NEAR DEATH CONDITION

Evolving Towards Extinction

Artwork

A CURA DI
NIMA TAYEBIAN
01/09/2015
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10

recensione

Ben ritrovati. In una delle mie precedenti recensioni per questa rubrica (quella per Death Shall Rise dei Cancer) puntualizzavo come i dischi death siano sempre - o quasi - dotati di copertine ricche di una non trascurabile bellezza, di un fascino che altrove è più raro trovare, sottolineando in quell'occasione che "nelle acque del death si pesca benissimo". Non a torto direi, dato che come dimostrato nelle mie precedenti analisi (salvo casi marginali) negli album del genere sopra citato sovente vediamo esibite piccole opere d'arte (macabra o ancestrale, non aspettatevi robe tipo "La Gioia Di Vivere" di Matisse). Esempi palesi possono essere, per dire, la cover di Dawn Of Possession degli Immolation, creata ad hoc per il disco, o quella di Blessed Are The Sick dei Morbid Angel (recensita la scorsa volta) mutuata invece da un'artista storico, ossia Jean Delville. La copertina che andiamo ad analizzare oggi è inseribile nella seconda categoria, quella dei "ripescaggi". Puntiamo infatti i riflettori su "Evolving Towards Extinction" dei Near Death Condition, band svizzera responsabile (al momento) di ben tre full length di death possente ed evocativo, sulla scia di quanto tracciato in precedenza dai Morbid Angel. Ascoltando infatti i loro parti discografici, e, soprattutto questo Evolving Towards Extinction (Unique Leader Records, 2014) è innegabile che si possano trovare diversi punti in comune tra la band di Tampa e gli Svizzeri di cui sopra. A livello musicale infatti, sia che si metta il piede sull'acceleratore, sia che si impieghino soluzioni più quadrate e possenti, vengono sicuramente in mente i mentori floridiani, tant'è che musicalmente, anche nel prodotto degli svizzeri N.D.C., non è difficile respirare arie "lovecraftiane" (Lovecraft è per i Morbid Angel più di un punto di riferimento: basti pensare al nome scelto dal chitarrista e mastermind, Trey "Azagtoth", storpiando il nome di Azatoth, il "Dio cieco che gorgoglia blasfemie al centro dell'universo", figura cardine nel pantheon lovecraftiano). Ma facciamo un passo indietro: i nostri nascono nel 2001 in Svizzera, grazie a Patrick (inizialmente basso, sintetizzatore, drum programming e successivamente chitarra e voce) e già nel 2004 realizzano il loro primo disco “Delusional Perception of Reality”. Bisogna aspettare un po' per i successivi parti ("The Disembodied - In Spiritual Spheres" è del 2011, mentre l'ultimo "Evolving Towards Extinction" è del 2014) ma i nostri, nonostante il lasso di tempo non proprio breve riescono a non deludere piazzando due preziose gemme death di considerevole caratura. Ma eviterei di intrattenerci troppo su argomenti che hanno a che fare solo marginalmente con l'argomento della nostra recensione e passerei a parlare dunque della copertina del disco. La cover stavolta, come puntualizzato in precedenza, è un "ripescaggio" di un'opera d'arte - volendo anche abbastanza nota, almeno per i cultori del genere "arte fantastica" - del celebre Zdislaw Beksinski immaginifico pittore contemporaneo responsabile di una produzione surreale molto cupa, catacombale ma al contempo piena di esotico fascino. Beksinski nasce in Polonia il 24 febbraio del 1929 a Sanok (nei pressi della catena dei Carpazi) da una famiglia di imprenditori. Il giovane Zdislaw studia dapprima economia, quindi frequenta un liceo clandestino (siamo all'epoca dell'occupazione tedesca) e dopo la liberazione della Polonia - 1947 - viene iscritto dal padre alla facoltà di Architettura a Cracovia. Nel 1951 convola a nozze con Sofia Stankiewicz e si laurea, divenendo in seguito supervisore nei cantieri edili a Sanok: un lavoro, questo, mai troppo sopportato. Il 1958 nasce il suo unico