Cradle of Filth + Moonspell
Cryptoriana World Tour
FABRIZIO IORIO
17/02/2018
recensione
E' un'accoppiata decisamente vincente quella che si appresta a calcare il palco del Live Club di Trezzo sull'Adda. Stiamo parlando dei portoghesi Moonspell, i quali forti dell'ultimo album pubblicato il tre di novembre 2017 dal titolo 1755 (titolo che fa riferimento all'anno del terribile terremoto che colpì proprio la capitale portoghese Lisbona), che in questa occasione hanno il compito di scaldare la folla in attesa dei Cradle of Filth. La band di Dani infatti, è in pieno Cryptoriana World Tour proprio per promuovere la loro ultima fatica uscita il ventidue settembre 2017 dal titolo appunto Cryptoriana – The Seductiveness of Decay. Arriviamo intorno alle 20.20 dopo aver superato i controlli effettuati dalla security, ma soprattutto entriamo nel locale e ci lasciamo alle spalle un freddo pungente che iniziava veramente a farsi sentire. Al suo interno troviamo un'ottima struttura, con un grande palco atto ad ospitare anche le band più numerose. Una volta preso posizione inizia immediatamente lo show dei Moonspell, ed è subito il carismatico frontman Fernando Ribeiro a darci il suo personalissimo benvenuto entrando in scena con una lanterna rossa. L'atmosfera si fa subito calda, ed una volta che anche gli altri componenti prendono posizione, parte subito Em Nome Do Medo (opener di Alpha Noir). La performance è spettacolare e si percepisce immediatamente che la band gode di grandissima forma. Se su disco la song è già di per sé ottima e molto coinvolgente, dal vivo è a dir poco spettacolare. I componenti si muovono perfettamente come un meccanismo ormai rodato da tempo e la gente presente ci mette veramente poco a farsi trascinare dalla band. E' il turno di 1755 ed il buon Fernando non si fa pregare nel raccontare il significato di questa data molto importante per la popolazione di Lisbona. Anche in questo caso la band è ineccepibile e la performance fila liscia senza problemi arricchita da cori campionati e dalla grande esperienza che i nostri hanno accumulato in più di venticinque anni di carriera. I Moonspell iniziano giustamente a proporre brani della loro ultima fatica e proseguono con In Tremor Dei dove veniamo accolti da un bellissimo coro che apre le danze e carica il locale di oscura pesantezza. La voce di Fernando è avvolgente ed estremamente interpretativa e le musiche epiche e solenni come è giusto che siano. Sembra proprio che i brani dell'ultimo disco siano perfetti per essere presentati dal vivo, ed anche questo non fa altro che confermare questa ipotesi. Anche nei momenti in cui la song sembra perdere un po' di verve a causa di uno stacco posto verso il finale, riesce comunque a riprendersi alla grande con una parte conclusiva molto intensa ed affascinante. Ribeiro ringrazia rigorosamente in italiano e si vede fortunatamente la felicità nel suo volto. La soddisfazione nel veder tutta quella gente (anche se il locale non era proprio pieno ma comunque affollato) quasi esaltata da una band di tale livello, può solamente far piacere. I primi tre brani dicevamo, sono stati fin qui di grande impatto, grazie soprattutto ad un gruppo veramente molto ben affiatato. Ci accingiamo ad ascoltare Desastre la quale, aperta da un'ottima introduzione di tastiera, esplode letteralmente scatenando una grande ammirazione generale. Il caldo all'interno del Live Club inizia a farsi sentire ed anche il singer si priva di giaccone rigorosamente di pelle e di cappello, per continuare il proprio show senza sudare oltre misura. Una volta terminato il brano, il frontman inizia a dare delle indicazioni che non lasciano alcun dubbio: 1996, Irreligious. E' il tempo di Opium, ed una volta annunciata è il delirio. Le prime note sono inconfondibili, ed anche se la doppia cassa non si sente indistintamente (in sostanza si riesce a sentire quasi solamente un solo pedale, e solo a tratti anche il secondo), Opium si rivela essere quella canzone che