto, i veronesi Define e i genovesi Set In Motion. Non è accettabile assistere a concerti in location minuscole e al coperto, nelle quali si raggiungono temperature a dir poco critiche, il disagio è stato concreto. Durante le esibizioni di entrambe le band troviamo conforto nello spazio verde al di fuori del locale; verso le 21.10 i Set In Motion finiscono di eseguire la loro scaletta e tutto il pubblico, composto da meno di 200 persone, si accinge all’entrata del locale. Riesco a raggiungere una postazione dalla visuale favorevole, a circa tre file dal palco; l’esaltazione e il caldo sono alle stelle, ma l’adrenalina che ho in circolo azzera ogni percezione estranea al pensiero di star per assistere a un’esibizione spettacolare. I canadesi non si sementiscono affatto, entrando in scena alle 21.30 spaccate ed infuocando da subito il locale con “Bloodmeat” e “Sequoia Throne”, due classici estratti dal secondo album in studio, l’acclamato “Fortess” (2008 Undeground Operations/ Vagrant Records). Sin dall’attacco della prima traccia i ritmi sono serratissimi, un muro di suono dinamico ma compatto, un’immensa tempesta di tapping e ritmiche dispari supportate dal drumming a dir poco chirurgico di Mike Ieradi. La componente mathcore e quella prog si intrecciano con grande perizia, creando un tappeto perfetto su cui l’istrionico frontman da il meglio di se stesso nell’impetuoso l’avvicendarsi di acuti incisivi e harsh vocals cavernose. L’adrenalina raggiunge immediatamente l’apice, tutto il pubblico si dimena in un pogo vigoroso, l’aria è pregna di passione, un’atmosfera colma di energia e adrenalina. Nonostante i repentini e continui cambi nelle strofe, tutto il pubblico canta in assoluta simbiosi con Rody. Il suono profondo dei fraseggi variopinti del bass player Arif Mirabdolbaghi [non chiedetemi come si legge] rimbomba nel petto e i due chitarristi Millar e Hoskin creano un intreccio vario ed articolato: Ogni strumento è complice del muro di suono, e nel contempo protagonista; un vero trionfo di tecnica sublimato dall’emotività del singer. I primi due brani in scaletta scorrono con una velocità disarmante, rimango spiazzato e allo stesso tempo esaltato oltre modo. Un breve interludio offre a Rody Walker la possibilità di dimostrarsi non solo un grandissimo cantante, ma anche un brillante show man, dotato di un’ottima tenuta di palco, arricchita da simpatiche gag e aneddoti sul tour. La pausa non dura molto, improvvisamente i canadesi imperversano sul pubblico con la splendida “Clarity”, traccia d’apertura dell’ultimo Lp “Volition” (2013, Razor & Tie Records), la traccia è sognante e leggermente più lineare rispetto agli estratti di “Fortress”, in questo caso c’è maggiore equilibrio tra la componente math e quella prog, a favore di più ampie aperture melodiche, in ogni caso tutti i brani fin ora proposti risultano azzeccatissimi per la proposizione in sede live. “Clarity” è un altro pezzo scorrevole da cantare a squarcia gola, la simbiosi tra pubblico e gruppo è costante, accentuata dalla struttura maggiormente lineare della canzone, dotata di uno splendido refrain melodico. La terza traccia non fa in tempo a terminare che immediatamente l’attacco dell’immancabile “C’est La Vie” (estratta da “Scurrilous”, 2011, Underground Operations) incendia ulteriormente il pubblico, il quale intensifica il pogo e accentua la partecipazione con stage diving e cori continui. I Protest The Hero sono dei veri leoni, chi scrive si aspettava una performance ottima, tuttavia il concerto supera di gran lunga le aspettative rivelandosi un evento devastante. La traccia in questione è il singolo di lancio della terza prova in studio dei nostri, un altro pezzo di grande impatto e dalle tinte melodiche squisite, probabilmente il pezzo prediletto di chi scrive. Lo stupore è immenso, pezzi dalla così ampia componente tecnica sono decisamente complessi