MOTUS TENEBRAE
Deathrising release party
Live at Borderline Club (Pisa)
SANDRO NEMESI PISTOLESI
03/04/2016
recensione
A poco più di un mese di distanza rieccomi al Borderline, il più importante luogo di ritrovo pisano per chi ama ascoltare la buona musica. Il caratteristico pub, dove vengono spillati litri e litri di birra e serviti ottimi cocktail ed importanti rum, è ubicato in Via Vernaccini numero 7, nel pieno centro di Pisa, lato tramontana, a pochi passi da uno degli spettacoli più belli che offre il Bel Paese, la piazza Dei Miracoli. La nuova (si fa per dire) gestione sotto la direzione di Alex e Paolo, miei amici di lunga data, si appresta a spegnere le 10 candeline proprio in questo periodo, continuando la tradizione che vede associare buona musica e alcool, iniziata ormai venti primavere orsono dai precedenti proprietari. Lo scorso Febbraio il locale di Alex Sabadini, ospitava i Deathless Legacy, che con una iniziativa vincente presentavano in anteprima al pubblico il loro nuovo album. Esperimento riuscito a pieno (e che potete trovare accuratamente da me dettagliato nella sezione “Live Report” del sito Rock&MetalInMyBlood) tanto da essere riproposto dai Motus Tenebrae, altra importante band dell’underground pisano, che ora andiamo a conoscere. L’oscuro combo pisano, nasce a Pisa nel Luglio del 2001, sotto il volere del bassista Andrea Das Cox e del cantante chitarrista Luis McFadden, membri storici che ancora fanno parte della line-up. I due si avvalgono della collaborazione del batterista Mauricio Tremolo e della seconda chitarra Marko Giampaolini. Ad Aprile del 2002 i nostri pubblicano il loro primo EP “Beyond”, che non nasconde lo sviscerato amore verso le icone del gothic metal Paradise Lost. Nel 2005 esce il loro primo full lenght, intitolato “Wayside”, che vede il primo dei molti avvicendamenti, alla seconda chitarra infatti troviamo Franz Dima. Assai più maturo, l’album attira l'attenzione della New LM Records, che offre un importante contratto alla band. Sotto la supervisione dell’agenzia Necrotorture, i nostri iniziano a calcare i palchi del Bel Paese, diffondendo il loro oscuro messaggio musicale. Contemporaneamente iniziano a comporre materiale per il nuovo album, che verrà alla luce nell’Ottobre del 2007, con il titolo “Soul Expression”, con un importante variazione di formazione: dietro le pelli troviamo la massacrante drum machine Anton Inserillo, reduce da due album con i mostri sacri Death SS. Con il nuovo album e la nuova formazione, i Motus Tenebrae si guadagnano meritatamente l’appellativo di una delle migliori band gothic doom metal del panorama musicale italiano. Nonostante il successo, i nostri, a parte i pilastri Das Cox e McFadden, non riescono a mantenere una formazione stabile, e nel 2009 esce “The Synthetic Bliss”, con due nuovi acquisti, Von Marra alla batteria e Daniel Cyranna alla seconda chitarra. Il sound è maturato ulteriormente, e lascia trasparire influenze TypeONegativeiane. Nel 2012 a sorpresa, una delle due colonne portanti abbandona clamorosamente la band e dietro al microfono troviamo Valerio Voliani, mentre a massacrare le pelli c’è l’importante ritorno di Anton Inserillo. I nostri aggiungono tastiere e pianoforte, portando una addolcimento delle sonorità, molto vicine al gothic metal scandinavo e pubblicano “Double Black”. Nel 2014 un’altra importante rivoluzione, la band diventa un quintetto, viene aggiunto un tastierista di ruolo, il giovanissimo Harvey Cova, mentre dietro al drum set troviamo l’eclettico Andrea Falaschi, martellante metronomo dei Deathless Legacy, ma la sorpresa più importante è il ritorno di Luis McFadden nelle vesti di frontman. I nostri si buttano a capofitto su nuove composizioni, e dopo cinque mesi dal loro quattordicesimo compleanno, il 9 Dicembre del 2015 esce il loro ultimo album, intitolato “Deathrising”, distribuito dalla My Kingdom Music Records e che proprio stasera ci viene riproposto quasi interamente in versione live, sfruttando il fattore campo. Visto che i Motus