ANGRA HOLY LAND 20 YEARS

Live Report

16 Ottobre 2016 - Borderline (PI)

A CURA DI
SANDRO PISTOLESI
19/10/2016
TEMPO DI LETTURA:
10

recensione

Nel 1993, gli Angra, una band di talentuosi musicisti brasiliani si faceva notare con l’ottimo debut album “Angels Cry”, dove fra tanti ottimi brani, mettevano in mostra una interessantissima rivisitazione del classico di Kate BushWuthering Heights”, interpretata in maniera magistrale dal frontman André Matos, che si segnalava prepotentemente come una delle migliori ugole del panorama power-progressive metal. I nostri ostentavano una tecnica strumentale a dir poco invidiabile ed un ottimo songwriting. Per sfornare il loro secondo album si presero una lunga pausa di oltre tre anni, lasciando presagire ai fans che si sarebbe trattato di un lavoro mastodontico. “Holy Land” uscì il 23 Marzo del 1996, registrato fra il 1995 e l’inizio del 1996 ad Amburgo, nei suggestivi Hansen Studios di proprietà di Kay Hansen, definiti alquanto angoscianti e claustrofobici da André Matos, in quanto sono stati ricavati da un vecchio bunker risalente alla seconda guerra mondiale, privo di finestre e con una limitata quantità di aria a disposizione. Altre registrazioni furono effettuate sempre in terra teutonica nei Big House Studios di Hannover e gli HG Studios di Wolfsburg. La produzione fu affidata alla coppia Charlie Bauerfeind e Sascha Paeth, espertissimi del campo power e speed metal, in quanto in carriera hanno prodotto album di Helloween, Edguy, Blind Guardian, Avantasia and more. L’album è una miscela esplosiva fra il power metal, il progressive e la musica etnica brasiliana. A colpire l’ascoltatore in primis è la splendida voce di André Matos, che vien valorizzata al meglio nelle due splendide ballate “Make Believe” e “Silence And Distance”. Il nostro, oltre ad essere uno dei compositori principali del combo verdeoro, suona anche pianoforte organo e tastiere. Ma la perla dell’album è “Carolina IV”, una composizione di oltre dieci minuti, dove il progressive si fonde magicamente con la musica folk brasiliana. Per il resto, i brani scorrono via veloci e piacevoli, fra il power metal, lo speed ed il progressive, il tutto sempre spruzzato da una esotica ventata di sound carioca. Un’altra peculiarità della band carioca sono i due chitarrista, che mettendo in mostra una tecnica invidiabile, dando vita a pregevoli intrecci. Non a caso, recentemente l’estroso Kiko Loureiro si è inchinato alla corte di Re Mustaine. A suggellare il tutto ci pensa l’esplosiva sezione ritmica, alternando ritmiche mozzafiato con micidiali raffiche di doppia cassa a suggestive ritmiche tribali. Le liriche sono un altro pregio del capolavoro “Holy Land”, si tratta infatti di un concept album che narra dei viaggi alla scoperta del continente sudamericano nel '500. Il libretto del CD, se aperto raffigura una bellissima mappa geografica risalente al quindicesimo secolo. Ora, per celebrare il ventesimo anniversario di quello che è il loro migliore album in assoluto (perlomeno per chi scrive), gli Angra hanno deciso di risuonarlo interamente dal vivo. Il Bel Paese ospiterà il tour mondiale “Holy Lands 20 Years” per ben tre date, la prima delle quali è quella di stasera, 16 Ottobre presso il Borderline di Pisa. Le successive tappe saranno il 18 a Roma ed il 19 a Brescia. Invero gli Angra erano già passati nei pressi della Città Della Torre Pendente, per la precisione a Luglio dello scorso anno al The Jungle di Cascina, lo spin-off estivo del Borderline, sempre gestito dal boss Alex Sabadini e soci. I nostri, insieme ai connazionali Sepultura, dettero vita al miglior concerto fra i molteplici tenuti sulle rive del fiume Arno. Purtroppo, nel corso di questi venti anni, alcuni membri si sono persi per strada. La perdita più significativa è quella del frontman André Matos, rimpiazzato nel tempo da Eduardo Falaschi prima e dal mio concittadino Fabio Lione (Labyrinth, Athena, Rhapsody Of Fire e Vision Divine) dopo. Sono rimasti sempre fedeli invece i due axeman Rafael Bittencourt e Kiko Loureiro, che divide le sue imprese alla sei corde con i Megadeth. La sezione ritmica attuale è composta dal bravissimo Felipe Andreoli, ormai nella band dal 2001 e dal giovanissimo drummer Bruno Valverde, in formazione da circa due anni. Con Kiko Loureiro fuori con i Megadeth, alla seconda chitarra troviamo Marcelo Barbosa, mentre stavolta, per quanto riguarda le tastiere, gli Angra hanno scelto la soluzione di affidarsi alle basi, anziché avvalersi della preziosa collaborazione del talentuoso tastierista Alessio Lucatti (Vision Divine), con loro lo scorso anno per le date in Italia e sul prestigioso palco del Wacken Open Air; ovviamente il nostro era presente in sala. Rafael Bittencourt e compagni hanno comunque allargato la famiglia, inserendo in formazione come special guest il percussionista brasiliano Dedé Reis. Ma veniamo alla serata, Il Borderline, è uno storico pub live music, dove sovente possiamo assistere a concerti di livello, ubicato nel suggestivo centro di Pisa, lato Tramontana, a pochi passi dalla Torre Pendente. Solitamente, arrivando sempre in netto anticipo, trovo il locale semivuoto, ma stavolta, verso le ore 21:30, il locale conteneva già una buona fetta di pubblico.

Purtroppo al mio arrivo lo show era già iniziato e non ho avuto neanche il tempo di salutare i proprietari, amici di lunga data.  Sul palco trovo i romani Stage Of Reality, conosciuti con l’acronimo SOR. Il combo capitolino, formato dal chitarrista Andrea Neri che nel curriculum vanta una prestigiosa collaborazione con l’ex Iron Maiden Blaze Bayley, ci propone un genuino hard rock contaminato dalle alternative sonorità americane, con leggere sfumature che svariano fra il funky ed il progressive. I nostri mettono subito in mostra un notevole impatto sonoro ed una ottima dose di professionalità. Il pubblico sembra gradire l’energico show di Andrea Neri e compagni, che raggiunge l’apice nella power ballad “Never”, un brano dalle atmosfere cupe e deprimenti, che sfrutta al massimo il potente chorus, coinvolgendo tutta la platea. Bravi. I brani eseguiti in maniera impeccabile, provengono dall’album “The Breathing Machines” datato 2014, dove il caldo sound degli anni ’70 viene sapientemente miscelato con il più moderno alternative metal a stelle e strisce. I nostri abbandona il palco consci di aver fatto un ottimo show, riuscendo a coinvolgere costantemente il pubblico. Promossi. Tempo di cambiare il palco e alle ore 22.04 è il turno dei Sailing To Nowhere, altra band capitolina che propone un power metal dalle venature progressive molto vicino alle epiche sonorità degli Avantasia, avvalendosi di un doppio cantato maschile e femminile. Rispetto alla formazione che potete trovare sul loro CD d’esordio, “To The Unknown”, uscito nel 2015 ci sono due notevoli variazioni. Dietro alle tastiere troviamo Mr. Alessio Contorni, Frizzi per gli amici, mentre alla voce, alla prima apparizione live in assoluto la bella e brava Clara Trucchi. Il giovanissimo axeman Emilano Tessitore è arrivato a dare una mano allo storico chitarrista Andrea Lanzillo. Rimane invariata la granitica sezione ritmica così come il valente frontman Marco Palazzi. Dalle tenebre emerge un’oscura introduzione che ci trasporta a bordo di un vecchio vascello in mezzo ad una tempesta, è il preludio di “No Dreams In My Night”, brano che apre il loro primo CD. Il pezzo mette subito in mostra il sound della band, con un suggestivo intreccio delle due voci, riff taglienti, epiche fiammate di tastiera e telluriche figurazioni ritmiche. Si prosegue con “Big Fire”, il frontman Marco Palazzi invita il pubblico a partecipare con mani e voce. Brano epico che sfrutta la voce di una per nulla intimidita Clara Trucchi nell’ammaliante chorus. Dopo una veloce presentazione della band, si prosegue con “Fallen