HEAVY METAL NIGHT 9
Live Report
17 Settembre 2016 - Villa Rosa di Martinsicuro (TE)

MAREK
26/09/2016











recensione
“In the best tradition”. Uno slogan che descrive a tutto tondo lo spirito della “Heavy Metal Night”, rassegna metallica ormai divenuta leggendaria (siamo giunti alla nona edizione!) per ogni appassionato di Metal che si rispetti. Evento 100% Made in Italy, svolto nella splendida cornice di Villa Rosa di Martinsicuro (TE), organizzato presso il camping “Villa Elena”, come sempre dalle instancabili menti (e braccia) di Arturo Iustini e di tutto il suo staff. Una giornata che tutti aspettiamo, ogni anno sempre di più, con curiosità e trepidazione; un festival fra i migliori in Italia, il quale ha sempre il pregio di presentare un bill di tutto rispetto, composto in maniera equa da gruppi nostrani e stranieri. Glorie tricolori come Raff, Fingernails, Strana Officina, The Black, Vanexa, Sabotage, numi tutelari della N.W.O.B.H.M. come Blitzkrieg, Chariot, Battleaxe, ed ancora le inossidabili corazze di gruppi quali Attacker e Killer.. tutte formazioni che, nel corso degli anni, hanno avuto modo di calcare il palco del camping “Villa Elena”, regalandoci performance da brividi, nella migliore delle tradizioni; per l’appunto! Una serie di nomi che dovrebbero dunque far capire a tutti il peso di un festival del genere, la sua portata e naturalmente la sua importanza. Una location, Villa Rosa di Martinsicuro, divenuta a tutto campo un’autentica roccaforte del Metallo, punto di riferimento per tutti gli appassionati che ogni anno, giungendo da ogni parte d’Italia, affollano il camping sede dell’evento. Per ascoltare gruppi che altrimenti non avremmo mai modo di vedere, per bersi una birra in compagnia, semplicemente per respirare quell’aria di autenticità che altrove - e non mi pento certo di affermarlo - è venuta tristemente a mancare, da molto tempo. Se non altro, l’operato di Arturo andrebbe lodato anche solo del clima che il suo instancabile lavoro ha permesso di instaurare, lungo tutti questi anni. Quello del vero “convivio metallico”, della condivisione vera e propria; a questo, comunque, ci arriveremo per gradi. Tornando a parlare nel dettaglio di questa rassegna, possiamo fieramente constatare il fatto che, anche quest’anno, il Settembre dei metalheads italiani ha potuto contare su di una nutrita schiera di gruppi, messi a disposizione da uno staff instancabile e votato al Metal più schietto e sincero, senza compromessi alcuni. Una nona edizione che ha dunque visto avvicendarsi gruppi in rampa di lancio (Last Rebels, Witchunter) e formazioni dall’esperienza più che consolidata (Baphomet’s Blood, Unreal Terror, Danger Zone), senza dimenticarsi il tris di headliners stranieri, quest’anno composto da Fist, Holocaust ed i sorprendenti Vardis. Con la mente ancora “in vacanza”, non rassegnatasi al fatto che quel 17 Settembre sia ormai trascorso praticamente da una settimana, mi accingo dunque a narrarvi le mie impressioni circa ogni gruppo presente sul quel palco; cominciate a riscaldare i motori delle vostre motociclette.. Let’s Play!