Tenebrae, pur rimanendo sempre nell’ambito gothic-doom, hanno sempre visto il loro sound in evoluzione, siamo veramente curiosi di sentire i brani del nuovo lavoro. A causa della difficoltà di trovare parcheggio e delle letali telecamere poste nella zona a traffico limitato, tutte le volte che mi reco al Borderline, ho l’abitudine di parcheggiare nell’ampio parcheggio di Via Battelli e farmi due passi. L’orario e la calda serata primaverile (con Ra già a letto da un paio d’ore, il termometro segna ancora 17°) mi permettono di allungare di qualche passo il mio tragitto, ed affacciarmi ad ammirare il suggestivo scenario offerto dai lungarni pisani, che nelle ore notturne danno il meglio; il riflesso delle luci artificiali e della pallida luce lunare, dona alle acque dell’Arno un bellissimo effetto che le fa sembrare d’argento. Nonostante questa piccola deviazione, come sempre, arrivo in netto anticipo rispetto all’orario previsto per l’inizio dello show, stavolta mi supero, arrivando addirittura prima dei proprietari. L’incantevole Giulia mi permette di entrare ugualmente, e mi metto a fare due chiacchere con la band, scoprendo che condividiamo gli stessi gusti cinematografici. Lentamente, molto lentamente, la sala inizia a riempirsi, come sempre, i primi ad arrivare sono i colleghi musicisti della scena pisana, fra i quali spiccano i Deathless Legacy quasi al completo, Fabio Lione ed Alessio Lucatti dei Vision Divine.
Dietro la batteria giganteggia un inquietante telone nero che ripropone la copertina del nuovo “Deathrising” ovvero una versione sexy della Grande Mietitrice. Alle 23:50 finalmente si parte, dopo un breve intro, le prime tristi note arpeggiate da Daniel Cyranna ci fanno capire che i nostri hanno deciso di aprire le danze con” Cold World”, subito dopo, siamo investiti da un impatto sonoro a dir poco devastante. Per rendere ancora più cupo il sound, gli oscuri musicisti pisani si sono accordati in “la”, quattro toni sotto l’accordatura standard. L’amore verso i Paradise Lost viene a galla anche in questa nuova composizione. Andrea Falaschi ci massacra con un micidiale tappeto di doppia cassa, affiancato dal basso tellurico di Andrea Das Cox. Luis McFadden canta con grinta le strofe, arrivando a graffiarsi la gola nell’inciso. Le nebbie artificiali annunciano un oscuro assolo di chitarra di sabbatthiane memorie. Dopo questo tetro pezzo di puro doom metal, Andrea Falaschi decide di alzare l’asticella dei BPM. E’ il turno di “For A Change” I nostri ci abbattono con un wall of sound massacrante. Nell’inciso rallentano notevolmente i battiti per minuto, poi, quasi in growl, Luis McFadden annuncia l’assolo di chitarra. Dopo questa martellante alternanza fra tremende sfuriate all’unisono e ritornelli cadenzati, inizio ad insospettirmi a causa della totale assenza delle tastiere. E’ il turno di “Light That We Are”, aperta da un soffocante riff di Sabbatthiane memorie con i BPM ai minimi livelli. Nella graffiante strofa old style, i nostri accelerano rispetto all’oscura introduzione. Nel melodico ritornello Andrea Das Cox accompagna con pastosi accordi di basso che ci arrivano fino allo stomaco, mentre il nuovo drummer dimostra di essere la scelta giusta. Se due indizi fanno una prova, con tre il caso è risolto. Il povero Harvey Cova non è ancora pervenuto, mi sento in dovere di farlo presente al diretto interessato, che gentilmente mi invita ad esporre il problema al tecnico del mixer. Una volta risolto il problema, dopo questo massacrante trittico di brani tratti dal nuovo lavoro, i nostri vanno indietro nel tempo e ci propongono “Saints Are Coming” dall’album “The Synthetic Bliss”, datato 2009. Introdotta da Harvey Cova, che finalmente possiamo apprezzare. Andrea Das Cox ci massacra con un potente giro di basso. Nel melodico inciso spiccano te le trame della Korg, che devo dire rendono più avvolgente il potente impatto sonoro del tenebroso combo pisano. Si ritorna al nuovo album con “Black Sun”, aperta dal Harvey Cova con un bellissimo intreccio di pianoforte