KISS

Live @ Unipol Arena, Casalecchio di Reno (BO) - 16/05/2017

A CURA DI
MAREK & ALISSA
22/05/2017
TEMPO DI LETTURA:
10

recensione

Diciamocelo caldamente: i KISS si sono fatti perdonare. E di colpe da espiare ne avevano, i nostri bad boys; proprio perché, senza troppe spiegazioni, avevano deciso (lo scorso anno) di lasciarci bocca proverbialmente asciutta, annullando improvvisamente il concerto che avrebbero dovuto tenere – in qualità di headliner – al “Gods of Metal”. Una rinuncia che aveva provocato qualche malumore fra la “KISS Army” tricolore, ovviamente delusa da tale ed inaspettato forfait. Tuttavia, il duo Simmons / Stanley sa benissimo quanto la gioia dei fan sia da porre al primissimo posto, in ogni eventuale lista; pronti e via, i Baci più famosi della storia del Rock ci hanno deliziato proprio in questo Maggio con ben due date, tenute rispettivamente a Torino e Bologna. Due successi praticamente annunciati, vista la grande affluenza di pubblico già nei giorni successivi alla messa in vendita. “Rock & Metal In My Blood” non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione di immortalare almeno una delle due date: nella fattispecie quella di Bologna, alla quale il vostro affezionatissimo ha partecipato con sommo gaudio; essendo praticamente il mio primissimo concerto dei KISS, il sogno di una vita finalmente realizzato. Una giornata mediamente calda accompagna il peregrinare mio e di Alissa (instancabile guidatrice e fotografa, compagna di viaggio e di vita, senza la quale non avrei potuto raggiungere la tanto agognata meta) alla volta della Unipol Arena, già sensibilmente “popolata” sin dalle prime ore della giornata. Fatto alquanto singolare, i presenti in fila (sezione parterre) hanno pensato bene di numerarsi, dandosi un numero “di matricola” onde preservare i posti occupati con tanta fatica e sacrificio. A noi sono toccati il 56 ed il 57; trovata singolare, dicevo, ma utilissima. In quanto tutti abbiamo rispettato “l’anzianità” conquistata. Dopo ore di fila, i cancelli si aprono: ci affrettiamo a giungere quanto più possibile vicino al palco, per goderci quello che si prospetta come uno show a dir poco elettrizzante ed all’insegna del divertimento.