tutti si stavano aspettando di ascoltare e gustare. La band non delude certo le aspettative e l'esecuzione della stessa è a dir poco fenomenale. Tutto è perfetto, dall'interpretazione vocale ai giri melodici di tastiera, fino ad arrivare ad una grinta incredibilmente sprigionata che fa dimenticare ai presenti che questo brano ha ben ventidue anni sul groppone. Ovviamente al termine gli applausi sono una piacevole ed obbligatoria abitudine, ed anche in questo caso, Fernando ringrazia con il volto decisamente soddisfatto. E' ancora 1755 a tornare protagonista tramite il brano Ruinas la cui introduzione di tastiera fa partire un mid tempo veramente ben fatto. La voce di Ribeiro è accompagnata perfettamente da una melodia chitarristica effettuata da Ricardo Amorin, mentre Pedro Telhada ricama sonorità medio-orientali con le proprie tastiere, conferendo grande enfasi alla struttura del pezzo. Il proseguo è perfetto, ed anche se Ruinas è piuttosto statica ma molto atmosferica, la band ce la serve in una versione (quella live ovviamente) carica di emozione e pathos. Bellissime le parti melodiche, sognanti e desolanti nel percorrere i momenti successivi alla tragedia. Ora Fernando vuole presentare per il prossimo brano un'amica, una donna che lo accompagnerà in un duetto per il brano Scorpion Flower. Con stupore generale, vediamo entrare in scena nientemeno che Lindsay Schoolcraft, ovvero la tastierista dei Cradle of Filth. Bellissimo, sentito, appagante e maledettamente dolce. Così si rivela essere la song tratta da Night Eternal. La voce profonda di Ribeiro è perfettamente controbilanciata da quella di Lindsay, e quello che ne esce fuori è uno spettacolo armonioso e sinuoso. La band è praticamente perfetta e la prestazione di Gaspar dietro le pelli è seconda solo a quella vocale. Anche qui grande prova dei Nostri che anche in questa occasione ricevono meritatissimi consensi. La Schoolcraft saluta e si congeda, permettendo ai Moonspell di proseguire con il brano Evento. Questa volta è il basso di Aires Pereira ad essere protagonista, facendo da apripista per permettere alla song di partire con un impeto veramente terrificante. La ritmica è sostenuta, ma ancora una volta cori e tastiere conferiscono un'aurea sulfurea al locale per poi far ripartire alla grande la band portoghese. Ottima anche in questo caso la resa generale, anche se devo dire che questo è un pezzo che rende forse un pochino meglio su disco che dal vivo. Lo stacco strumentale a metà brano smorza forse un po' troppo la tensione, ma è comunque l'ennesima prova sopra le righe di una band di grandissimo valore. Dopo Evento, è il turno di un'altra song tratta dall'ultimo disco in studio ovvero Todos os Santos. Annunciata con grande foga, l'atmosfera si fa quasi surreale. Campionamenti pomposi orchestrali introducono un grandissimo riff di chitarra che non può certo lasciare indifferenti, né tanto meno fermi ed impassibili. Un pezzo heavy di quelli fatti bene che viene spezzato solamente per un breve momento dal racconto di Fernando, il quale fa successivamente partire un coro bellissimo che si conclude con l'ottimo riff sentito in apertura. Il singer afferra una grande croce che emette un fascio di luce rossa, il quale viene puntato sugli spettatori creando una teatralità piuttosto ben riuscita. Ottima anche in questo caso la versione live di questo pezzo, capace di coinvolgere come poche altre. Poteva mancare un brano tratto da Wolfheart? Certo che no, e quindi ecco che ci viene proposta la traccia conclusiva dal titolo Alma Mater. Maestosa nel suo incedere, perfetta per dare il primo colpo di grazia in attesa dell'ultima song. Si sente che la band è maturata notevolmente da quel lontano 1995, ed infatti Alma Mater risulta essere meno grezza che in passato grazie soprattutto ad una prova vocale molto più accentuata e profonda. Bellissima ed apprezzatissima viene accolta a braccia aperte da tutti i presenti del locale. Sembra quasi che venga ascoltata in