THE GREAT OLD ONES
TEKELI-LI
Artwork

NIMA TAYEBIAN
23/02/2015











recensione
In una mia precedente recensione ho speso diverse righe per sottolineare la relazione che interpassa tra determinati gruppi musicali e il genio misantropo Howard Phillips Lovecraft, conosciuto da certuni anche come il "solitario di Providence". Considerando che sarebbe quantomeno deleterio e oltremodo ripetitivo tornare sull'argomento, ho deciso quest'oggi di soffermarmi in maniera più dettagliata su uno dei gruppi già accennati nella precedente disamina, dimodo da offrire un più articolato percorso per chiunque abbia desiderio di "oltrepassare i cancelli di Kadath" in musica (e tramite immagini, considerando che la nostra rubrica parla soprattutto di artworks). Focalizziamoci dunque su una band che da tempo desideravo affrontare meglio, ossia i francesi (di Bordeaux) The Great Old Ones, gruppo che già dal nome non può non riportare alla mente i "Grandi Antichi" , e che musicalmente porta avanti un discorso "post-black" destinato a fare la gioia di chiunque cerchi un prodotto "all'insegna della nera fiamma" ma non fossilizzato su schemi triti e ritriti. Autori, sino a questo momento, di due album, ossia Al Azif (2012) e Tekeli-Li (2014) i nostri sono soliti articolare i propri album con pochi pezzi, mediamente lunghi e sicuramente ricchi di atmosfera. Dopo il buon Al Azif (il titolo rappresenta il nome originale del Necronomicon, il libro di magia redatto dallo stregone arabo Abdul Alhazred. Sia il libro sia lo stregone sono invenzioni letterarie di Lovecraft), dotato di una copertina interessante (in cui troviamo una brulicante massa di creature ectoplasmatiche cullate da un paesaggio notturno), i nostri ci deliziano con Tekeli-Li, che, a prescindere dal contenuto musicale, sempre di alto livello, è corredato da una copertina stavolta ottima, impostata su una violenta serie di sciabolate di colore che, tramite un finto espressionismo astratto ci stupisce nell'evocare, ad un più attento sguardo, una sorta di pseudo paesaggio (o magari "paesaggio mentale") che non può non riportare alla mente da un lato certe modalità espressive à la Nicholas De Stael, e dall'altro un linguaggio informale tipico di Hans Hartung e Franz Kline. Partendo dall'evocatività del titolo - che si rifà al verso degli Shoggoth, ossia dei mostri appartenenti ai miti di Cthulhu, presenti all'interno di "Alle Montagne Della Follia", "La Maschera di Innsmouth", e "La Cosa Sulla Soglia" - il suddetto artwork non fatica a traghettarci, con un po' di fantasia all'interno di certi panorami desolati immaginati dallo scrittore statunitense. In particolar modo negli scenari del magnifico "Alle Montagne Della Follia" ("At The Mountain Of Madness" in originale), che rappresenta una sorta di pendant a "Le Avventure di Gordon Pym", l'unico romanzo concepito dal vero grande maestro di Lovecraft, ossia Edgar Allan Poe (autore di una tipologia di racconti basati maggiormente su un "orrore mentale": i personaggi della sua narrativa sono spesso reietti e monomaniaci). Entrambi i romanzi vedono i protagonisti percorrere le gelide lande dell'Antartide, e, in ambedue i casi, tali traversate sono sconvolte da apparizioni destabilizzanti. In Poe, volendo tentare un'analisi, si ha quasi l'impressione che - tenendo fede al suo modus operandi - tale viaggio sia in realtà una discesa verso gli abissi della mente umana. In Lovecraft invece, ancora una volta, sembra un pretesto per mettere in campo le sue minacce di stampo cosmico. E' dunque pensando a questo romanzo che dobbiamo fare riferimento quando osserviamo la copertina di Tekeli-Li: una copertina risolta con gran foga, con una furia iconoclasta che sembra dare il senso di spaesamento e terrore dei protagonisti, sperduti tra rovine e ghiacci perenni, in balia di un incombente pericolo. Pennellate ad olio si sovrappongono e si mescolano, rimandando alla forza delle "cancellazioni" di Francis