Angel”, altro brano che sfrutta al massimo l’inciso trascinante, coinvolgendo il pubblico. E’ il turno di “Lovers On A Planet Earth”, primo singolo estratto dall’album, brano dalle atmosfere cupe, con un’ottima partitura di pianoforte e che sfoggia ancora una volta un ritornello vincente. I nostri ci propongo addirittura un’anteprima, “Fight For Your Dream”, brano che comparirà sul loro prossimo disco e che vede come special guest la cantante. Claire Briant Nesti” degli Inside Mankind, la cui voce di forte impostazione lirica, si intreccia a meraviglia con quella di Marco. Dalle retrovie si fa vivo il drummer, che da dietro le pelli urla forte “Pisaaa”, scaldando ulteriormente un già caloroso pubblico, poi si parte con “Sailing To Nowhere”, brano trascinante con graffianti riff di chitarra e micidiali raffiche di doppia cassa. I nostri ci salutano con “You Won’t Dare”, altra canzone con epiche cavalcate e un ritornello ammaliante. Nonostante i nostri non propongano nulla di nuovo, cosa ormai difficile nel panorama musicale, mi hanno notevolmente impressionato mettendo in mostra una buona tecnica strumentale e molta professionalità. Tutti i brani sono ben arrangiati e mettono sempre in mostra ritornelli vincenti, indubbiamente il pezzo forte del combo romano. Decido, di acquistare il lor CD, facendo i miei sinceri e dovuti complimenti. Ad attirare l’attenzione del pubblico che attende impazientemente le star della serata, c’è il mitico drummer Mike Terrana, nuovo acquisto dei Vision Divine, disponibilissimo con chiunque gli chieda un foto o un autografo. Mentre sorseggio un ottimo rum, scambio qualche parole con alcuni musicisti della scena musicale pisana e i proprietari, cercando di ingannare il tempo. Intorno alle 23:30 è finalmente arrivato il momento fatidico, gli Angra sfilano veloci dietro il banco bar. Si abbassano le luci ed inizia un’oscura introduzione strumentale. Fabio Lione, viene accolto con un boato da stadio, i nostri partono con “Newborn Me”, brano che apre il loro ultimo lavoro in studio “Secret Garden” uscito agli inizi del 2015. Le chitarre sparano riff taglienti, alimentate da un micidiale tappeto di doppia cassa. Nella parte centrale, il bassista Felipe Andreoli ruba la scena con una funambolica escursione in tapping che va ad intrecciarsi con una spagnoleggiante chitarra acustica e percussioni dal sapore carioca. Il pubblico acclama a gran voce il combo verdeoro, Fabio Lione sfrutta il fattore campo ed invoca i numerosi e fans ad alzare le manie e partecipare al prossimo brano, la travolgente “Wings Of Reality”, tratta dal loro terzo album “Fireworks” del 1998. Il giovane drummer Bruno Valverde abbatte le prime fila con telluriche raffiche di doppia cassa, poi è il turno del nuovo chitarrista Marcelo Barbosa a rubare la scena con un assolo di chitarra, il tocco non è quello magico di Kiko, ma il nostro ci sa fare. Fabio intrattiene il pubblico e poi si riparte con “Final Light”, sempre da “Secret Garden”, con micidiali intrecci di chitarra ed un ritornello che mette in mostra un Lione in forma smagliante. Dopo questo micidiale trittico iniziale, il Menestrello Pisano fa rifiatare un po’ la band, intrattenendosi con il pubblico. Il nostro, ben lieto di essere tra le mura amiche, non esita a confessare che è a dir poco sollevato a poter interagire con i fans parlando in italiano, dopo una data in Francia e ben sette in Germania. Ma bando alle ciance, è’ arrivato il momento del piatto forte della serata, l’esecuzione dal vivo dell’intero capolavoro “Holy Land” che i nostri eseguiranno seguendo la track list originale del disco. Si parte con l’esotica traccia introduttiva “Crossing” che mixa la clericale “O Crux Ave” di Giovanni Pierluigi da Palestrina con i rilassanti schiamazzi della foresta amazzonica e i minacciosi rumori di un mare in tempesta. Sono bastate queste poche note dal sapore esotico-ecclesiastico ad infiammare il numeroso