e strings. La cadenzate trame della chitarra si intrecciano con il pianoforte, la calda voce di Luis McFadden va a rievocare i fasti dei Paradise Lost degli anni novanta, i migliori per chi scrive. Andrea Falaschi sembra ispiratissimo e con intelligenti passaggi ipnotizza le prime file. Dalla nebbia artificiale si materializza il melodico assolo di Mr. Daniel Cyranna. Ogni brano proposto viene seguito da un caloroso applauso dal parte del popolo del Borderline, che pare apprezzare particolarmente le nuove composizioni del combo pisano. Dopo questo bellissimo brano di puro doom gothic metal, Luis McFadden chiama il pubblico a gran voce, mentre inizia a riecheggiare il solenne arpeggio di chitarra di Daniel Cyranna, seguito da un melodico unisono in gothic style. E’ il turno di “Haunt Me”. La granitica sezione ritmica ci trascina verso un oscuro interludio, dove le te trame degli strumenti a corda si intrecciano con le tastiere di Mr. Harvey Cova. Poi si chiude con l’ottimo ritornello. I nostri vanno a pescare nella colonna sonora di uno dei film più significative dell’horror degli anni 90, quel maledetto “The Crow” che costò la vita a Brandon Lee, rivisitando alla loro maniera “Burn” degli intramontabili “The Cure”, band simbolo dell’ondata darkwave britannica. Andrea Falaschi massacra il timpano, mentre Luis McFadden ci riporta indietro nel tempo, reinterpretando perfettamente il ritornello che molti anni orsono cantava Robert Smith. Dopo questa piacevolissima parentesi e raccolta una meritata dose di appalusi, si passa a “Cherish My Pain”, dove dopo un inquietante introduzione, Andrea Falaschi si toglie di dosso le scorie delle cadenzate ritmiche doom, e parte con un forsennato tempo con i BPM a manetta. Daniel Cyranna prima ci graffia con taglienti accordi, poi ruba la scena rimanendo in solitario e sparando un riff megadethiano, che apre le porte alla strofa, dove i nostri rallentano, ma per poco, poi si riparte a tutta velocità, con un tagliente wall of sound che toglie il fiato e che mette in mostra la voce cavernosa del biondo frontman. Gli oscuri cavalieri alternano strofe doommeggianti a incisi mozzafiato fino alla fine del brano. La chitarra effettata di Daniel Cyranna apre “Desolation”, altro decadente brano doom, che alterna strofe opprimenti con i BPM ai minimi livelli, a travolgenti sfuriate che ricordano da vicino il tagliente riff di Keine Lust. Il brano rispecchia a pieno il titolo, diffondendo malsane atmosfere, grazie all’ottimo lavoro del chitarrista pisano. Stavolta l’estroso batterista si fa notare, non solo per le magie dietro al drum set e tira fuori dal cilindro una bottiglia di buon vino rosso, sorseggiandolo con estrema soddisfazione. Per spezzare via le opprimenti e malsane atmosfere del brano precedente, i nostri vanno a pescare nel precedente “Double Black” e ci propongono il singolo “The Last Days Of December”, uno dei loro brani più famosi ed orecchiabili, che si discosta dalle oscure tematiche del doom metal, strizzando l’occhio al più commerciale gothic rock scandinavo. Nonostante questo brano non appartenga al repertorio di Luis McFadden, il nostro reinterpreta brillantemente il brano, apprezzato in maniera calorosa dal pubblico. Il biondo singer si intrattiene un po’con il popolo del Borderline, prima ricordando che il nuovo “Deathrising” è in vendita presso il banco del merch, poi annunciando con un indovinello il brano successivo. Già dalle prime note elettronica introduzione del giovanissimo Harvey Cova, il pubblico s’infiamma e capisce che si tratta della rivisitazione di “Isolate”, brano estratto dall’album “Symbol Of Life” dei Paradise Lost, vere e proprie muse ispiratrici per l’oscuro combo pisano. I nostri con il loro caratteristico wall of sound, rendono ancor più cupa la hit dei precursori del death doom metal, infiammando la platea. Con una solenne trama, Daniel Cyranna apre “Our Weakness”, prima traccia del nuovo platter, altro opprimente pezzo doommeggiante che mette ancora in mostra il nuovo acquisto Andrea