silenzio per potersela gustare in tutto il suo splendore, ma quando parte il ritornello ci viene porto il microfono e li parte un coro generale da pelle d'oca ed il risultato è un appagamento grandioso e sfiancante. Siamo dunque arrivati alla conclusione dell'ora concessa ai Moonspell, i quali vogliono chiudere in bellezza con un'altra song tratta da Irreligiuos, ovvero Full Moon Madness. Inizialmente leggiadra, con un frontman che imita l'ululato del lupo ed invita a seguirlo in questo rituale. Ecco l'esplosione pesantissima che tutti si attendevano, un tripudio di lenta agonia che lascia esterrefatti. L'arpeggio immediatamente successivo accompagna la voce narrante del singer in una atmosfera molto rilassata ma al tempo stesso molto cupa. L'aggressività sprigionata nei secondi successivi è veramente impressionante, e prosegue per tutta la durata della sua esecuzione. Applausi a non finire, soprattutto meritatissimi. Si conclude così la performance dei Moonspell, e tra ringraziamenti di rito, e continui incitamenti, rimaniamo con la consapevolezza di aver assistito ad una grandissima prova da parte di una band che non conosce età e che da tutto una volta sul palco. Sono rimasto veramente colpito dall'atteggiamento altamente professionale, e sarà dura per i Cradle of Filth offrire uno spettacolo migliore di questo. Sono le 21.30 ed abbiamo pressapoco una mezz'ora abbondante per ristorarci prima di affrontare i vampiri di Suffolk. Il cambio di scenografia rivela la cover di Cryptoriana in formato gigante; non resta dunque che attendere l'ingresso in scena di Dani e soci. Ave Satani introduce l'ingresso dei Nostri, i quali dopo un boato, attaccano con il brano Gilded Cunt, ed è subito caos. L'inizio è terrificante e Dani si mette subito in mostra con una grinta veramente invidiabile. Come successo con i compagni di tour, anche i Cradle of Filth si dimostrano in grande forma sin dalle prime battute, offrendo al pubblico una grande prima prova. Potente e spietata, questa song è a dir poco perfetta per scaldare oltremodo i presenti e condurli nel loro personalissimo mondo. Il primo pezzo tratto dal grandissimo Cruelty and the Beast del 1998 porta il titolo di Beneath the Howling Stars ed è subito grande festa. La gente accorsa ad assistere i vampiri inglesi vengono coinvolti alla grande grazie ad una prestazione veramente ottima da parte di tutta la band. I vocalizzi acuti di Dani sono espressi sempre in maniera molto intensa, ed è anche diventato ormai da anni il suo tratto distintivo. Un marchio di fabbrica che non tutti riescono ad apprezzare, ma che funziona dannatamente bene. Ottima anche la prova vocale di Lindsay Schoolcraft, che con la sua leggiadria riesce ad incantare ad ogni suo passaggio. Gli applausi ovviamente sono più che obbligatori, e Dani ringrazia con grande soddisfazione. E' il turno di ascoltare Blackest Magik in Pratice, un brano che si rivela nelle prime battute veramente atmosferico. La band spinge e lo fa alla grandissima soprattutto grazie all'ottima prova del batterista Martin Skaroupka, il quale “ingabbiato” con il proprio strumento in una struttura di plexiglass, svolge il proprio lavoro in maniera eccelsa. Dani è un mattatore assoluto e non riesce a stare fermo nemmeno per un momento. Spettacolare è anche la prova dei due chitarristi Richard e Marek, ed anche se non si cercano molto a livello visivo, sono in perfetta sintonia mentale e riescono con grande naturalezza a rendere facile anche i passaggi più complessi. La song prosegue molto bene, i suoni sono ottimi e la prova dei Cradle è come al solito impeccabile. Il singer scambia due parole con i propri fan, ed anche se il suo inglese è veramente stretto e soprattutto “veloce”, si capisce senza alcun tipo di sforzo l'annuncio di Bathory Aria. Le tastiere di Lindsay creano un tappeto perfetto per la voce calda di Dani, la quale sfocia rabbiosa con un sottofondo carico di atmosfera ed energia. Il chitarrista Richard Shaw con la sua lunga