I primi a salire on stage e dunque ad inaugurare la nona edizione della “Heavy Metal Night” sono quindi i Last Rebels, giunti dalle Marche per lasciare il segno. Attivi sin dal 2010, hanno alle spalle per il momento una demo ed un full-length, “Bite Tonight”, datato 2013. Avevo avuto modo di osservarli già dal vivo qualche anno fa, e posso confermare le buone impressioni ch’ebbi subitamente in quel 2012. Col tempo, questi ragazzi hanno acquisito molta più consapevolezza nei loro mezzi, pur mantenendo sempre intatta e fiera la loro attitudine selvaggia e priva di compromessi. Proponendo un sound che spazia fra il Rock n’ Roll più puro e mordace (Motörhead, AC/DC), senza dimenticare incursioni in campo Speed Metal (Killer, Venom, Tank) e potenziando il tutto con la scalcinatezza tipica di un certo tipo di Punk, i Nostri non perdono occacasione di spalancare le fauci e dunque di mordere, esibendosi sfruttando al massimo tutto il minutaggio concessogli. Una prestazione divertente e coinvolgente, che non fa altro che confermare il loro status di salace live band, dotata di un bel carisma e di una ferrea volontà di mantenersi dura e pura; senza cedere il fianco ad alcunché. Inutile dire che il Metal italiano ha bisogno di questi sinceri richiami alla Old School, per fare in modo che l’essenza primaria del genere non vada mai perduta. I Last Rebels fanno dunque centro, presentandosi alla grande e facendoci divertire, a suon di note che certamente debbono molto ad una nobile tradizione, ma che tuttavia non risultano eccessivamente derivative. La loro personalità si fa sentire, ed in virtù di questo possiamo dirci tutti soddisfatti. Giusto il tempo di organizzare il palcoscenico per la prossima esibizione che i Witchunter, padroni di casa, fanno la loro imperiale comparsa sul palcoscenico. Il genere proposto, in questa occasione, si sposta verso lidi più Heavy, pur mantenendo salda una fortissima vena Speed. Steve Di Leo e la sua ugola squarciano il cielo come un lampo farebbe durante un temporale, Federico “Ace” Iustini e Federico “Chuck” Verdecchia riescono ad infuocare il palco, grazie ai loro serrati dialoghi in puro stile Judas Priest / Mercyful Fate; senza trascurare, naturalmente, una sezione ritmica decisamente sugli scudi, composta da Bastià BloodOilDrinker e Luca “The Filher” Cetroni. Un combo che fa della solidità la sua forza, un quintetto che si vota decisamente ai gloriosi tempi che furono per brillare comunque di luce propria. Un giorno speciale, per loro, questo 17 Settembre. Ci presentano, infatti, il loro nuovo lavoro: il fratello del già ottimo “Crystal Demons”, quel “Back On The Hunt” licenziato proprio quest’anno dalla “Blasphemous Art Productions”. Un’esibizione, quella dei Witchunter, che comprende dunque vecchi cavalli di battaglia e brani nuovi, sempre arrembanti e potenti come nel loro tipico stile. Proprio questi ultimi pezzi, posso dirlo, risultano particolarmente efficaci e costruiti magnificamente per la dimensione live. Il materiale fresco di stampa è infatti una graditissima sorpresa, e riesce ad affiancarsi benissimo ai classiconi, arricchendo quindi la proposta di questi possenti abruzzesi. Una band che ormai ha passato lo status di “promessa” e sta avviandosi verso la strada della certezza. Una strada lastricata a sassi, difficile da percorrere; vedendo tuttavia il coraggio di questi leoni dell’Heavy Metal, non posso che guardare con ottimismo il loro avvenire. E sempre parlando di importanti traguardi ormai raggiunti, il tempo scorre e porta sul palco i Baphomet’s Blood, veri e propri mattatori di questa prima parte del Festival. Un giorno speciale, per la formazione marchigiana, che arriva a celebrare il decennale del mitico “Satanic Metal Attack”; per chi vi scrive, uno dei migliori album Speed Metal degli (appunto) ultimi dieci anni. Un disco che viene dunque celebrato a dovere, al quale viene dato gran lustro, come gli si dovrebbe convenire. La prima, malvagia creatura di uno dei combo più duri e puri del nostro panorama. Tante se ne potrebbero dire, sul Sangue di Baphomet. Che la loro attitudine è quanto di più vero e sincero esista, che il loro amore per il Metal supera diversi gradi di immaginazione, che i loro lavori risultano incredibilmente coinvolgenti e divertenti, nonché devastanti, ad ogni ascolto; che il loro modo rude e grezzo di spararci in faccia ogni loro pezzo sembri davvero venir fuori dalla Newcastle degli anni d’oro. Tante, veramente tante. Quel che risulta meglio fare, tuttavia, è