pubblico, che già si pregusta il potente wall of sound della successiva “Nothing To Say”. Fabio Lione si conferma un degno sostituto di André Matos, interpretando in maniera magistrale strofe e ritornelli. Il lavoro alle percussioni del nuovo acquisto Dedé Reis dona un caldo tocco brasileiro che rende il tutto più affascinate. Dopo un micidiale assolo di chitarra, dove i due axeman si danno il cambio, il sottoscritto non vede l’ora che si arrivi al prossimo brano in scaletta, in assoluto il mio preferito dell’intera discografia degli Angra, curioso di vedere come Fabio Lione interpreti “Silence And Distance”. Accompagnato da pochi accordi di pianoforte, il nostro ipnotizza la platea con una struggente interpretazione delle prime strofe, spazzando via prepotentemente il fantasma di André Matos che secondo alcuni aleggiava alle sue spalle. Pelle d’oca. Dopo questi emozionanti novanti secondi i nostri partano con la seconda parte, con un Fabio Lione ancora sugli scudi che si lascia trasportare dalle epiche cavalcate delle chitarre che si intrecciano con le fiammate delle tastiere. Da brividi il finale, che vede duettare il Cantastorie Pisano con i melanconici accordi di pianoforte. Pubblico in estasi. Chapeau. Bruno Valverde e Dedé Reis danno vita ad un esotico intreccio di ritmiche tribali, Fabio ci chiede se siamo pronti, annunciando “Carolina IV” per molti la punta di diamante dell’intera discografia angriana. Le chitarre si intrecciano magicamente con le calde sonorità della musica folk brasiliana, mandando letteralmente in delirio il pubblico. Quando parte la travolgente cavalcata le teste ondeggiano a tempo di musica. Nella parte centrale, tornano protagoniste le ritmiche esotiche, che vanno ad intrecciarsi con una funambolica esecuzione in tapping di Felipe Andreoli.  Durante l’assolo di chitarra siamo letteralmente investiti da note sparate alla velocità della luce dalle chitarre e dal tellurico tappeto di doppia cassa. Il brano scorre piacevolmente verso l’estinzione, sui volti del pubblico sembra stampata in serie la medesima espressione di estrema soddisfazione. E’ giunto il momento della title track. Con “Holy Land” i nostri ci trasportano nel cuore del Brasile. Il percussionista dai lunghi dreadlock si esalta dietro al set di percussioni, tirando fuori anche uno strumento home made, formato da una matassa di tappi di bottiglia in plastica legati fra di loro. Nella parte centrale strumentale, Dedé Reis ruba la scena, uscendo dal set di percussioni per iniziare una funambolica danza tribale, per la gioia delle numerose ed avvenenti fans. Dopo questo fantastico viaggio esotico, Fabio presenta il giovane drummer Bruno Valverde, che ha più o meno la medesima età della band. Una volta rimasto solo sul palco, il nostro inizia un assolo di batteria d’altri tempi. Un tempo l’assolo del batterista era un punto fisso delle set list di ogni concerto rock o metal, poi con il passare del tempo questa abitudine è andata sempre più a scomparire. Gli ultimi assoli di batteria a cui assistito sono stati quelli di sua maestà Carl Palmer, in occasione di due concerti degli Asia. Fra funambolici filler, piatti tempestati di colpi e qualche numero da giocoliere, si arriva alla traccia successiva, “The Shaman” brano potente con un suggestivo interludio strumentale che ci trasporta nelle lontane terre dei nativi americani, enfatizzato da una bella iterazione fra fumi e luci azzurre. Siamo arrivati ad una delle tracce più amate dai fans, la bellissima ballata “Make Believe”. E’ il momento di gloria per Rafael Bittencourt, che con il suo cappello da cow boy ed una chitarra acustica manda Fabio Lione a riposarsi, cantando a sorpresa il brano. Pur non essendo un cantante di ruolo, avendo a fianco una delle più migliori ugole del panorama metal attuale ed il fantasma di Matos che tenta sempre di manifestarsi, il nostro sorprende tutto il Borderline con una interpretazione