Dopo un po’ d’attesa, ecco iniziare ufficialmente l’evento. Prima del Bacio, a salire sul palcoscenico sono gli inglesi Raveneye, accompagnati da una intro abbastanza cupa, non in linea con quel che si udirà subito dopo. Il buio ed il gracchiare dei corvi lasciano infatti spazio ad una belle e scoppiettante esibizione a suon di Hard Rock vecchia scuola. Evidentemente galvanizzati dalla presenza di così tanto pubblico, i tre inglesi pestano duro, mostrandosi come veri e propri animali da palcoscenico nonché musicisti all’altezza della situazione. Reggono bene il palco e coinvolgono la folla, decisi più che mai a proporsi “per intero” e non come semplice “gruppo spalla”. Il pubblico gradisce e si mostra divertito dalle loro peripezie; missione compiuta! Il trio, pur non proponendo nulla di troppo originale, ha lasciato un segno nel cuore di tutti noi, benché la loro esibizione non si sia protratta troppo a lungo. Tutti scalpitiamo, e non appena i britannici lasciano il palco, ecco che il famoso “sipario” recante il logo “KISS” giunge a coprire completamente il palcoscenico, per fare in modo che i tecnici preparino al meglio il set. Una discreta selezione musicale diffusa in sottofondo ci aiuta a stemperare la tensione, finché Rock n’ Rolldei Led Zeppelin, intro ufficiale della serata, tuona imperiosa dagli amplificatori. Una scelta decisamente umile e rispettosa da parte dei Nostri, i quali rendono omaggio ad una delle bands più importanti della storia del Rock; similmente a quanto fatto dai Judas Priest, ormai abituati ad aprire i loro show facendo ascoltare “War Pigs” a tutto volume. Finita la celebrazione degli Zeps, tutto è pronto per il grande evento.L’inizio è di quelli elettrizzanti, potenti… il classico incipit al quale i KISS (da sempre) ci hanno abituati. “YOU WANTED THE BEST, YOU GOT THE BEST… THE HOTTEST BAND IN THE WORLD!”, ed il sipario finalmente si apre, per l’incommensurabile gioia dei presenti. Il riff di Deucefa presto a diffondersi in tutta l’arena, accolto da una folla urlante, festeggiante a dir poco. Eccoli lì, Paul, Gene e Tommy, scendere letteralmente dal cielo su di una pedana (in the best tradition, ndr), sorretti da un Eric letteralmente scatenato dietro le pelli. Neanche il tempo di riprenderci da cotanta maestà che subito i Nostri prendono posizione sul palcoscenico. E’ Gene a recitare subitamente la parte del leone: quasi 70 anni e non sentirli, il Demone ruggisce i versi della open track, parlandoci come suo solito di sarabande sessuali e proposte oscene. Uno smalto mai perso, poco da dire! Una grinta fuori dal comune, ben sostenuta dalle movenze di un Paul Stanley (per l’occasione sfoggiante un’ascia tricolore!) ancora in grado di aizzare la folla come ben pochi frontman sanno tutt’oggi fare. Thayer, dal canto suo, mostra i muscoli e dimostra (come se ce ne fosse bisogno) quanto effettivamente meriti i panni del “Neo Spaceman”; un inizio al fulmicotone che ci lascia totalmente annichiliti e ci dimostra quanto i KISS siano ancora in grado di stupire e di mangiarsi vivo il pubblico. Non possiamo riposare, la tensione si spezzerebbe: il Bacio lo sa bene, ecco dunque che Shout it Out Loudfa la sua festosa comparsa, aumentando progressivamente di volume i boati dei fan adoranti. Stavolta è Paul a prendere in mano le redini del cantato, mostrando (ad onor del vero) qualche difficoltà ed un leggero affaticamento. Gli anni passano, e per l’ugola cristallina di Stanley i tempi d’oro sembrano trascorsi. Dobbiamo accontentarci di quelli d’argento, comunque accettabili; senza contare il fatto che, nel suo insieme, lo Starchild risulta comunque di molto superiore a qualsiasi ventenne dei giorni nostri. Memore delle sue difficoltà nel prendere note acute, la Stella più famosa del Rock compensa comunque in grinta e presenza scenica, alternandosi come di consueto a Gene nel corso d’ogni strofa. Un Gene che, al contrario, dimostra quanto il tempo si sia letteralmente fermato. Cantiamo a squarciagola il ritornello, accompagnando la band sino alla conclusione del suo brano simbolo. Una festa infinita, urla ed incitamenti, applausi, lacrime di gioia, trasporto: questi sono i fan della “Unipol Arena”, dannatamente felici d’essere lì, quella sera. Un piccolo break è dato da un simpatico siparietto in cui Paul, prendendo la parola, porge i saluti di rito, giocando con tutti i presenti. Ed arriva successivamente a definirci un pubblico di “sporcaccioni” (con tanto di inequivocabile gestualità!)