figlio, Tomasz. Nel 1998 muore sua moglie (il giorno della vigilia di natale) mentre l'anno successivo a perdere la vita è suo figlio, ormai divenuto un celebre  giornalista musicale e presentatore radiofonico. Questi, possibilmente in preda alla depressione, si suicida. Pochi anni dopo muore anche Zdislaw (nel 2005) ucciso a coltellate dal figlio del suo maggiordomo, si dice, per un prestito negato da Beksinski al giovane. Si spegne così una vita, la vita di un genio. Di un uomo stretto in una inscindibile dicotomia con il senso stesso dell'arte, un uomo in cui, non esagerando, arte e vita hanno trovato una profonda coincidenza: Beksinski infatti inizia la sua produzione uscendo da un coma, e possibilmente la sua fantasia è stata più che stimolata grazie al passaggio in quel periodo di "non morte". E non è difficile comprendere che paesaggi lugubri, tetri e completamente fuori dal mondo, come quello che troneggia nella copertina di Evolving Toward Extinction siano stati partoriti da una mente "cambiata", passata attraverso un buco nero, una mente, un'anima che ha percepito - forse - qualcosa che a noi uomini "vegeti" è completamente precluso. La cover art in questione (rigorosamente senza titolo, dato che Beksinski non era solito affibbiare nomi alle sue composizioni) è virata in un rigoroso arancio, dalle quali emergono, in un "cangiante" marrone (cangiante perchè non si mantiene uniforme, dato l'inserimento di bianchi e tinte rosate a screziare i dettagli) una serie di figure percepibili un po' ovunque dislocate in vari punti della copertina. Mi sono mantenuto volutamente sul generico, dato che ora scenderemo ancor più nel dettaglio. Abbiamo al centro e sulle parti laterali, a destra e a sinistra (mangiate in maniera evidente dall'inquadratura) delle "torri" ricavate da aste di legno giustapposte, con figure antropomorfe affastellate sulla superficie di queste ultime. Quasi saldate con le torri. Non sono figure propriamente umane, sembrano svilupparsi caoticamente (vediamo sulla torre centrale una miriade di braccia - o comunque arti - troppo vicine/i tra loro...e qualcosa già da qui inizia a non suonarci al 100%). Le figure, oltre che essere saldate con le torri sembrano fuse tra loro, quasi incollate o parte di un indefinibile moloch di carne. A destra la stessa scena, seppur dai toni ridimensionati (è possibile che l'inquadratura abbia - volutamente? - omesso lo scempio che invece è mostrato in tutta la sua mostruosità/assurdità nella parte centrale). Vuota la torre di sinistra, invece. Fa strano vedere come tutte le torri siano coperte di ragnatele, come se quelle "cose"non siano state toccate da mano umana da tempi immemori. Alterate solo, dunque dal tempo e dall'usura. Altro elemento bizzarro, un'antenna nella "torre" centrale: una comunissima antenna televisiva, che aumenta l'impatto estraniante della composizione. Dietro, a distanza,  vediamo altre torri, più sfocate e con minore abbondanza di dettagli, mentre a una distanza superiore scorgiamo dei palazzi possibilmente divorati dall'usura. Il lavoro in questione - un Capolavoro, con la C maiuscola d'obbligo - è solo uno dei tantissimi lavori realizzati da Beksinski, a onor del vero neanche il migliore (poi degustibus...) dato che nella mole di lavori realizzati dall'artista polacco è possibile trovare opere ancor più immaginifiche, atmosferiche, lugubri, inquietanti. A chi ancora non conoscesse l'opera di questo maestoso artista (che la sfortuna non ha consacrato come figura osannata dai media, molto più attenti a seguire certe mode del momento) consiglio una ricerca su internet, ove comunque è possibile trovare molti lavori del genio Beksinski, tra gli artisti preferiti (in assoluto!) di chi scrive, un personaggio la cui vita ha regalato solo sfortune e dispiaceri, di cui la recensione odierna vuole essere un affettuoso omaggio.