Falaschi, che conquista la platea con intelligenti filler. Dopo un oscuro interludio, dove lo sferragliante suono del “china” tenta di farsi largo fra i caustici accordi di chitarra, i nostri ci sorprendono con una improvvisa sfuriata, con un Luis McFadden in versione growl, che poi si riallaccia brillantemente al melodico ritornello. Siamo arrivati alla fine di questa oscura serata, Luis McFadden ringrazia il pubblico e presenta la title track “Deathrising”, primo singolo estratto, accompagnato da un inquietante videoclip. Facendosi largo fra le acide ed oscure trame degli strumenti, Andrea Falaschi massacra le pelli dei tom con una serie interminabile di passaggi. Nella strofa iniziale, i graffianti accordi di chitarra si intrecciano con le trame della tastiera, dando vita ad un suggestivo impatto sonoro. Luis McFadden interpreta magistralmente il brano, che diffonde atmosfere malsane e drammatiche. Le solenni melodie sparate dalla chitarra di Daniel Cyranna ipnotizzano il pubblico, catturandolo definitivamente in un oscuro interludio, dove le trame della chitarra si intrecciano a meraviglia con le decadenti atmosfere sparate dalla Korg di Harvey Cova ed i pastosi accordi del basso. I nostri ci salutano con il deprimente inciso di quello che per chi scrive è il brano migliore del platter, accompagnati dal pubblico che ricanticchia le trame del ritornello.
Alle ore 00:45, sommersi da un caloroso e doveroso applauso, i nostri abbandonano il palco e vanno a ricevere i meritatissimi complimenti, sia per il bellissimo concerto di affascinante gothic doom romantico, che per l’ottima qualità dei brani del nuovo “Deathrising”. Il DJ di turno tenta di spazzare via i malsani residui lasciati dell’opprimente sound dei Motus Tenebrae, proponendo un orecchiabile repertorio di brani glam rock. E’ giunta l’ora di tirare le conclusioni. I nostri hanno proposto un potente show, mettendo in mostra il loro caratteristico sound, che mixa le opprimenti e cadenzate tematiche del doom metal alle romantiche sonorità del gothic scandinavo. Per quanto mi riguarda, sono stato particolarmente impressionato dalla performance di Andrea Falaschi, che mi ha letteralmente ipnotizzato per tutto lo show. Il nostro, sfruttando le cadenzate ritmiche del doom metal, emerge prepotentemente con intelligenti passaggi e ritmiche mai banali, coadiuvato dal basso tellurico di Andrea Das Cox, che macina una quantità industriale di note. La granitica sezione ritmica ha supportato in maniera impeccabile il magistrale lavoro con la sei corde di Daniel Cyranna, che ci avvolge con accordi complessi, resi ancora più oscuri da una accordatura assai più bassa rispetto agli standard, e ci cattura con ammalianti fraseggi melodici. Il giovanissimo Harvey Cova, superati i primi minuti dove latitava a causa di un inconveniente tecnico, impreziosisce il sound con interessanti arrangiamenti orchestrali. Veniamo Luis McFadden, che ritorna in gran spolvero ad occupare il ruolo di frontman, mettendo in mostra tutta la sua ammirazione nei confronti di Nick Holmes. Ancora una volta ho avuto la dimostrazione che ormai in Italia ci sono band che non hanno nulla da invidiare ai più blasonati colleghi stranieri, il problema è che non sappiamo valorizzarli. Non mi stancherò mai di sollecitare una vostra massiccia partecipazione ai concerti che mettono in mostra band nostrane, magari contribuendo alla loro crescita acquistando i loro sempre più ottimi lavori. Dopo essermi trattenuto a lungo con i membri della band e con altri musicisti della scena metal pisana, come sempre, alla fine di ogni concerto ospitato dal Borderline, me ne vado soddisfatto, stavolta con il CD “Deathrising” in mano, contento di aver passato una splendida serata con ottimi musicisti e simpatici ragazzi.
0) Intro
1) Cold World
2) For A Change
3) Light That We Are
4) Saints Are Coming
5) Blacksun
6) Haunt Me
7) Burn (The Cure cover)
8) Cherish My Pain
9) Desolation
10) Last Days Of December
11) Isolate (Paradise Lost cover)
12) Our Weakness
13) Deathrising