… in poche parole, un pubblico adattissimo per il brano che di lì a poco si paleserà. E’ il turno di Lick it Up(e non penso ci sia bisogno vi spieghi cosa significhi), classico del periodo “unmasked” negli ultimi anni riproposto in chiave paradossalmente “mascherata”. Un brano che tutti dimostriamo di amare, grazie alla sua carica irriverente ed al suo irresistibile quanto cantabilissimo refrain. Il clima si fa rovente, la temperatura si alza, esattamente come Tommy e Paul, sollevati da una pedana e trasportati nell’Olimpo. Un brano che morde e subito fugge, lasciando spazio al manifesto del Simmons pensiero. Il buon Gene, lo sappiamo, ama vivere al massimo: belle donne, denaro, potere. Come non considerare, or dunque, I Love It Loudl’espressione ultima della sua filosofia di vita? Il granitico 4/4 scandito dalla batteria di Eric, accolto con tripudio dai presenti, prelude dunque al celeberrimo coro posto in apertura di brano: “eh eh eeeh eeeeh yeeeah!”, Bologna canta a squarciagola per la gioia del Demone, ancora e più che mai mattatore di una serata ad alto tasso adrenalinico. Un brano semplice quanto apprezzato, che tutti dimostriamo di conoscere praticamente a memoria. L’ideale per prepararci ad un’altra, rovente (in tutti i sensi!) esibizione del linguacciuto bassista. E’ il turno della classicissima Firehouse, la quale vede il ritorno di Paul al microfono. Prestazione questa volta buonissima, per uno Stanley il quale mostrerà pure qualche problema d’ugola, ma che non smette mai nemmeno per un secondo di dimostrarsi l’incredibile frontman qual è. La folla lo ama, lo innalza a supremo ierofante del culto del Rock; anche se gli applausi sono nuovamente e prestissimo rivolti a Simmons, il quale ci delizia con il suo fantastico numero di mangiafuoco. Il fittizio camion dei pompieri fa sentire in sottofondo le sue sirene spiegate, mentre il Nostro impugna la sua spada e soffia sulla sua estremità, dando vita ad una nuvola di fiamme. Siamo in estasi, c’è poco da dire. La lama viene dunque infilzata su di un ceppo, come di consueto, e tutto tace per un piccolo momento. E’ tempo di goderci gli splendidi ed “elettrici” effetti speciali scaturiti dal trionfo di schermi e maxischermi posti dietro il gruppo: si recupera infatti un classico griffato Ace Frehley, quella Shock Meormai divenuta appannaggio totale di Tommy Thayer. Momento in cui il chitarrista può mostrarci quanto sia oramai un membro dei KISS in piena regola, membro della famiglia a tutti gli effetti. La sua interpretazione vince e convince; per di più risulta “guarnita” da uno splendido assolo, il quale si protrae a lungo e gli permette di prendersi dei meritatissimi e personali applausi. Non c’è comunque tempo per indugiare, ed ecco che Paul torna lesto ad arringarci, parlando di quel capolavoro che risponde al nome di “Destroyer”. Ci viene chiesto quanti e quali brani conosciamo, del suddetto platter: “Detroit Rock City”, “Do You Love Me”, “King of the Nightime World”… ognuno di essi suscita boati d’approvazione, ma è lo stesso Stanley a dirci quanto quel disco sia in effetti pieno di grandi hits. Si può pescare letteralmente bendati, uscirebbe fuori un brano che noi tutti conosceremo ed apprezzeremo. Perché non proporre, dunque, Flaming Youth? Un brano forse messo all’angolo da tanti grandi classici, ma che in sede live – siamo tutti testimoni – può letteralmente fare sfaceli. Un pezzo che celebra la giovinezza dei KISS, con tanto di commoventi spezzoni video e slide show di repertorio. Un’occasione per vedere “sul palco” anche Ace Frehley e Peter Criss, presenti in più di un fotogramma. I più attenti avranno anche notato la presenza di alcune clip tratte dalla celeberrima intervista tenuta dal Bacio nel 1979, in occasione del “The Tomorrow Show” condotto da Tom Snyder. Un’intervista che rese tristemente popolare Ace Frehley, in quanto il chitarrista ebbe la felice idea di presentarsi in studio completamente ubriaco, ridendo a più non posso e facendo battute su battute. Un comportamento che fece infuriare a dir poco Simmons e Stanley… i quali, però, ci ripropongono in questa occasione il “magic moment” di Ace. Che pace sia stata fatta, e che tutto venga dunque (oramai) preso con la dovuta ironia? Ce lo auguriamo sicuramente tutti. Tuttavia, non è più tempo di ridere, ricordando i momenti passati. L’atmosfera si fa scura, Horror. Una densa nebbia avvolge il palco… ed eccolo lì, il Demone, lasciato solo al centro dello stage. Il celeberrimo solo di basso, le luci verdi, i laser, i suoni orribilmente distorti… gli occhi tirati indietro, il sangue che sgorga copioso dalla bocca di Gene. Un numero degno de “L’Esorcista”, che prelude il volo di Simmons (trasportato in cima all’arena, letteralmente) e la conseguente esecuzione di God of Thunder. Il brano più “oscuro” mai composto dai KISS, qui magistralmente eseguito dall’uomo più istrionico mai vissuto, capace di tenerci in pugno. L’incantesimo al quale siamo sottomessi, lentamente ruberà le nostre anime… e non possiamo far altro che inginocchiarci, dinnanzi al nostro dio oscuro. Presto ripresici dall’atto di mesmerizzazione ordito dal bassista, veniamo nuovamente travolti da impeti di festa e scanzonata allegria. Paul ci introduce alla meravigliosa Crazy Crazy Nights, ricordandoci quanto sia bello amare il Rock n’ Roll. Il pubblico canta all’unisono, aiutando il cantante, unito e compatto. Questa è la nostra pazza, pazza notte. Amiamo il Rock, amiamo i Nostri folli newyorkesi