da riproporre in sede live, eppure i nostri sembrano assolutamente rilassati e a loro agio, i canadesi si divertono, sorridono, ammiccano al pubblico con gran naturalezza. Inutile rimarcare la sempre crescente risposta dei presenti all’esecuzione: la tensione emotiva è continua, non c’è alcun calo di sorta. Senza alcuna interruzione i Protest The Hero continuano la loro avvincente performance con “Hair-Trigger”, secondo brano e secondo singolo estratto dallo splendido “Scurrilous”; il pezzo in questione presenta un contenuto tecnico ancor più elevato rispetto a “C’est La Vie”, eppure i nostri non sembrano patire nemmeno un momento di stanca, il brano nonostante la spiccata impostazione melodica fa strage del pubblico generando un pogo infervorato, l’energia è palpabile e l’atmosfera è sempre più rovente. Rody e compagni si concedono una seconda pausa di ristoro in cui partono cori di incitamento da parte del pubblico, simpaticamente ritmati dal batterista. Il frontman fa quasi fatica a inscenare la sua gag, costantemente interrotto dai cori del pubblico, tutti i presenti sono uniti da un’esaltazione a livelli stellari, la musica ancora una volta si rivela il miglior collante sociale di sempre. La scaletta continua con due brani furiosi tratti da “Kezia” (2005, Underground Operations/Vagrant Records), il primo lavoro in studio dei nostri: un album che potrebbe risultare acerbo, ma che a undici anni dall’uscita ha ormai guadagnato per molti la nomea di classico; un’autentica punta di diamante del mathcore. Torna prepotente il gioco ritmico sincopato dei due pezzi estratti da “Fortress”: “Nautical” e “No Stars Over Bethlehem” sono due composizioni viscerali e potenti, caratterizzate da un songwriting ricco ma meno barocco rispetto a quelle dei dischi successivi. In questo caso la componente emo è molto forte, chi scrive era scettico sulla resa live dei due brani presi in questione, eppure l’impatto esecutivo risulta assoluto anche in questo caso. I canadesi riescono a offrire una performance magica anche proponendo del materiale datato e distante dagli attuali standard compositivi. Quanta magia, contrariamente alle aspettative, “No Lights Over Bethlehem” ha rappresentato un altro picco qualitativo del concerto. Conclusa la parentesi retrò i Protest The Hero si prendono un’altra breve pausa in cui Rody chiacchiera a proposito dell’ultimo ep del combo, “The Pacific Myth”, per ora pubblicato solamente in formato digitale, e anche in questo caso lavoro finanziato solo ed esclusivamente grazie ai fondi offerti dal pubblico. La prossima traccia sarà ovviamente estratta dall’ep in questione: “Tidal” è un altro pezzo vincente, canzone massiccia in grado di mettere in evidenza lo squisito equilibrio tra la componente tecnica e quella emotiva, dimostrazione e sintomo concreto della sempre crescente perizia compositiva della band. Nonostante la pubblicazione dell’ep sia recentissima, tutto il pubblico canta a squarciagola “Tidal”, intonando persino cori sui riff, il pezzo scorre elaborato ma dinamico, chi scrive era letteralmente a bocca aperta durante l’esecuzione della canzone presa in analisi; una sorpresa dietro l’altra. D’ora in poi non ci saranno più pause, i nostri continuano a fulmicotone proponendo “Underbite” e “Yellow Teeth”, due pezzi estratti da “Volition”, anche questi perfetti per la proposizione in sede live. “Underbite” è un brano privo di refrain, ma costruito su strofe anthemiche che il pubblico puntualmente intonerà con grande partecipazione; “Yellow Teeth” invece è una canzone ancor più travolgente, dotata di un ritornello indimenticabile e ruffiano, perfetto per esser cantato dal vivo. E’ passata ormai un’ora dall’inizio dal concerto, tuttavia sia l’energia del pubblico che del gruppo pare inesauribile, i Protest The Hero concludono la loro ahimè breve setlist con l’avvincente “Limb From Limb”, ultimo