recarsi ad un loro show. I fatti, si sa, valgono più di mille parole. Con già un bel po’ di birra nelle sue vene, il vostro ha voluto letteralmente farsi rapire dai riff taglienti di questo (per l’occasione del decennale) terzetto dedito al devasto musicale nella sua incarnazione più violenta. Setlist stupenda, tanta malvagità, distruzione assicurata. Tutto questo sono i Baphomet’s Blood, autentiche istituzioni in campo Speed/Thrash. Consiglio spassionato: vedete di procurarvi il loro ultimo lavoro, “In Satan We Trust”. Se avete bisogno di un qualcosa che suoni finalmente diretto e privo di rimaneggi, privo di fronzoli ed orpelli inutili, è il disco che fa per voi. Dunque, dopo la micidiale e terremotante esibizione dei Baphomet’s Blood, arriva il momento di riprendere fiato grazie all’avvicendarsi di veri e propri veterani del metallo nostrano. Giunge il momento, per gli Unreal Terror prima e per i Danger Zone poi di palesarsi e mantenere intatto il clima generale di fomento. Parliamo di due formazioni a dir poco storiche del nostro panorama Hard n’ Heavy: i primi, abruzzesi, affondano le loro radici nella fine degli anni ’70, e tutti noi ce li ricordiamo per il disco “Hard Incursion”, gioiello finemente incastonato all’interno di una scena che proprio in questi anni specialmente gli sta tributando il giusto onore; i secondi, di Bologna (classe 1980, anno di formazione) propongono invece un Heavy metal a forti tinte melodiche, ben rappresentato dal loro ultimo lavoro, del quale abbiamo modo di goderci più di qualche estratto. “Closer to Heaven”, rilasciato proprio lo scorso Aprile, è l’ennesima riprova di quanto il complesso bolognese sia incredibilmente ancora sul pezzo e capace di emozionare, grazie anche alla splendida voce di un Giacomo Gigantelli in autentico stato di grazia. Insomma, due esibizioni a suon di “tradizione” e grande professionalità. Gli Unreal Terror riescono a coinvolgere grazie al loro Heavy Metal a tinte possenti, acciaio pesante nel vero e proprio senso della parola: una proposta musicale che si forgia di una particolare andatura incalzante e roboante, un sound del resto maturato anni orsono grazie alla presenza in formazione di un certo Mario Di Donato, in seguito divenuto celebre grazie al progetto The Black. Il “terzetto storico”, composto da Enio Nicolini (basso), Silvestro Canzano (batteria) e Luciano Palermo (voce) viene magnificamente sostenuto dai “nuovi” (in realtà attivi nel gruppo sin dal 2011) Iader Nicolini (chitarra) e Paolo Ponzi (chitarra), per un connubio che dunque ruba la scena per tutta la durata del suo minutaggio. Stesso discorso per i Danger Zone, con un Gigantelli sempre abile nel rapportarsi con il gruppo; l’istrionico frontman, in connubio con i suoi compagni, dà quindi il meglio di sé, rivelando la presenza della band come una delle più piacevoli e sicuramente “toste” dell’intero festival. Troppo onore, udire in successione due gruppi del calibro di Unreal Terror e Danger Zone! Finita anche l’ultima esibizione della compagine italiana, arriva quindi il momento di gasarci ancora alla grandissima grazie al rapido susseguirsi di tre autentici veterani della N.W.O.B.H.M. I primi a salire sul palco sono quindi i Fist, fra le formazioni più longeve di tutta la vecchia scuola inglese. Formatisi nel 1978, ci hanno donato nel corso degli anni dei classici eterni come “Turn the Hell On” (1980) e “Back With a Vengeance” (1982), senza scordarsi di loro produzioni assai più recenti, come l’ottimo “Storm”, datato 2005. Il quartetto, acclamatissimo, non manca dunque di dispensare ai propri fan quello che tutti stavamo chiedendo: ancora, ancora ed ancora del sanissimo e purissimo Metallo, in the best tradition! Ed i Nostri, manco a dirlo, non si fanno certo pregare. Il veterano Dave Irwin (chitarra) risulta uno dei membri più attivi in quanto a partecipazione, “sentendo” ed interpretando praticamente ogni nota ed assolo suonato, eseguendo il suo compito con grande partecipazione ed espressività. Gli fa eco Glenn Howes, frontman del gruppo dal 2013 (ma con un passato fra le fila di gruppi come Blitzkrieg e tutt’oggi attivo nei Tygers of Pan Tang come “live member”), il quale interagisce con tutti i presenti in maniera simpatica e spigliata, tipica del professionista navigato e forgiato dal fuoco di chissà quanti concerti. Ottima prova anche per il resto del gruppo, ovvero la sezione ritmica incarnata dai roboanti tamburi di Harry “Hiroshima” Hill e dalle quattro corde di Stephen