magistrale di un brano che, lasciatemelo dire, non è fra i più facili da cantare. Surprise. Con la successiva “Z.I.T.O.” ognuno torna al proprio posto. Il martellante tappeto di doppia cassa e le rasoiate sparate dai due axeman infiammano il pubblico. Le teste ondeggiano velocemente, ma per fortuna nessuno si lascia ad inutili pogo fini a se stessi. Nella parte centrale dopo uno stacco epico che mette in mostra una notevole figurazione di batteria, arriva un funambolico assolo di chitarra da parte del treccioluto Barbosa. Un solenne tappeto di organo annuncia “Deep Blue”. Rimane il solo Bittencourt sul palco, che pare averci preso gusto e canta il brano. Una volta evaporato l’organo, il brano s’illumina, il vecchio cow boy Rafael dopo una struggente interpretazione in solitario, viene affiancato dal resto della band. Una bella progressione di power chord lo spinge in alto, poi il brano cala d’intensità, con un oscuro limbo che precede un assolo di chitarra strappalacrime, che trasuda di passione ad ogni singola nota eseguita. Intanto fra le mura del Borderline inizia a farsi sentire il caldo, Barbosa sembra sopportarlo poco e decide di sfoggiare il fisico statuario. I nostri abbandonano nuovamente il palco, un roadies porta una sedia ed una chitarra acustica. Rafael Bittencourt, si siede, prima prova a parlare in italiano, ma con pessimi risultati, passando poi alla lingua inglese, dopo aver scambiato due parole con il disciplinatissimo pubblico del Borderline, va a chiudere il capolavoro “Holy Land” con “Lullaby For Lucifer”, da solo, in compagnia della sua chitarra acustica e del suo cappello da Tex, anzi da Kit Carson, vista la tipica barbetta ed i baffi che porta. Vista la soddisfacente risposta del pubblico, il nostro decide di proseguire per la strada unplugged, proponendoci “Silent Call”, struggente ballata acustica tratta da “Secret Garden”, brano cantato dal cow boy brasiliano anche sul disco. Una volta rientrati tutti sul palco, Fabio ci informa che deve esaudire una richiesta particolare e chiama sul palco l’autista del tour bus. Per niente timido, l’autista inglese ci teneva a renderci partecipi della splendida avventura che sta vivendo, dove non sono mancate gag ed inconvenienti. Nonostante il suo inglese molto “stretto”, siamo riusciti a capire che ha già guidato per oltre 4000 chilometri e non sono mancati momenti di panico quando sul tour bus è venuta a mancare l’energia elettrica. Il Frontman Pisano completa il siparietto presentandoci anche il tour manager, elogiandolo del grande lavoro svolto fino ad ora. Poi il nostro prepara il pubblico con una lezione di canto che prevede una serie di vocalizzi che si fanno sempre più difficili. Il popolo del Borderline partecipa in massa e calorosamente fino a che non si arriva al livello di difficoltà massima, dove solo pochi eletti possono arrivare. Una volta terminata l’esecuzione di “Holy Land”, c’è ancora spazio per un’altra buona dose di brani. Fabio Lione confessa che sentendosi a casa, prova a rompere la monotonia del tour proponendo qualche interessante variazione della scaletta standard. Si inizia con “Waiting Silence” dall’album “Temple of Shadows” del 2004. Il nostro si dimostra essere un cantante con i contro attributi, interpretando magistralmente anche i brani che originariamente vedevano Eduardo Falaschi dietro al microfono. Il brano scorre via veloce con potenza, grazie al basso tellurico di Felipe Andreoli. E’ il momento di fare un tuffo nel passato, fino al 1993, anno in cui gli Angra rilasciavano il primo e sorprendente album, intitolato “Angels Cry”, pescando la bellissima “Time”, brano che specie nelle parti di chitarra mantiene l’affascinante sound del metal degli anni ’80, rievocando i Queensryche dei tempi d’oro. Si ritorna a pescare da “Temple of Shadows” con la travolgente “Angels And Demons” una micidiale cavalcata che conferma Fabio Lione la migliore ugola italiana in assoluto.  