Bacon ma senza portare in causa la sua poetica della carne, ne le sue strutture chiuse ed alienanti. Un fondale nero è funestato da fendenti secchi e decisi di colore bianco, che partendo da una algida stratificazione condensata sulla parte superiore, si spinge con veemenza verso il basso, cancellando i pochi timidi accenni bluastri e certi tentativi abortiti di uso del rosso e marrone. Facendo fluire quel blu verso la parte inferiore, si finisce per inglobarlo al bianco generando un ibridazione azzurrognola. Il risultato di tale guerra a colpi di colore è un caos incredibilmente ordinato, in cui si pone una certa attenzione ai pesi visivi e a non guastare determinati equilibri. Un caos che tanto caos non è, dato cheriesce a rievocare credibilmente qualcosa che potrebbe essere una bufera di neve nel continente antartico, vista con gli occhi di un disperato. Dunque ravvisiamo certe, seppur lontane, sintonie con l'opera di De Stael: soprattutto a livello formale siamo tentati di azzardare un connubio con il celebre pittore (entrambi attraverso un finto astrattismo riescono a mettere in campo elementi desunti dal mondo reale). Ma il paragone si estingue qui (concettualmente siamo su due mondi diversi). Notiamo, come già specificato, anche certe consonanze con una parte del movimento dell'Espressionismo Astratto. Ma non quello che ha formalizzato la pittura "all-over", eseguita spesso con la tecnica del "dripping" (Jackson Pollock possibilmente è l'artista più importante di questa "frangia") bensì la parte più "evocativa" e in qualche strana maniera adiacente al mondo reale (si vedano a tal proposito le opere di Willem De Kooning e Arshile Gorky, tanto per fare due nomi). I più attenti immagino conoscano bene un'ulteriore, fondamentale dettaglio di questa copertina, ossia che è stata eseguita, così come la precedente (quella di Al Azif) dal chitarrista e pittore Jeff Grimal. Come mai, si chiederà qualcuno, una notizia tanto importante lasciata per ultimo? Beh, si può definire come la ciliegina sulla torta della nostra analisi. Spulciando nel sito di Grimal possiamo notare come, a parte le cover per la sua band madre abbia avuto modo di creare anche l'artwork per una band chiamata "Narvalo" (un pastiche horror vacui in bianco e nero che spero di poter analizzare presto). E non solo: dando un'occhiata nella parte del sito chiamata Landscape, dedicata ai paesaggi, notiamo come la metodologia pittorica adottata per Tekeli-Li sia decisamente adiacente al suo modus operandi. Quindi nessuna soluzione artificiosa per tentare di evocare un qualcosa "li, in quel particolare contesto", ma un fil rouge sincero con quanto portato avanti nella sua attività pittorica-non-coveristica. Sempre pennellate libere, sempre (o quasi) l'uso di cromie quali il blu, il bianco, il rosso e il nero (fa eccezione un dipinto chiamato Berg, impostato più sui verdi). E sempre l'evocazione di un "qualcosa" che emerge tra quelle stratificazioni di colore, tra quei flussi di cromie che si abbracciano e si respingono. A proposito del "Grimal pittore", navigando sul web scopriamo qualche curiosità in più. Ossia che questi, artista poliedrico (pittore, disegnatore, musicista) ama mostrare il suo mondo privato ed interiore "ispirato da sorprendenti viaggi in dimensioni a dir poco aliene: la sua arte, difatti rappresenta immagini di un mondo confuso e tormentato". Partito da uno stile Gotico ed inquetante, questi si è ben presto evoluto verso soluzioni più raffinate che incorporano, non di rado, elementi tratti dall'immaginario erotico o con inclinazioni verso l'umorismo più nero. Bravo Jeff. Ottimo il voto alla copertina, davvero ricca di elementi su cui riflettere e molto, molto ispirata, e pollice alzato verso un'artista dotato della rara capacità di comunicare sensazioni indescrivibili per i più. Speriamo di vedere presto altre copertine fimate da questo giovane maestro che non mancherà di certo di stupirci!