mascherati: quale modo migliore di dimostrarlo, se non mostrandogli tutta la nostra energia? Un tripudio di colori che di fatto spezza l’atmosfera “cupa” creata da “God of Thunder”, e ci trasporta subitamente verso il dodicesimo brano in scaletta. Siamo qui per festeggiare e divertirci, questo è fuori discussione: ma siamo anche soldati della gloriosa KISS Army! E’ arrivato dunque il momento di stringerci a coorte, marciando ordinati alla volta delle terre emerse. Un mondo che dobbiamo conquistare, a ritmo della mitica War Machine. Simmons ci fa sentire come dei veri e propri soldati, incalzandoci come non mai; in suo aiuto, il maxi schermo che proietta immagini di cyborg truccati come i membri della band, raggruppati in intere legioni. L’Armageddon è solo questione di tempo! Una fine del mondo che continua imperterrita. L’entusiasmo non si smorza neanche quando Paul ci presenta il brano più “recente” della serata, quel Say Yeahpresente nel penultimo album del Bacio, l’ottimo “Sonic Boom”. Lo Starchild ci chiede di collaborare, questo è il brano in cui più di tutti dobbiamo far sentire la nostra voce. Detto fatto: come se il concerto fosse appena cominciato, Bologna urla “Say Yeah!!!!” ogni qual volta giunge il suo turno, se possibile mostrando ancor più partecipazione che all’inizio dello show. Non esistono brani classici o recenti, i KISS potrebbero suonare persino “Pimpiripettenusa”, la canteremmo comunque a squarciagola. Subito dopo l’estratto da “Sonic…”, un instancabile Stanley (che per tutto il concerto ha “ballato” ed accompagnato meravigliosamente Thayer, mostrandosi un chitarrista ritmico a dir poco MOSTRUOSO) riagguanta il microfono per chiederci se avremmo piacere ad averlo proprio lì, fra di noi. La risposta è entusiasta ed unanime, un sì sparato fuori dai denti a pieni polmoni. L’altalena raggiunge il palco, giusto il tempo per adagiarcisi su che lo Starchild vola letteralmente a due metri dalle nostre teste, raggiungendo il palchetto centrale. Lo showman del Rock è dunque pronto a porci il benvenuto nel circo più pazzo che ci sia. Il grande banditore ci fa accomodare dunque nello Psycho Circus! Un brano potente, roboante, eseguito ancora una volta con fatica… ma diamine, se l’adrenalina che Paul riesce a suscitarci non è oltre i limiti imposti dalla legge! Ed il tutto deve rimanere esattamente così, come giusto che sia. Ecco perché Black Diamondviene intonata praticamente subito, battendo il ferro finché è caldo. Abbiamo anche modo di ascoltare la voce di Eric Singer, nel mentre che Stanley è impegnato a tornare sul main stage, volando di nuovo. Ottima prestazione vocale da parte del batterista, il quale rende omaggio ad un classico sempiterno, forse il brano più famoso del disco d’esordio dei Nostri. Il modo in cui il gruppo ricorda la sua amata New York, portando un po’ d’America in questa notte bolognese. Tutto sembra finito… ed invece, giunge lesto il momento del classico per eccellenza. Cosa dire, di Rock n’ Roll all Nite, se non che (nella sua semplicità) risulta praticamente uno dei brani più trascinanti della storia del Rock? In versione live, un pezzo che guadagna almeno mille punti in più, e trascina la “Unipol Arena” in una festa senza fine. Esplosioni di coriandoli e stelle filanti guarniscono questo magico momento, letteralmente inondando le prime file di carnascialesco godimento. Siamo qui per rockeggiare, tutta la notte… per tutto il giorno, per tutta la notte successiva. Un party infinito, quello a cui i fan dei KISS sono e saranno per sempre invitati. C’è ancora tempo perché Paul distrugga la sua chitarra, sbattendola a più riprese sul palco, e subito dopo, l’oscurità. Il coro “we want more” si alza praticamente subito, ed il gruppo non ci fa attendere troppo. Un succoso encore è dietro l’angolo, rappresentato dalla coppia I Was Made For Lovin’ You” / “Detroit Rock City. L’arrangiamento più Hard n’ Heavy e meno “disco” presentato dal primo grande classico, ormai da tante decadi, è simbolo di qualità indiscutibile. Un pezzo che risulta certo easy listening ma che live e dotato di velleità più pesanti fa la sua incredibile figura, facendoci cantare a squarciagola. Per non parlare, poi, del classico per antonomasia: “Detroit…” esalta e commuove, facendoci letteralmente perdere la testa. Cantiamo persino l’assolo, supportandolo a suon di cori; vorremmo che il tutto non finisse mai… ma con la rinnovata promessa di rivederci presto, i KISS (che durante tutto lo show hanno dimostrato di amare all’inverosimile il nostro paese, decantandone tante qualità) scompaiono sulle note di God Gave Rock n’ Roll to You II, fatta partire in filodiffusione. Così termina di fatto uno dei giorni più belli della mia vita, nonché uno show memorabile. Puro e semplice Rock n’ Roll, diretto e festaiolo, potente e scanzonato, rovente e dinamico. Con il cuore che ancora batte come un tamburo, io ed Alissa ci apprestiamo dunque ad uscire dall’arena, esausti ma incredibilmente felici.