chioma e la sua barba lunghissima, incute un terrore assurdo; sembra di trovarsi di fronte ad un demone che ogni tanto lancia degli sguardi assassini al pubblico. Grandissimo nel rimanere nel personaggio, ma soprattutto grandissimo chitarrista. Un po' tutti attendevano questo brano, ed infatti la soddisfazione generale nel poterlo assaporare dal vivo è palese. Vengono proposti tutti e tre gli atti che vanno a comporre il brano, e nei suoi dieci minuti abbondanti di durata la band mostra una classe invidiabile. Se si attendeva con trepidazione la riproposizione in chiave live di Bhatory Aria, è con altrettanta impazienza che non vedevamo l'ora di ascoltare nientemeno che Dusk and Her Embrace. L'inizio solenne è da pelle d'oca; un'aria misteriosa avvolge il Live Club trasportando i presenti in un fitto bosco dove il pericolo è dietro l'angolo. Dani aspetta solamente una nostra mossa sbagliata, un nostro errore, per poter attaccare la preda ed ucciderla. Il suo vocalizzo iniziale da il via ad una ritmica lentissima ed angosciante, per poi colpire duramente con riff assassini ed una sezione ritmica veramente imponente. Nessun cedimento vocale nonostante abbia passato ormai da tempo i quarant'anni,anzi, sembra quasi che il piccolo vampiro di Suffolk stia vivendo una sorta di seconda giovinezza. Il brano accelera improvvisamente e qui si scatena l'inferno. Anche in questo caso la prova dei musicisti è ottima e non si può non apprezzare il fatto che i Nostri stiano veramente dando il massimo. Lo si sente, lo si percepisce. I Cradle of Filth hanno imparato moltissimo durante la loro carriera e questo lo si vede solamente dall'atteggiamento che hanno sul palco. Una cosa che riescono a fare benissimo è quella di saper coinvolgere non coinvolgendo. Mi spiego meglio. Ogni tanto Dani si rivolge alla gente sotto al palco, ma ovviamente data la natura della band, non si mette certo a scambiare battute. Eppure riesce a farlo parlando con la musica, ed è questo che hanno imparato e che mancava qualche anno fa. Termina la canzone, e sono subito pronti con la bellissima The Death of Love. Il brano tratto dal buono Godspeed on the Devil's Thunder risulta essere tra i migliori della serata, ed il continuo duetto Filth/Schoolcraft è a dir poco vincente. La struttura mai troppo spinta ed impostata su tempistiche “leggere”, fanno si che siano proprio le voci ad essere assolute protagoniste e la cosa bella è che lo sono. Si rimane quasi in silenzio ad ascoltare il piccolo frontman urlare come un ossesso nel proprio microfono, eppure il fascino di questo pezzo è veramente spettacolare. Non ci sono picchi di chissà quale potenza sonora,e quindi il brano fila via liscio senza nessun tipo di problema. Con You Will Know the Lion by His Claw, tratto da Cryptoriana, si conclude una prima parte di show che vede nell'epicità mista a brutalità il proprio punto di forza. Un brano che si presta molto bene in sede live e che gode ancora una volta di un'ottima prestazione da parte della band. Dani è carismatico al punto giusto e la sua voce è ottimamente ben impostata. Un plauso ancora una volta va al batterista Marthus, ottimo esecutore e vero schiacciasassi. Anche le due asce si muovono benissimo con il solito Richard ad inquietare i presenti con sguardi assassini. Bravissimo con il proprio strumento alla pari del compagno Marek, ma ha quella padronanza strumentale sopraffina che lo eleva una spanna sopra. Non possiamo non menzionare anche il lavoro al basso offerto da Daniel Firth, il quale se da una parte risulta forse un po' troppo statico, dall'altra è concentratissimo nello svolgere il proprio lavoro con grande mestiere ed applicazione. La band si congeda per il momento lasciando il palco abbandonato a se stesso, per poi rientrare dopo una manciata di minuti sulle note dell'introduzione data da A Bruise Upon the Silent Moon. L'attacco della successiva The Promise of Fever contenuta nell'album Damnation and a Day è quanto di più terrificante potesse