East, bassista entrato nella formazione inglese proprio quest’anno. Simpatici, potenti e concreti: tre aggettivi che possono definire le vesti con le quali i Fist si sono presentati al pubblico di Martinsicuro, il quale non ha certo disdegnato di mostrare il proprio apprezzamento. Ottima prova che testimonia quanto lo status di certe band sia tutt’altro che “da pensionare”, come molti miscredenti ancora sostengono. La N.W.O.B.H.M. è ancora più viva che mai, e per quanto possibile, il Metal ha ancora bisogno di professionisti di questo calibro. Gente abituata a salire sul palco ed A SUONARE, dotata di quell’attitudine che forse, nei tempi recenti, si sta perdendo “in favore” di un atteggiamento sempre più schizzinoso e perfezionista. Lunga vita ad i Fist, dunque.. così come agli Holocaust, secondi headliner britannici della serata. Provenienti dalla Scozia e balzati agli onori della cronaca musicale degli ‘80s grazie al leggendario “The Nightcomers” (1981, fra l’altro disco particolarmente apprezzato da un certo Chuck Schuldiner, ndr), il terzetto caledone è di seguito andato avanti, sfornando ottimi lavori anche negli anni ’90, come “Hypnosis of Birds” (1992) e “Covenant” (1997). La loro ultima creatura, “Predator”, è invece datata 2015; un disco dal quale i Nostri hanno estratto più di un brano, presentandocelo a dovere. Al contrario dei Fist, l’esibizione degli Holocaust risulta meno sanguigna e diretta, lasciando spazio ad sound certamente tipico dei gloriosi anni che furono, ma comunque molto più ricercato ed “oscuro”, per certi versi. La loro prova è comunque superba: la loro attitudine a tratti prog. e “misteriosa” riesce a rendere i loro brani assai passionali e coinvolgenti, siano essi nuovi estratti da “Predator” o perle immortali come “Heavy Metal Mania”, vero e proprio apice della loro setlist, cantata con incredibile partecipazione dal pubblico presente. Un’esibizione davvero valida e concreta, magari non frizzante e pirotecnica come quella dei Fist, ma ugualmente importante e degna di nota. Si giunge dunque, senza nemmeno accorgersene, alla fine della nona edizione di questa “Heavy Metal Night”. Un finale pirotecnico, che chiama in causa i Vardis, vera e propria rivelazione di questo festival. Se era lecito aspettarsi grandi cose dai Fist e dagli Holocaust, dagli headliner “definitivi” bisognava ad ogni costo “pretendere” addirittura qualcosa di più, rispetto ai loro predecessori. Il trio capitanato da Steve Zodiac non si fa dunque pregare.. dando quindi vita alla prestazione DEFINITIVA. Chi vi scrive, dall’ “”alto”” dei suoi ventisei anni, non può certo paragonare determinate esibizioni a quelle degli anni d’oro, non avendo assistito “direttamente” ai concerti che i Vardis hanno tenuto nei magnifici ‘80s. E non esagero neanche un po’, dunque, dicendo che questo concerto ha dato modo ad i giovani come il sottoscritto di poter rivivere anche solo per qualche momento tutta la gloria della N.W.O.B.H.M., il fervore, la passione, la creatività che si respiravavano in quegli anni magici. Anni che i Vardis ci hanno fatto rivivere, sparandoci a mitraglia il loro Rock n’ Roll scanzonato e ruvido, diretto, privo di orpelli o comunque “accorgimenti” che avrebbero reso la proposta anonima e priva di spessore. Tutto il contrario: la forza dei Vardis sta proprio nella schiettezza, nel loro porsi in maniera simpatica e priva di filtri alcuni. Steve si dimostra un mattatore nato, sfoderando una prestazione vocale / chitarristica da navigatissimo professionista; gli fa eco il bassista Martin Connolly, col suo look alla Geddy Lee e la sua gran padronanza tecnica dello strumento. Anch’egli, dobbiamo sottolinearlo, abilissimo nell’intrattenere il pubblico e nel farci percepire distintamente tutta la passione e la determinazione della quale i Vardis sono portatori sani. Dietro le pelli, il ruggente Joe Clancy: drummer dotato di un bel carisma e di un’attitudine roboante, perfetto innesto all’interno di un trio che ha fatto a dir poco faville. Tanto da esser stato richiamato a gran voce per un bis, prontamente eseguito, nel tripudio generale. Davvero l’esibizione / rivelazione dell’intero festival, considerando che l’attitudine live dei Vardis affonda le proprie radici sin dal loro esordio discografico; quel “100 MPH” datato 1980 e registrato proprio durante un loro concerto. Un bel modo di mostrarci il loro passato ma anche il loro futuro, visto che non sono mancati estratti dal recentissimo “Red Eye”, rilasciato lo scorso venti Maggio.