Cosa aggiungere ancora? Dove trovare altre parole adatte a descrivere un concerto a dir poco memorabile? A l’alta fantasia qui mancò possa, direbbe il sommo Poeta. E difatti, non riesco a parlare; perché avrei TROPPO da dire. Posso solo rimirare in estasi il fragor che move il sole e l’altre stelle, se mi è concessa una libera re-interpretazione della Commedia. Niente arzigogoli qui, miei cari lettori: quel che ho visto è l’archetipo del Rock, la summa finale di tutto quel che oggi conosciamo come “spettacolo”. Perché sì, un concerto dei KISS è letteralmente uno spettacolo. Luci, scenografie, giochi d’effetti, maschere, il tutto unito a brani potenti, scoppiettanti, sempre attuali ed in grado di divertire; adesso come 40 anni fa. Quel che su quel palco si è mostrato in tutto il suo splendore, risponde al nome di STORIA. Scritto volutamente tutto in maiuscolo… poiché vi sfiderei a cercare un gruppo che quanto il Bacio abbia saputo, nel corso degli anni, mantenere praticamente costante ed intatta la sua popolarità. Regalando al mondo dell’Hard n’ Heavy dischi fondamentali, praticamente amati e consumati da intere generazioni di musicisti. I quali hanno visto in queste quattro maschere qualcosa in più che semplice musica. Un modo d’essere, di divertirsi, di prendere la vita. I KISS, dopo tutto, sono quelli che ti tirano sempre su. Nonostante tutto. Che ti dimostrano quanto i sogni possano divenire realtà. Ieri, quattro ragazzini di New York, oggi quattro uomini sul tetto del mondo. Sbagliando, cadendo, vincendo, urlando contro il cielo. Stringendo contemporaneamente, con i propri fan, un rapporto che ha del simbiotico. Proprio perché i KISS non si vivono: si amano e basta. Vederli su quel palco, non lo nego, mi ha commosso. Per il semplice fatto che la loro carica ha dell’inumano. Una band che riesce ad entrarti dentro, a trascinarti, a darti la forza necessaria per buttarti nella mischia. Non importa che tu sia il più timido dei timidi: Paul, Gene, Eric, TommyAce, Peter, Carr, ti daranno sempre un motivo valido per vincere le tue reticenze. Per affrontare la vita, vivendola come un Party del quale possiamo essere assoluti protagonisti. Poco importa se gli anni avanzano, se tutto ormai non è più “come tanti anni fa”. L’adrenalina, quella vera, è ancora palpabile. I KISS potrebbero fornircene a vita. E mi auguro, spero, continuino a farlo per ancora tanto tempo.

Intro: Rock n' Roll (Led Zeppelin)
1) Deuce
2) Shout it Out Loud
3) Lick it Up
4) I Love It Loud
5) Firehouse
6) Shock Me
7) Flaming Youth
8) God of Thunder
9) Crazy Crazy Nights
10) War Machine
11) Say Yeah
12) Psycho Circus
13) Black Diamond
14) Rock n' Roll All Nite

Encore

15) I Was Made for Lovin' You
16) Detroit Rock City

Outro: God Gave Rock n' Roll to You II