I nostri abbandonano il palco, ma è solo una finta e ritornano per l’encore. E’ il momento di “Rebirth”, title track dall’album datato 2001 che vide l’avvento di Edu Falaschi e Felipe Andreoli. Sul palco arriva una insolita silent guitar, una sorta di chitarra “elettroclassica” (scusate il neologismo) che ha la peculiarità di avere la cassa acustica completamente assente che la rende afona, mantenendo solo lo scheletro esterno. E’ nata per chi deve studiare senza disturbare nessuno, usando le cuffie il suono arriverà solo al musicista tramite il pick-up. Il suono ottenuto collegandola all’amplificatore è molto vicino a quello di una chitarra classica. Stavolta però Rafael Bittencourt è affiancato da uno superlativo Fabio Lione, i due proseguono in uno struggente duetto fino a che il brano esplode, facendo impazzire la platea, che accompagna cantando a squarciagola tutta la canzone. Purtroppo stavolta siamo arrivati davvero alla fine, è giunto il momento dell’ultimo brano. Fabio Lione chiede se è giunta l’ora di salutarci, il pubblico risponde con un roboante “nooooo”. Allora il nostro si diverte a far decidere al pubblico l’ultimo brano da suonare, al ballottaggio finale arrivano “Carry On” e “Nova Era”, con la seconda traccia di “Rebirth” spuntarla sul filo del rasoio. Gli Angra ci salutano con un micidiale brano di puro speed metal in stile Helloween, lasciando il pubblico felice e contento, consapevoli di aver dato vita ad uno show memorabile. Dopo l’inchino ed il selfie di rito, riesco a prendere anche un plettro di Mr. Bittencourt. Cosa vuoi di più dalla vita?

Tirando le somme, grandissima serata questa del 16 Ottobre al Borderline, ci ha consegnato gli Angra in forma smagliante nonostante la pesante assenza di Kiko Loureiro. I nostri hanno dato vita ad un concerto memorabile entrando in sintonia con la calorosa e nutrita schiera di fans, che comprendeva elementi di ogni età. I concerti nei piccoli ambienti come il Borderline hanno sempre un pizzico di magia in più rispetto ai grandi palchi, dove troppo spesso sei costretto a seguire le gesta dei tuoi idoli attraverso le fredde immagini dei maxi schermi. Privo di transenne e qualsiasi altra barriera architettonica, il palco del Borderline ha lo stesso effetto di un piccolo stadio inglese. Quando poi si aggiunge una grande band ed un pubblico correttissimo, il gioco è fatto. Poter ricevere calorose strette di mano praticamente in continuazione e vedere ogni singolo gesto di questi notevoli musicisti a pochi centimetri di distanza, rende il concerto veramente speciale. Ma il merito della serata non è da attribuire solo agli Angra, ma va diviso con l’organizzazione, ancora una volta il boss Alex Sabadini ci ha regalato una serata speciale e priva di intoppi. Un grande plauso anche a chi sedeva dietro al mix, raramente mi è capitato di trovare un’audio praticamente perfetto come stasera, durante un concerto svolto in un piccolo locale. Gli Angra hanno fatto un grandissimo show, ma non bisogna dimenticare le ottime performance delle band scelte come special guest. Sia i SOR che i STN hanno dato vita a concerti molto professionali, sfruttando al meglio l’occasione per diffondere il lor messaggio musicale. Penso che questa splendida esperienza rimarrà a lungo nei loro cuori. L’ultimo complimento, ma non il meno importante se lo merita il pubblico, caloroso e corretto. Ogni singolo elemento a vissuto il concerto partecipando calorosamente e cantando i brani a squarciagola, ma soprattutto lo ha fatto rispettando chi era sul palco e chi gli stava accanto. Grandissimo concerto insomma, come si dice da queste parti “ce ne fosse…

Running Order:
Intro/Newborn Me
Wings of Reality
Final Light
Crossing/Nothing To Say
Silence And Distance
Carolina IV
Holy Land
Drum Solo/The Shaman
Make Believe
Z.I.T.O.
Deep Blue
Lullaby For Lucifer
Silent Call
Waiting Silence
Time
Angels And Demons
Rebirth
Nova Era