estratto da “Fortress”, brano in cui il prevalente elemento mathcore è spezzato da uno squisito assolo di tastiera dal taglio prog, riadattato dal vivo con un arrangiamento a sei corde. Il gruppo abbandona il palco tra copiosi applausi e urla, ma tutti i presenti sanno che c’è tempo per un ultima sorpresa; poco dopo infatti i canadesi tornano in scena per regalarci la perla definitiva della serata, l’indimenticabile “Mist”, ultimo singolo estratto da “Volition” e per chi scrive uno dei migliori brani mai composti dal gruppo. Un vero trionfo di emozioni, “Mist” è una canzone incredibilmente perfetta, un connubio di tecnica, melodia ed emotività. La perizia compositiva è sbalorditiva, questa volta il connubio tra mathcore e progressive è calibratissimo, le strofe sono limpide e il ritornello è melodico e sognante, probabilmente il refrain più memorabile di tutto Volition. La risposta del pubblico è immensa, una sinergia iniziata immediatamente con Bloodmeat e destinata a durare fino alla fine. Anche ora che i nostri hanno finito di suonare, i cori continuano, l’atmosfera si mantiene surreale e magica. Non nego di essermi commosso più volte durante l’esecuzione.
Finito il concerto i ragazzi si mettono di propria, spontanea volontà alla mercé dei fan, sommersi da chiacchiere, foto e richieste di autografi. Io stesso torno a chiacchierare piacevolmente col vocalist, dal quale riesco a farmi rivelare l’imminente uscita in formato fisico di “The Pacific Myth”, tale notizia è l’ultima grandiosa sorpresa della serata. La disponibilità di Rody e compagni è magnifica, artisti di fama internazionale aperti al dialogo, amichevoli e fraterni, un atteggiamento umile e spiazzante capace di riempire il cuore dei fan. Davvero, come si fa a non amarli? Uscendo dalla veste tecnica di recensore, trovo sia veramente fantastico potersi confrontare in prima persona con degli artisti così simpatici ed umili, un’umanità fuori dal comune. Dei grandissimi artisti, ma prima di tutto delle grandissime persone. Tirando le somme dunque mi sento di affermare tranquillamente di aver assistito a un concerto indimenticabile sotto ogni punto di vista. I Protest The Hero sono una band straordinaria e indubbiamente meritevole di successo. Una realtà che sin dagli albori è stata in grado di distinguersi, creando un sound unico, forte di una personalità inarrivabile e di una capacità tecnica invidiabile. La perizia di questi ragazzi è dunque sfaccettata e molteplice, ogni elemento conduce a rimarcare la passione palpabile con la quale i nostri si approcciano all’arte musicale. A undici anni dal debutto sulle scene, la strada dei Protest The Hero è ancora lunga, è tuttavia auspicabile pensare che la loro inesauribile ispirazione, possa condurre il gruppo a livelli di fama ancor più alti. La meritocrazia in questo caso sta donando ai canadesi un successo più che meritato, la realtà musicale in questione potrebbe tra alcuni anni essere concretamente innalzata nell’olimpo dei grandi nomi del genere. Pensiamo al fatto che la critica mondiale ha lodato ogni album fin’ ora pubblicato dal combo: Kezia, Fortress, Scurrilous e Volition sono tutti e quattro dischi eccellenti, quasi inattaccabili, almeno due di essi sono lavori perfetti; quattro capolavori che hanno regalato ai Protest The Hero lo status di band di culto, una realtà avanguardistica e solida, destinata a far parlar di se anche negli anni a venire. Per quanto mi riguarda se la vena compositiva del gruppo rimarrà così compatta ed avvincente, la strada per i nostri sarà tutta quanta in discesa, la grande fama mondiale li aspetta. Auspico dunque ai lettori più intransigenti di aprirsi, evolvere e ampliare le proprie vedute per fruire di una proposta musicale di altissimo livello. Non abbiate paura di superare gli stereotipi stilistici del metal classico: I Protest The Hero sono il futuro, abbracciate il futuro.