Si chiude dunque il sipario su questa nuova edizione della “Heavy Metal Night”. Il Vostro, stanchissimo ma incredibilmente soddisfatto, può dunque assaporare per un ultimo istante la magia del palcoscenico, mentre si appresta a recarsi verso il suo bungalow, in attesa di riposarsi dopo questa lunga maratona a suon di Metallo pesante. Di cose da dire, circa questo festival, ce ne sarebbero da dire a bizzeffe. E tutte, dico tutte, POSITIVE. Iniziamo quindi dal biglietto da visita di ogni manifestazione che si rispetti: ovvero, l’organizzazione. Più che alzare le mani, davvero, non si può far altro. Ancora una volta tutto lo staff si è prodigato per offrire al pubblico una giornata a dir poco memorabile. Il camping “Villa Elena” risulta ogni anno di più una cornice splendida, e non solo perché situata in una location geografica assai accattivante (Villa Rosa di Martinsicuro è davvero una bella località marittima, ndr), ma anche e soprattutto per quel che ha da offrire a tutti coloro i quali scelgano di presenziare nonostante la distanza dei propri luoghi di provenienza. Chi come il sottoscritto ha dovuto intraprendere un viaggio mediamente “intenso”, per presenziare al festival, non ha dovuto infatti preoccuparsi di alcunché, in quanto il camping mette a disposizione come ogni anno sia le aree campeggio che la formula bungalow, il tutto pensato per mettere i viaggiatori a proprio agio, eliminando il pensiero di un ritorno “imminente”, permettendo quindi di potersi fermare in tutta tranquillità. In seconda battuta, è bene sottolineare la QUALITA’ IMMENSA del bill, che come il buon vino migliora di anno in anno, senza conoscere sosta. Grazie ad Arturo ed a tutto il suo staff, difatti, abbiamo l’autentica opportunità di goderci dal vivo alcuni gruppi che, senza esagerare, potremmo avere la speranza di osservare solo nelle loro rispettive madrepatrie. E che l’Italia possa beneficiare di cotanta cultura del Metal, beh.. è tanto, se non tantissimo. Il tutto, grazie alla “Heavy Metal Night”. Un festival organizzato “da Metallari per Metallari”, cucito su misura a chiunque covi per questo genere una passione pura ed intensa. Una passione che abbia vinto tempo, spazio e qualsiasi luogo. Una passione che ancora oggi aneli all’essere nutrita, alimentata e rispettata. Il clima che si respira, in questo determinato ambiente, è proprio questo. Quello della passione, sincera e schietta. L’idea di ritrovarsi all’interno di una grande famiglia, quella che il Metal lo ama davvero, che non fa finta. Una grande famiglia che lì, sotto o sopra quel palco, ha solamente voglia di musica sparata a tutto volume. Non importa l’età, cade qualsiasi tipo di connotato: alla “Heavy Metal Night” CI SI DIVERTE. Punto e basta. Non importa chi tu sia o cosa faccia.. è lì che devi recarti, se hai voglia per un giorno all’anno di staccare dal solito tran tran, di berti un (bel) po’ di birra e soprattutto di farti scottare sempre più dalla sacra fiamma del metallo. Questo è lo spirito dell’Heavy Metal, e questo dovrebbe continuare ad essere. Dimenticatevi dell’odierno cinismo e dell’altezzosità che oggi contraddistingue una considerevole parte del pubblico (per così dire) Metal; l’autentico senso e significato di questo genere musicale risiede a Martinsicuro. E vi basterà recarvici, per capire cosa intendo.

Running Order:
Vardis
Holocaust
Fist
Danger Zone
Unreal Terror
Baphomet's Blood
Witchunter
Last Rebels