arrivare sul volto dei fan accorsi nel locale. Un disco non completamente riuscito che però al suo interno ha dei brani validi, e come in questo caso, si prestano perfettamente per una trasposizione dal vivo. L'apporto vocale di Lindsay è perfetto, così come perfetta è la prova individuale dei Nostri che non mostrano alcun tipo di cedimento. Potenti e dispensatori di orrore trasmettono quel giusto sapore macabro che viene apprezzato con grande entusiasmo. Altro grande momento epico lo andiamo a trovare tramite il brano Nynphetamine. Le tastiere della bella Schoolcraft con la sua altrettanto affascinante voce ci trascinano per mano in un vortice emozionante che trova il proprio apice con l'interpretazione di Filth. Vera protagonista è però sempre Lindsay, che non fa certo rimpiangere la collega Liv Kristine apparsa come ospite su disco. La sua voce è sognante, ed il pezzo è un perfetto esempio di come si possa stemperare un po' di tensione con sonorità meno aggressive ma molto interessanti. Dal bellissimo Midian finalmente riusciamo ad ascoltarci Her Ghost in the Fog, che anch'esso risulta essere pazzesco in sede live. Dani si dimena, incita con continui C'mon e la gente risponde con grande entusiasmo. Ottima prova come sempre, bravi i musicisti ed ottima atmosfera ricreata. Her Ghost in the Fog si conferma un brano di assoluto valore, contenuto in un disco che viene considerato forse l'ultimo ottimo lavoro dei Cradle of Filth. Fortunatamente le ultime due uscite dei Nostri hanno risollevato la band che sembrava essersi un po' seduta sugli allori. Siamo arrivati all'ultima song proposta in quel di Trezzo e quindi ci accingiamo ad ascoltarci Born in a Burial Gown. Qui Dani ci mette ben poco a farci capire che la sua forma, sia fisica che vocale, è al top conferendo una prestazione devastante sotto ogni punto di vista. Anche il resto della band è perfettamente funzionale, ed arrivati a questo punto e dopo un'ora e mezza di show, riescono a pestare durissimo come se la stanchezza si rifiutasse di colpire. Una cattiveria ed una violenza inaudita non è sempre sinonimo di sofferenza, ed in questo caso è un vero e proprio piacere fisico. I ringraziamenti da parte dei Cradle sono veramente sentiti, così come sentito è l'applauso finale che il pubblico riserva alla band. Sulle note dell'outro conclusiva di Hammer of the Witches, ovvero Blooding the Hounds of Hell, si conclude la serata al Live Club di Trezzo, consapevoli di aver assistito ad un ottimo show regalatoci dagli ottimi Moonspell e dai sempre coinvolgenti Cradle of Filth. Facendo giusto due considerazioni finali, devo dire che la serata è stata veramente coinvolgente, ed assistendo alle due esibizioni mi sono trovato in difficoltà nel decretare lo spettacolo migliore. Ho trovato la band di Dani Filth veramente in gran forma e non mi stancherò mai di eleggere il loro drummer come il migliore della serata. Instancabile macchina da guerra che non lascia scampo. Dopo un'attenta riflessione devo dire però che i Moonspell sono stati leggermente migliori sia dal punto di vista musicale sia dal fatto che hanno forse saputo coinvolgere di più un pubblico che è stato forse un po' troppo fermo salvo alcuni sporadici casi. Comunque il concerto è stato veramente emozionante, ma soprattutto, abbiamo ritrovato due grandissime band con qualche anno in più sulle spalle, in grado di far mangiare la polvere a numerose realtà contemporanee. Usciamo dunque dal locale totalmente soddisfatti, abbandonando così la temperatura che si era fatta rovente per riabbracciare il freddo invernale pronto ad attenderci all'uscita.
1) Ave Satani
2) Beneath the Howling Stars
3) Blackest Magik in Practice
4) Heartbreak and Seance
5) Bathory Aria
6) Dusk and Her Embrace
7) The Death of Love
8) You Will Know the Lion by His Claw
Encore:
9) A Bruise Upont the Silent Moon
10) The Promise of Fever
11) Nymphetamine (Fix)
12) Her Ghost in the Fog
13) Born in a Burial Gown
14) Blooding the Hounds of Hell